Tiriamo le somme sugli esodati: il secondo e terzo decreto

 Gli esodati sono stati un problema di non facile risoluzione per il governo Monti, che ha provveduto alla loro salvaguardia con l’emanazione di tre appositi decreti leggi per garantire a questi lavoratori di accedere alla pensione, anche senza avere i requisiti entrati in vigore con la Riforma Fornero.

Il primo decreto ha salvaguardato 62.000 esodati, ai quali si sono aggiunti i 55.000 del secondo e i 10.000 del terzo decreto.

Per ottenere le garanzie del secondo decreto le categorie di lavoratori sotto elencati hanno già presentato la domanda e sono in attesa di responso dall’Inps. Ecco chi sono:

40mila persone che hanno firmato un accordo per la mobilità o la cassa integrazione straordinaria entro il 2011 anche se, alla data del 4 dicembre (cioè prima della riforma Fornero), l’ammortizzatore sociale non era stato ancora attivato

7.400 lavoratori che, entro il 4 dicembre, hanno ricevuto l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria dei contributi e che matureranno i requisiti pensionistici validi prima della riforma entro il 31 dicembre 2014

1.600 esodati a carico dei Fondi di Solidarietà

6.000 lavoratori che hanno firmato degli accordi collettivi o individuali per mettersi in mobilità secondo le disposizioni del decreto milleproroghe).

Altri 10.000 esodati sono stati salvaguardati con il terzo decreto, che hanno tempo fino al prossimo 25 settembre 2013 per presentare le domande. Possono fare domanda:

lavoratori che hanno lavorato fino al 30 settembre 2012 e collocati in mobilità ordinaria o in deroga a causa di accordi stipulati entro il 31 dicembre 2011

lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria del versamento dei contributi entro il 4 dicembre 2011

lavoratori che hanno ricevuto l’autorizzazione al versamento volontario dei contributi e sono state collocate in mobilità entro il 4 dicembre 2011, ma che devono attendere la fine del periodo di mobilità per eseguire i primi versamenti

lavoratori che hanno smesso di lavorare entro il 30 giugno 2013, in seguito ad accordi d’incentivo all’esodo firmati prima del 31 dicembre 2011.

Tiriamo le somme sugli esodati

Il primo decreto

Il secondo e il terzo decreto

Tiriamo le somme sugli esodati: il primo decreto

 La tutela per i lavoratori esodati è diventata legge con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del terzo ed ultimo decreto di salvaguardia. Una vasta platea di lavoratori che si sono trovati senza lavoro e senza pensione – avevano firmato accordi per mobilità e si sono trovati fuori dai requisiti Inps per la pensione quando questi sono stati innalzati dalla Riforma Fornero – che finalmente, può tirare un respiro di sollievo.

Ma la questione non sembra essere finita qui perché se da un lato questi tre decreti hanno salvaguardato i lavoratori che si sono trovati adesso in questa situazione, entro il 2017 si genererà un nuovo esercito di esodati composto da circa 200 mila persone, che oggi hanno più o meno 60 anni, che si troveranno nelle stesse condizioni.

Ci dovrà pensare il ministro Giovannini, che sta già elaborando delle proposte per abbassare il requisito anagrafico necessario per andare in pensione.

Ma si parla di futuro. Per adesso tiriamo le somme sui tre decreti esodati, cercando di capire chi è fuori e chi è dentro alla salvaguardia.

Con il primo decreto esodati sono stati salvaguardati circa 62.000 esodati, che hanno già concluso le pratiche per la domanda di salvaguardia e hanno ricevuto risposta dall’Inps, nello specifico sono:

26.181 lavoratori in mobilità ordinaria

2.565 lavoratori in mobilità lunga

17.143 titolari di prestazione straordinaria

7.960 prosecutori volontari del versamento dei contributi

1.226 lavoratori pubblici esonerati dal servizio

87 lavoratori in congedo per assistere figli disabili gravi

3.888 lavoratori cessati in base ad accordi individuali o collettivi di incentivo all’esodo

Tiriamo le somme sugli esodati

Il primo decreto

Il secondo e il terzo decreto

 

Alitalia verso i contratti di solidarietà

 Trattative in corso a Fiumicino tra i vertici di Alitalia e i sindacati dei lavoratori al fine di non mandare in fumo almeno 630 posti di lavoro. Tanti sono infatti gli esuberi previsti dall’ amministrazione del gruppo, che ora cerca delle soluzioni condivise anche dalle parti sociali per non essere costretta ai preventivati tagli

La Lettonia entra nell’euro

 La Commissione Europea ha detto sì: la Lettonia ha le carte in regola per entrare nel novero dei paesi che utilizzano l’euro. Sarà il 18° paese.

► Krugman confronta Lettonia e Stati Uniti

La Lettonia inizierà il passaggio all’euro a partire dal 1° gennaio 2014, a meno che qualche leader dei paesi che già ne fanno parte non decide di opporsi alla decisione della Commissione Europea. Una data molto ravvicinata ma, secondo la Commissione, la Lettonia ha tutte le carte in regola per aderire alla moneta unica senza particolari scossoni. Il paese, poi, aderirà anche all’unione bancaria.

Nonostante, infatti, la Lettonia abbia attraversato un grave periodo di crisi tra il 2008 e il 2009, è riuscita, con interventi mirati e decisi, a ridurre il deficit e a rientrare nei criteri di convergenza che Bruxelles esige per entrare nell’euro: tasso di cambio e inflazione stabile negli ultimi dodici mesi.

Olli Rehn si è dimostrato particolarmente soddisfatto per questa decisione, soprattutto perché l’entrata delle Lettonia nella moneta unica è la dimostrazione che l’Unione Europea e la sua moneta non si stanno disgregando, come si sostiene sempre più frequentemente.

► C’è chi crede nella fine dell’euro

Qualche perplessità, invece, arriva dalla Banca Centrale Europea che teme qualche scossone per i depositi bancari provenienti da altri paesi.

In calo il PIL dell’ Eurozona

 Secondo le  ultime stime diffuse dall’ Eurostat, nel primo trimestre del 2013 l’ economia dell’ Eurozona ha subito una pesante –  e ulteriore – battuta d’ arresto, che è stato possibile enucleare in un calo generale del PIL e delle vendite.

> Calano le vendite nell’ Eurozona

Le 5 proposte di Confindustria per uscire dalla crisi

 Di questa mattina le notizie sugli effetti disastrosi che la crisi ha avuto sul settore manifatturiero italiano e di quanto il credit crunch abbia peggiorato una situazione già al limite del collasso per le imprese.

L’Italia è ancora lontana dall’uscita dalla crisi, nonostante i proclami sempre più ravvicinati su un possibile miglioramento della situazione economico-occupazionale del paese, perché ancora mancano quegli incentivi e quelle facilitazioni che permetterebbero alle imprese di ricominciare a produrre, vendere e creare nuovo lavoro.

Ma non tutto è perduto. Lo dice Confindustria che questa mattina ha presentato il Progetto per l’Italia: cinque proposte, cinque misure urgenti da mettere in atto per non far perdere all’Italia l’ultima occasione per tornare ad essere un paese sano.

La prima cosa da fare è “avviare una capillare opera di semplificazione normativa e di ‘sburocratizzazione’ del Paese” che deve essere affiancata da un quadro normativo semplice e chiaro.

Altro importante passo da fare è tagliare i costi delle imprese di almeno l’11%, a partire dalla detassazione dei salari di produttività.

Le imprese italiane, poi, hanno necessità di liquidi per poter continuare a produrre, per questo è necessario che le pubbliche amministrazioni paghino i loro debiti pregressi e si impegnino a rispettare i termini di pagamento per quelli futuri.

 

Quarto punto è quello del lavoro, o della creazione di questo: per Confindustria è necessario agevolare l’uscita dei lavoratori anziani e la contemporanea entrata nel mondo del lavoro dei giovani, con incentivi in entrambi in casi.

L’ultimo punto di Progetto per l’Italia è la necessità di provvedere alla detassazione degli investimenti e “ favorire gli investimenti pubblico-privati in infrastrutture materiali e non”.

Le modifiche al nuovo “riccometro”

 Dopo il varo della versione definitiva del Redditometro, ecco pronto per il Welfare italiano un altro strumento nuovo di zecca in attesa sulla linea di partenza:  si tratta del nuovo riccometro, ovvero il Nuovo Isee, l’ Indicatore della condizione economica equivalente, sulla base del quale vengono erogate, in tutta Italia, quasi tutte le prestazioni sociali.

Rata Imu giugno 2013: chi paga

 Mancano dodici giorni al 17 giugno, data entro cui sarà necessario pagare la prima rata dell’Imposta municipale unica.

Resta, dunque, da comprendere chi è obbligato a versare primo acconto. L’Imu, infatti, si paga ancora.

Guardando la tv e leggendo i giornali, si può cadere nell’errore di pensere che l’Imu sia stata abolita o perlomeno messa in stand-by praticamente per tutti.

Al contrario, sono ancora 28 milioni gli immobili che dovranno pagare regolarmente la tassa sulla casa.

Primo acconto Imu 2013: chi paga il 17

Pagheranno dunque questa rata coloro che possiedono e risiedono con la sua famiglia in un’abitazione di pregio. Si parla pertanto degli immobili accastati nelle categorie che seguono:

A/1 (abitazioni di tipo signorile o di lusso);

A/8 (abitazioni in ville);

A/9 (castelli e palazzi storici).

Il 17 giugno anche i proprietari di seconde case dovranno pagare la prima rata. Nella categoria sono contemplati anche coloro che hanno una sola casa di proprietà, ma non vi risiedono.

Case in affitto

Chi possiede una casa data in affitto deve verdsare l’acconto Imu 2013, eventualmente con l’aliquota differenziata stabilita dal proprio Comune.

Case in prestito ai parenti

Chi ha un’abitazione che ha dato in prestito a un parente deve comunque versare la prima rata dell’Imu 2013.

Versano inoltre l’acconto Imu 2013 anche

– i “beni merce”, ovvero gli alloggi rimasti invenduti.

– militari e i membri delle forze dell’ordine che hanno la residenza in caserma: pagano l’Imu sulla casa che possiedono come fosse una seconda casa.

– coppie separate di fatto: finché un provvedimento non ufficializza la separazione consensuale o la separazione giudiziale, i coniugi rimangono tali e la casa assegnata di fatto ad uno dei due si configura come una seconda casa per l’altro, che dunque dovrà pagare l’Imu.

– tutti coloro che posseggono “immobili produttivi”, ad eccezione di chi possiede un fabbricato rurale strumentale classificato nella categoria D/10. In questo caso, le classi che pagano sono:

D/1 (Z/1): Capannoni, opifici

D/2 (Z/4): Alberghi, pensioni e residences (con fini di lucro)

D/3 (Z/5): Teatri, cinema, sale per concerti e spettacoli e simili (con fine di lucro) e spettacoli e simili (arene, parchi-giochi)

D/4 (V/5): Case di cura ed ospedali (con fini di lucro)

D/5 (Z/3): Istituti di credito, cambio e assicurazione (con fine di lucro)

D/6 (V/6): Fabbricati, locali ed aree attrezzate per esercizio sportivi (con fini di lucro)

D/7 (Z/1): Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni

D/8 (Z/2): Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni

D/9 (Z/8): Edifici galleggianti o sospesi assicurati a punti fissi del suolo, ponti privati soggetti a pedaggio

D/11 (T/7): Scuole e laboratori scientifici privati

D/12 (Z/8): Posti barca in porti turistici e stabilimenti balneari.

Fabbricati di categoria D senza rendita

Pagano la prima rata anche coloro che posseggono questo fabbricato e non sono censiti dal catasto ma appartenenti ad imprese.

Altri immobili o fabbricati

Il pagamento della prima rata spetta anche a coloro che hanno immobili differenti dalle case classificati nei gruppo A e C e tutte le pertinenze classificate nel gruppo C, eccezion fatta per pertinenze di un’abitazione principale. In questo caso, ecco quale è l’elenco completo:

A/10 (T/7): Uffici e studi privati

C/1 (T/1): Negozi e botteghe

C/2 (T/2): Magazzini e locali di deposito (cantine e soffitte disgiunte dall’abitazione principale e con rendita autonoma)

C/3 (T/2): Laboratori per arti e mestieri

C/4 (T/3): Fabbricati e locali per esercizi sportivi (senza fine di lucro)

C/5 (V/2): Stabilimenti balneari e di acque curative (senza fine di lucro)

C/6 (R/4): Box o posti auto pertinenziali

C/6 (T/5): Autosilos, autorimesse (non pertinenziali), parcheggi a raso aperti al pubblico

C/6 (T/6): Stalle, scuderie e simili

C/7 (T/2): Tettoie chiuse od aperte (non pertinenze di abitazione principale)

Rata Imu giugno 2013: chi non paga

Rata Imu giugno 2013: come si paga

Il Fisco ribadisce la non retroattività del redditometro

 La direzione Affari legali e contenzioso dell’ Agenzia delle Entrate ha recentemente ribadito, attraverso la pubblicazione della circolare 15 / 2013, la non retroattività del redditometro, lo strumento per la lotta all’ evasione fiscale che entrerà tra pochi giorni in funzione.

I vantaggi di una rata più bassa

 Se si accende un mutuo adeguato alle capacità di spesa del richiedente, non è detto che il debitore sia sempre in grado di pagare le rate del piano d’ammortamento. Una banca, quindi, per reagire a queste difficoltà, o concede  meno crediti, oppure chiede sempre maggiori garanzie. In realtà sarebbe sufficiente abbassare l’importo delle rate. Ecco perché.

Si acquista casa anche senza mutuo

Le banche che hanno erogato un mutuo in tempi non sospetti, quando il richiedente aveva a disposizione uno stipendio fisso e una garanzia accettabile, non riescono a fare i conti con la crisi lavorativa ed economica che interessa la società contemporanea.

Il fatto è che spesso, una volta definito il piano d’ammortamento, molto difficilmente la banche tornano sui loro passi concedendo al debitore una rinegoziazione del mutuo per adattarsi ai tempi di crisi. La soluzione all’insolvenza invece c’è ed è a portata di mano.

Ipoteca, istruttoria e notaio nei contratti di mutuo

Basta abbassare la rata del finanziamento. La convenienza non è solo per il mutuatario che ogni mese deve pagare un po’ meno, ma anche per la banca che, invece di avviare una pratica di pignoramento, che generalmente va per le lunghe, si assicuro quanto meno il rimborso delle somme erogate, anche con qualche interesse in meno.