A Moody’s non piace l’Italia

 Un passo avanti per quanto riguarda la stabilità nel nostro paese è stata fatta: dopo la rielezione di Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica, Enrico Letta, in pochissime ore, ha messo insieme una squadra di governo che non dispiace né al PD e né al PDL.

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Eppure l’agenzia di rating Moody’s non modifica nemmeno un po’ il suo pensiero sull’Italia. Infatti per il nostro paese l’agenzia in questione vede un futuro poco roseo, diciamo anche opaco. Il bilancio sul Belpaese è assolutamente da dimenticare visto che l’Italia non sembra in grado di recuperare le fiducia degli investitori nel breve periodo.

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Moody’s dunque, conferma il rating “Baa2” per il nostro paese e conferma anche l’outlook negativo. Questa decisione permane anche con il governo formato visto che il rischio non è tanto nella scelta dei ministri, quanto piuttosto nella capacità e nella possibilità, per l’esecutivo, di portare a termine le riforme.

Il governo in carica, quindi, potrebbe presto trovarsi a discutere, al cospetto dell’ESM, un piano di salvataggio che coinvolga anche la BCE. In questo secondo caso il paese dovrebbe promettere di riformare il mercato del lavoro e dovrebbe promettere di fare una riforma fiscale efficace.

Imprenditoria femminile in calo

 Se per il mercato del lavoro, come abbiamo avuto modo di sottolineare anche in altri articoli pubblicati in precedenza, le statistiche relative al mese di marzo sono  state purtroppo negative, perché i livelli delle retribuzioni sono rimasti fermi ai valori del mese precedente, anche per quanto riguarda il fronte dell’ imprenditoria, e dell’ imprenditoria femminile in particolare, non sono certo positive.

> Le retribuzioni a marzo 2013

L’ “Indagine Congiunturale sulle micro e piccole imprese femminili”, realizzata dalla Rete Imprese Italia Imprenditoria Femminile, ha diffuso, infatti, i dati relativi alla situazione delle imprese gestite da donne in Italia nel corso del primo trimestre  del 2013.

Ne è risultato che rispetto all’ ultimo trimestre dell’ anno passato è diminuita – dal 12,6% al 10,5% – la percentuale di imprenditrici che si sono rivolte ad un istituto di credito per avere un finanziamento per la propria azienda.

Ecco come sono i nuovi imprenditori italiani

Sono contestualmente aumentate, inoltre, le aziende rosa che sono non riuscite ad ottenere il credito richiesto, passate, sempre nell’ ultimo trimestre del 2013, dal 54% al 62%. Le imprenditrici che hanno visto invece accolte le loro richieste di finanziamento sono infine passate dal 23,8% al 17%.

La statistica denuncia quindi una non facile situazione di accesso al credito per tutto il comparto dell’imprenditoria femminile.

 

Quanto dobbiamo lavorare per pagare le tasse?

 Se per il 2012 gli italiani hanno dovuto lavorare fino al 3 luglio per racimolare il denaro per pagare le tasse, il 2013 vede questo termine slittare di una settimana.

► L’agenda di Letta: stop all’Imu e all’Iva, lavoro al primo posto

Secondo il calendario delle tasse elaborato dalla Fondazione per le riforme europee e dall’Istituto Economico Molinari in base a dati della Ernst&Young, infatti, si dovrà lavorare fino al 10 luglio prima di finire di pagare tutte le tasse a carico.

Questo slittamento ha fatto sì, inoltre, che l’Italia scalasse un altro scalino nella classifica dei paesi dove si deve lavorare più a lungo per pagare le tasse: lo scorso anno eravamo in settima posizione, quest’anno siamo in sesta, anche a causa dell’arretramento della Svezia.

Il paese nel quale si deve lavorar di più prima di soddisfare tutte le richieste del fisco è il Belgio (8 agosto), poi c’è la Francia (26 luglio), seguita da Austria (23 luglio), Ungheria (16 luglio) e Germania (13 luglio).

► L’aumento IVA ci sarà o no?

Sempre parlando di tasse, l’Italia si fregia anche di un’altra ottima posizione: è il secondo posto nella classifica dei paesi europei per tassazione implicita sul lavoro. Con il nostro 42,3% siamo dietro solo al Belgio (che ha una tassazione sul lavoro del 42,8%) e davanti all’Austria (40,8%).

 

Lo stipendio di Zuckerberg

 Quando in un momento di crisi dell’azienda si scopre che il CEO della stessa azienda ha previsto per sé un aumento dello stipendio, gli investitori generalmente puniscono la scelta.

Marchionne e lo stipendio nel periodo di crisi

E’ già successo con Marchionne alla Fiat e con Bernabé per Telecom. Adesso nello stesso vortice descritto è entrato anche il mondo digitale e sotto accusa c’è proprio il capo di Facebook.

Superstipendio anche per Bernabé di Telecom

Il titolo del social network per eccellenza, in borsa, non è stato molto proficuo. Dal suo debutto ad oggi ha quasi visto dimezzarsi il valore iniziale e questo ha fatto sì che dopo pochissime settimane Mark Zuckerberg fosse mandato via dalla classifica dei 10 uomini più ricchi del mondo.

Una notizia che lo ha preso alla sprovvista proprio durante il viaggio di nozze in Italia. Adesso, invece, si apprende che per il 2012, il suo assegno da CEO di Facebook, è stato di ben 1,99 milioni di dollari. L’assegno è stato firmato dall’amministrazione dell’azienda che Zuckerberg ha fondato e di cui è CEO. 

 Facebook dovrà rimborsare 62 milioni agli azionisti

Rispetto al 2011 si tratta di uno stipendio maggiorato del 16 per cento. Nel 2011, infatti, il giovane magnate del mondo digitate aveva incassato “appena” 1,2 milioni di dollari.

Governo Letta, ecco il programma del ministro Saccomanni

Dopo il giuramento, il nuovo ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni è già a lavoro. Le idee sono già abbastanza chiare. Saccomanni vuole fare leva sulla crescita, puntando sul coinvolgimento di consumatori, banche ed imprese.

Il suo obiettivo è quello di destituire il Paese da ogni stato di incertezza di natura psicologica. Uno stato particolare che fino a questo momento a costretto tutti i soggetti economici a diventare attendisti. Morale: nessuno investe, crollano i prestiti e di conseguenza i consumi. Nel frattempo la recessione continua senza alcun freno a fare il proprio lavoro ‘sporco’.

Recuperare la fiducia

Per Saccomanni occorre senza dubbio porre riparo a questa situazione. Come? Tramite le linea guida di lavoro elencate nel programma. Il nuovo ministro dell’Economia è più che mai convinto che si ha bisogno di “uno sforzo congiunto e ben organizzato da parte di tutti al fine di ripristinare il bene prezioso della fiducia”.

Saccomanni, dunque, punta a dare manforte alle aziende e alle fasce più deboli della cittadinanza mediante una ricomposizione del bilancio pubblico. Oltre a ciò, il ministro vorrebbe un contenimento della pressione fiscale tramite un taglio della spesa attuale. Se riuscirà in questo scopo, lo spread, che sempre di più è l’indice numero uno dei malesseri nazionali, potrà scendere a quota 100.

Da risolvere c’è inoltre la questione Def, con la quale il governo ha indicato le linee di sviluppo della politica economica e in Parlamento c’è chi spiega che non avrebbe senso approvarlo senza un confronto con il nuovo governo, a partire dalla recente correzione del governo uscente: che ha reso l’Imu permanente mentre nella prima versione aveva un carattere sperimentale fino al 2015.

Vi saranno inoltre altri nodi da sciogliere: tra questi le emergenze sociali, dall’eterna questione esodati al problema del reperimento delle nuove risorse per il finanziamento della cassa integrazione in deroga la quale sta per scadere, al problema Tares al congelamento dell’aumento Iva previsto a luglio.

L’aumento IVA ci sarà o no?

 Nel suo discorso di apertura del nuovo esecutivo, Enrico Letta, ha parlato di alcune questioni fiscali molto importanti. Ha dichiarato che ci sarà una sospensione dell’IMU da giugno ed ha anche detto che è programmato lo stop dell’aumento dell’IVA.

IVA, IMU e Accise le tasse più remunerative

Secondo le precedenti indicazioni, dal primo luglio l’IVA doveva aumentare dal 21 al 22 per cento con un grave problema per le tasche dei consumatori. Secondo un reportage della CGIA di Mestre, il costo complessivo di questa manovra, da ripartire tra i consumatori, è di 2,1 miliardi di euro che salirebbero a 4,2 miliardi a partire dal 2014.

In termini di euro, l’aumento medio per le famiglie, in relazione ai consumi, sarebbe di 103 euro. La stima della CGIA di Mestre, chiaramente, parte dall’assunto che non ci sarà un aumento dei consumi. Una prospettiva che il neoministro dell’economia Fabrizio Saccomanni, ha già mandato in cantina, visto che il suo intento è quello di coinvolgere banche, imprese e consumatori per la ripartenza della società.

Meno tasse e più crescita per Saccomanni

L’aumento dell’IVA per il secondo semestre dell’anno, qualora non fosse stoppato, potrebbe essere di 44 euro per una famiglia composta da 3 persone e di 51,5 euro per una famiglia composta da 4 persone.

 

L’agenda di Letta: stop all’Imu e all’Iva, lavoro al primo posto

 Gli italiani sono in attesa di sapere quello che accadrà con questo nuovo governo. Il neo premier Enrico Letta ha parlato pochi minuti fa alla Camera illustrando il programma che intende portare avanti durante il suo mandato, quel programma che sarà oggetto di voto di fiducia stasera alla Camera e domani in Senato.

Delineatesi i fronti – Enrico Letta riceverà il sostegno di Pd, Pdl e Scelta Civica mentre Movimento 5 Stelle, Lega Nord, Sel e Fratelli d’Italia saranno all’opposizione, il premier ha iniziato il suo discorso lasciando tutti sgomenti: i suoi 21 ministri non riceveranno lo stipendio da ministri.

► Prima rata Imu 2013: problematiche su possibile abolizione e aliquota

Ottimo punto di partenza, sopratutto a fronte delle critiche che gli sono state mosse per aver aumentato il numero dei dicasteri italiani, al quale hanno fatto seguito altri importanti annunci.

Primo fra tutti quello sull’Imu che, dopo la bagarre di questi ultimi giorni e l’impossibilità – visti i tempi ristretti – di procedere al calcolo delle nuove aliquote: la rata di giugno della tassa sulla prima casa non si pagherà, il tutto è rimandato a quando il governo avrà avuto modo di ridefinire tutto il sistema fiscale del paese.

Poi arriva anche la stoccata sull’Iva per la quale, secondo Letta, onde evitare un peggiorare delle condizioni di povertà del popolo, è saggio rinunciare al suo inasprimento previsto per l’estate.

► La situazione delle tasse per i prossimi mesi

E poi una nuova riforma del lavoro: basta incentivi monetari, le aziende del paese hanno necessità di un sostegno strutturale e continuativo, non di benefici monetari all’assunzione di giovani.

L’opposizione antieuropea vince in Islanda

 L’opposizione antieuropea, quella che spinge le singole nazioni ad estraniarsi dall’euro e dall’Europa, ha vinto anche in Islanda. Il Vecchio Continente, a questo punto, trema per il crollo in molti stati delle sinistre che finora hanno tenuto in piedi il discorso europeista.

Investimenti a rischio nei paesi della black list

In Islanda a vincere ci ha pensato il centrodestra che dopo cinque anni di assenza, o meglio di opposizione, tornerà a governare. I seggi a disposizione nel Parlamento sono 63 e dopo le elezioni, 37 di questi seggi andranno a finire al partito dell’indipendenza di destra e al partito del Progresso di centro.

Il centrodestra islandese, per storia e natura è contrario all’Unione Europea e in fondo la popolazione ha semplicemente usato le urne per spiegare al resto d’Europa cosa pensa e cosa vuole. Le proiezioni sono state fin troppo rispettate, infatti, i verdi e i socialdemocratici non sono stati riconfermati.

Il caso dell’Islanda è emblematico?

Lo spoglio parziale aveva già decretato il Partito dell’indipendenza al 25 per cento e i centristi agrari con il 22 per cento. I due leader di partito, tra l’altro, sono molto giovani: da un lato c’è Bjarni Benediktsson di 43 anni e dall’altro David Gunnlaugsson che di candeline ne ha spente soltanto 38.

L’unico partito pro euro sono i centristi di Futuro Luminoso che hanno ottenuto soltanto 6 seggi.

Aumentano i carburanti Eni e no logo

 A partire dai prossimi giorni ci sarà, probabilmente, un nuovo, generalizzato rialzo dei prezzi di tutti i carburanti. Dopo un periodo di discesa, infatti, già dallo scorso fine settimana, Eni ha rialzato i prezzi della benzina e del diesel, che hanno subito un incremento di 1,5 centesimi di euro per litro.

Finalmente il prezzo dei carburanti inizia a scendere

La recente inversione di tendenza sembra essere stata causata dal generale andamento dei mercati internazionali che a partire dalle ultime 72 ore hanno perso ampi margini sula benzina verde rispetto alle medie degli ultimi tre anni. Resiste maggiormente il diesel.

> GDF indaga sulle società petrolifere per truffa a danno consumatori

Il prossimo rialzo dei prezzi dei carburanti, dunque, oltre ad interessare i prodotti di casa Eni, toccherà, come di norma, anche la benzina e il diesel no logo, in genere le più sensibili alle fluttuazioni dei mercati.

I prezzi medi della benzina in Itali, dunque, si aggirano in questi giorni attorno a 1,798 euro al litro per la benzina verde (comunque ancora sotto 1,8 euro), 1,704 per il diesel e 0,808 per il Gpl.

Al di là dei prezzi medi, tuttavia le punte più alte possono raggiungere al momento, rispettivamente, 1,838 euro al litro per la benzina, 1,730 per il diesel e 0,837 per il Gpl.

Si è concluso il Cda di Rcs, Della Valle e Benetton contro l’aumento di capitale

E’ durata più di cinque ore la riunione del Consiglio d’amministrazione di Rcs. Una riunione lunga e ricca di colpi di scena. A seguito di due lettere inviate ieri al Cda da parte di Diego Della Valle e Gilberto Benetton, i due azionisti hanno reso noto che voteranno a sfavore dell’aumento di capitale fino a 500 milioni di Rcs all’assemblea del soci di fine maggio.

Della Valle possiede una quota dell’8,7%. Benemetton, invece, possiede una quota pari al 5%. Il piano di rafforzamento patrimoniale comunque ha già il sostegno di gran parte del patto di sindacato e a dar supporto al patto vi sono le banche creditrici.

Mancavano ieri i consiglieri Giuseppe Rotelli, Giuseppe Vita e Carlo Pesenti. Nella giornata di ieri il Consiglio d’amministrazione di Rcs ha approvato la trimestrale della capogruppo, chiusa in data 31 marzo con una perdita di 78 milioni e ha deliberato di proporre alla prossima assemblea dei soci (che si terrà il 30 maggio) una serie di provvedimenti necessari alla ricapitalizzazione.

Il capitale subirà una diminuzione da 762 a 139,2 milioni attraverso un raggruppamento delle sole azioni ordinarie nel rapporto di 3 nuove ogni 20. Vi è inoltre la proposta di aumento di capitale fino a 500 milioni.

Intanto, in Borsa il titolo Rcs è crollato, cedendo il 4,8 per cento dopo che il cda ha approvato la perdite della capogruppo e deciso di proporre in assemblea l’abbattimento del capitale.