Usavano le associazioni di beneficenza per evadere il fisco

Creavano un “offshore trust”, un fondo di investimenti collocato nei pressi di uno dei molteplici paradisi fiscali esistenti e successivamente nominavano in qualità di beneficiario un’associazione di carità. Con questo meccanismo riuscivano a sfuggire alla maggior parte dei controlli delle autorità del Regno Unito, nonché di altri Stati e dunque a non pagare le casse.

Ecco la truffa che ha coinvolto a loro insaputa numerose associazioni di beneficenza, tra le quali contempliamo tre associazioni italiane.

Evasori fiscali hanno usato il loro nome in maniera tale da occultare i propri fondi all’estero e non pagare le tasse.

L’inchiesta condotta dal Sunday Times, successivamente all’arrivo di una soffiata di natura anonima fatta da un informatore, è riuscita a portare a galla due milioni e mezzo di documenti, provenienti da uno dei paradisi fiscali sfruttati da qualche grande evasore.

Le associazioni menzionate nei documenti quali beneficiarie non ne erano a conoscenza, e in più di conseguenza non percepivano nessuna cifra in denaro dall’offshore trust. Non percepivano insomma neanche il becco di un quattrino.

Le vittime del raggiro

Ad essere state imbrogliate sono anche grosse associazioni quali Croce Rossa, Amnesty International, Greenpeace, Cancer Research. Ma il Sunday Times ha rivelato che nei documenti che gli sono arrivati anche tre associazioni di carità italiane sono rimaste implicate: si tratta de l’Unione Italiana Ciechi, il Centro Bambino Maltrattato e della Lega Italiana per la Lotta all’Aids.

Tutte e tre, interrogate dal giornale britannico, hanno dichiarato che non erano a conoscenza del “trust” generato a loro presunto beneficio e che non hanno mai ricevuto da esso alcuna donazione.

Al pari di Croce Rossa, Amnesty e Greenpeace, scrive il Sunday Times, anche le tre associazioni di beneficenza italiane stanno attualmente valutando l’opportunità indire azioni di natura legale per chi si è appropriato indebitamente del loro nome e anche per vedere se, a questo punto, è possibile reclamare almeno una parte dei fondi nascosti a questo modo.

Meno tasse e più crescita per Saccomanni

 Enrico Letta, il nuovo premier che piace ai mercati tanto da deprimere lo spread, ha costruito una squadra di governo che dispiace veramente a pochissime persone. In pole position, nei dicasteri chiave, sono stati lasciati o scelti dei tecnici. Uno su tutti Fabrizio Saccomanni, che fino al giuramento dell’esecutivo era il presidente di Bankitalia ed oggi è il nostro ministro dell’Economia.

Soluzioni IMU per il governo Letta

Fabrizio Saccomanni, era a Cetona quando è stato raggiunto dalla telefonata del premier che gli chiedeva di entrare a far parte della squadra di governo. Dopo aver trascorso l’ultima settimana tra Washington e New York, l’economista toscano è tornato in patria e da domani sarà al cospetto della BCE per parlare per discutere dell’unione bancaria.

Il neo ministro, però, non ha mancato di dire la sua sulla condizione del Belpaese visto che a chiamarlo in causa per l’indiscussa competenza in materia economica, è stato il presidente della Repubblica in persona. Saccomanni avrebbe già in tasca la ricetta per l’Italia. Vuole puntare sulla crescita economica e questo è a dir poco scontato.

Grillo al Bild parla della bancarotta

Ma vuole farlo coinvolgendo nel suo progetto le banche, le imprese e anche i consumatori. L’obiettivo ultimo, infatti, è fare in modo che la società e gli investitori ritrovino la fiducia. Tecnicamente si procedere con una ricomposizione della spesa, con il sostegno delle imprese e delle fasce deboli della popolazione per cui è previsto l’alleggerimento fiscale.

Soluzioni IMU per il governo Letta

 L’IMU, oltre ad essere la tassa più odiata dagli italiani, insieme alla TARES che da dicembre subirà un aumento, è anche il punto caldo di tutte le campagne elettorali. Per le elezioni politiche del 2013 se ne sono sentite di tutti i colori ed ora la patata bollente passa nelle mani del governo Letta. Secondo gli analisti la questione IMU potrà essere affrontata in 3 modi. Vediamo insieme quali.

L’IMU resta nonostante le promesse

La prima soluzione, quella probabilmente più facile, consiste nel lasciare invariata la tassa. Il Governo Letta, infatti, prima di occuparsi dell’imposta municipale sugli immobili, deve affrontare argomenti più urgenti nell’agenda politica ed economica del paese: l’occupazione, i soldi per finanziare la CIG in deroga, gli esodati e l’aumento dell’IVA che a luglio passa al 22 per cento.

 Ancora un rinvio per la TARES

La seconda soluzione è quella dell’abolizione dell’imposta sulla prima casa che è un po’ il cavallo di battaglia del centrodestra. L’abolizione dell’IMU è stata sostenuta a gran voce da Berlusconi ma poi resta difficilmente sostenibile a livello economico visto che occorrerebbe trovare gli 8 miliardi “persi” con l’IMU in altre imposte, magari sugli alcolici e i giochi.

La terza soluzione che invece è propria del PD è la riduzione dell’imposta che costringerebbe il governo a cercare altrove una copertura di 2,5 miliardi di euro.

I compensi esosi dell’amministratore

 L’Amministrazione finanziaria, in alcuni casi, può mettere in discussione le scelte fatte dagli amministratori delle società che magari decidono di pagare in modo troppo generoso le prestazioni dell’amministratore unico. L’ordinanza cui facciamo riferimento è la numero 9036 del 15 aprile 2013.

Quando l’IVA è indetraibile

In questa ordinanza la Corte di Cassazione ha spiegato che dal reddito d’impresa sono indeducibili i compensi versati all’amministratore unico che nelle indagini risultano sproporzionati e soprattutto privi di ragioni economiche giustificative.

Le buste paga gonfiate sono fraudolente

E’ come se l’amministrazione tributaria avesse deciso un tariffario limite per gli amministratori unici, un tetto massimo oltre il quale la spesa è da considerarsi sproporzionata. Il fatto cui fa riferimento il pronunciamento è il seguente: la commissione tributaria ha rigettato il ricordo di una società a responsabilità limitata che si era opposta ad un avviso di accertamento IRPEG/IRAP.

L’ente impositore, infatti, aveva intenzione di recuperare una parte, quella eccedente il famoso “tariffario”, versata all’amministratore unico. Il giudizio della Corte d’Appello è stato avverso alla società perché non erano state fornite prove dell’esistenza di valide ragioni economiche della deduzione dei componenti negativi del reddito, contestati.

La normativa fiscale sulle società di capitali e sulle società di persone, spiega che possono essere considerati elementi negativi i compensi all’amministratore unico e in capo alle società sono deducibili nell’esercizio in cui sono pagati e in capo agli amministratori sono tassabili nell’esercizio in cui sono incassati.

1,24 milioni di disoccupati in più dal 2007

 L’ Istat ha recentemente pubblicato nuovi dati relativi ad uno dei problemi sociali più importanti nel nostro Paese di questi tempi: quello della disoccupazione. La disoccupazione ha infatti raggiunto in Italia livelli molto alti rispetto ai suoi massimi storici.

1,5 milioni di disoccupati in più

L’ Istat ha calcolato, ad esempio, che a partire dal 2007, ovvero l’anno in cui si colloca l’inizio della crisi economica che tuttora investe il Paese, il numero dei disoccupati è salito di ben 1,24 milioni di unità, cosa che a livello percentuale si traduce in un raddoppiamento della quota di incremento percentuale, che è arrivato a toccare l’ 82,2%.

L’ Istat afferma inoltre che il maggior numero delle persone senza lavoro si trova al Sud, ma il maggior incremento percentuale si è invece potuto registrare al Nord, dove il tasso ha raggiunto il 121, 3%.

Un milione di famiglie italiane è senza lavoro

La palma dell’ anno più nero per quanto riguarda la disoccupazione e il suo incremento, tuttavia, è andata, per il momento, al 2012, anno in cui si è avuto addirittura un 30,2%, con 636mila unità in più.

Al momento, dunque, al Sud risulta disoccupato il 46,9% della popolazione dei giovani  con una età compresa tra i 15 e i 24 anni, al centro il 34,7% e al Nord il 26,6%, per una media nazionale del 35,3%.

La fiducia delle imprese manifatturiere in calo

 La formazione del nuovo esecutivo italiano ha portato ventate di ottimismo in più settori dell’ economia italiana, con particolare riferimento a quello finanziario, che ha visto negli ultimi giorni un rialzo dei titoli bancari a Piazza Affari.

Borse positive grazie al nuovo esecutivo

Ma il mese di Aprile 2013 non è stato in generale caratterizzato da dati e risultati positivi. Tra questi vi è, ad esempio, il calo della fiducia dell’ industria manifatturiera italiana – seguita poi da quella dei servizi di mercato e delle costruzioni – che proprio nel corso di quest’ ultimo mese è passata dal’ 88,6 del mese di marzo 2013 agli attuali 87,6 punti percentuali.

Sono questi, infatti, i dati diffusi oggi dall’ Istat, che rilevano, tra l’altro, il dato più basso dell’ indice a partire dallo scorso mese di agosto.

> 31 mila aziende chiuse solo nel primo trimestre 2013

Secondo gli esperti l’ attuale flessione nella fiducia potrebbe essere dovuta al generale peggioramento delle attese di produzione che si sono registrate durante quest’ ultimo mese, e dei giudizi sugli ordini.

E’ in calo in Italia, tuttavia, anche l’ indice complessivo sul clima di fiducia delle imprese, che è passato dal 78,5 di marzo al 74,6 del mese di aprile 2013.

Segnali positivi sul panorama della fiducia italiana arrivano invece dal settore del commercio al dettaglio.

Borse positive grazie al nuovo esecutivo

 Le Borse hanno recepito in maniera del tutto positiva l’ insediamento del nuovo Governo Letta alla guida del Paese, “festeggiando” in questo modo l’inizio di quello che si spera sia un nuovo corso politico per l’Italia o quantomeno l’uscita da quel periodo di grande incertezza politica che aveva caratterizzato i mesi precedenti.

Il Napolitano-Bis fa bene allo spread

A Piazza Affari, in particolare, infatti,  l’indice Ftse Mib acquista un 1,6%, mentre lo spread BTP-Bund scende in area 274,5 punti base, con una flessione di circa tre punti e mezzo percentuali rispetto alla chiusura di venerdì scorso. Il forte ribasso dello spread favorisce quindi l’acquisto dei titoli bancari mentre i mercati attendono con ansia di conoscere i risultati dell’ asta dei BTP a 5 e 10 anni.

> Piazza Affari vola con banche e Telecom

Non tutti i titoli di Piazza Affari, tuttavia, hanno risentito dell’ influsso benefico esercitato dall’ insediamento del nuovo Governo Letta, oggi impegnato nella richiesta della fiducia alla Camera. Buzzi Unicem, anche in clima positivo, perde infatti lo 0,71%, mentre ancora peggiore è la performance dei titoli della Banca Popolare di Milano, che va a perde addirittura tre punti percentuali.

In rialzo, invece, la maggior parte dei titoli del settore bancario, tra cui spiccano Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Mediobanca, Monte Paschi e Ubi Banca.

Moody’s sulla situazione creditizia italiana

 All’ indomani dell’ insediamo del nuovo Governo italiano a Palazzo Chigi, anche Moody’s, attraverso un suo analista, Dietmar Hornung, che si occupa in maniera specifica dell’ Italia, ha espresso le sue considerazioni sulla situazione creditizia italiana.

Moody’ conferma l’outlook negativo per l’Italia

Per Moody’s, infatti, la situazione dell’ Italia resta ancora particolarmente difficile e la sua futura affidabilità creditizia sarà valutata sulla base della capacità del nuovo esecutivo di dare corso e di portare aventi le riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno.

Moody’s penalizza Finmeccanica

Agli occhi di Moody’s, quindi, la situazione italiana rimane sotto particolare osservazione, poiché l’Italia in futuro potrebbe comunque trovarsi nella necessità di chiedere aiuti alla Banca Centrale Europea o di avere bisogno del Fondo Salva Stati. Non potendo dunque escludere per il momento entrambe queste evenienze, il giudizio di affidabilità rimane come sospeso in attesa dei futuri sviluppi anche politici.

La situazione economica italiana che Moody’s rileva per il momento è dunque quella di un Paese ancora in recessione, caratterizzato da seri gap produttivi e una domanda interna molto debole. Un nodo cruciale è rappresentato poi dal mercato del lavoro, che appare ancora troppo regolamentato e vincolato ai contratti di categoria. A questo quadro va aggiunta la vulnerabilità delle banche.

Elezioni Islanda: vincono gli antieuropeisti

La vittoria alle elezioni del centro-destra, da sempre antieuropeista, pesa in Islanda. La coalizione, negli ultimi quattro anni all’opposizione, torna al potere approfittando delle riforme sull’austerity sancite dal governo di sinistra. Un nuovo cambiamento, dunque, che allontana ulteriormente l’Islanda dall’Europa.

Alla guida del Partito dell’Indipendenza c’è Bjarni Benediktsson, quarantatré anni. Benediktsson si dice pronto a guidare il governo. Un governo di coalizione con il Partito del Progresso. I due partiti hanno nello specifico guadagnato 19 seggi a testa in Parlamento. La sinistra, al potere dal 2009, esce male da questa tornata elettorale. Colpa di una rigida politica che ha deluso l’elettorato. La sconfitta della sinistra ha un significato anche più profondo: con la destra nuovamente al potere l’Islanda non si candiderà per l’adesione all’Unione europea.

C’è da dire che la politica di sinistra, votata all’austerity ha concesso all’Islanda di uscire dalla recessione, con un Prodotto Interno Lordo in salita e una disoccupazione in calo. Gli elettori, però, sono stremati.

Alle urne si è recata l’83 per cento della popolazione avente diritto.  I conservatori del Partito dell’Indipendenza (di destra) che hanno guadagnato il 26,7% dei consensi, con 19 seggi al Parlamento. I centristi del Partito del Progresso, invece, hanno raccolto il 24,4% e adesso possono contare ugualmente su 19 deputati. La coalizione di centro-destra avrà dunque 38 seggi su un totale di 63.

Le retribuzioni a marzo 2013

 L’ Istat ha recentemente pubblicato i dati relativi alla situazione delle retribuzioni italiane per il mese di Marzo 2013. Il quadro che se ne può dedurre è in linea con il particolare periodo di stagnazione economica che il Paese sta vivendo in questi mesi.

L’ Istat rileva infatti che le retribuzioni contrattuali anche nel mese di marzo sono rimaste ferme, e il loro aumento su base annua, pari circa all’ 1,4% resta comunque al di sotto della percentuale dell’ inflazione che ha raggiunto il valore dell’ 1,6%.

Gli stipendi italiani tra i più bassi d’Europa

Il bollettino Istat conferma dunque il blocco della crescita congiunturale  delle retribuzioni per il secondo mese di fila, dopo quello che si era già verificato a febbraio 2013, descrivendo il primo trimestre dell’anno come un trimestre particolarmente lento da questo punto di vista.

Stipendi italiani al di sotto della media di Eurolandia

Per quanto riguarda invece le retribuzioni orarie contrattuali, queste hanno subito nel mese di marzo un incremento tendenziale dell’ 1,8%, che ha interessato soprattutto il settore privato, mentre, se unito con quello della pubblica amministrazione, il tasso di crescita si attesterebbe solo sull’ 1,2%.

Numerosi sono i contratti in scadenza tra i prossimimesi, tra cui quelli del settore moda, dei pubblici esercizi e del settore turistico-alberghiero. In tutto, in Italia, a marzo vi sono stati 44 accordi in scadenza e 5,3 milioni di persone in attesa di rinnovo.