I migliori mutui li trovi al Nord

 Si sa che nell’offerta dei mutui conta molto la differenziazione locale, nel senso che le amministrazioni del territorio possono offrire sconti e agevolazioni tanto che in una certa regione, acquistare casa e accendere il mutuo può risultare “assolutamente” conveniente.

Più dei mutui contano i contanti

Una recente indagine, riportata anche dal portale Idealista, conferma che ci sono almeno due regioni del nostro paese in cui accendere un mutuo è diventato semplice ed economico nonostante di base si stabilisca un rapporto “debitorio”.

Le regioni in cui è conveniente stipulare un mutuo sono il Trentino e la Lombardia. Il tutto alla luce del resoconto del settore tracciato per il 2012. Le banche, l’anno scorso, hanno chiuso i rubinetti, hanno evitato la concessione facile di mutui e hanno anche iniziato ad erogare fondi più contenuti.

Dicono sia sempre meglio comprare

L’importo medio di un mutuo erogato nel 2012 ammontava a poco più di 146 mila euro che è il 3,6 per cento in meno del 2011. E cosa sarebbe cambiato quindi in Trentino Alto Adige e in Lombardia. Innanzitutto l’importo medio ottenuto dai mutuatari è stato più alto, circa 60 mila euro in più della media nazionale. L’importo medio erogato, dunque, sarebbe stato di 210 mila euro in Trentino e di 170 mila euro i Lombardia.

Una situazione antitetica a quella del sud e delle isole. In regioni come la Sardegna e la Calabria, ad esempio, nel 2012 non si è riusciti ad ottenere, sempre in media, più di 110 mila euro.

I mutui a tasso variabile i più presenti sul mercato

 Il mercato dei mutui sta diventando sempre più complesso da analizzare visto che in un periodo di crisi, mentre si va alla ricerca del prodotto più conveniente, capita spesso di perdere di vista il trend generale.

Dicono sia sempre meglio comprare

Di fatto, secondo un’indagine del Sole 24 Ore, i tassi variabili rappresentano l’80 per cento dell’offerta degli istituti di credito nostrani. In pratica le banche, pur promuovendo nell’ultimo periodo, soprattutto i tassi fissi, in grado di comunicare un senso di maggiore stabilità ai consumatori, hanno un portafoglio sbilanciato sui tassi variabili.

Le previsioni sui tassi futuri

Questo vuol dire che in fondo sono pochi a credere che sul medio e lungo periodo i tassi fissi possano davvero diventare i prodotti più convenienti in circolazione. C’è stato di certo un abbassamento dei tassi praticati ma è anche vero che il divario tra un tasso fisso e un tasso variabile è sempre di 250 punti base.

Quindi, anche se in futuro le rate di un mutuo a tasso variabile dovessero aumentare, il rispamio che si ottiene ora è indiscusso e in futuro non è detto che ci sia un superamento tale che i consumatori siano portati ad accendere soltanto mutui a tasso fisso.

 

Le nuove scadenze per gli esodati

 Gli esodati hanno tempo fino al 21 maggio per inoltrare la domanda relativa al loro beneficio. Gli esodati interessati dal secondo decreto sono circa 55 mila ed hanno poco più di un mese per fare la domanda di accesso al beneficio fiscale previsto dal governo.

Lo staff della Fornero, nelle scorse settimana ha cercato di capire quali sono gli esodati interessati da questo secondo step ed ha inviato agli stessi, tramite l’INPS, una precisazione riguardo l’invio della domanda. Intanto, nelle aule della politica si parla già di terzo decreto.

Guida alla richiesta di tutela per gli esodati all’Inps

La scadenza è fissata al 21 maggio e ad inoltrare la domanda ci saranno circa 40 mila lavoratori che hanno fatto richiesta dell’assegno di mobilità o della cassa integrazione entro il 2011.

7440 lavoratori, intanto, hanno già ottenuto il via libera per il versamento dei contributi volontari entro il 4 dicembre del 2011. Loro matureranno i requisiti contributivi entro il 31 dicembre dell’anno prossimo.

Martedì 16 il terzo decreto per gli esodati

Possono inoltre fare domanda i 1600 lavoratori che hanno aderito al Fondo di solidarietà e poi i 6000 lavoratori che sulla base di un accordo individuale o di un accordo collettivo hanno finito il rapporto di lavoro ottenendo un incentivo all’esodo.

 

Cosa succede nel caso di vendita anticipata della prima casa

 Chi compra la prima casa e aderisce alle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto, per non far decadere queste agevolazioni, non deve vendere l’abitazione nell’arco di cinque anni. Si può però evitare la decadenza delle agevolazioni, vendendo anticipatamente la casa, soltanto se si acquista un altro immobile da adibire ad abitazione principale.

Online l’annuario del contribuente

Una sentenza della Corte di Cassazione è intervenuta sull’argomento. Si tratta della sentenza numero 3783 del 15 febbraio 2013. I porporati sono intervenuti sull’individuazione del termine iniziale di decadenza che può essere usato dall’Amministrazione finanziaria per contestare le operazioni dell’acquirente di un fabbricato.

Pressione fiscale in aumento nei paesi dell’Ocse

Per risolvere la questione c’è un solo modo: acquistare una “nuova prima casa” nel quinquennio. In pratica il contribuente che abbia ottenuto le agevolazioni fiscali e abbia poi ceduto l’abitazione entro i primi 5 anni, può evitare di pagare l’aliquota ordinaria del 30 per cento, acquistando un altro immobile da adibire ad abitazione principale.

Per quanto riguarda il recupero delle imposte che non sono state pagate, può avvenire soltanto alla scadenza del quadriennio, se il contribuente non ha effettuato un nuovo acquisto. In questo caso, in via definitiva, perde l’agevolazione di cui ha temporaneamente goduto.

Confermata dalle Entrate la proroga dello spesometro

 Il fisco prosegue sulla sua strada ed ha deciso di prorogare lo spesometro 2013. L’Agenzia delle Entrate ha voluto far luce sulla questione, pubblicando un importante comunicato stampa il 15 aprile.

Le prossime scadenze fiscali

In pratica ha spiegato che i contribuenti devono procedere in questo periodo con la comunicazione delle operazioni che sono rilevanti ai fini IVA ma per farlo avranno più tempo, visto che la scadenza prevista per le comunicazioni non è più il 30 aprile come l’anno scorso.

Notizie dell’ultimo minuto per gli ex minimi

Cosa dice di così importante il comunicato dell’Agenzia delle Entrate? In primo luogo ha ribadito che la comunicazione obbligatoria all’Erario, di tutte le operazioni IVA e di tutte le operazioni rilevanti ai fini IVA, è valida anche per importi inferiori a 3000 euro. Le operazioni IVA sono quelle eseguite a partire dal primo gennaio 2012, tra gli operatori economici.

Il tetto per le comunicazioni per cui non è previsto l’obbligo di fattura, quindi per i rapporti business to consumer, è fissato a 3600 euro. A breve ci sarà dunque un’altra comunicazione relativa all’approvazione di un nuovo modello di comunicazione, una specifica delle informazioni tecniche per la comunicazione dei dati relativi al 2012 e poi anche una previsione delle semplificazioni per chi si occupa di noleggio e locazione.

Riguardo alla proroga sembra sia stata stabilita in autunno ma non c’è una data precisa.

Piaggio in crisi taglia gli stipendi ai manager

 Gli stipendi più leggeri dei manager internazionali hanno inaugurato una nuova tendenza al ribasso. Il buon esempio è stato dato da Barack Obama che si è decurtato di 20 mila dollari l’anno lo stipendio e dallo stesso Ignazio Visco in Italia. Il governatore di Bankitalia si è tagliato il “reddito” di 262 mila euro l’anno. Per altri però, questa sorta di spending review, nasce dal desiderio di reagire alla crisi nel miglior modo possibile.

Marchionne e lo stipendio nel periodo di crisi

Facciamo il caso della Piaggio. Il numero uno dell’azienda, Colaninno, ha spiegato che la situazione italiana, a livello economico e industriale, resta drammatica nonostante gli sforzi fatti con le riforme del governo Monti. Il settore motori ne è la spiegazione lampante nel senso che le immatricolazioni sono diminuite nel primo trimestre del 2013 addirittura del 50 per cento. Per questo occorre fare una revisione ai bilanci dell’azienda.

Sempre meno acquirenti per auto e moto

In primo luogo è necessario rivedere la programmazione degli investimenti e poi è necessario rivedere il piano industriale. Quindi nel 2013 non ci saranno i premi di produzione o i bonus per i manager anche se sarà pagato il dividendo agli azionisti.

Secondo Colaninno, questa scelta della Piaggio rispetta la criticità dell’economia e riesce a dimostrare che tutti possono e devono fare dei sacrifici.

Gli stipendi più leggeri dei manager internazionali

 Nel pieno della crisi economica alcuni manager italiani hanno visto lievitare il loro stipendio, si parla ad esempio di Marchionne ma non si può dire che il suo sia un esempio seguito da molti. Anzi, molti top manager hanno deciso di rinunciare ai loro compensi applicandosi gli stessi principi della spending review.

Marchionne e lo stipendio nel periodo di crisi

Tra i nomi illustri della polica e dell’economia che hanno rinunciato ai compensi milionari ci sono il presidente americano Barack Obama e il governatore di Bankitalia. Ma entriamo nel dettaglio di una “manovra” che esprime tutta la gravità della crisi.

Piaggio in crisi taglia gli stipendi ai manager

I bilanci dei vari paesi sono in bilico, le persone hanno sempre meno soldi in tasca o meglio, hanno sempre gli stessi soldi in tasca ma il loro potere d’acquisto è stato praticamente falciato. Ecco quindi che è accolta con favore dall’opinione pubblica, la scelta di alcuni leader politici e d’azienda di tagliarsi lo stipendio. L’opinione pubblica che abbiamo chiamato appena adesso in causa, sa infatti che a Wall Street, mentre negli ultimi due anni gli stipendi dei CEO delle aziende quotate sono cresciuti del 16 per cento, gli stipendi dei dipendenti delle stesse aziende sono cresciuti soltanto del 4 per cento.

A piazza Affari, grosso modo, è successa la stessa cosa visto che gli stipendi dei CEO tricolore sono cresciuti del 12 per cento.

 

La ripresa è più lontana e le borse tremano

 Le borse ormai sono deluse da quello che sta accadendo nel mondo a livello economico e finanziario. infatti i dati sul PIL cinese stanno impensierendo gli investitori che si trovano davanti al rallentamento di un’economia cruciale nell’equilibrio mondiale.

In più gli investitori non si vogliono più sbilanciare ed hanno allungato i tempi della ripresa dalla crisi. L’indicatore importante, in questo caso, è lo Zew che è praticamente scivolato molto in basso. A far soffrire l’indice c’è soprattutto l’andamento delle materie prime.

Qualche errore comune per chi investe nell’oro

Le borse non sono certo rimaste immuni a questi squilibri. Nella giornata di oggi, sotto la lente d’ingrandimento ci è finita la maratona di Boston dove un attentato di matrice terroristica (stando alle prime indagini) ha causato ben 3 morti e 130 feriti. Un particolare che non ha certo paralizzato Wall Street ma l’hanno spinta al ribasso.

Tagliato anche l’outlook della Cina

La borsa americana è stata piuttosto colpita dai dati sul PIL cinese che è avanzato meno del previsto e sempre al di sotto delle aspettative ci sono stati i numeri sul settore manifatturiero americano.

Cos’è successo a Piazza Affari? La nostra borsa ha lasciato sul terreno lo 0,5 per cento e gli scambi si sono svolti all’ombra delle vicende del Monte dei Paschi di Siena. La cronaca in questo caso ha fatto tutto: sono stati sequestrati ben 1,8 miliardi di euro a Nomura. Lo spread, invece, è tornato sotto il livello dei 305 punti ma non c’è da star tranquilli.

Tagliato anche l’outlook della Cina

 La Cina non poteva continuare a crescere al ritmo cui ci aveva abituato in passato. Anche la più banale delle teorie economiche sarebbe stata in grado di prevedere, ad un certo punto, la flessione dell’economia mandarina.

Quali nazioni soffrono della svalutazione aurea

Il problema è che quando si dice “ad un certo punto”, si dice “adesso”. La Cina ha smesso di crescere e la prospettiva spaventa soprattutto i suoi partner che attendono fiduciosi le scelte del governo. Una soluzione, un trampolino di lancio per la ripresa, potrebbe essere nell’incremento della spesa pubblica ma adesso la flessione, considerata parallelamente alla crescita più veloce del previsto delle grandi economie come quella americana, appare disastrosa.

L’economia cinese tira le briglie

Per questo gli analisti che fanno parte delle agenzie di rating hanno iniziato ad essere più pessimiste nei confronti della Cina. Il fatto è che la diffusione dei dati macroeconomici sul PIL del primo trimestre e i dati sulla produzione industriale, non lasciano scampo. Moody’s Investor Services, ha quindi bocciato i risultati della Cina ed ha modificato l’outlook sul rating del paese in questione che è stato portato da “stabile” a “negativo”, quindi al livello Aa3.

Moody’s spiega che a far pensare troppo c’è il debito delle amministrazioni locali. Fitch fa eco a Moody’s, infatti ha abbassato il giudizio di merito di credito fino ad A+ con outlook negativo. Sotto la lente d’ingrandimento il settore immobiliare.

L’Europa è una ma con tanti euro

 Ancora una volta, lo sguardo più lucido espresso sul Vecchio Continente è ad opera di un americano. Stavolta riportiamo la visione di Wolfang Munchau, il commentatore del Financial Times che ha parlato dell’Europa e dei suoi problemi anche in passato.

Il punto di partenza della sua analisi è lo studio effettuato dalla BCE sulla ricchezza delle famiglie da cui si evince che le famiglie tedesche sono tra le più povere d’Europa nonostante la Germania sia il paese più “ricco” dell’UE.

Le previsioni sui tassi futuri

Sembra che il risultato della ricerca non convinca né il commentatore né gli investitori e per capire meglio il risultato dell’analisi della BCE sia necessario avere una visione più ampia sull’euro.

La nuova banconota da 5 sterline

In Europa esiste – questo è indubbio – una sola moneta unica, l’euro, ma il suo valore nei diversi paesi cambia molto e quindi sembra quasi che ci siano tante monete parallele. Se si entra più nel dettaglio della discussione si scopre che i tedeschi non sono più poveri dei ciprioti e che i dati relativi alla spesa delle famiglie europee sono fuorvianti.

Per esempio la media degli acquisti delle famiglie tedesche è di 200 mila euro che diventano 670 mila se si va a Cipro, oppure 300 mila se si va in Spagna. Tutto si spiega con il differenziale nei tassi di cambio tra le varie economie dell’Eurozona. I numeri dati, infatti, non testimoniano la differenza che c’è tra le ricchezze nazionali, quanto piuttosto gli squilibri delle diverse economie.