L’Australia in crisi finora aveva resistito

 Quanti giovani, anche partendo dall’Italia, si dirigono in Australia per cercare lavoro? Sicuramente tanti, desiderosi di cambiare aria, d’imparare la lingua, di approfittare di un paese scarsamente popolato. Si va in Australia per salvare le tartarughe, per guardare i canguri, per coltivare i campi.

Quanto è ricca l’Australia

Eppure, non basta questa disponibilità di terreni e natura a rendere salutare l’economia del paese in questione. Anche l’Austrialia, in fondo, è entrata in crisi e gli ultimi dati legati al mondo del lavoro, lo dimostrano bene.

L’economia australiana ha passato un periodo davvero interessante e positivo che faceva pensare che l’ascesa del paese fosse quasi “infinita”. Poi il dollaro australiano, sul mercato ForEX, è stato vittima di una battuta d’arresto. La prima spia utile per intuire che qualcosa non andava.

Australia, Regno Unito, Canada e il mondo ForEX

Adesso la pubblicazione dei dati sul tasso di disoccupazione registrato alla fine di marzo, confermano il sentiment. In Australia, infatti, la disoccupazione è aumentata dal 5,4 al 5,6 per cento in un mese. Questo vuol dire che il numero dei disoccupati è salito a 36100 unità.

Il dollaro australiano non ha reagito per niente bene alla notizia: c’è stato un incremento delle vendite ed ora è partita la rincorsa al vecchio tasso di cambio con il dollaro. Il cambio EUR/AUD, invece, resta a quota 1.2420.

E’ davvero tutta colpa della Germania?

 In Europa sembra che ormai fare parte del Vecchio Continente sia soltanto un modo per tentare di andare in bailout, in bancarotta. Per diversi mesi si è pensato che le diverse crisi, come quella di Cipro, quella della Slovenia, quella della stessa Grecia, fossero un effetto della fragilità dei loro sistemi bancari.

L’Europa e gli alert del resto del mondo

Certo gli istituti di credito hanno un grosso problema, ma in seconda battuta i problemi si sono legati al fatto che i paesi indicati hanno fatto degli sforzi enormi per non uscire dall’euro. La permanenza nella moneta unica, è come una scatola con il doppio fondo: quello che si vede è che non uscire dall’euro è importante per la sopravvivenza del paese in crisi, ma quello che si lascia intendere, il doppio fondo, è che tutto è fatto per sostenere l’economia tedesca.

Cipro cambierà l’Europa, lo dice la Germania

Insomma, per farla breve: è colpa della Germania se l’Europa è in crisi. Un assunto che sta prendendo piede ma che per troppi analisti sembra addirittura eccessivamente facile. La Germania sta diventando il capro espiatorio di questa crisi europea anche per il fatto di sostenere con svariate elargizioni, anche i fondi di solidarietà.

Quello che si teme è che molti altri paesi, magari capitanati dalla Francia che per i problemi strutturali che sta affrontando non è più in grado di fare da contraltare a Berlino, si uniscano contro la Germania facendo crollare il suo sistema economico.

Le quotazioni dell’oro secondo Goldman Sachs

 L’oro, per diversi mesi, è stato dato in ascesa. Anzi, molti analisti si sono spinti a dire che l’oro sarebbe cresciuto per tutto il 2013 fino anche ai 2000 dollari l’oncia. Poi, l’inversione di tendenza delle previsioni davanti ad un sostanziale “immobilismo” del metallo prezioso. Si è visto infatti che l’oro continuava a non crescere e anche da parte dei paesi emergenti c’era un rallentamento nella definizione degli stock auriferi.

Qualche errore comune per chi investe nell’oro

Ha iniziato con i dubbi la Société Générale ed ha continuato poi Ubs. Adesso è la volta di Goldman Sachs che fondamentalmente conferma il sentore delle altre due banche d’affari.

Morgan Stanley e la nuova visione sull’oro

L’americana Goldman Sach ha detto che per il biennio 2013-2014 ci sarà un taglio delle stime sul prezzo dell’oro che dovrebbe scendere quest’anno fino a quota 1450 dollari per oncia e arrivare l’anno prossimo fino a 1270 dollari.

Goldman Sach, fino a questo momento, aveva creduto nella spinta rialzista di questo bene rifugio. Adesso è tornata sui suoi passi per diversi motivi che sono stati tutti approfonditi dalla banca d’affari americana.

In primo luogo ci si aspetta una flessione del tasso inflazionistico che, come conseguenza ha l’aumento dei tassi d’interesse reali. In più la nuova strategia della Fed potrebbe ulteriormente cambiare le carte in tavola e far crollare il prezzo dell’oro.

Altri come Geroge Soros, ritengono che l’oro non debba nemmeno più essere considerato un bene rifugio.

In Giappone aumenta il Nikkei e perde lo yen

 La Fed condiziona il mercato Forex con le sue minute: sembra infatti che l’economia americana sia in una fase di espansione e non ci sia più bisogno del piano di quantitative easing precedentemente studiato. Anzi, tutto fa pensare che il QE si chiuderà entro l’anno.

Intanto la moneta unica del Vecchio Continente perde terreno sia dal dollaro che dallo yen. Eppure, la valuta nipponica, stando alle ultime osservazioni, è sempre in fase calante visto che la banca centrale giapponese ha deciso di svalutarla al fine di rilanciare l’economia.

Inflazione e stabilità dei prezzi nel discorso di Draghi

La borsa di Tokyo, nella prima seduta di contrattazioni seguita alla pubblicazione delle minute, ha chiuso in rialzo con l’indice Nikkei-225 dato al +1,96% fino a 13.549 punti.

Questo lieve ma importante rialzo, secondo molti analisti, dipende dal deprezzamento dello yen che è costantemente “in caduta libera”, ma dipende molto anche dal sentiment degli investitori che si stanno muovendo con prudenza nel mercato finanziario.

Draghi sulla guerra tra valute

Il Nikkei, in termini statistici è comunque ai livelli massimi raggiunti dal luglio 2008, quindi, praticamente, dall’inizio della crisi globale. Oggi sembra essere spinto verso l’alto soprattutto dai dati dell’export di aziende importanti come Bridgestone, Honda e Toyota.

L’unica variabile che potrebbe impensierire i mercati giapponesi è la Corea del Nord e il ritorno dell’incubo nucleare.

La Fed condiziona il mercato Forex

 La Fed come anche la Bce riesce a condizionare in modo importante il mercato valutario. In questi giorni a finire sull’ottovolante è stato il dollaro dopo una serie di minute pubblicate proprio dalla Fed.

Il dollaro, però, non è riuscito ad andare oltre la soglia dei 100 yen, probabilmente per il fatto che si aspetta un altra mossa della Fed, magari l’annuncio di una riduzione del piano di acquisto di titoli, il famoso quantitative easing, già alla fine del 2013.

L’evoluzione del cambio euro/dollaro

Se il dollaro oscilla, ci sono delle ripercussioni anche sull’euro e infatti nella mattina dopo le minute della Fed lo scambio si è assestato intorno ad 1.3072 nella sessione asiatica degli scambi. L’euro, in pratica ha perso lo 0,001% rispetto al dollaro, anche se ha contestualmente guadagnato terreno rispetto alla sterlina e perso nei confronti dello yen lo 0,05% del suo valore.

A cosa prestare attenzione per investire nel Forex

Le minute della Fed, ad ogni modo, lasciano intendere che entro la metà dell’anno ci sarà una riduzione del QE con il passaggio entro la fine dell’anno ad un piano d’acquisti pari a zero.

Questi documenti, secondo molti analisti, sembrano molto aggressivi. Altri, interrogati sull’argomento, ritengono che tutto dipende dal fatto che la situazione economica americana è in una fase non positiva e si cercano strumenti per nasconderlo agli investitori.

L’Europa e gli alert del resto del mondo

 Nel caso di Cipro gli avvertimenti sulla crisi sono arrivati troppo tardi. Per la Slovenia, invece, sembra che il monito sia già attivo ma è anche vero che il management del paese sta già mettendo le mani avanti dicendo che non serviranno aiuti.

La crisi Slovena spiegata in 2 step

In realtà, al di là del singolo stato, è l’Europa nel suo complesso a soffrire e per questo da più parti arrivano degli avvertimenti. Per esempio dal Regno Unito, che dal 2008 è ha subito una battuta d’arresto per la sua economia, arriva l’annuncio dell’Europa sprofondata in una “depressione quasi infinita”. Chiaramente il Regno Unito è interessato ad un’inversione di tendenza al fine di non perdere un partner di rilievo.

Cipro cambierà l’Europa, lo dice la Germania

Il grido inglese non è solitario visto che anche secondo il capo economista di Ivesco Perpetual, spiega che il PIL della zona euro tra il 2013 e il 2014 sarà in calo. La stima è quella di una crescita negativa dello 0,2 per cento del PIL.

La situazione potrebbe essere ulteriormente aggravata anche da quello che è accaduto a Cipro, visto che adesso le banche, per evitare l’effetto domino, potrebbero ridurre i prestiti per famiglie e imprese nell’immediato futuro. L’austerità che è già la norma nel Vecchio Continente, potrebbe essere il suo colpo di grazia.

A livello monetario saranno eliminati i 500 euro

 Per sconfiggere la crisi, sembra che un’altra strategia a livello monetario sia l’eliminazione delle banconote da 500 euro dalla circolazione. Ma perché una scelta di questo tipo potrebbe essere provvidenziale?

A rispondere dovrebbero essere gli spagnoli che chiamano le banconote da 500 euro, ironicamente Bin Laden perché come quest’ultimo sono conosciute ma nessuno le ha mai viste.

Europa: la nuova serie dell’Euro

A parte le retrospettive divertenti, l’idea di eliminare le banconote da 500 euro nasce da una ricerca della Bank of America Athanasios Vamvakidis che ha pensato di mettere al bando di 500 euro o meglio le banconote del taglio maggiore presenti in tutte le valute dei paesi del G-20. Una mossa che potrebbe determinare l’indebolimento dell’euro e di conseguenza potrebbe offrire la spinta giusta all’economia del paese.

Europa: come saranno le nuove banconote da 5 euro

La BCE non ha dato ad intender di voler seguire questa strada, visto che le banconote di taglio grosso sono considerate ancora degli strumenti per accumulare riserve di valore. Secondo la Banca Centrale, infatti, soltanto un terzo delle 500 euro in circolazione sono usate per le transazioni commerciali.

In più le 500 euro sono delle banconote spesso usate dai criminali, quindi tenerle in vita vorrebbe dire anche monitorare la diffusione della criminalità organizzata in Europa.

La crisi Slovena spiegata in 2 step

 L’Europa è molto più grande di quanto non si possa pensare e anche se gli investitori sono abituati a consultare soltanto report e business che arrivano dai paesi più importanti come Francia e Germania, è pur vero che ci sono realtà “minori” altrettanto cruciali per l’equilibrio del paese.

Minacciate dal rating le banche slovene

Per esempio Cipro che di recente ha affrontato una crisi importante, tanto che a livello europeo è stata definita la strategia di “salvataggio” da usare in futuro come modello. Un altro paese che finora era stato poco considerato è la Slovenia. E’ arrivato dunque il momento di rispondere ad almeno due domande: quali sono i problemi del paese in questione e che peso ha l’economia slovena sull’Europa.

La Germania adesso colpirà la Slovenia

Secondo l’OCSE la Slovenia potrebbe dover affrontare presto una grave crisi bancaria per la quale il campanello d’allarme è suonato diversi mesi fa. La ricapitalizzazione chiesta agli istituti di credito del paese, è stata sottostimata ma presto si dovrà procedere con un lavoro molto oneroso, quasi un miliardo di euro.

Oggi, la Slovenia rappresenta lo 0,4 per cento del PIL della zona euro ma ci potrebbe essere una contrazione dell’economia, molto forte, durante il 2013. Ci potrebbe infatti essere una riduzione del volume della produzione pari al 2,1 per cento.

Indagine europea sulla ricchezza delle famiglie: in Italia una su sei è povera

 Una grande indagine alla quale ha lavorato la Banca Centrale Europea insieme ad altre 15 banche centrali dei paesi dell’Unione, tra le quali figura anche la Banca d’Italia, che restituisce un quadro completo della situazione reale delle famiglie dei paesi partecipanti, mettendo in luce contraddizioni e anomalie.I dati sui quali è stata condotta l’indagine risalgono al 2010, ma sono comunque indicativi di come sia la reale situazione delle famiglie europee.

► Il potere d’acquisto crolla ai livelli del 1995

La ricchezza delle famiglie europee

Il dato che balza immediatamente all’occhio di questa prima indagine europea sulla ricchezza delle famiglie è che, secondo gli economisti che l’hanno redatta, italiani e tedeschi godrebbero delle stesse ricchezze, anche se c’è un gap, e neanche piccolo, tra gli stipendi tricolore e quelli dei cittadini della Merkel: 20 mila euro annui di differenza. come si spiega allora la parità di ricchezza?

Dipende da quello che hanno lasciato i genitori, i nonni e le generazioni precedenti, perché i numeri che riguardano i movimenti dei conto corrente sono particolarmente allarmanti.

Continuando a spulciare i dati che riguardano il nostro paese, si evince che le famiglie italiane sono tra quelle che hanno i redditi più bassi, in nona posizione su un totale di 15 paesi esaminati,  con una percentuale di povertà più alta della media e tra le maggiori in assoluto, pur rimanendo nelle alte posizioni delle classifiche che riguardano i lasciti del passato.

► La crescita in Europa e ai livelli del secolo scorso

Una famiglia su sei in Italia vive sotto la soglia di povertà, un numero che si scosta in modo evidente dalla media degli altri paesi: nell’indagine i poveri sono identificati in base alla media di reddito sotto la quale si entra nella fascia della povertà (diversa per ogni paese, in Italia è fissata a 8.500 euro annui), in Italia sotto questa soglia c’è il 16,5% della popolazione, in forte contrasto con il 13% di media per gli altri paesi. In Francia, ad esempio, i poveri sono l’8,9% del totale della popolazione, mentre in Germania sono il 13,4%.

L’indebitamento delle famiglie

Una nota positiva può essere trovata per quanto riguarda l’indebitamento delle famiglie: le italiane sono le meno indebitate dell’area euro, con una percentuale del 25,2% del totale, mentre negli altri paesi la media si attesta al 43,7%. A essere maggiormente indebitate le famiglie cipriote e dei Paesi Bassi, paesi che fanno registrare una percentuale di indebitamento del 65%.

Nei 15 paesi dell’indagine, quindi, si ha una percentuale del 43,7% di famiglie indebitate: il 23,1% ha un mutuo, il cui valore medio è di circa 68.400 euro, e il 29,3% altri tipi di credito, per un valore medio di 5.000 euro.

► In generale, una famiglia su due non ha le finanze a posto

Le proprietà immobiliari

Il mattone è da sempre uno dei beni rifugio prediletto dagli italiani,  e questa considerazione può essere tranquillamente estesa anche a tutti gli altri paesi che hanno collaborato all’indagine europea sulla ricchezza delle famiglie: in Europa, infatti, il 60,1% dei cittadini possiede una casa di proprietà e, tra questi, il 23,1% ne possiede anche una seconda.

Tra i possessori di proprietà immobiliari il 40,7% del totale è già proprietario della prima casa, che ha un valore medio pari a 180.300 euro (per le seconde case il valore diminuisce fino a 103.400 euro), mentre il 19,4% sta ancora pagando le rate del mutuo per il suo acquisto.

Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio dei proprietari di prime case è la Slovacchia a detenere il primato, con l’80% dei cittadini, seguita da Germania (44,2%) e Austria (47,7%). I proprietari di seconde case sono particolarmente numerosi a Cipro, in Grecia e in Spagna (oltre il 35%) con l’Italia al 24,9%.

Le altre proprietà delle famiglie europee

Automobili per il 75,7% dei cittadini, il cui valore medio si attesta intorno ai 7.000 euro; piccole imprese, che molto spesso danno lavoro anche a uno o più membri della famiglia, per l’11,1%, dal valore medio di 30.000 euro.

► La casa non è una spesa per tutte le famiglie italiane

Come investono le famiglie europee

Le famiglie italiane prediligono investire in Titoli di Stato, e soprattutto nei titoli italiani, che li scelgono nel 15% dei casi. Per quanto riguarda il resto dei paesi dell’indagine, invece, la percentuale di coloro che investono in titoli di stato, nazionali o esteri, è piuttosto bassa: solo il 5%.

I tedeschi, ad esempio, prediligono i fondi comuni, scelti nel 17% dei casi a fronte di una media europea dell’11,4 (gli italiani li scelgono nel 6,3 per cento dei casi). Le azioni piacciono molto ai francesi (14% del totale degli investimenti delle famiglie francesi) mentre in Italia questo investimento è scelto solo dal 4,6% delle famiglie. La media europea degli investimenti in azioni e del 10,1 per cento.

Aumenta il numero degli scoraggiati

 Scoraggiati. Persone che hanno cercato lavoro e che, dopo l’ennesimo buco nell’acqua, hanno deciso di interrompere la ricerca. Un esercito di persone che non accenna a diminuire, anzi, come mostrano i dati pubblicati dall’Ansa, questo esercito ha visto costantemente ingrossare le sue fila.

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A soffrire di più della cronica mancanza di occupazione sono le persone gli over 34, un milione e 150 mila circa su un totale di 1,6 milioni di scoraggiati registrati nel 2012.

La classe degli scoraggiati rientra, solitamente, nella più ampia categoria degli inattivi, le persone, cioè, che non hanno un lavoro e non studiano – per questo in questa categoria rientrano anche le casalinghe e i pensionati – ma è necessario fare un distinguo: infatti, se gli inattivi sono diminuiti del 3,9% nell’ultimo anno, gli scoraggiati, che non cercano lavoro in quanto convinti di non riuscire a trovarlo, sono aumentati del 5,3%.

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Nello specifico sono le fasce di età più alte ad essere interessate dal fenomeno. Aumentano del 13,3% gli scoraggiati con età compresa tra 45 e i 54 anni e del 23,1% quelli tra i 55 e i 64 anni. Differenti anche le percentuali che riguardano il genere: le donne scoraggiate superano quota un milione (1 milione 96 mila), in aumento dell’8,6% su base annua.