Tra i mutui agli stranieri boom di richieste rumene

 Un’interessante ricerca del Crif mostra qual è il livello d’integrazione finanziaria e bancaria degli stranieri presenti in Italia partendo dalle richieste di mutui e prestiti fatte da questi cittadini presenti nel nostro paese. Molto cambia in base alla nazionalità.

La domanda di mutui crolla soprattutto al Sud

Si parte dai prestiti, sia online che tradizionali. Nel 2012, il boom di richieste è stato quello dei cittadini rumeni che hanno presentato oltre mezzo milione di domande. A seguire ci sono i cittadini albanesi e poi quelli marocchini. La comunità cinese, che è molto presente in Italia, in questa classifica scivola fino al ventesettesimo posto.

Un discorso analogo può essere fatto per quanto riguarda i mutui immobiliari. Anche in questo caso le richieste più numerose arrivano dai rumeni presenti in Italia che collezionano il 18 per cento del totale delle domande. A seguire troviamo i cittadini albanesi e poi gli svizzeri.

Mutui più facili per i giovani

Il Crif ha provato a stilare una classifica anche sulla base degli importi richiesti. Sembra che a chiedere di più siano gli olandesi che vanno a sfiorare i 60 mila euro. A seguire ci sono gli spagnoli e gli austriaci. Mentre in fondo alla classifica, con richieste che non superano i 10 mila euro, troviamo i rumeni insieme ai filippini e ai marocchini.

La vendita in stock nasconde i ricavi in nero?

 Il fisco si sta interrogando su quello che succede nel settore del commercio al fine d’individuare delle situazioni che possono mascherare atteggiamenti fraudolenti. Nel mirino sono fine le cosiddette vendite a stock che spesso possono nascondere una serie di ricavi in nero.

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Tutto nasce da una sentenza della Corte di Cassazione, la numero 7693 del 27 marzo, con cui i giudici hanno accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria che riteneva la vendita in stock di un commerciante d’abbigliamento, un modo per eludere il fisco. L’amministrazione finanziaria aveva per questo chiesto di recuperare le tasse sui maggiori ricavi del commerciante, non dichiarati al fisco.

Elusione fiscale: colpiti Google, Amazon e Starbucks

Il sospetto sull’attività commerciale è arrivato osservando il comportamento del venditore che anziché usare i saldi di fine stagione che sono vantaggiosi sia per chi compra sia per chi vende, ha preferito vendere in stock, la merce acquistata da poco tempo, ad un prezzo molto più basso di quello d’acquisto.

I saldi di fine stagione, secondo il fisco, sono uno strumento importante nelle mani dei commercianti che possono ribassare i prezzi ma evitare di mandare in cantina le vecchie collezioni. Mentre il commerciante “pizzicato” dall’Erario rifiutava di fare i saldi, usando le vendite in stock, considerate dai più antieconomiche per chi vende.

La Scia e la Dia non prevedono il bollo

 La Scia e la Dia sono considerate delle dichiarazioni di inizio attività che si presentano in sostituzione delle denunce e non possono essere considerate delle istanze, quanto piuttosto un dei semplici avvisi. Per questo, in tali dichiarazioni, non deve essere pagata l’imposta di bollo.

La casa non è una spesa per tutte le famiglie italiane

Le imprese che devono per legge comunicare l’inizio, la cessazione o la modifica di un’attività produttiva attraverso la Scia, se non uniscono alla dichiarazione anche un provvedimento o una certificazione, non devono pagare l’imposta di bollo.

La comunicazione sui lavori energetici pluriennali

Al contrario il bollo da 14,62 euro a foglio serve nel caso della richiesta di nulla osta di fattibilità, documento che i titolari di un’impresa devono chiedere al comando dei Vigili del Fuoco.

A fare chiarezza sull’argomento ci ha pensato la risoluzione 24/E dell’Agenzia delle Entrate che ha spiegato i casi in cui l’imposta di bollo deve essere applicata e quelli in cui invece non è necessaria.

Siccome la richiesta di nulla osta per i lavori, inviata ai Vigili del Fuoco, prevede poi il rilascio di un certificato, l’emanazione di un atto amministrativo, allora è necessario pagare l’imposta di bollo. Cosa che non può essere valida quando invece la risoluzione non comporta alcun atto amministrativo.

Il fisco alle prese con le insalate miste

 Il fisco classifica gli alimenti e poi applica un certo carico d’Iva alle diverse categorie. Talvolta, però incontra delle difficoltà nella classificazione dei cibi e tra queste difficoltà c’è anche quella d’inquadrare correttamente le “insalate miste”.

L’imposta di bollo sui prodotti finanziari

FiscOggi spiega che stanno prendendo piede nel nostro paese i pranzi pronti, quelli che mescolano il gusto, con il colore, la genuinità e la comodità. In pratica le vaschette con ortaggi e verdura pronti da mangiare o pronti da cuocere. La conservazione dei vegetali, in tal senso, ha fatto davvero progressi. Eppure non è quello che interessa al fisco, quanto piuttosto la classificazione dei prodotti in questione.

Per questi generi alimentari, dice il fisco, è necessario applicare l’Iva agevolata al 4 per cento. E’ tutto scritto nella risoluzione 23/E dell’8 aprile 2013. In generale possiamo classificare queste “vaschette” miste come prodotti ortofrutticoli di IV gamma, classificabili difficilmente sia dal punto di vista merceologico, sia dal punto di vista fiscale.

Le spese mediche detraibili dal 730

Fino a qualche anno fa il problema non si poneva perché esistevano in commercio prodotti alimentari che appartenevano a generi diversi, erano venduti insieme, ma nel contenitore erano separati tra prodotti freschi e prodotti cotti. Adesso, invece le insalate sono diventate miste e assortite, per cui contengono sia l’insalata vera e propria, sia altri prodotti vegetali, sia prodotti non freschi e secchi come noci ed olive, sia prodotti di natura non vegetale, per esempio salumi, formaggi, tonno o pollo.

Studiare la Grecia per capire il futuro

 La Grecia non è più da considerare soltanto la culla della filosofia, il paese in cui è bello viaggiare alla ricerca delle radici dell’Occidente. Molte università, infatti, organizzano viaggi in Grecia per capire la crisi economica e soprattutto rendersi conto dei suoi effetti.

Spread stabile e borse positive in Europa

Molti studenti arrivano in Grecia dalla Francia e dall’America per capire dal vivo gli elementi base delle leggi economiche e delle scienze politiche. Qualcuno cerca addirittura di capire quanto e come è stata documentata la crisi del paese.

La Grecia non è soltanto un paese che ha rischiato il tracollo, ma è il paese che è stato in grado di minare alla base l’unità del Vecchio Continente. Con la crisi greca si è aperta una frattura nell’Europa unita che sarà difficilmente guarita. In più il bailout di Atene è stato un vero terremoto per l’intera politica internazionale. Gli studenti, nei loro viaggi, incontrano esperti di politica e legislazione greca e cercano di farsi un’idea sulla sopravvivenza del paese nell’area dell’euro.

Come sta cambiando la Grecia post crisi

Sicuramente, in questo momento ci sono dei segnali incoraggianti per il futuro visto che l’economia locale sta ripartendo puntando molto sul turismo e sulle infrastrutture. Non è però ancora conosciuto il grado di sopportazione della recessione. Un dato importante visto che le prospettive future sono ancora incerte.

Il Regno Unito e la Thatcher

 Il Regno Unito, in questi giorni, deve confrontarsi con la morte di Margaret Thatcher, la lady di ferro. Apparentemente il decesso di una persona così importante per la vita politica trascorsa del paese, non dovrebbe interessare gli investitori. Invece sono molti quelli che cercano di capire quanta nostalgia ci sia negli elogi e quanto distacco la politica riesca ad esprimere rispetto alle scelte del passato. Solo così, infatti, si possono captare segnali indicativi del trend del futuro.

Cosa muove l’euro

Quello di cui bisogna prendere atto, è sicuramente che la Thatcher ha modificato profondamente la politica economica della Gran Bretagna. Oggi, che il paese sta attraversando un momento di crisi, però, ci si chiede quanto i cambiamenti introdotti dalla lady di ferro, possano essere considerati positivi.

Il Regno Unito in crisi lo spiega Osborne

In linea di massima la Thatcher ha usato i tassi d’interesse alti per combattere l’inflazione, poi ha cercato di prendere di petto il potere dei sindacati e ha fatto in modo che il mondo della finanza fosse deregolamentato. Infine, si è preoccupata di gestire il passaggio da un’economia di produzione ad un’economia di servizi.

Queste le basi poste dalla Thatcher che sono riuscite a guidare la Gran Bretagna verso l’ascesa economica indiscussa fino al 2008, anno in cui è cominciata per tutti la crisi e nemmeno i britannici sono riusciti a percepire gli elementi più importanti del momento.

 

Bernanke parla della ripresa dell’America

 Se il Vecchio Continente è in crisi, questo non vuol dire che la stessa cosa valga per tutti gli altri continenti e per tutte le altre economie. Anche se i sistemi economico-finanziari sono interlacciati tra loro.

L’evoluzione del cambio euro/dollaro

Non stupisce allora che nello stesso momento in cui Draghi e gli altri leader europei si trovano a posticipare la ripresa dell’Eurozona fino al 2014, Ben Bernanke dichiari invece che l’America è già sul viale della rinascita economica.

Il governatore della Fed, infatti, ha osservato che rispetto alle prime fasi della crisi finanziaria, quelle sviluppate nel 2008-2009, oggi le banche americane si sono irrobustite e sono in grado di sostenere l’economia america in questa fase di ripresa.

Il dollaro in rimonta e cambiano le visioni dell’America

Questo non vuol dire che il peggio è passato, anzi, l’economia statunitense deve ancora fare numerosi aggiustamenti prima di dire che il peggio è passato ma di certo non c’è da alimentare alcuna discussione riguardo la politica monetaria definita dalla Fed.

L’America, tra l’altro, deve fare i conti con quello che succede in Europa dove la situazione economica resta quanto mai complessa visto che ci sono paesi ancora alle prese con la crisi del debito ed altri che stanno già ripartendo. Questo giustifica in qualche modo la politica “tasso zero” della Fed, uno strumento di fondamentale importanza per la ripresa americana e per la diminuzione del tasso di disoccupazione a stelle e strisce.

Piazza Affari vola con banche e Telecom

 Piazza Affari non è più maglia nera d’Europa, anzi, nei momenti che sono di particolare tensione per il Vecchio Continente, la borsa italiana reagisce sempre meglio del previsto. All’inizio della settimana, quindi, Piazza Affari è trainata in alto dai titoli bancari e dalla performance di Telecom.

Superstipendio anche per Bernabé di Telecom

Abbiamo già accennato qualcosa parlando di spread stabile e borse positive in Europa e affrontando l’evoluzione del cambio euro/dollaro. Adesso concentriamoci esclusivamente sui titoli della borsa di Milano.

La sua apertura all’inizio della settimana è stata estremamente positiva e c’è stato il guadagno di un punto percentuale, grazie soprattutto al settore bancario. Lo spread, in questo clima entusiasmante, ha reagito toccando i 308 punti base e facendo arrivare il rendimento a. 4,33 per cento.

L’Alcoa è stata determninante visto che con i suoi risultati trimestrali ha sbaragliato tutte le previsioni degli investitori e ha fatto guadagnare a Milano molto più di Londra, Francoforte, Madrid e Parigi.

 Telecom raggiunge l’accordo con le parti sociali

Importante anche la performance del titolo Telecom Italia che guadagna il 4,18 per cento grazie alla conferma della notizia relativa all’integrazione nell’azienda di 3 Italia. Telecom Italia potrebbe acquistare circa il 30 per cento delle azioni di 3 Italia. In generale è in rialzo tutto il comparto bancario.

Cipro cambierà l’Europa, lo dice la Germania

 Il presidente della Bundesbank è convinto che il fallimento di Cipro segnerà un punto di svolta nelle crisi che interessano il Vecchio Continente. Jens Weidman, infatti, in un’intervista rilasciata alla radio del paese ha parlato sia della gestione della crisi europea, sia del caso particolare di Cipro, sia degli obiettivi economici definiti dalla Commissione Europea.

I rischi italiani dell’uscita dall’euro

La Bundesbank, prima di tutte le altre banche europee, è stata scossa dall’eccessiva tensione, causata e alimentata soprattutto dalla bancarotta di Cipro. Il primo pensiero di Weidman è stato rivolto ai depositi tedeschi presenti a Cipro, molti anche tedeschi. Le misure adottate hanno arginato la crisi ma è importante, secondo la Bundesbank, trarne la lezione giusta: le banche, anche in mezzo a mille difficoltà potranno essere ristrutturate. Un segnale decisamente positivo per chi pensava che dall’isola stato si scatenasse l’ennesimo effetto domino.

La Germania contro l’antieuropeismo italiano

Riguardo alla possibilità di Cipro di essere un punto di partenza per una crisi più grande, Weidman è convinto che l’isola abbia una struttura creditizia e bancaria che fa storia a sé quindi dal punto di vista della crisi è sicuramente un caso unico. Mentre potrà essere usato come “esempio” il modello di salvataggio proposto dall’Europa. Anche perchè c’è un altro paese in posizione molto critica: la Slovenia.

L’evoluzione del cambio euro/dollaro

 L’euro, rispetto alle altre valute, ha conosciuto una fase di forte crescita che ha ulteriormente indebolito il business in entrata e in uscita dal Vecchio Continente. Molto dipende non dalla recessione europea, quanto piuttosto dalle “sfacciate” politiche montarie delle banche centrali giapponese e americana.

Inflazione e stabilità dei prezzi nel discorso di Draghi

All’inizio di questa settimana, nella sessione asiatica di contrattazioni, il valore dell’euro rispetto al dollaro è cresciuto di nuovo con un incremento del valore pari allo 0,21 per cento. Lo scambio è avvenuto intorno alla quota 1.3036.

Sulle oscillazioni, poi, sono intervenuti anche i dati relativi alla Francia dove la bilancia commerciale ha recuperato terreno e infatti si è registata la perdita di qualche pip e il passaggio a 1.3030 punti del cambio euro/dollaro.

Come oscillano i dollari

I market mover di giornata che spiegano cosa muove l’euro non sono stati proprio determinanti anche se, per esempio, riguardo la produzione industriale tedesca, c’è stata una lettura positiva allo 0,5 per cento è che superiore anche allo 0,3% previsto dagli analisti.

Molto più influente è il parere degli investitori che stentano a riconoscere i segnali della ripresa del Vecchio Continente e infatti l’indice Sentix che misura la fiducia degli investitori rispetto all’Eurozona, è in calo. Tutto dipende dal bailout di Cipro e dalla situazione politica tricolore.