Più esteso lo sconto IRPEF per l’energia solare

 Chi fa opere edilizie che incrementano il risparmio energetico dell’unità immobiliare e ne migliorano al tempo stesso l’efficienza energetica, può contare su uno sconto del 36% sull’IRPEF, ma adesso sembra che anche in assenza di un’opera edilizia vera e propria si possa ottenere una detrazione.

Gli sconti sull’IRPEF dell’affitto degli studenti

Per costruire un impianto fotovoltaico direcco che sia responsabile della produzione di energia elettrica per un immobile, si sostengono delle spese d’acquisto dei materiali che non sono da trascurare. Queste spese, secondo quanto riportato dal Tuir, sono detraibili al 36 per cento.

Lo sconto massimo sui veicoli ecologici

Questa detrazione, infatti, è valida per gli interventi:

“relativi alla realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici con particolare riguardo all’installazione di impianti basati sull’impiego delle fonti rinnovabili di energia”.

L’Agenzia delle Entrate, però, ha recentemente precisato sull’argomento, con la risoluzione n. 22/E del 2 aprile che per l’individuazione degli interventi di risparmio energetico si deve far riferimento agli impianti fotovoltaici per la produzione di energia.

Ha chiesto chiarimenti all’Erario anche il ministero dello Sviluppo Economico che nel dettaglio ha domandato se possano essere considerate risparmio energetico tutte le operazioni di riduzione dei consumi oppure se rientri nella definizione anche il minor assorbimento di energia elettrica per effetto dell’istallazione dei pannelli fotovoltaici.

Le banche centrali abbandonano l’euro al suo destino

 La moneta unica è in crisi e quello che sta succedendo sul mercato valutario lo testimonia. Le banche centrali, infatti, hanno deciso di seguire la scia tracciata da molti investitori, e mettono nei forzieri yuan e dollaro australiano lasciando per strada l’euro.

La coppia euro/yen nell’ultimo mese

Secondo l’ultimo report sulle riserve delle banche centrali si apprende che nei nuovi paesi industriali le riserve di euro sono calate di ben 34 miliardi. Se prima la moneta unica rappresentava il 31% delle riserve valutarie delle banche centrali, adesso rappresenta soltanto il 24% delle riserve. In flessione, come l’euro, anche il dollaro che oggi è al 60%. In ascesa invece ci sono le riserve della moneta cinese e di quella brasiliana, nonché le “classiche” riserve auree.

La coppia euro-dollaro nel mese di marzo

Questo spiega bene perchè le nuove potenze economiche come Brasile e India, Corea e Indonesia, Messico e Thailandia, oppure anche Turchia, Singapore e Malaysia, siano considerati astri nascenti della finanza globale. Ma soprattutto si spiega come i paesi che non hanno ancora l’euro, per esempio la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ucraina, crescano meglio dei paesi che fanno parte già dell’Eurozona.

Il servizio dedicato alle riserve valutarie delle banche centrali è stato realizzato dal settimanale Frankfurter Allgemaine che si riferisce direttamente alle notizie del Fondo Monetario Internazionale.

 

Come sta cambiando la Grecia post crisi

 Se la Grecia sia uscita definitivamente dalla crisi non possiamo ancora saperlo, ma conosciamo gli sforzi messi in campo dal governo e le difficoltà affrontate dalla popolazione. Il malcontento si è nutrito facilmente in questi mesi e qualcosa sta cambiando.

Chi c’è dopo Cipro?

Il partito che ha incarnato la protesta è quello d’ispirazione nazista che l’anno scorso prima si è presentato ad Atene, in Parlamento, con grande sorpresa di tutti, poi però ha iniziato ad avere adepti in giro per il mondo, sempre tra i cittadini greci all’estero.

L’Europa è il continente adatto su cui investire

La Grecia, quindi, dall’affrontare esclusivamente una crisi del debito, adesso dovrà fare i conti con una nuova crisi politica. Il pericolo arriva direttamente da un partito, quindi non da un movimento che finora è rimasto in sordina. L’ideologia nazista è portata avanti dal partito Alba Dorata che è sempre rimasto all’estrema destra del Parlamento. Nel 1980, tanto per fare un po’ di storia, era diventato un’organizzazione sovranazionale con sedi in Germania, Australia, Canada e Stati Uniti.

Ultima vittima di questa ideologia neonazista è la Grecia dove Alba Dorata è considerato dai sondaggisti il terzo partito del paese. Attualmente ci sono 18 deputati di questo partito che siedono in parlamento.

Eni vuole un risarcimento da Report

 L’Eni ha deciso di chiedere un risarcimento alla giornalista e conduttrice di Report, Milena Gabbanelli per un servizio che ha messo in cattiva luce il business di questa azienda, danneggiandola in alcune operazioni molto importanti.

Certo è che Report è considerato da tutti una fonte d’informazioni indipendente capace di far luce in modo asettico su buone e cattive pratiche messe in campo dalle aziende, anche quelle importanti come l’ENI.

Rinnovabili: il mercato è in crisi

Il risarcimento chiesto dal gruppo di Scaroni a Report si aggira sui 25 milioni euro perchè è l’immagine stessa dell’Eni ad essere stata compromessa. Il gruppo, in questo momento, può vantare circa 79 mila dipendenti e un fatturato di 100 miliardi di euro all’anno.

Tasso di cambio ed esportazioni sono legati

L’azienda Eni, contesta qualsiasi cosa della puntata di report andata in onda nel dicembre dell’anno scorso ma Milena Gabanelli dichiara di essere pronta a dimostrare il lavoro fatto.

Sotto la lente d’ingrandimento ci sarebbe il maggior costo del gas, legato ai contratti take or pay stipulati con la Russia e alla pratica di caricare questo costo sulle bollette. In più ci sono dei contratti fatti con il Kazakistan le cui condizioni sono poco chiare e tutta una serie di obiezioni legate alla scarsa attenzione posta alla questione ambientale in Basilicata.

L’accusa di Madoff a JP Morgan

 La banca d’affari JP Morgan è in grado di influenzare le considerazioni degli investitori sui paesi del Vecchio Continente e sulle singole imprese. Adesso ha avuto una critica dall’interno, a cura di Madoff che è tra l’altro rinchiuso in carcere.

Per chi investe in opzioni binarie o ha a che fare con il mondo azionario, queste notizie sono fondamentali ed esclusive visto che determinano il cambio di rotta, la modifica dei trend, una variazione nelle quotazioni.

La crescita in Europa e ai livelli del secolo scorso

JP Morgan, quindi, sembra essere stata messa alle strette. Bernard Madoff aveva messo a punto una truffa da 50 miliardi di euro e la banca JP Morgan, pur sapendo ogni cosa, non ha detto alcunché.

L’ex consulente finanziario di JP Morgan, quindi, Bernard Madoff in persona, dal carcere ha inviato un’email al giornale MarketWatch spiegando che le banche sapevano tutto della sua operazione criminosa ed anzi, l’hanno praticamente sostenuta e coperta.

Qualche errore comune per chi investe nell’oro

Insieme a JP Morgan, in questa opera di opacizzazione dei traffici, sarebbero state coinvolte anche la Bank of New York Mellon, la HSBC e Citicorp. Questo il risultato di una prima ricognizione ma la lista potrebbe essere più nutrita.

L’FBI non si è lasciata sfuggire l’ultima dichiarazione di Madoff ed ha pensato di approfondire la questione per capire se siano stati truffati soltanto gli investitori o se qualcuno fosse al corrente della truffa Madoff.

La crescita in Europa e ai livelli del secolo scorso

 Ogni volta che si considera la grande depressione del paese e ogni volta che si parla di crescita europea ed italiana, non si possono evitare i paragoni, non si può quindi evitare di dire come sta crescendo o arretrando il paese o il continente.

Si può tornare alla lira?

Per quanto riguarda l’Europa, che durante il secolo scorso ha dovuto affrontare due guerre, oggi le condizioni economiche di lungo periodo dei maggiori paesi dell’Unione, sembrano essere quelle dell’inizio del Novecento.

La Spagna, l’Italia e la Francia hanno fatto un passo indietro piuttosto che un passo in avanti e sono tornate ai livelli di crescita che c’erano più di 100 anni fa. A dirlo e spiegarlo è un grafico dell’analista di JP Morgan, tale Michael Cembalest.

La Germania si mette dalla parte dell’Italia

Come 100 anni fa, infatti, aumentano le pressioni sui mercati del credito, i differenziali dei tassi del debito sovrano dei paesi periferici si allontanano dai valori della Germania e anche i prestiti erogati a favore delle famiglie e delle imprese fanno registrare una progressiva contrazione.

Se si pensa ai costi necessari per la richiesta di un finanziamento, da parte delle PMI italiane, si scopre che è maggiore del tasso nominale e reale del paese.

Molto dipende dalla crisi economica che si è trasformata in crisi politica.

Si può tornare alla lira?

 Ogni volta che l’Italia deve fare i conti con le riforme e soprattutto con gli aggiustamenti fiscali ed economici, ci si chiede se non sia il caso di mettere i remi in barca, lasciare l’isola della moneta unica e rifugiarsi sul vecchio isolotto della lira.

Goldman Sachs contro Beppe Grillo

Sicuramente il partito dei nostalgici della lira è in crescendo visto che il potere d’acquisto, per questioni non certamente valutarie, sta peggiorando di giorno in giorno. Questo cattivo rapporto con l’euro è tipico dei paesi periferici dell’Europa, quelli in cui le economie non sono risultate adeguate a sopportare la moneta unica.

Dall’Euro potrebbe sempre uscire la Germania

Il discorso fatto in un articolo molto interessante apparso su Wall Street Italia, sposta la questione del ritorno alla lira su un piano politico e parte dal presupposto che l’euro ha avuto conseguenza negative per i paesi periferici ed ha rafforzato il potere della Germania.

Adesso tornare alla lira vorrebbe dire mandare in malora tutti gli sforzi fatti per costruire l’Europa con un danno che sarebbe non solo per la Germania che comunque è ripartita ma ha affrontato il suo brevissimo periodo di recessione.

Tornare alla lira vorrebbe dire autorizzare la classe politica ad usare la vecchia moneta locale come strumento di riequilibro di bilancio, stampando moneta, accumulando il debito ma senza fare gli aggiustamenti economici necessari.

La Germania si mette dalla parte dell’Italia

 Quanto l’Europa ha proposto il prelievo forzoso sui conti deposito di Cipro, come conditio sine qua non salvare l’isola, a parte le proteste vive dell’amministrazione del paese, ci sono stati degli analisti che hanno visto in questa proposta di salvataggio un modello da replicare in Europa. Ma con chi? Con i paesi periferici in crisi tra cui abbiamo la Spagna e l’Italia.

Lo spread vola dopo il gran rifiuto a 5 stelle

Nel nostro paese sono profilerati sondaggi sul prelievo forzoso che hanno dimostrato i timori degli italiani: vedersi rubare da sotto gli occhi, la rendita sudata con il lavoro di accontonamento di una vita.

Svelato uno dei problemi delle banche di Cipro

Sondaggi a parte l’analogia tra Cipro e l’Italia è stata fornita agli investitori su un piatto d’argento, condita dalle recenti minacce rivolte all’Italia circa un nuovo possibile downgrade. Poi ci ha pensato la Germania a riequilibrare gli animi. A parlare, ancora una volta, è il ministro delle Finanze tedesco, Schaeuble che, in un’intervista al Bild, ha deciso di rassicurare l’Italia: la nostra condizione non è come quella di Cipro e non c’è niente di cui preoccuparsi.

I risparmiatori tedeschi che si erano esposti molto sul fronte delle banche cipriote, dicono che i loro investimenti, in Europa, sono ancora al sicuro e quello che è successo a Cipro è da considerare un caso unico.

 

La Francia ci prova con la supertassa per i calciatori

 La Francia che è considerata da più parti il prossimo paese del Vecchio Continente a cadere sotto la spinta della crisi, prova a mettere in campo quelle riforme strutturali e fiscali che tanto hanno richiesto dalle alte sfere d’Europa.

A livello di tassazione, il paese di Hollande, ha pensato bene di partire dal mondo del calcio. Per esempio il Paris Saint Germaine che dovrà affrontare la sfida europea con il Barcellona, è praticamente la squadra più ricca della Francia e presto avrà anche la quantità maggiore di tasse da pagare all’amministrazione pubblica.

La crisi francese e le altre fratture europee

La notizia è stata data al club calcistico più ricco del paese proprio dal ministro per l’economia Jean-Marc Ayrault che ha proposto una tassa del 75 per cento sullo stipendio dei calciatori che guadagnano più di un milione di euro. A pagare questa tassa, quindi, dovranno essere le squadre, i club.

L’UE vuole tassare il calciomercato

Il provvedimento era stato bocciato in prima battuta dalla Corte costituzionale perché prevedeva che le tasse fossero pagate dai calciatori. Poi la tassa, fortemente voluta da Hollande, è stata modificata ed ora rappresenta l’imposta dei club. Gli atleti sono salvi ma si deve attendere comunque il parere della Corte di giustizia amministrativa che potrebbe chiedere altri aggiustamenti. Nel 2014, quindi ci potrebbe essere una terza versione dell’imposta che secondo le previsioni dovrebbe scendere al 66 per cento per i redditi superiori a 1 milione di euro ed essere accompagnata da una tassa del 49 per cento per i redditi superiori a 500 mila euro.

 

Il debutto “lussuoso” di Moleskine

 Moleskine, adesso è davvero pronta per il debutto in borsa e non si può dire certo che non abbia ragione visto che sta preparando l’evento, in modo accurato, dall’inizio dell’anno. Il suo ingresso a Piazza affari sarà un ingresso in grande stile con il passaggio, il 3 aprile, nel segmento Star.

Le agendine che sbancano a Milano

L’azienda in questo momento può farsi forte del traguardo: l’essere riuscita nella quotazione. In realtà un’altra grande soddisfazione è già pronta: essere la terza debuttante a Piazza Affari dopo Ferragamo e Cucinelli. Insomma arriva dopo due griffe di lusso e sembra essere in linea con le loro quotazioni.

Moleskine pronta al ballo finanziario delle debuttanti

L’arrivo di Moleskine in borsa è senz’altro emblematico visto che il mercato oggi e il contesto economico nel quale avviene la quotazione non è del tutto linerae. Ci sono tanti brand che hanno cercato la rinascita quotandosi anche a tassi elevati. Per Moleskine, il successo, arriva dalla considerazione della domanda degli investitori che sono stati 3,7 volte superiori all’offerta di azioni.

Questo livello della domanda che è alto ma non elevatissimo, ha consentito anche di avere un buon prezzo per l’Ipo: ben 2,3 euro che sono la giusta misura tra i 2 euro considerati soglia minima e i 2,75 euro considerati soglia massima.

La capitalizzazione che deriva da tutto l’affare è di ben 488 milioni di euro, cui, a livello di dati bisogna aggiungere il fatturato di 78 milioni di euro.