A far credito alle aziende ci pensa Bipiemme

 Bipiemme per i lavoratori a tempo determinato e 4 tipi di mutui con cap da Bipiemme sono le offerte di questa banca che abbiamo già visto insieme. Vogliamo anche parlare del credito per la riduzione dei termini di pagamento, una proposta che la banca rivolge alle imprese.

Prima di tutto cerchiamo di capire di cosa si tratta. Come spiegato sul sito Bipiemme, il Credito per la riduzione dei termini di pagamento, serve a promuovere un finanziamento rateizzato a breve termine. L’obiettivo è quello di fare in modo che le aziende abbiamo la liquidità sufficiente per far fronte a nuovi termini di pagamento applicabili a tutte le transazioni commerciali.

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Si capisce quindi che l’iniziativa è rivolta a tutte le aziende che devono ottemperare al pagamento dei propri fornitori, rispettando i nuovi tempi stabiliti dalla direttiva. Cosa c’è di conveniente lo scopriamo nelle condizioni dell’offerta.

L’importo erogato non è fisso ma dipende dalla valutazione fatta durante l’istruttoria della pratica. Di certo c’è soltanto che il prestito deve essere rimborsato in un periodo variabile che va dai 19 ai 120 mesi. In massimo 10 anni il rapporto con la Bipiemme deve dirsi felicemente concluso. Il TAEG per un finanziamento a tasso fisso calcolato su 100.000 euro da restituire in 5 anni, è del 9,605% ma scende fino all’8,910 per cento per le proposte a tasso variabile.

Bipiemme per i lavoratori a tempo determinato

 La banca Bipiemme propone 4 tipi di mutui con cap e non sono i soli prodotti creditizi che l’istituto di credito vuole usare per portare a termine il progetto Bpm per avere dividendi. Tra i servizi finanziari offerti dalla banca, infatti, c’è anche un interessante prestito per i lavoratori a tempo determinato.

Si sa che offrire un mutuo a chi in questo momento non ha un contratto stabile a tempo indeterminato, è molto complesso, ma la Bipiemme sembra disposta a correre il rischio. Quali sono allora le caratteristiche del prodotto?

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Si tratta di un prestiti per i clienti privati che hanno un contratto di lavoro a tempo determinato, che sono residenti nella provincia di Milano o che in questo territorio svolgono la loro attività lavorativa. L’importo massimo del prestito è di 4000 euro che possono arrivare fino a 10000 se il cliente ha intenzione di comprare un’auto nuova oppure un’auto usata.

Il tasso applicato al finanziamento è un fisso al 6,50 per cento. La simulazione proposta sul sito Bipiemme illustra bene tassi e importo delle rate. Per un finanziamento di 5000 euro da rimborsare in 60 rate mensili, la rata sarà inferiore ai 100 euro, per l’esattezza 97,83 euro. Il TAN è del 6,50 per cento e il TAEG proposto è del 6,870%. Alla fine dei 60 mesi l’importo restituito alla banca è di 5891,55 euro.

4 tipi di mutui con cap da Bipiemme

 Il progetto Bpm per avere dividendi sembra essere stato esposto con chiarezza dall’amministratore delegato dell’azienda, Andrea Bonomi che punta già a partire dal 2013 sul rilancio della banca che si è trasformata di recente in una SpA di cui Bonomi è il principale azionista.

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Intanto però, visitando il sito della banca, è evidente la volontà di Bipiemme di attirare in questi mesi quanti più clienti possibile. Visto che il tasso variabile per i mutui resta il più appetibili in un momento di crisi, abbiamo provato a scandagliare le offerte di mutui ipotecari con cap della Banca Popolare di Milano.

Bipiemme propone ben 4 mutui variabili con cap divisi in due categorie, la standard e quella rivolta in modo più dettagliato ai giovani. Per quanto riguarda il mutuo variabile con cap standard ci sono due possibilità di tetto massimo, quello al 6% e quello al 6,50 per cento. La differenza sta nel tasso di base.

BPM vuole diventare una SPA

Il TAEG di partenza per il cap al 6%, infatti, è del 4,183%, mentre quello per il cap al 6,5% è del 4,079%. Questo vuol dire che la banca ha intenzione di premiare con un tasso di partenza più basso i mutuatari che in futuro sono disposti a rischiare di più.

I due mutui variabili con cap Giovani hanno invece il TAEG di partenza al 3,949% per il cap al 6%, oppure il TAEG al 3,845% per il cap al 6,50 per cento. ra stato registrato e non riportava la data, per questo è stato giudicato inattendibile.

Il fisco si accorda con le imprese internazionali

 Il fisco ha la necessità di battere cassa e lo fa sia recuperando le somme non pagate dagli evasori, sia provando a stanare quelli recidivi, ma lo fa anche predisponendo un contenzioso “pacifico” con  le aziende che hanno operato in modo fraudolento.

In pratica il fisco opera una specie di condono che gli consente di entrare in possesso di un gruzzoletto interessante che, com’è facile immaginare, è sempre meglio di niente.  Il condono, però, è una cosa tipicamente italiana e successiva all’evasione. Adesso invece, per gli accordi internazionali “, esiste un altro istituto: il ruling.

Cos’è l’IVA di gruppo e chi può usarla

Le imprese che hanno un’attività internazionale e possono vantare ricavi che superano i 100 milioni di euro, possono decidere di accordarsi in maniera preventiva con il fisco definendo la loro posizione riguarda il transfer pricing, gli interessi, i dividendi e le cosiddette royalties.

La negazione del codice IVA deve essere provata

Questo accordo preventivo, chiamato appunto ruling, è stato istituito nel 2004 e da allora a fronte di 135 istanze presentate dalle aziende, sono stati stipulati ben 56 accordi. A raccontare l’ascesa del numero delle istanze, aumentate del 137,5 per cento negli ultimi 3 anni, ci pensa il Bollettino dell’Agenzia delle Entrate che prova a fare il punto sulla situazione.

Quando l’IVA è indetraibile

 Chi periodicamente paga l’IVA sa che può detrarne una parte, a patto che gli acquisti effettuati riguardino beni strumentali inerenti l’attività professionale del professionista e strumentali alo sviluppo della stessa. In tutti gli altri casi, precisa l’Erario, l’IVA è indetraibile.

L’imprecisione autorizza il risarcimento del consulente

La precisazione nasce chiaramente da un fatto che ha portato la Corte di Cassazione a pronunciarsi più volte sull’argomento. L’ultima sentenza è del 10 gennaio 2013. In pratica si spiega che il diritto alla detrazione dell’imposta che riguarda i costi di costruzione di un immobile ritenuto strumentale all’attività professionale, devono essere provati con un titolo giuridico giustificativo che metta in chiaro l’uso del bene e spieghi l’inerenza dei costi sostenuti.

Le novità dell’IVA per cassa

Tempo fa un soggetto aveva detratto indebitamente l’IVA delle spese di ristrutturazione e costruzione di un immobile. Durante un accertamento l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di constatare che mancavano i presupposti soggettivi ed oggettivi per la detrazione ed ha chiesto indietro le somme scontate.  La mancanza di presupposti era legata al fatto gli immobili cui erano riferiti i costi non erano di proprietà di un’azienda ma del suo amministratore unico che, da parte sua, aveva provveduto a “promettere” di venderli alla società.

Come si chiede il rimborso IVA

La “promessa” era stata anche sostanziata con un preliminare di compravendita ma l’atto non era stato registrato e non riportava la data, per questo è stato giudicato inattendibile.

Inizia la stagione del 5 per mille

 L’equinozio del 21 marzo non segna soltanto l’avvio della primavera che, tra l’altro, non è sbocciata in tutte le regioni del nostro paese, ma segna anche l’inizio dell’ottava edizione della campagna d’iscrizioni al 5 per mille. Come molti contribuenti sanno, nel firmare la dichiarazione dei redditi, sia essa redatta in forma autografa o con l’ausilio di un Caf o di un commercialista, si deve sempre indicare la destinazione dell’8 per mille o del 5 per mille delle proprie tasse.

Il CUD avvia la stagione dichiarativa

Dal 22 marzo al 7 maggio, quindi, gli enti di volontariato e le associazioni dilettantistiche, possono chiedere all’Agenzia delle Entrate di essere ammesse alla ripartizione del 5 per mille. Vi sarà capitato infatti di leggere sui siti internet delle associazioni di volontariato, l’invito a devolvere questa percentuale minima alle attività dell’ente. Per farlo occorre indicare il codice fiscale dell’associazione.

5 per 1000 solo 15 candidati

Non tutte le associazioni però, possono ottenere il 5 per mille. Le richieste devono essere vagliate dall’Erario che nella circolare numero 6/E pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Entrate, spiega quali sono le modalità, le scadenze e gli adempimenti da compiere.

Complessivamente, nel 2013, ci saranno circa 400 milioni di euro da ripartire tra le associazioni iscritte negli elenchi del 5 per mille. Questo fondo è stato definito nell’articolo numero 23 comma 2 del decreto legge del 2012 numero 95, meglio conosciuto come decreto sulla spending review.

Secondo l’OCSE cresce il costo del lavoro

 Il costo del lavoro continua a crescere, a dirlo è l’OCSE che da quanto è iniziata la crisi non fa altro che tenere sotto controllo il settore in cui dovrebbe rinascere l’economia. Il fatto che cresca questo parametro, però, fa pensare che la crescita sarà ancora più lenta.

La ricognizione dell’OCSE è tutta dedicata alla zona euro dove il costo del lavoro è aumentato andando sopra la media. L’Italia, in tal senso, si aggiudica la medaglia d’argento visto che il lavoro costa ancora di più in Germania rispetto al nostro paese. Nel paese della Merkel, infatti nell’ultimo trimestre del 2012 il costo del lavoro è cresciuto dell’1,3 per cento mentre in Italia è cresciuto soltanto dell’1 per cento.

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In generale, l’aumento del costo del lavoro ha dimostrato un rapporto inversamente proporzionale alle retribuzioni, quindi se da un lato sono aumentati i costi legati all’attività professionale, dall’altra sono aumentate meno del previsto le retribuzioni. Un fattore che poi è stato bilanciato da un complessivo rallentamento della produttività dell’Europa.

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Il Vecchio Continente, in questo movimento, non è solo, perché rallentamento della crescita dei salari e calo della produttività hanno fatto aumentare anche il costo del lavoro negli Stati Uniti dove si parla del +1 per cento e in Canada dove l’aumento è stato più contenuto ed è dello 0,4 per cento.

 

 

La FED lascia i tassi invariati

 Lavorare sul costo del denaro, in questi ultimi due anni, è stato lo stratagemma delle banche centrali per sostenere l’economia interna. Hanno iniziato la BCE e la FED per poi essere seguire a ruota anche dalla BoJ e dalle altre banche centrali.

Poi però, la situazione sembrava essere sfuggita di mano a tutti, tanto che si è iniziato a parlare di guerra di valute, fino a che è intervenuto Mario Draghi a placare gli animi spiegando che le banche centrali stanno facendo semplicemente il loro lavoro, senza avere nelle intenzioni la distruzione delle economie altrui.

Fondo Monetario Internazionale chiede taglio tassi BCE

Il mercato valutario, però, non si è per nulla fermato e in queste ore è stato segnato dalla comunicazione della Fed che ha deciso di lasciare i tassi invariati. La banca centrale americana ha deciso di lasciare immutato il costo del denaro ma allo stesso tempo ha deciso di rivedere al ribasso le previsioni sull’economia del paese.

Reazioni del dollaro alla stanchezza della FED

La crescita economica non è quella preventivata ma qualcosa di positivo in tutta questa storia c’è nel senso che la disoccupazione è minore rispetto alle previsioni. La scelta della FED era attesa e prevista. I tassi, tanto per essere precisi, resteranno compresi tra lo 0 e lo 0,25 per cento. Un livello minimo che è un record. Non si avevano tassi così bassi dal dicembre del 2008. Il tasso di disoccupazione resta leggermente a di sopra del 6,5 per cento e il tasso d’inflazione, invece, è fisso sotto la soglia del 2,5 per cento.

Rich Ricci di Barclays si mette in tasca 18 milioni

 La Gran Bretagna, che tutti considerano ancora la gallina dalle uova d’oro per gli europei in crisi alla ricerca di lavoro, in realtà sta affrontando un forte periodo di crisi. È stata costretta a ricalcare una serie di misure di austerità, già conosciute nel resto del Vecchio Continente, al fine di tenere tutti i conti del paese sotto controllo.

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In un momento del genere, un super bonus per un banchiere, dato da una banca nazionale, farebbe infuriare chiunque. E così è stato, visto che Rich Ricci, ex collaboratore di Diamond, il CEO di Barclays che si è dimesso dopo lo scandalo Libor, ha portato nel suo portafoglio un bel gruzzoletto, un bonus da 18 milioni di sterline che vanno a sommarsi al suo già cospicuo patrimonio che sale a 57 milioni di sterline.

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Il banchiere in questione ha soltanto 49 anni e una passione per le banche e per l’ippica che, condita da una buona dose di fortuna, l’ha reso uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra. L’incremento del suo gruzzoletto però, avviene nello stesso periodo in cui il ministro del Tesoro inglese presenta i conti al Parlamento: l’economia del paese è debole, crescerà meno del previsto nel 2013 e sarebbe addirittura opportuno dimezzare le prospettive di crescita.

Anche per Unipol c’è la cedola per gli azionisti

 In un anno di crisi erano davvero pochi gli azionisti che, investendo nel mercato italiano, pensavano di ottenere un risultato positivo, soprattutto se il terreno d’azione era quello del credito. Le banche, infatti, più volte sostenute dalla BCE, sono sopravvissute con difficoltà al rifinanziamento imposto anche dalle leggi europee.

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Eppure qualche istituto di credito con le finanze maggiormente in ordine, è riuscito a sorprendere gli scettici e offrirà una piccola cedola ai suoi azionisti. Dopo le notizie legate a Terna ed Enel Power, stavolta prendiamo atto del successo Unipol. La banca in questione, infatti, prevede di pagare una cedola di 0,15 euro a tutti gli azionisti.

La compagnia bolognese è stata in grado di rispettare le previsioni degli analisti e di superare talvolta le mete definite. Il 2013, per questo motivo, sembra offrire ancora un terreno d’investimento positivo. Molto del successo dell’azienda si deve anche all’integrazione del gruppo Fondiaria-Sai.

Il Gruppo Unipol assume a tempo indeterminato

Il 2012, tanto per dare qualche numero, per Unipol è stato segnato da un utile netto di 441 milioni di euro. Ad  inficiare i risultati però, ci sono gli 889 milioni di perdite legate a Premafin. Alla fine l’utile netto del gruppo Unipol stand alone è stato di 241 milioni di euro con la previsione di una cedola di 0,15 euro per azione e 0,17 euro per le cosiddette risparmio.