Surroga a tasso variabile con Ing Direct

 Le banche più convenienti sono all’estero e questo, ormai, sembra un dato conclamato. Vuol dire che le banche straniere che operano nel nostro paese a lungo hanno proposto dei tassi d’interesse competitivi che adesso le rendono molto appetibili questi istituti di credito.

Le banche straniere sono più convenienti

Nella ricognizione odierna di Mutuisupermarket, la migliore surroga a tasso variabile è quella offerta da ING Direct che propone un TAEG del 3,62 per cento. Nella simulazione proposta dall’intermediario, poi, si scopre che le prime due rate sono più pesanti perché si applica un tasso variabile del 3,85%, poi però, dalla terza in poi, la rata scende da 727,66 a 692,79 euro.

Il conto corrente Arancio conviene sempre

Come il consolidamento è un’opportunità per chi ha tante rate da pagare e vuole coniugare tutto in un un solo pagamento a tassi convenienti, così la surroga diventa la soluzione ideale per chi vuole comprare casa in un momento di crisi.

Surrogare, infatti, aiuta ad eliminare parecchie spese. Per esempio sono assenti le spese iniziali, quelle per l’istruttoria, la perizia e per l’assicurazione scoppio e incendio, ma sono gratis anche le spese ricorrenti e l’imposta sostitutiva che non si applica nei casi di surroga.

Il tasso di partenza, infatti, è del 3,55 per cento, non molto distante dal TAEG ed è il risultato della somma tra l’Euribor a 3 mesi pari allo 0,2 per cento e lo spread del mutuo che è del 3,35%.

Stage retribuiti da Unilever

 Unilever è una grande azienda specializzata nella distribuzione di prodotti di largo consumo. E’ una multinazionale che nasce nel 1930 dalla fusione di due grandi realtà: la Lever Brothers, società inglese, e la Margarin Unie, questa, invece, olandese.

Grazie a questa fusione la Unilever ha potuto allargare gli orizzonti del suo business e il bacino di clienti, riuscendo, in breve tempo, a diventare leader nel settore dell’alimentazione, bevande, prodotti per l’igiene e della casa, per la salute e la cura della persona. Al momento i suoi prodotti sono presenti in ben 170 paesi del mondo.

In questo periodo la Unilever sta cercando dei giovani laureati da inserire nel proprio organico con un iniziale contratto di stage, per il quale, come previsto dalle ultime normative sul lavoro, è prevista una retribuzione, come Junior in Store Account.

Gli stage offerti da Unilever hanno la durata di sei mesi e si svolgeranno presso le sedi dell’azienda nelle seguenti regioni: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Marche, Veneto, Liguria, Trentino Alto Adige, Lazio e Campania.

Per poter partecipare alle selezioni per Unilever è necessario possedere un diploma di laurea, preferibilmente ad indirizzo economico-umanistiche e buona conoscenza della lingua inglese.

Per candidarsi alle selezioni visitare la pagina lavora con noi del sito del gruppo.

L’euro, a chi piace e a chi non piace affatto

 L’euro è una moneta che unisce ma un concetto che divide e lo possiamo vedere bene dalla contrapposizione che la moneta unica genera soltanto nel nostra paese. Ci sono i convinti europeisti che vedono nell’ipotesi del ritorno alla valuta locale, la lira nel nostro caso, il principio di una disfatta economica senza precedenti. Ma ci sono anche coloro che al contrario ritengono che uscire dall’euro sia la sola via di uscita alla crisi.

Allianz non lascia, anzi raddoppia

Il problema e la riflessione si concentra soprattutto sulle scelte che vogliono fare i paesi che dell’euro fanno già parte, per esempio l’Italia dove il sentimento antieuro sta crescendo, sostenuto dal perdurare della crisi. Molto interessante è anche quel che sceglieranno di fare i paesi dell’Est Europa.

La ripresa ci sarà ma alla fine dell’anno

Per esempio la Lettonia spinge per entrare il prima possibile nell’euro, mentre la Polonia non ha alcuna fretta e preferisce restare fuori dai giochi. La Slovacchia che prima dei due paesi ha già aderito alla moneta unica del Vecchio Continente, è in una fase di pentimento e revisione del pensiero.

Il fatto è che la crisi sta incidendo in modo forte sulle economie nazionali e i vincoli di stabilità che pone l’Europa sono molto stringenti. La fine del 2013, quindi, dovrà portare necessariamente una soluzione alla crisi del debito sovrano.

EasyJet tra i grandi della Borsa

 EasyJet, da compagnia low cost, si è trasformata in soggetto finanziario di tutto rispetto nei mercati europei. La compagnia, ormai, può vantare 18 anni di onorato servizio, cominciato, c’è da dirlo, con due velivoli presi addirittura in affitto.

Adesso EasyJet ha un volume d’affari che ne giustifica l’entrata nel Ftse 100 che comprende tutte le maggiori aziende quotate nei listi della City. A livello finanziario vale circa 5 miliardi e può contare sul una forza lavoro composta da 8 mila dipendenti.

Programma laureati 2013 di EasyJet

I voli a basso costo sono stati l’emblema di una generazione: quella dei ragazzi decisi a girare il mondo con quattro soldi, quella delle persone che hanno sperato da sempre che il trasporto areo diventasse alla portata di tutti. Adesso la flotta di Easyjet, iniziata con due veicoli in affitto, è diventata molto grande: 220 aerei che trasportano ogni anno 55 milioni di passeggeri, che coprono 600 rotte in 30 paesi del mondo.

Alitalia cederà sette slot su rotta Milano-Roma a Easy Jet

Il valore finanziario di EasyJet è di 4 miliardi di sterline ma nessuno, quando si presentava al mondo il 28 enne Stelios Haji-Ioannou, erede di un impero greco dei trasporti, poteva pensare ad un successo simile.

EasyJet ha avuto il merito di far passare l’idea che viaggiare in aereo è semplice, è divertente e costa molto poco.

 

I consumi parlano del peggioramento dell’Italia

 L’Italia a livello economico e finanziario non se la passa molto bene e non è una questione limitata al PIL. L’incertezza legata allo scenario post elettorale contribuisce a rendere il Belpaese un territorio d’investimento troppo rischioso. In più la recessione si è aggravata nonostante le speranze di uscire dal tunnel della crisi.

Il crollo dei consumi elettrici mette in ginocchio le imprese

Il 2013, quindi, contro ogni previsione, si è aperto in recessione e continua in questo stato. I consumi sono scesi del 2,4 per cento rispetto all’anno precedente ma sono scesi anche dello 0,9 per cento rispetto a dicembre 2012. Secondo una media cosiddetta mobile, si può fare una previsione per i prossimi tre mesi.

Se si considerano i consumi c’è da temere

Entro giugno, il nostro paese, tornerà ai livelli della fine del 2004. A lanciare sul mercato questi dati ci ha pensato la Confcommercio che ha anche analizzato i vari settori dell’economia. Per esempio, la domanda di servizi è diminuita del 3,7 per cento così come la spesa per i beni è calata del 2 per cento.

Ogni volta che si parla di consumo, dice Confcommercio, ci muoviamo in un terreno negativo. La riduzione dei consumi ha interessato purtroppo, il comparto alimentare dove si registra una flessione del 3,9 per cento nel consumo di bevande e tabacchi. Una flessione uguale, sempre -3,9 per cento è propria anche del settore abbigliamento e calzature. Questi due ambiti sono in calo dal 2010, per via di una contrazione della domanda che dura da due anni.

 

Wall Street non basta come traino d’Europa

 Le borse, lo sappiamo benissimo, sono legate a doppio filo l’una all’altra e se per esempio Wall Street mette in fila una serie di risultati positivi, questo comporta un traino sicuro anche per i mercati europei. Stavolta però, la borsa americana non è stata sufficiente a risollevare le sorti dell’Europa che ha chiuso le contrattazioni un po’ più contrastata.

Scende lo spred e vanno bene le banche

In Europa, quindi, i mercati che avevano chiuso nei giorni precedenti con rialzi rassicuranti, non sono riusciti a consolidare il risultato a metà settimana. Il sogno di ripartire, iniziando dalla finanza, si è di nuovo infranto contro il muro delle vendite e della sfiducia degli investitori.

Le elezioni italiane e gli investimenti

D’altronde, dal Vecchio Continente, non arrivano notizie rassicuranti: gli ultimi dati Eurostat sul PIL, parlano di una contrazione dello 0,6 per cento messa a segno nell’ultimo trimestre dell’anno scorso. Nel 2012, quindi, la crescita è stata di molto rallentata. Nel nostro paese, per esempio, Bankitalia è stata costretta a prendere coscienza del fatto che due famiglie su tre hanno un reddito insufficiente a coprire le spese di un mese.

A livello finanziario, ad ogni modo, piazza Affari va meglio delle consorelle europee, trainata dall’entusiasmo per la vendita di La7. C’è stato quindi un crollo del titolo TiMedia, la società cedente, e un aumento delle quotazioni della Cairo Communication, la società che ha acquistato la rete televisiva.

Che strumenti sono i conti deposito

 Quando sentiamo parlare di “conti deposito“, la prima cosa che ci viene in mente sono sicuramente i conti correnti, ma la parola deposito ci deve far drizzare le antenne: il deposito è una specie di cassaforte redditizia. Insomma sono degli strumenti a metà strada tra il risparmio e l’investimento. Qualcuno si spinge fino a dire che si tratta di veri prodotti finanziari, equiparabili ai fondi d’investimento.

Più rendimento con RendiMax

Di recente la normativa sui conti deposito è stata rivista. Per capirla dobbiamo insistere un attimo sulla differenza tra i conti correnti e i conti deposito. I primi, per esempio, sono esenti dall’imposta di bollo per giacenze medie annue inferiori ai 5000 euro. Chi supera questa soglia, invece, in un anno deve pagare una tassa di 34,2 euro.

La tassazione sui conti deposito è un po’ più complessa perché sembra sia stata introdotta una specie di patrimoniale che  consiste nel pagamento di un’aliquota sui depositi pari allo 0,15 per cento, senza un tetto massimo protettivo ma con il minimo pagamento dell’imposta di di bollo, quindi dei 34,2 euro.

Più freedom con Mediolanum

Alcune banche, quindi, per invogliare i consumatori a tenere in “cassaforte” i risparmi e a farli fruttare, si propongono di pagare l’imposta di bollo al posto del cliente. Le banche in questione sono la banca Sistema, la Banca delle Marche, la Bbcforweb, IBL Banca e il Banco Popolare.

Oro in discesa anche per Société Générale

 Alla fine dell’anno scorso, nell’ultimo trimestre dell’anno in particolare, è stato prospettato un aumento indiscriminato delle quotazioni dell’oro, in parte da attribuire all’essenza del metallo prezioso, al fatto che da sempre è stato il bene rifugio per eccellenza, e in parte da attribuire alla corsa all’oro dei paesi emergenti.

Battuta d’arresto dell’oro

In un momento di crisi, infatti, investire nell’oro è rassicurante, tranne se poi si considerato alcuni momenti contingenti. L’oro, infatti, di recente, è finito nel mirino dei grandi investitori che sono pronti a scatenare le vendite, più di quanto non stia già succedendo.

Barclays suggerisce le commodities per il 2013

Questo dipende anche dal fatto che il mercato aurifero sta perdendo i pezzi, alcuni hedge fund di portata globale stanno uscendo dal mercato. Si pensi ad esempio a Soros. Tutti elementi d’analisi che contribuiscono a giustificare il crollo del prezzo dell’oro nelle ultime due settimane.

Il metallo in questione è arrivato a 1555 dollari l’oncia e febbraio è da considerare il quinto mese consecutivo di ribassi. Quasi nessuno, adesso, è pronto a giurare che l’oro superi la soglia dei 1800 dollari l’oncia. Avevano anticipato il trend Credit Suisse e Goldman Sachs ed ora, a queste due banche si aggiunge anche Société Générale che ritiene che l’oro possa perdere ancora valore arrivando anche a 1350 dollari l’oncia nei prossimi cinque anni.

Cosa succederà al petrolio venezuelano

 E’ morto Hugo Chavez, il presidente Venezuelano che per alcuni è stato un dittatore, per altri un eroe. A livello finanziario ed economico, questa sua oscillazione identitaria tra il presidente ideale e il feroce aguzzino, non sono molto indicativi per la comprensione delle prossime mosse del paese.

Barclays suggerisce le commodities per il 2013

Il Venezuela, infatti, ha un grande patrimonio, il petrolio, e la sua produzione supera perfino quella dell’Arabia Saudita. Che ne sarà in futuro? Tutta l’economia del paese si fonda proprio sull’estrazione dell’oro nero. La British Petroleum ci fornisce i dati ufficiali: il Venezuela produce 296,5 milioni di barili di petrolio, superando i 265,4 milioni di barili del suo concorrente in Medioriente.

Apple lascia lo scettro ad Exxon

Tutta l’economia venezuelana ruota attorno al petrolio, basta pensare che più della metà delle entrate del Governo sudamericano è basata su questa materia prima che capitalizza anche il 95 per cento delle esportazioni del paese. Per il futuro lo scenario è molto incerto.

A livello internazionale, infatti, i giacimenti petroliferi di questo colosso petrolifero, fanno gola a tanti investitori. Per esempio i russi della Rosneft hanno già detto di essere pronti a pagare 800 milioni di euro per avviare un’esplorazione nel territorio sud orientale del paese.

Tutto, adesso è nelle mani del vicepresidente che deve restare in equilibrio tra le spinte della crisi economica e della svalutazione monetaria da un lato e le spinte della produzione del petrolio dall’altra.

Il FMI trova la soluzione nell’unione bancaria

 Il Fondo Monetario Internazionale, per sé, non ha alcun interesse a raggiungere l’unione monetaria nel paese, anche perché il mercato creditizio americano funziona in modo molto diverso rispetto al mercato europeo. Il Vecchio Continente è il destinatario delle ultime riflessioni del FMI.

► La crisi nella zona Euro non è finita

Il fatto è che in Europa domina ancora l’incertezza politica e monetaria e ci sono alcuni paesi, come l’Italia, che non hanno ancora trovato un accordo sul governo e questo potrebbe mandare all’aria tanti piani dell’UE. Basta pensare a quello che è successo a Piazza Affari nei dieci giorni che hanno seguito le elezioni: sono stati polverizzati 17 miliardi di euro e lo spread è tornato a livelli “imbarazzanti”.

Scatta il tira e molla sui debiti tra UE ed Irlanda

Adesso, mentre si fanno tante ipotesi sui ministri e sul Presidente del Consiglio italiano, il FMI invita tutti a riflettere sull’opportunità dell’Europa di consolidare l’unione bancaria in modo che il programma di acquisti della BCE e la riduzione dei tassi d’interessi, siano efficaci anche in paesi “periferici” come l’Italia e la Spagna.

Per l’Italia, poi, l’auspicio del Fondo Monetario è che si prosegua sulla strada tracciata da Mario Monti. Gli analisti del FMI, infatti, notano che con il suo Governo tecnico, lo Stivale ha acquisito gli strumenti necessari per raggiungere il pareggio di bilancio in termini strutturali. Lo shock legato ad un eventuale ritorno alle urne potrebbe deprimere l’economia del Belpaese.