Tagli banche inglesi 2013

 Tremano le grandi banche. Le loro strutture, note per aver per permesso agli istituti internazionali di consolidare il loro primato in tutto il mondo,continuano ad essere vittime di tagli, per effetto di una situazione economica tutt’altro che favorevole.

I grandi istituti sono sempre più condizionati dalla pesantezza dei conti delle ultimi stagioni, i cui effetti stanno influendo non poco nella conduzione odierna.

Barclays

Fonti autorevoli affermano ad esempio che in Gran Bretagna Barclays avrebbe dato l’ok per un piano di taglio del 15% della forza lavoro in Asia, Giappone compreso, in particolar modo nel comparto dell’investment banking.

Morgan Stanley

Lo stesso provvedimento, quello dei tagli al comparto dell’investment banking, era stato già avviato in un recente passato da Morgan Stanley. La decisione è stata presa a causa dello scarso livello di marginalità creato dalle tradizionali attività di supporto alla sottoscrizione di azioni e bond, di advisory in generale e di consulenza nelle attività extra finanzarie.

Lloyds Banking Group

Quella che è la banca numero due del Regno Unito, dopo aver avviato modifiche significative ai vertici nella scorsa estate in seguito allo scoppio dello scandalo Libor, ha anche da poco intrapreso la strada per la riduzione degli organici in Europa, sempre per quanto riguarda le posizioni dell’investment banking. I tagli dovrebbero riguardare circa 2 mila dipendenti. Anche Lloyds Banking Group ha cominciato un piano di licenziamenti da oltre mille unità.

Eni cerca gas a Cipro

 Situata fra le coste di Cipro, quelle di Israele e quelle del Libano, si trova la nuova frontiera Gas. Una miniera d’oro che nel giro di un paio di anni, ha fatto si che l’area in questione si configurasse come perimetro di riferimento per tutti i colossi del comparto degli  idrocarburi.

Naturalmente, ai grandi gruppi del gas si è aggiunta anche Eni, la quale non poteva di certo fallire questa caccia al tesoro.

Il gruppo italiano si è posizionato sul posto con un evidente delay, ma ora è a tutti gli effetti operativo e presente nell’elenco delle aziende alle quali è stato dato il nulla osta per esplorare la zona preposta.

L’annuncio

Eni ha così comunicato di aver stipulato un accordo con il Ministero del Commercio, Industria e Turismo della Repubblica di Cipro. Il contratto verte testualmente su Exploration and Production Sharing, ovvero sulle attività di esplorazione e produzione nei blocchi 2, 3 e 9 situati nelle acque profonde cipriote del Bacino del Levantino.

Eni avrà a disposizione una superficie complessiva di 12.530 chilometri quadrati.

La partnership con Kogas

Eni ha guadagnato tre blocchi e si pone al comando di un consorzio composto dalla stessa azienda (che possiede una quota dell’80%, in qualità di operatore principale) e dall’azienda coreana Kogas (20%) all’interno di un bando internazionale competitivo che si è concluso a maggio 2012.

Il gruppo coreano è ormai da molto tempo un alleato nelle trattative consolidato per la società con a capo Paolo Scaroni. Le due aziende hanno già portato avanti insieme le loro attività nel giacimento in Mozambico e in Iraq (18%).

Investimenti

Eni non ha voluto dare ragguagli sull’esatta cifra prevista per effettuare le operazioni di esplorazione.

Non è stato neanche detto quanto si intende prelevare in termini di quantità di materia prima. Gli investimenti nelle attività di esplorazione nè quanto ipotozza di ricavare come quantità di materia prima.

 

Stabilito il codice tributo per il monopolio fiscale

 Come si distingue un prodotto legale da uno di contrabbando? Spesso, se si parla di tabacchi lavorati, attraverso il contrassegno del monopolio fiscale, necessario per la circolazione del prodotto nel territorio dello Stato. I produttori e i fornitori di tabacchi, per mettere questa striscetta, devono pagare all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato una tassa. Il versamento, nelle modalità, è stato ben spiegato dal decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze, nel 2003.

 Pronti i codici dell’imposta sui giochi

Il pagamento, quindi, deve essere effettuato tramite il modello F24 Accise, un modello di pagamento unico ed unificato, in cui riportare un codice tributo specifico per ogni pagamento.

 Il modello F24: la scheda informativa

La risoluzione numero 3/E dell’Agenzia delle Entrate del 24 gennaio ha definito il codice tributo, il 2856 che dovrà essere usato dagli operatori per versare la somma dovuta all’autorità competente.

Il codice tributo 2856 è accompagnato dalla descrizione: Proventi derivanti dalla fornitura di tasselli fiscali ai produttori esteri e nazionali di tabacchi lavorati.

Siccome si tratta di un codice tributo neonato, è stato necessario dare spiegazioni dettagliate sulla compilazione del modello di F24, precisando che il codice deve essere inserito nella sezione “Accise/Monopoli e altri versamenti non ammessi in compensazione”, dove devono essere riportate le some nella colonna “importi a debito versati”, scrivmendo nel campo dedicato all’ente la lettera “m” e nei campi mese ed anno i mesi e gli anni cui si riferisce il pagamento.

Salvati gli archivi cartacei delle fatture dalla telematizzazione

Ancora oggi le fatture create dai possessori di partita IVA sono create in formato elettronico e spedite così ai committenti e a chi deve eseguire il saldo. Adesso, durante il forum nazionale dedicato al tema della fatturazione elettronica, sembra si sia fatto un passo indietro.

In particolare è stato spiegato che le fatture create in formato elettronico possono essere conservate, una volta stampate, anche nella loro forma cartacea.

► Come funziona l’Iva per cassa e come sceglierla

Il Forum si è svolto nella cornice dell’Agenzia delle Entrate che ha dovuto scrivere l’articolo 1 comma 325 della legge 228 del 2012 con il quale l’Italia ha recepito la direttiva 2010/45/UE, relativa ai problemi sorti in merito alla fatturazione elettronica e alla conservazione elettronica dei documento.

A chi spettano le ritenute certificate

I partecipanti al Forum hanno spiegato che c’è necessità di fare chiarezza sull’obbligo di fatturazione elettronica, che vale soprattutto nei confronti della Pubblica Amministrazione e visto che si affronta l’argomento, è necessario soffermarsi anche sulla firma elettronica dei documenti.

Il problema applicativo nasce anche dalla considerazione di alcune disposizioni definite dalla legge di stabilità che potrebbero essere male interpretate portando all’elaborazione di un flusso molto complesso in cui la fattura in pdf è inviata come allegato ad un’email PEC, da conservare in formato elettronico, obbligatoriamente, per il destinatario.

La Lombardia si mette di traverso al nuovo ISEE

 Per avviare la riforma dell’ISEE e rilasciarne il nuovo formato, era necessario ottenere l’approvazione del Dpcm ma il documento ha trovato uno sbarramento nella Conferenza unifcata che non ha manifestato un’intesa sull’argomento.

 Il nuovo ISEE sarà più efficace

I presidenti delle regioni, infatti, hanno dovuto prendere atto della decisione della Lombardia di mettersi di traverso ad un progetto molto importante che ha alla base la collaborazione stretta tra INPS, Angezia delle Entrate e banche dati degli Enti locali.

Adesso, visto il diniego della Lombardia nel dare il suo benestare, sarà necessaria la cosiddetta approvazione d’ufficio entro 30 giorni.

Il conto base per le operazioni “limitate”

Sul nuovo ISEE, tra l’altro pesa anche il contenuto di una sentenza della Corte di Cassazione che nel dicembre del 2012 ha stabilito che i Comuni e le Regioni devono necessariamente approvare il nuovo riccometro, visto che sarà usato per l’accesso ai servizi di assistenza.

Tra le novità proposte con lo strumento ci sono sicuramente i maggiori margini per le verifiche e un meccanismo di rilevazione dei redditi che parte dall’autodichiarazione. In ballo, oltre al riccometro, ci sono anche altre cose: ad esempio il taglio dei posti letto negli ospedali, una questione che le Regioni, a corto di soldi, hanno difficoltà a gestire. La voce di bilancio legata alla spesa sanitaria, è meglio che resti un’incognita.

La fortuna di Ikea non ha eredi

 Il fondatore di Ikea è stato un genio nella scelta della linea di prodotti vincenti, nella scelta del modello che ha convinto numerosi consumatori in tutto il mondo. L’azienda, partita nel 1943 è oggi leader mondiale nel settore dell’arredamento e le prospettive per il futuro sono senza precedenti. Eppure, in tutta questa storia c’è un neo: the king of Ikea non ha successori.

Ingvar Kamprad ha tre figli e 86 anni. Non è certo un giovanotto ma finora le redini dell’azienda restano nelle sue mani.

C’è stato soltanto un passaggio di consegne, con la definizione del ruolo di amministratore delegato e presidente a Mikael Ohlson. Kamprad ha conservato per sé il ruolo di consigliere e guida delle varie fondazioni create a corredo dell’attività aziendale.

La questione ereditaria si è fatta più urgente non tanto per le condizioni di salute del fondatore, ma per il fatto che tra le mani del fortunato vincitore dell’eredità Ikea ci finisce davvero un pozzo senza fondo di ricchezze.

Basta considerare quello che Ikea ha saputo fare in un anno considerato di crisi, il 2012: le vendite sono cresciute del 9,5 per cento fino a raggiungere un volume di 27 miliardi di euro e l’obiettivo per il 2020 è di raddoppiarle completamente.

Otto motivi per investire nelle azioni Tod’s

 Parlando dell’andamento generale della borsa italiana, abbiamo menzionato alcuni casi di eccellenza come Tod’s rimarcando il ruolo di primo piano che hanno le aziende tricolore del lusso nel parterre finanziario nazionale.

 Il lusso tira anche con i super yatch

Adesso un report stilato dal settore investimenti di Citigroup ha addirittura enucleato 8 buoni motivi per investire nelle azioni Tod’s, attualmente cresciute al di sopra della quota di 100 euro. Le buone sensazioni di Citigroup si sono immediatamente trasformate in un incremento del target price delle azioni da 105 a 116 euro.

 Ferragamo e Tod’s trascinano in alto le borse

Il primo buon motivo per investire in Tod’s è sicuramente legato alla tenuta del titolo in Asia e negli Stati Uniti, territori in cui è raccolto il 40% dei ricavi dell’azienda. Al secondo posto c’è tutta la crescita del retail, a seguire la razionalizzazione del sistema di distribuzione e vendita italiano. Il quarto buon motivo per dare credito a Della Valle è nella sua visione strategica del mercato. Da aggiungere che l’azienda ha un fortissimo potenziale ed è a posto con il fisco.

Infine resta da considerare che ci sono dei buoni precursori sul mercato. Per esempio Tod’s è considerato un target di acquisizione come tanti anni fa lo era stato Bulgari, benché le dichiarazioni di indipendenza siano maggiori in Tod’s. visto che espressioni del genere alimentano l’idea che ci sia ancora qualcosa da nascondere nei bilanci del Belpaese e questa convinzione, sui mercati internazionali, non fa certo guadagnare terreno al nostro paese.

Il ministro dell’economia Vittorio Grilli, invece, per sedare gli animi di chi ci vuole vedere chiaro fino in fondo, ha detto di essere pronto a riferire in Parlamento.

Cosa pensa la politica dell’affare MPS

 Il buco che Mussari ha creato nel bilancio del Monte dei Paschi in maniera opaca e il suo evitare, una volta a capo dell’ABI, che si andasse a frugare tra i conti dell’istituto senese, ha sbilanciato molto la campagna elettorale.

Cosa succede adesso ai mutui e prestiti MPS

L’affare Monte dei Paschi, infatti, è un affare tutto italiano. Basta pensare che il governo aveva pensato di emanare dei bond per finanziare la ristrutturazione della banca. Stiamo parlando dei famosi Monti-bond, ma che ne pensano i politici di tutta questa storia dei derivati?

► Quanti soldi in fumo per il Monte dei Paschi

Il dibattito è molto acceso tra il PD e i centristi. Monti, ad esempio, partecipando ad una conferenza stampa a Davos, ha avuto la possibilità di chiedere ai suoi avversari di non tirare l’argomento Monte dei Paschi dentro i temi della campagna elettorale. In particolare Mario Monti si è rivolto a Pierluigi Bersani dicendo al leader del PD di non parlare di “polvere sotto il tappeto” visto che espressioni del genere alimentano l’idea che ci sia ancora qualcosa da nascondere nei bilanci del Belpaese e questa convinzione, sui mercati internazionali, non fa certo guadagnare terreno al nostro paese.

► MPS zavorrata dalla questione derivati

Il ministro dell’economia Vittorio Grilli, invece, per sedare gli animi di chi ci vuole vedere chiaro fino in fondo, ha detto di essere pronto a riferire in Parlamento.

Italia e Francia unite dalla produttività e divise dallo spread

 L’anomalia dello spread è una questione tutta italiana ma è anche vero che c’è qualcosa che non va nella definizione del differenziale. La stranezza emerge da una comparazione tra la situazione dello Stivale e la situazione della Francia.

I nostri vicini hanno un rapporto deficit/PIL fissato al 5,7% e un rapporto debito/PIL, sempre in aumento, vicino a quota 90%. Il 2013, poi, non è iniziato nel migliore dei modi e infatti tutta la bilancia francese risulta fuori dal baricentro definito dai parametri di Maastricht.

 Anche i prestiti sono in calo come i mutui

Hollande ha già definito i suoi obiettivi: portare il deficit all’1 per cento entro il 2015. Nonostante la situazione non proprio rosea, la Francia ha uno spread di 60 punti circa.

Il nostro paese, invece, viaggia intorno ad uno spread di 260 punti base, con una riforma strutturale del mondo del lavoro e delle pensioni già a buon punto.

 Spread ai minimi

Nella battaglia tra i numeri si scopre che la Francia ha un costo del lavoro pari a 116,4, una produttività dell’85,3 e una spesa pubblica del 50%. L’Italia è messa bene in fondo con un indice di produttività all’85,2 e una spesa pubblica al 45%.
Gli analisti spiegano la situazione dicendo che l’Europa, a livello finanziario è maggiormente dipendente dai buoni rapporti tra la Francia e la Germania piuttosto che dal rapporto Italia/Germania.

Anche in crisi il mercato del calcio frutta alle squadre

 Deloitte ha pubblicato la sedicesima edizione del report “Football Money League” per capire in che condizioni versa il mercato calcistico in un periodo di crisi per i maggiori comparti produttivi nazionali e internazionali.

Diminuiscono aziende in perdita

Il primo dato interessante è che i ricavi delle 20 migliori squadre d’Europa, nella stagione 2011/2012, sono cresciuti del 10 per cento ed oggi si parla di un giro d’affari di 4,8 miliardi di euro. Praticamente cifre da capogiro.

Il secondo dato, sempre riferito alla Top20, indica che in questi 20 club si concentrano il 20% dei ricavi dell’industria europea del calcio, ecco perchè c’è tanta attenzione sulle varie selezioni.

 Calciatori meno tassati in Italia

La squadra migliore, in termini di ricavi e quindi di gestione del denaro e dei profitti, resta il Real Madrid che ha superato i 500 milioni di euro di ricavi in un anno.

 L’IRAP milionaria sul calciomercato

Mentre, tra le altre squadre, spicca la performance del Manchester City. La squadra inglese, entra per la prima volta nella Top10 grazie ad un boom del 68%. Se poi si volge lo sguardo al campionato italiano, si apprende con soddisfazione che nella Top10 è rientrata la Juventus ma ancora più soddisfacente è il miglioramento del Napoli salito dalla ventesima alla quindicesima posizione.