Se la fattura è falsa non c’è alcuno sconto di pena

 Il contribuente che abbia emesso una fattura falsa, non può ottenere uno sconto della pena, anche se ha poi presentato una dichiarazione “rettificativa”, il cosiddetto ravvedimento. Non ha attenuanti e la Cassazione precisa che se l’importo della fattura non è stato pagato per intero, non può essere considerata l’attenuante.

I porporati sono uniti nel ribadire che il contribuente “evasore” non rientra nella casistica elencata dall’articolo 13 del decreto legislativo 74/2000, se si verifica che non ha estinto il debito con l’Erario. La sentenza che ha ribadito il concetto è la n. 176 del 7 gennaio 2013.

Tutti i titolari di partita IVA, dall’inizio dell’anno, hanno dovuto fare i conti con una ritoccata la normativa sulle fatture IVA e, sempre da gennaio, dovranno compilare in modo diverso le fatture.

► Nuova compilazione fatture 2013

Tornato al pronunciamento della Cassazione, riepiloghiamo il breve il “fatto” che ha indotto i giudici a pronunciarsi sulle fatture false: il legale rappresentante di una Srl era stato condannato a 4 mesi di reclusione per dichiarazione fraudolenta tramite l’uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti. L’imputato avrebbe fatto tutto al fine di evadere le imposte sui redditi, indicando elementi passivi fittizi.

Nonostante il ricorso, i giudici hanno confermato la sentenza, senza considerare le attenuanti, poiché l’imputato non ha comunque saldato le fatture contestate.

 La frode deve dimostrarla il Fisco

 

Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

 Obama è impegnato in una nuova ed estenuante lotta contro i repubblicani. Dopo essere riuscito ad aggirare, almeno per ora, l’incubo del Fiscal Cliff, il presidente americano ha, adesso, l’impellenza di convincere i repubblicani ad aumentare il tetto del debito del paese.

Per ora il tetto è fissato a 16,4 trilioni di dollari, ma questa cifra risulta insufficiente per la copertura delle spese che le amministrazione devono affrontare. Quindi, o questo tetto viene alzato, o si dovrà ricorrere a misure drastiche ben più impopolari di quelle prese per evitare il Fiscal Cliff.

► Obama preoccupato per il rischio default

Tra le varie misure che potrebbero essere prese, ci sono tagli generalizzati alla spesa governativa (per circa il 40% del totale), rinvio del pagamento degli assegni del Social Security (le pensioni) e dei contratti per gli appalti della difesa e, in ultimo, cessioni di asset come riserve aurifere o titoli garantiti da mutui.

► Bernanke interviene su tetto del debito americano

Un’altra soluzione meno drastica, e quindi anche meno incisiva, potrebbe essere quella del pagamento rateizzato di quanto sopra, decidendo di volta in volta a chi dovranno andare i soldi che lo Stato riceverà dalle nuove entrate fiscali.

Sono state proposte anche altre soluzioni per superare la resistenza repubblicana all’innalzamento del tetto del debito (i repubblicani potrebbero cedere solo a fronte di ulteriori tagli alla spesa) ma tutte si sono poi rivelate poco efficienti nella risoluzione di quella che è una vera e propria emergenza.

Il tutto si definisce chiaramente nelle parole di Jay Carney, portavoce del presidente Obama:

Ci sono solo due opzioni: il Congresso può pagare i suoi conti o spingere il Paese verso il default.

Bernanke interviene su tetto del debito americano

 Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve, appena conclusa la conferenza stampa di Barack Obama, ha voluto ribadire i concetti espressi dal presidente americano: il tetto del debito deve essere alzato, e questo deve essere fatto in tempi ristretti, altrimenti ci sarà il crollo dell’economia del paese.

Il suo appello è rivolto soprattutto a quella fascia di resistenza repubblicana che osteggia apertamente le decisioni del presidente, ma che, per un gioco politico, rischia di mettere a repentaglio le sorti dell’intero paese.

► Obama preoccupato per il rischio default

Per Bernanke, se l’accordo non viene raggiunto, il default si verificherà alla fine di febbraio o, al massimo, all’inizio del mese di marzo.

Bisogna agire il prima possibile per evitare di mettere a rischio gli 80 milioni di spese mensili per Previdenza, Sanità, sussidi di disoccupazione e stipendi di militari.

► Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

Ribadendo anche che non si devono ripetere gli errori de 2011, quando il rating del paese fu abbassato a causa della lentezza nell’evitare il default.

Bernanke ammonisce: il tunnel fiscale americano non è ancora terminato e saranno ancora molti gli ostacoli che si presenteranno sul cammino del risanamento economico americano, smentendo anche le voci sulla fine del programma di acquisto dei titoli (85 miliardi di dollari al mese).

 

Obama preoccupato per il rischio default

 Ancora giorni difficili per Barack Obama. Il suo secondo mandato si sta preannunciando molto più difficile del primo e il presidente sta cercando, mettendo mano a tutti i suoi poteri, di arrivare il prima possibile ad un accordo per alzare il tetto del debito americano.

► Bernanke interviene su tetto del debito americano

Non c’è tempo da perdere per Barack Obama. Se il tetto non viene alzato l’economia americana correrà ben più del solo rischio default: potrebbe crollare sotto il peso delle spese che non potranno essere sostenute. Il presidente ha pronunciato parole dure, nel tentativo di spronare i membri della Camera – la cui maggioranza è repubblicana – a trovare un punto di incontro, al massimo entro febbraio.

Se questo non accadrà, a farne le spese saranno i pensionati, che non riceveranno il loro assegno mensile, e i militari, i quanto i tagli alla Difesa impedirebbero, di fatto, di elargire lo stipendio. Obama è deciso a non far accadere nulla di tutto questo e ammonisce:

I pensionati non avrebbero l’assegno mensile e i militari lo stipendio, se vogliono assumersene la responsabilità (i repubblicani), facciano pure.

► Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

Il momento è difficile e quello che potrebbe accadere se non si arriva all’accordo è un vero e proprio disastro. Ma la battaglia si prospetta lunga, anche se non è solo Obama a chiedere di stringere i tempi. Insieme a lui Ben Bernanke, presidente della FED, e Tim Geithner, il Ministro del Tesoro.

 

 

 

Contrazione Pil Germania

E’ stato un finale 2012 difficoltoso per la Germania. L’ economia europea numero 1 ha fatto registrare un calo del Prodotto Interno Lordo nel quarto trimestre dell’anno appena conclusosi. I dati preliminari resi noti dall’Ufficio Federale di Statistica parlano pertanto di una Contrazione dello 0,5 per cento in più rispetto al terzo trimestre.

La voce era nell’aria già da una settimana nei corridoi dei principali centri economici. Sette giorni fa è stato reso noto che la produzione industriale tedesca ha fatto registrare un calo del 2,9% durante il novembre del 2012.

Oltre a ciò, già durante il mese scorso, la Bundesbank aveva anticipato la contrazione, definendola significativa e contestualizzandola con l’ultimo trimestre dell’anno precedente. Le cause, ancora una volta, sono da ascrivere alla crisi del debito sovrano che ha pesato non poco su investimenti e spese.

BILANCIO 2012

Tirando le somme, la crescita del Prodotto interno lordo nel 2012 è stata minima. Un magro +0,7%. Non è prevista una crescita maggiore per l’anno in corso.  Soffermandosi, dunque, sul dato complessivo riguardante l’andamento del Pil tedesco nel 2012, gli analisti hanno dichiarato che si aspettavano un aumento del Pil 2012 dello 0,8%. In confronto al 2011, anno in cui la crescita era stata del 3%, e al 2010, anno in cui la crescita aveva toccato il  record del 4,2%, il dato è alquanto preoccupante.

2013 (e 2014)

E il 2013? Cosa prevedono gli analisti?  Durante la prima metà la ripresa economica sarà ancora debole, al punto che Bundesbank (nel consueto report mensile) ha dimezzato le previsioni per l’anno in corso, stimando un +0,4% rispetto al +1,6% indicato in precedenza. Per il 2014 la crescita è vista dell’1,9%.

Online il modello CUD 2013 definitivo

  La prima scadenza sul 730 è oggi e riguarda i sostituti d’imposta, i datori di lavoro che devono dichiarare di essere disponibili a fare assistenza fiscale a lavoratori e pensionati. Siccome non sono obbligati a fare questa attività, è necessario avere una dichiarazione annuale in merito.

Restando nell’ambito delle dichiarazioni dei redditi, c’è la possibilità sul sito dell’Agenzia delle Entrate, di consultare il modello CUD definitivo, valido per le dichiarazioni stilate nel 2013 con riferimento all’anno d’imposta 2012.

Pronto il modello CUD 2013

Le novità, anche in questo caso, sono preponderanti visto che nella certificazione unica dei redditi del 2012 è stato inserito il quadrante relativo all’imposta sostitutiva al 10 per cento sulle somme erogate al dipendente per l’incremento della produttività.

La versione adesso pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Entrate, accompagnata dal provvedimento del direttore dell’Erario dell’11 gennaio 2013, è passata dallo status di provvisoria a quello di definitiva.

I datori di lavoro e gli enti pensionistici dovranno consegnare al contribuente, in duplice copia, entro il 28 febbraio, la certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente, percepiti nel 2012.

Sono state quindi pubblicate anche le guide definitive, le istruzioni per la compilazione dei dati fiscali e di quelli previdenziali e assistenziali INPS.

Il provvedimento che accompagna il CUD introduce anche l’adempimento per notai, intermediari, società ed enti emittenti, con le istruzioni per il rilascio della certificazione.

La prima scadenza sul 730 è oggi

 La prima scadenza sul modello 730 è quella di oggi e riguarda in particolar modo i sostituti d’imposta. I datori di lavoro devono dare la loro disponibilità per l’accoglienza della dichiarazione dei redditi dei propri dipendenti e poi questi hanno un mese per accettare la proposta.

Bozza del 730/2013 online

Il 15 gennaio, oggi, è l’ultimo giorno per far sì che i sostituti d’imposta dichiarino la loro disponibilità sulle dichiarazioni dei redditi, in pratica devono confermare di essere disponibili a fornire assistenza fiscale sulla dichiarazione 730/2013 sia per i dipendenti, sia per i pensionati.

La scadenza fiscale nasce dal fatto che i datori di lavoro non sono obbligati a fornire assistenza fiscale e se decidono di farlo devono darne comunicazione. I dipendenti e i pensionati devono quindi esprimere il loro assenso alla procedura.

Siamo quindi alla prima scadenza dell’anno per le dichiarazioni dei redditi, quelle effettuate con il modello di dichiarazione dei redditi più gettonato d’Italia. Il modello 730, infatti, è di semplice compilazione ed offre numerosi vantaggi riguardo le modalità di rimborsi e versamenti d’imposta che sono fatti direttamente sulla busta paga, senza ulteriore dispendio d’energia per lavoratori e pensionati.

Fisco: gli appuntamenti del 16 gennaio

Questa scadenza è sicuramente molto anticipata rispetto alla compilazione del modello che sarà effettuata dagli interessati a primavera inoltrata.

Il calendario valutario per euro sterlina e dollaro

 Il 15 gennaio è una data molto importante per diverse valute. Molti gli incontri in programma che dovrebbero influenzare l’andamento del dollaro americano, della sterlina e dell’euro.

Il calendario economico ha in programma un buon numero di appuntamenti. Partiamo dal Vecchio Continente, dove saranno pubblicati i dati relativi all’indice dei prezzi al consumo della Germania. Sembra che il dato in sé non abbia un impatto deciso sull’andamento dell’euro, almeno fino a quando non lo si usa per rilevare dati sull’inflazione in Germania.

In generale non sono previste variazioni rispetto alla versione preliminare dell’indice ferma sul valore dello 0,9 per cento.

Cosa condiziona la valutazione dell’euro

L’indice dei prezzi al consumo del Regno Unito, invece, dovrebbe incidere sulle valutazioni della sterlina. In questo caso il dato avrebbe un’incidenza importante e dovrebbe riportare un valore vicino al 2,7%. Ci si avvicina quindi, pericolosamente, alla soglia più elevata. Da considerare che la Bank of England, rilascia una lettera sull’inflazione nel momento in cui questa supera il livello del 3% in alto oppure si abbassa oltre l’1 per cento in basso.

 Per il dollaro c’è appuntamento con Bernanke

Atteso per la sterlina anche il discorso di Mervyn King, capo della Bank of England, davanti alla commissione parlamentare londinese. C’è molta attesa nel conoscere la politica monetaria pensata dalla BoE.

Vendite al dettaglio e indice della produzione potrebbero essere invece i motori del dollaro. Il secondo dei due indici è considerato molto impattante e capace di dare indicazioni utili per le stime inflazionistiche.

Apple vende meno iPhone

 Per moltissimo tempo la Apple ha potuto vantarsi di avere dei fan fedeli, appassionati di tecnologia che hanno sempre seguito l’ultima moda lanciata dalla Mela Morsicata. Adesso da Cupertino arrivano le prime avvisaglie di un’inversione di tendenza.

Come spiega bene il Wall Street Journal, l’azienda ha ridotto del 50 per cento circa gli ordini per i componenti necessari alla costruzione dell’iPhone 5, sempre in concorrenza con gli smartphone Samsung.Eppure si parlava del fatto che Apple lancia iPhone Low Cost 2013. Forse non basta.

Dal 2013 la produzione Apple torna in America

Tutto dipende da una domanda assolutamente inferiore al previsto. Il fatto che siano crollate le vendite, ha convinto l’azienda a rallentare la produzione di iPhone 5. La notizia è stata scovata dal Wall Street Journal che ha fonti molto vicine al management di Cupertino.

In realtà l’intenzione di “allentare la presa” è stata comunicata anche dalla Apple ai suoi fornitori, già nel mese di dicembre. Gli azionisti, in tutta questa storia, risultano i più preoccupati, perché se va male l’iPhone vuol dire che il mercato sta cambiando rotta, visto che l’iPhone, fino a questo momento non ha mai deluso ed è stato la fonte principale di guadagno per la Apple.

Perché Apple punta sulla Cina

L’azienda di Cupertino, quindi, dovrà tenere gli occhi aperti sui ritrovati coreani e asiatici, sembra infatti che molto di questo “crollo” sia dovuto ai passi in avanti compiuti dalla concorrenza.

Facebook passa ai servizi a pagamento

 Quella di Facebook è una svolta storica che impensierisce moltissimo gli utilizzatori del social network, ma che serve all’azienda di Menlo Park di recuperare la liquidità necessaria per mettere in campo nuovi servizi.

Non c’è niente di misterioso in tutta questa operazione visto che gli Stati Uniti sono già stati preparati all’introduzione dei messaggi a pagamento su Facebook. Per capire la portata economica della rivoluzione basta considerare che il social network blu sfiora oggi il miliardo di account.

Controlli fiscali anche per Facebook Italy

Mettiamo anche una buona percentuale di questi siano profili fake, niente toglie che siamo di fronte ad una volta per le casse di Zuckenberg. Ma perché proprio adesso?

L’introduzione della tariffa sui messaggi scambiati dagli utenti, prima introdotta negli USA e poi nel resto del mondo, consentirà a Facebook di avere le risorse economiche necessarie per poi passare all’attacco di Skype.

► Fine dell’accordo Facebook-Zynga

L’intenzione di Zuckenberg è anche quella di recuperare utenti puntando molto sull’erogazione dei servizi telematizzati, prima della grande novità che potrebbe essere cruciale nel 2013: il lancio del Facebook Phone.

Tutte le iniziative appena elencate hanno fatto malignare tanti sulla possibilità che Facebook sia in crisi economica, in realtà ha soltanto bisogno di liquidità, una liquidità sulla quale aveva provato a concentrarsi in borsa prima del tracollo del titolo.

Adesso come reagiranno i mercati a questo nuovo “programma industriale”?