Sfida Irlanda – Ue su debiti bancari

L’antefatto: due anni fa, nel 2010, la Bce ha fatto un prestito di 32 miliardi di euro al Governo d’Irlanda, affinché potesse ricapitalizzare le banche AIB e Bank of Ireland.

Il presente: Fresco di incarico di responsabile dell’Unione Europea, il governo irlandese inaugura il suo turno di Presidenza a Bruxelles cercando di fare in modo che l’Europa renda più leggeri i debiti delle banche, che da molto tempo gravano sul Paese. Un Paese, l’Irlanda, in piena crisi finanziaria.

Proprio oggi Herman Van Rompuy , Presidente del Consiglio europeo ha confermato seppur in maniera indiretta di voler perorare la causa del primo ministro Enda Kenny durane una visita a Dublino.

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Nel frattempo i Paesi membri dell’Unione europea stanno ancora trattando circa i dettagli per una quasi impossibile unione delle banche. Non si direbbe che Van Rompuy sia un campione di opportunismo, insomma.

Torniamo all’antefatto: il prestito del 2010. Oggi, Dublino vorrebbe quantomeno cambiare i tempi del rimborso del debito.

La stampa irlandese dice che le trattative sono in corso, ma che sono complesse per via della paura della Banca Centrale europea di concedere il finanziamento monetario.

Intanto, il Ministro Enda Kenny ha dichiarato: “Per uscire in modo efficiente dal programma di assistenza europeo dobbiamo poter contare sull’aiuto dell’Europa”. L’Irlanda ha dunque bisogno dell’appoggio europeo per tornare a finanziarsi sui mercati entro la fine del 2013.

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Silvio Berlusconi ha una ricetta per salvare l’Italia dalla disoccupazione, ma potrebbe rivelarsi un boomerang contro il Fisco.

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Il Cavaliere, intervenuto a Porta a Porta, ha in mente qualcosa di eccezionale.

Uno dei suoi obiettivi, al quale più volte ha fatto riferimento durante questa campagna elettorale, è quello di combattere la piaga della mancanza di lavoro.

LA PROPOSTA DI BERLUSCONI

Ecco la proposta del ‘Cavaliere’:

Le imprese che assumono a tempo indeterminato non pagano le tasse per 3-5 anni (una sorta di ‘assunzione in nero’). I contributi previdenziali li versa lo Stato. L’Italia, come sostiene Berlusconi e non solo lui, si trova in una fase di recessione grave che può diventare depressione e portare al ‘Default’, se si dà ancora retta al Governo tecnico. Il Cavaliere, dunque, propone di rivisitare il fiscal compact.

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Ha poi aggiunto Berlusconi: “Se le imprese (che sono più di 4 milioni in Italia) assumessero almeno una persona in più con un contratto a tempo indeterminato, su questa persona non dovrebbero pagare i contributi previdenziali, che saranno a carico dello Stato, né le tasse. Una sorta di ‘assunzione in nero’.

Prima riunione Bce 2013

Durante la prima riunione dell’anno nuovo, la Banca Centrale europea ha confermato i dati degli ultimi giorni del 2012. In primo luogo, il tasso di riferimento della Zona Euro è ancora allo 0,75%.

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Nel contempo, restano invariati tanto il tasso marginale sulle operazioni di rifinanziamento, all’1,50%, quanto il tasso sui depositi, a zero.

RIDUZIONE SPREAD

Si registra un’ulteriore riduzione dello spread tra BTp e Bund, il quale durante l’ultima seduta di borsa torna a più riprese sotto la soglia dei 260 punti base. Fondamentali per il raggiungimento di questo risultato sono state le parole del presidente della Bce Mario Draghi, in merito alla crescita economica europea del 2013. Lo spread tra i decennali benchmark di Italia e Germania si attesta così a circa 20 punti in meno della chiusura di ieri e ai minimi da luglio 2011. In grande calo c’è anche il rendimento dei decennali italiani che va sotto il 4,16%, raggiungendo minimi da oltre due anni.

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BORSE

Intanto, nella giornata di oggi, brilla Piazza Affari. E’ stata una seduta tutto sommato variegata per le Borse Europee, con Milano in grande ascesa.

Piazza Affari chiude la seduta con un +0,72%. Bene anche Madrid. Chiusura sotto la parità, invece, per Parigi, Francoforte e Londra. Wall Street procede invece maluccio.

 

Salvati fondi stanziati da Ue

Alla fine dello scorso anno la spesa dei programmi che hanno ricevuto i fondi stanziati dall’Ue ha raggiunto il 37% del totale progettato in relazione al periodo 2007-2013.

A fine 2011 in percentuale era stato raggiunto il 22%.

Si tratta dunque di un considerevole salto in avanti di 15 punti su scala nazionale, il quale ha permesso di evitare la perdita di consistenti fondi comunitari.

Soltanto uno dei 52 programmi finanziati (Il programma interregionale degli “attrattori culturali”) non ha toccato il target prefissato dall’Unione, e per tale ragione deve restituire 33 milioni a Bruxelles.

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Si tratta dunque di una larga vittoria, soprattutto dal momento che il rischi era la perdita di fondi molto consistenti.

OBIETTIVI RAGGIUNTI E SUPERATI

I risultati resi noti dall’Unione europea sono soddisfacenti. In primo luogo la spesa nazionale certificata dal Parlamento europeo ha eguagliato e superato di 5,5 punti l’obiettivo minimo richiesto, che era del 31,5 per cento.

Il banco di prova è ovviamente soprattutto il Sud.

C’era infatti un programma specifico concernente Puglia, Campania, Calabria, Sicilia, Basilicata, considerate come le cinque Regioni “convergenza”. Nelle cinque aree suddette è stata raggiunta la spesa del 33,2% sul programmato totale. L’obiettivo minimo era del 27,4.

Anche le altre Regioni vanno molto bene, in quanto hanno raggiunto il 45,2% a fronte di un obiettivo minimo del 41,6.

Il raggiungimento degli obiettivi prefissati è giustificato in parte dalla riduzione del cofinanziamento nazionale ai programmi di spesa, successo in tre tranche dal novembre 2011 a fine 2012.

Due sono le soddisfazioni maggiori dopo il raggiungimento degli obiettivi:

in primo luogo c’è la soddisfazione di aver salvato i fondi.

Successivamente è positivo il fatto che le Regioni ‘Convergenza’ abbiano superato gli obiettivi minimi preposti.

La Cina lascia l’Italia

 La crisi mina il giro di affari della comunità cinese insediata in Italia. Nelle maggiori città italiane, Roma e Milano in testa, il fenomeno è già molto evidente. Serrande chiuse nei quartieri a maggior concentrazione cinese, come già preannunciato dal Financial Times.

La ristorazione continua a tenere bene. A sentire il peso della crisi e delle rinunce degli italiani sono soprattutto i negozi di abbigliamento e di casalinghi. L’Italia, insomma, non è più l’Eldorado di qualche tempo fa, quando arrivarono i primi emigranti della profonda Asia, l’economia non gira e tenere un negozio aperto è un problema anche per i cinesi.

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Secondo le prime stime sul fenomeno, a partire per tornare in patria è la prima generazione di cinesi, i pionieri dell’emigrazione in Italia, che, in una buona percentuale, lasciano in Italia moglie e figli e si dirigono verso lo Zehjang, loro regione d’origine, attirati dalla situazione economica cinese e dal suo forte sviluppo.

I più giovani, invece, vanno a cercare altrove un’occasione di fare fortuna. Le mete predilette sono l’Africa e l’America Latina.

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Un dato accomuna tutti i cinesi che stanno andando via dall’Italia: nella maggior parte dei casi si tratta di un allontanamento momentaneo con previsione di ritorno non appena l’economia italiana riprenderà il suo corso.

AIG non farà causa al governo degli Stati Uniti

 E’ di ieri la notizia che Hank Greenberg, ex-a.d. della Aig ora alla guida della società Starr International, società che compare tra le principali azioniste della compagnia assicurativa American International Group, avrebbe voluto chiedere un pesante rimborso (intorno ai 25 miliardi di dollari) al governo degli Stati Uniti.

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La motivazione della richiesta di Greenberg era molto semplice: le condizioni applicate al prestito erano troppo onerose e il governo degli Stati Uniti ha ottenuto un ottimo guadagno dalla vendita delle azioni della compagnia al momento della sua nazionalizzazione.

In molti hanno storto il naso. Il prestito fatto dalla Casa Bianca è stato il mezzo attraverso il quale la compagnia ha potuto salvarsi da un sicuro fallimento e le condizioni per la restituzione erano state concordate da entrambe le parti. E così è stato e il consiglio di amministrazione di American International Group ha rifiutato in toto la proposta di Greenberg di partecipare alla causa.

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Il commento di Robert “Steve” Miller, presidente del consiglio di amministrazione di AIG, è stato molto chiaro e deciso: il prestito fatto dalla Casa Bianca ha salvato il posto di lavoro ai 62 mila dipendenti di AIG e solo grazie a quel prestito è stato possibile ricostruire una grande società.

A oggi AIG ha restituito all’America 205 miliardi di dollari, comprendenti un utile di 22,7 miliardi di dollari. Noi continuiamo a ringraziare l’America per il suo sostegno.

Controllo formale delle dichiarazioni con Civis

 E’ disponibile dal 10 gennaio il nuovo servizio per la trasmissione dei documenti fiscali, tramite il servizio telematico CIVIS. Questo primo contatto con l’amministrazione finanziaria consente di inviare i documenti richiesti con le comunicazioni emesse dopo un controllo formale e attinenti alla dichiarazione modello UNICO 2010 – Società di Capitali.

Si sa infatti che è nelle mani del contribuente la dimostrazione delle spese e dei redditi stessi.

Il servizio CIVIS è stato spiegato a FiscoOggi direttamente dal gestore che ha indicato proprio nell’acquisizione telematica dei documenti la novità della proposta. Il servizio CIVIS, in un primo momento riservato alle società di capitali, consente ai contribuenti che hanno ricevuto una richiesta di controllo formale di inviare i documenti tramite questo canale di comunicazione privilegiato.

► Il contribuente è irreperibile ma l’indirizzo è uno solo

E’ così che senza doversi recare in un qualsiasi ufficio alle ore più impensate, si può tranquillamente consegnare la documentazione richiesta telematicamente. Tutto è garantito dalla collaborazione in essere con le Direzioni Centrali Accertamento e Personale.

Ritrattare la dichiarazione non blocca gli accertamenti

Il cittadino che voglia utilizzare il servizio, per prima cosa deve abilitarsi sui servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, Fisconline o Entratel e poi compilare il form con i dati necessari all’identificazione della comunicazione. Si possono quindi allegare uno o più file in formato PDF o TIF, a patto di non superare i 5 MB di dimensione.

I documenti originali, comunque, devono essere sempre conservati dal contribuente.

L’IPO su Chrysler potrebbe essere accelerata dal fondo Veba

 L’azionista di minoranza della Chrysler detiene il 41,5% delle azioni ed è il fondo Veba che in questo periodo sta spingendo affinché si arrivi alla quotazione in borsa della società che risulta controllata dal colosso torinese dell’automotive.

► Sempre più vicini alla fusione tra FIAT e Chrysler

Il fondo Veba si occupa dell’assistenza sanitaria per i pensionati della Chrysler ed è gestito dal sindacato Uaw. È stato quest’ultimo a chiedere all’azienda americana di procedere con il primo passo verso Wall Street, vale a dire con la registrazione alla Securities and Exchange Commission della sua quota. All’orizzonte è sempre più nitida la borsa americana.

► Perde quota il settore auto

La Fiat, nella serata di ieri, intanto, ha diramato un comunicato spiegando che rispetterà gli obblighi sulla base dello Shareholders Agreement del giugno del 2009 e dell’Operating Agreement. Intanto il management dell’azienda automolistica italiana ha precisato che non se la sente di assicurare un registation statement presso la SEC e non se la sente di assicurare che ci sia effettivamente un’offerta.

Quest’ultima sarà possibile soltanto attraverso la pubblicazione di un prospetto chiaro delle condizioni. Gli accordi del 2009 cui si fa riferimento sono quelli stipulati al momento dell’ingresso della FIAT e dei sindacati stessi nell’azionariato Chrysler, quando per quest’ultima azienda era stata prevista l’uscita dalla bancarotta controllata.

Scatta il tira e molla sui debiti tra UE ed Irlanda

 L’Irlanda è stata a lungo considerata uno stato esemplare nella storia europea visto che ha trovato la soluzione per uscire dalla crisi rinunciando alla moneta unica e riuscendo quindi, in un secondo momento, a restituire le somme prese in prestito.

► Sfida Irlanda – Ue su debiti bancari

In questi giorni il paese torna sulle prime pagine dei quotidiani finanziari in virtù di una diatriba intrapresa con l’Unione Europea.

Il governo irlandese, in questo momento ha raggiunto la poltrona della presidenza dell’Unione Europea ed è intenzionato a convincere tutti gli stati membri della necessità di alleggerire i debiti bancari che il paese ha dovuto contrarre in questo momento di crisi finanziaria.

► Banche in crescita dopo Basilea III

Herman Van Rompuy, che presiede il Consiglio Europeo ha dimostrato in modo indiretto di essere d’accordo con il tentativo che sta compiendo l’Irlanda, ma gli stati membri, adesso, sono troppo presi dalla famosa questione dell’unità bancaria.

La BCE, tanto per riepilogare la questione, nel 2010 ha prestato ben 32 miliardi di euro all’Irlanda in modo che il paese potesse procedere con la ricapitalizzazione delle banche, l’AIB e la Bank of Ireland. In quel periodo, però, l’Europa non aveva ancora un fondo cui attingere per salvare le banche e quindi adesso, l’Irlanda si trova a chiedere una modifica del piano di restituzione del debito sottoscritto.

Secondo il ministro irlandese Kenny, i negoziati cono in corso e sembra che si possa contare sull’aiuto dell’Europa.

Se ripari il cellulare e spendi poco non puoi dedurre i costi

 Il problema di molti titolari di partita IVA  e di molti contribuenti in generale, è quello di dimostrare di aver compiuto delle spese inerenti all’attività professionale e lavorativa. Ma non tutto può essere “scaricato” come si dice in gergo.

In tutti i casi è nelle mani del contribuente la dimostrazione delle spese ma questo non vuol dire che l’Erario accetti tutta la documentazione fornita per buona. Per esempio, secondo un principio di giurisprudenza tributaria, ribadito nella sentenza 23551 del 20 dicembre scorso della Corte di Cassazione, le spese che un’azienda sostiene per un bene di cui non è proprietaria non sono deducibili dal reddito imponibile.

La regola della non deducibilità vale anche nel caso in cui l’importo pagato dall’azienda o dal contribuente sia di entità assolutamente esigua perché è anche l’ammontare complessivo dei costi ad essere rilevante nella valutazione dell’inerenza delle spese rispetto all’attività d’impresa.

Più di 100 spese per il redditest

Tutto nasce ancora una volta dalla proposta dell’Agenzia delle Entrate che si è scagliata stavolta contro la Commissione tributaria regionale, che, ad un grado inferiore di giudizio aveva annullato ben cinque avvisi di accertamento emessi a carico di due società in accomandita semplice.

L’ufficio finanziario, partendo dall’esiguità dell’importo della spesa portato in detrazione in relazione alla riparazione di un telefono cellulare non di proprietà dell’azienda, aveva poi messo in relazione costi bassi e indeducibilità delle spese.