Saltata l’asta per le frequenze televisive, persi 1,2 miliardi di euro

 

 Il Ministro dell’Economia Corrado Passera avrebbe voluto risolvere la questione delle frequenze televisive con un’asta che si sarebbe dovuta effettuare prima della fine della legislatura del governo tecnico.
Un’asta che andava a sostituire il Beauty Contest voluto da Berlusconi ma che, a causa dei ricorsi fatti da alcune reti, non è potuta andare in porto, rovinando a Passera il sogno di regalare, come lascito per la fine della sua esperienza come ministro, 1,2 miliardi di euro.
L’asta è stata richiesta dalla Commissione europea, per risolvere il problema delle infrazioni alle regole sulla concorrenza e aprire il mercato tv italiano (che in questo momento è detenuto da Rai e Mediaset). Ma sono state proprio queste due emittenti, insieme a Telecom, a mettere i bastoni tra le ruote ai piani di Passera: le frequenze ricevute non sono adatte e creano delle continue interferenze con i paesi vicini (Croazia, Montenegro, Slovenia, Malta).Alcuni di questi paesi hanno presentato i loro esposti alle autorità competenti e le emittenti coinvolte si sono dette pronte a spegnere i loro ripetitori, a patto, però, che vengano assegnate loro altre frequenze pulite. Ma queste frequenze andrebbero a ledere il patrimonio di quelle che dovrebbero essere messe all’asta e quindi al ministero dell’economia non è rimasta altra soluzione se non quella di bloccare l’asta, perdendo, però, il miliardo abbondante di euro previsto.

 

 

Twitter prepara il terreno per l’ipo

 Sono in tanti a pensare che anche Twitter sta preparando il suo approdo in borsa. Soprattutto GreenCrest Capital, una società specializzata nello studio delle offerte pubbliche di acquisto, che, dati i cambiamenti che si stanno facendo sul social network, ha parlato di una possibile quotazione sul Nasdaq nel 2014.

Infatti, in questo ultimo periodo, Twitter sta subendo un riassetto del management e delle sue funzionalità, oltre che una maggiore concentrazione sull’advertising, tutte mosse che porterebbero a delle buone quotazioni. Secondo gli analisti, la capitalizzazione del sito di microblogging dovrebbe valere intorno agli 11 miliardi di dollari, molti di più di quanto Forbes ha stimato nel 2011 (circa 8 miliardi).

I social network quotati in borsa, ad oggi, sono due: Facebook e Linkedin, che hanno avuto dei destini opposti. Facebook, dopo la quotazione, ha perso circa un quarto del suo valore iniziale, mentre Linkedin ne ha guadagnato circa un quinto.

Quale sarà la sorte di Twitter? I dati che si hanno a disposizione fanno ben sperare, soprattutto il fatto che da qualche giorno si mormora di una possibile acquisizione del social da parte di Apple, che ha fatto subito alzare il valore dei titoli sul mercato secondario.

Altri guai per Obama: le compagnie assicurative aumentano i prezzi

 Non c’è pace per Barack Obama. Risolto, anche se solo temporaneamente, il problema del Fiscal Cliff, il presidente americano si trova alle prese con un altro problema non da poco, quello della sanità.

Sono molte le compagnie assicurative che, in attesa che nel 2014 entri definitivamente in vigore la riforma della sanità voluta dal presidente, stanno applicando dei prezzi particolarmente alti a chi deve comperare una polizza sanitaria, a discapito, ovviamente, delle fasce più deboli. E’ il New York Timesa gridare allo scandalo.La riforma Obama-care è stata varata nel 2010 (anche in quel caso si trattò di un compromesso strappato da Obama al Congresso all’ultimo minuto) ma entrerà definitivamente in vigore solo nel 2014 e nel frattempo le compagnie assicurative private ne approfittano per aumentare i loro margini di guadagno. Secondo il N.Y Times i rincari si aggirano tra il 20 e il 30%, un balzo pesantissimo per chi deve acquistare una singola polizza o per quelle aziende che devono farlo per un numero ridotto di dipendenti.Secondo il quotidiano la situazione non è destinata a migliorare neanche il prossimo anno, perché la riforma ha una grande lacuna: sono i singoli stati a poter decidere fino a che punto far arrivare i rialzi, non esistendo una legge federale comune. 

 

Export italiano in crescita ma molti “tarocchi”

 Se vogliamo investire in borsa anticipando qualche trend di successo possiamo puntare, almeno in Italia, sui titoli delle aziende che si dedicano all’export dei loro prodotti visto che nel 2012, le vendite all’estero, hanno raggiunto i 31 miliardi di euro.

Il problema è soltanto quello di individuare le aziende che non risentono molto della clonazione del prodotti visto che il Made in Italy, seppur molto quotato all’estero, è spesso sostituito da prodotti taroccati. Il giro dei “falsi” è di ben 60 miliardi di euro.

Il prodotto fatto e confezionato in Italia, quindi, da un lato sta conoscendo il boom delle esportazioni, comune a molti prodotti agroalimentari tricolore, grazie anche al fatto che i nostri prodotti risultano migliori di quelli classici. Per esempio formaggi e spumanti, tempo fa, erano appannaggio della Francia, adesso invece le quote di mercato in questi due settori sono cresciute.

In Francia le vendite di formaggi italiani, sono aumentate del 4 per cento, così come piace lo spumante esportato il 64% delle volte rispetto al passato. Ma i prodotti italiani spopolano un po’ ovunque, così che si scopre che la birra italiana è cresciuta in Germania dell’11 per cento, il made in Italy è aumentato del 10 per cento negli Stati Uniti e del 21 per cento sul versante asiatico.

MPS vola dopo il calo dei rendimenti BTp

 Monte dei Paschi di Siena, come tutti i titoli bancari, è un po’ in affanno nell’ultimo anno, soprattutto nella prima parte del 2012. In effetti, come in ogni momento critico che si rispetti, il sistema finanziario è messo sotto pressione. Dalla metà dell’anno scorso, però, è iniziata la risalita del titolo.

Nei scorsi giorni, in corrispondenza del calo dello spread e dell’apprezzamento dei titoli di stato italiani, è stato avviato il monitoraggio della Consob che interviene, di solito, nei momenti più eclatanti dell’andamento del mercato.

Il debito sovrano, in questo momento, ha subito quello che potremmo definire un allentamento della pressione nel senso che i titoli di stato americani e tedeschi, originariamente considerati beni di rifugio, sono adesso meno ricercati, così che i titoli di stato dei paesi periferici, possono godere di un calo del  rendimento.

In pratica, del fiscal cliff possono gioire i titoli del debito europei ed italiani in modo particolare. Il Monte dei Paschi di Siena, che fino a questo momento si è dimostrato il più esposto verso i titoli di Stato, ha ottenuto un miglioramento della situazione finanziaria.

Con lo spread ai minimi e con i rendimenti molto bassi dei titoli di Stato, le azioni del Monte dei Paschi di Siena hanno recuperato valore, guadagnando più del 12 per cento.

Le origini dell’imposta di successione

 Nella nostra storia tributaria esistono dei contributi che facciamo difficoltà a digerire ma che affondano le radici nell’antichità, per esempio l’imposta di successione, di cui abbiamo avuto modo di parlare anche in passato in relazione alla situazione americana.

Nel nostro ordinamento, trascurando i prodromi della tassa dell’età augustea (la vigesima hereditatum di Augusto del 7 d.C.) e i tributi dell’età moderna (il quintello veneziano, datato 1565), possiamo dire che l’imposta sulla successione è nata in Francia intorno al 1704 come “derivazione” dell’imposta di registro.

In pratica esisteva un’imposta che il contribuente doveva corrispondere all’amministrazione tributaria dell’epoca per autenticare e datare i testamenti. Questa imposta, dall’essere un compenso per il servizio, si è trasformata in imposta sulle cosiddette quote ereditarie, distinte in base al grado di parentela.

Lo stato italiano, in uno stampato parlamentare postunitario del 1863 ha grosso modo sintetizzato questa procedura con la frase:

“avuto riguardo alle considerazioni morali che fanno giudicare maggiore il vantaggio che si acquista, se minore e meno legittima era l’aspettativa di lucro, e più lontana o inesistente affatto la relazione di famiglia e di parentela”.

Nell’Italia napoleonica, l’imposta di stampo francese, è stata assorbita da numerosi stati dell’epoca preunitaria. Soltanto il Regno delle due Sicilie prevedeva diritti fissi sui testamenti. E’ facile immaginare dunque la semplicità della traduzione di questa imposta nell’ordinamento dell’Italia unita.

Lo status di erede anche dall’atteggiamento concludente

 Un successore che si comporti in modo da accettare la pratica di successione, è automaticamente da considerare nella posizione fiscale di erede. Sembra quasi un gioco di parole ma di recente una sentenza della Commissione tributaria lombarda, ha dovuto ribadire il concetto.

In pratica si parla di “accettazione tacita di eredità” nel caso in cui un successore abbia attivato un procedimento di adesione, una volta ottenuta la notifica di un atto impositivo relativo alla posizione fiscale del defunto. E’ questa in sintesi la posizione dell’Erario contenuta nella sentenza n. 170 del 2012.

La sentenza parte da una serie di atti negoziali che possono indurre l’amministrazione finanziaria a pensare che ci sia un’accettazione tacita dell’eredità, in modo che si possa attribuire all’erede la legittimazione attiva e passiva rispetto ad obbligazioni tributarie del defunto.

L’Amministrazione finanziaria, infatti, ha bisogno di continuità sotto il profilo tributario e dopo il decesso di un contribuente deve individuarne un altro, l’erede, con cui completare e chiudere il rapporto. L’erede assume la titolarità dei rapporti giuridici di natura tributaria del defunto.

Secondo la Ctr di Milano, quindi, ci sono dei comportamenti del potenziale erede, che presuppongono la volontà di accettare l’eredità, e che quindi gli attribuiscono il diritto di farlo, nella pratica.

Tarsu e reati possibili

 Nel momento in cui la cessione di un ramo d’azienda è costruita ad arte per rendere più difficoltosa la riscossione di un tributo, si può parlare di reato ai danni del fisco, senza alcun dubbio. Questo, in sintesi, il principio contenuto in una sentenza, la n. 49091/2012 della Corte Suprema.

In pratica ci sono delle operazioni societarie che in linea di massima possono essere considerate legittime, per esempio la cessione d’azienda o la scissione della stessa, ma se queste operazioni hanno per scopo quello di sottrarre al Fisco la possibilità di riscuotere un tributo, allora possono essere classificate tra le operazioni fraudolente commesse dalle due imprese coinvolte.

Il fatto che si parli di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, non dipende dalla responsabilità solidale delle aziende interessante. Già nel 2011 i giudici erano intervenuti per spiegare che

“anche se le società nate con le operazioni di scissione sono obbligate, in solido con la cedente, al pagamento delle imposte e delle sanzioni accertate a carico di quest’ultima, l’operazione fraudolenta avrebbe raggiunto lo scopo di far gravare su altri i debiti d’imposta”.

Il caso specifico che ha portato all’ennesimo pronunciamento è quello di alcuni manager che hanno effettuato delle cessioni d’azienda infragruppo al fine di ostacolare la riscossione della Tarsu

ProntoTuo Casa, il finanziamento per l’arredamento

 In genere, per coprire le spese d’arredamento, si chiede un finanziamento che può essere parallelo al mutuo sottoscritto per l’acquisto di un immobile. Considerata una tipologia standard di richiedenti, abbiamo già visto che la proposta migliore è quella di Deutsche Bank, ma subito al secondo posto troviamo la soluzione di “Consel – Libertà d’acquisto” del Gruppo Banca Sella. 

Per una richiesta standard di 10 mila euro, si propone un piano d’ammortamento in 48 rate con un importo mensile da corrispondere pari a 251,03 euro. L’importo della rata comprende anche le spese d’incasso della stessa fissate in 2,65 euro mensile.

Il TAN fisso è dell’8,90 per cento e il TAEG, comprensivo di tutte le spese arriva al 9,96 per cento. Molto interessante l’assenza di spese iniziali e l’esiguità delle imposte, si parla di appena 14,62 euro d’imposta di bollo.

Tra i vantaggi del prodotto l’erogazione tramite bonifico dell’importo richiesto, la possibilità di gestire l’istruttoria da casa e il rimborso che può raggiungere le 84 rate mensili. I destinatari di questa soluzione sono i dipendenti, ma anche i pensionati e i lavoratori autonomi che debbano sostenere le spese di ristrutturazione dell’immobile, di acquisto dell’arredamento, di acquisto del box auto e di realizzazione e sostituzione degli impianti per la casa.

L’importo erogabile da Consel varia dai 1000 ai 20000 euro.

Credito Casa Arredamento di Findomestic

 Findomestic offre un conveniente prestito con TAEG al 9,33 per cento, da rimborsare in 84 mesi e da usare per le spese di arredamento della casa. L’esempio tipo d’importo finanziabile, calcolato sul simulatore di PrestitiSupermarket, è di 10 mila euro da restituire in 4 anni senza sottoscrizione di alcuna polizza.

Il richiedente tipo è un impiegato a tempo indeterminato che abiti in provincia di Milano, abbia almeno 30 anni e un impiego fisso dal giugno del 2005.

Tra i vantaggi del prodotto di Findomestic troviamo l’assenza di spese accessorie, la gratuità delle spese iniziali e il vantaggio di poter gestire completamente online la pratica. Ma entriamo nel dettaglio di questo prodotto.

Il Credito Casa Arredamento di Findomestic, per 10 mila euro richiesti, propone una rata pari a 248,61 euro. Il TAEG è del 9,33 per cento, partendo da un TAN fisso dell’8,95 per cento. Spese iniziali ed imposte sono pari a zero.

Questo prestito è pensato ad hoc per i lavoratori dipendenti e per i pensionati che abbiamo redditi dimostrabili e un’età compresa tra i 18 e 75 anni. La finalità del prestito è nella copertura delle spese di arredamento e l’importo erogabile non deve superare i 60 mila euro. Il TAN cambia a seconda della fascia di credito erogata dalla finanziaria. Sono facoltative le spese per l’assicurazione.