Atene: la migliore borsa del 2012

 Le opzioni binarie di lungo periodo premiano la lungimiranza dell’analisi ma in alcuni casi devono arrendersi all’imprevedibilità del mercato finanziario. Leggendo i dati relativi alle borse europee si può concludere soltanto con un assunto di questo tipo.

Cosa è successo. Nei primi sei mesi dell’anno la situazione di Atene è peggiorata e le proteste in piazza hanno attirato tutta l’attenzione dei media. Parallelamente ai movimenti che potremmo definire sociali c’è stato qualche buon investitori che ha iniziato a fare man bassa di tutti i titoli presenti nella Borsa ellenica. Si tratta di investitori tradizionali, che con il loro operato hanno in qualche modo “risollevato” le finanze di Atene.

Il risultato. La corsa agli acquisti ha fatto crescere il valore dell’indice generale del listino greco che ha chiuso con un rialzo record battendo tutte le migliori piazze europee. L’indice di Atene è passato dai -500 punti di giugno ai 901 punti con cui ha chiuso il 2012.

Il che vuol dire che Atene, con il +34%, è andata anche meglio di Francoforte, Parigi o Londra che nel 2012 hanno fatto registrare rispettivamente aumenti del 30, del 15 e del 6 per cento degli indici.

Da sottolineare come la corsa agli acquisti sia stata indirettamente sostenuta dalle autorità internazionali che hanno offerto alla Grecia una vera e propria ancora di salvataggio piena di aiuti.

 

Futuro: dopo il fiscal cliff

 L’accordo sul fiscal cliff ha tenuto con il fiato sospeso l’America e quando finalmente il nodo è stato sciolto con un accordo last minute al Congresso, le borse di tutto il mondo hanno innalzato gli indici brindando al new deal di Obama.  Chi si occupa di opzioni binarie e alla fine dell’anno scorso aveva puntato tutto sul “salvataggio” americano, ha avuto modo di raccogliere i frutti dei buoni investimenti.

Adesso, però, affinché si moltiplichino i rendimenti, è bene provare ad allargare il proprio orizzonte, andando oltre il rilassamento seguito alle tensioni accumulate dal Senato e dal Congresso americani in generale. Lo stesso Obama, esortando la Camera ad approvare il testo validato dal senato, ha spiegato che l’accordo è la cosa giusta da fare ma non risolverà i problemi evidenziati dal fiscal cliff.

La direzione intrapresa dalla Casa Bianca, però, sembra essere quella giusta. Il primo problema urgente da mettere in agenda è sicuramente quello dei tagli alla spesa pubblica. L’accordo, infatti, ha sicuramente evitato che la crescita dell’economia americana si bloccasse prematuramente ma non è riuscita a risolvere le carenze strutturali e finanziare del paese.

Per questo tanti economisti sono concordi del ritenere che l’America affronterà una nuova crisi nel breve periodo. Per il momento, dunque, l’unico dato positivo in tutta la questione resta l’entusiasmo delle borse.

La crisi non tocca i grandi patrimoni: i ricchi sono sempre più ricchi

 La classifica degli uomini più ricchi del mondo, il “Bloomberg Billionaires Index”, vede ancora Carlos Slim, imprenditore messicano che è diventato il più importante impresario di telecomunicazioni nell’America Latina, al primo posto, con un patrimonio di 75,2 miliardi di dollari, dei quali 13,4 sono stati guadagnati nel 2012.

Dopo di lui il sempre presente Bill Gates con 62,7 miliardi (7 guadagnati nell’ultimo anno) e, al terzo posto, Amancio Ortega (conosciuto nel modo per essere uno dei proprietari di Zara) che, con il suo patrimonio di 57.5 miliardi (22  i miliardi guadagnati nell’ultimo anno) ha scalzato Warren Buffet, economista americano a capo della Berkshire Hathaway (50 miliardi di dollari nel 2012).

Ma ciò che stupisce di più non è solo il fatto che i ricchi continuino ad essere ricchi, ma che i loro patrimoni, a dispetto delle condizioni economiche avverse, aumentano costantemente: il patrimonio complessivo dei super ricchi è cresciuto di 241 miliardi di dollari.

Ecco la lista dei dieci uomini più ricchi del mondo:

1. Carlos Slim Helú: 75.2 miliardi di dollari
2. Bill Gates: 62.7 miliardi
3. Amancio Ortega: 57.5 miliardi
4. Warren Buffett: 47.9 miliardi
5. Ingvar Kamprad: 42.9 miliardi
6. Charles Koch: 40.9 miliardi
7. David Koch: 40.9 miliardi
8. Larry Ellison. 39.3 miliardi
9. Bernard Arnault: 28.8 miliardi
10. Alwaleed bin Talal Al Saud: 28.7 miliardi

Aiuti UE e paesi in difficoltà: quali risultati?

 Il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione Europea hanno concesso, in totale, 530 miliardi di euro ai paesi del’Europa che si trovavano nelle condizioni peggiori per cercare di salvare queste economie e evitare, di conseguenza, un duro contraccolpo per tutti gli altri paesi. Ma che fine hanno fatto questi soldi? Quali sono stati i risultati di questa iniezione di liquidi?

La maggior parte dei fondi di aiuti sono stati destinati a finanziare i debiti delle banche. E’ successo in Irlanda, dove degli 85 miliardi ricevuti, 64 sono andati nelle casse degli istituti di credito, devastate da anni di finanza e investimenti poco oculati.

Lo stesso è accaduto anche per altri paesi, come il Portogallo, la Grecia e la Spagna dove però, nonostante gli aiuti e i dolorosi interventi dei governi sulla spesa pubblica e sulla pressione fiscale, i risultati stanno arrivando più lentamente. La situazione che preoccupa ancora è quella della Spagna, dove la ricapitalizzazione di alcune delle banche più importanti è appena avvenuta e la popolazione continua a soffrire per la mancanza di lavoro (il tasso di disoccupazione è arrivato al 25%).

Un altro Paese che sta allarmando parecchio è Cipro. Il paese, secondo Standard’s & Poor, è a serio rischio default, e potrebbe diventare la bomba ad orologeria per tutto il sistema.

 

 

Record di occupati in Germania

 L’Ufficio federale di statistica tedesco ha reso pubblici i dati sull’occupazione tedesca per il 2012: il numero medio di occupati in Germania è di 41,5 milioni di unità, con un aumento di 416 mila unità rispetto all’anno precedente. Numeri che si trasformano facilmente in percentuali: il tasso di disoccupazione della Germania per il 2012 si è assestato al 5,3%, segnando un -0,2% rispetto al 2011.

La Germania è l’unico paese in questa fetta di Europa che è riuscito a segnare un punto positivo nella lotta contro la disoccupazione che sta flagellando altri paesi come la Grecia, la Spagna e, anche se in misura, per ora, minore, l’Italia.

La Germania si conferma essere ancora la prima economia europea, quella che la crisi l’ha solo sfiorata, e che, a dispetto di tutte le altre, continua a crescere. Questo è il sesto anno consecutivo che la Germania fa registrare dati occupazionali positivi: le statistiche sottolineano come dal 2005 la popolazione attiva è aumentata del 6,8% (2,66 milioni di persone) e quella inattiva è la metà di quella del 2005 (2,34 milioni nel 2012).

Le elezioni tedesche sono sempre più vicine e per la Cancelliera questo è un ottimo risultato che la porta molto vicino ad una rielezione, soprattutto se i dati sull’occupazione si mettono in confronto con gli altri indicatori: l’inflazione nel 2012 è cresciuta del 2,1% rispetto al 2011, con un aumento dei prezzi su base mensile di solo l’1%.

Disoccupazione in aumento al Sud nel 2013

Unioncamere e Prometeia avvertono: nel 2013 poco cambierà per quanto riguarda il mercato del lavoro. Tutto è riportato nel documento Scenari di sviluppo delle economie locali italiane, realizzato dai due Enti, i cui dati parlano di un panorama difficile. I dati più preoccupanti, tanto per cambiare, riguardano il Sud Italia, fanalino di coda dal punto di vista occupazionale. Il tasso di disoccupazione del Mezzogiorno dovrebbe consolidarsi intorno all’asticella del 17,9%.

In altri termini la disoccupazione al Sud aumenterà vertiginosamente di 6,5 punti in percentuale rispetto al resto della media italiana. La media nazionale, infatti, si attesterà intorno all’11,4%.

Nel frattempo, mentre Unioncamere e Prometeia fanno la conta dei danni (presenti e futuri) in Germania è record per quanto riguarda l’occupazione. Da noi, soprattutto al Meridione, è record al contrario.

Classifica regioni con tasso più alto di disoccupazione

Soffermiamoci, dunque, sulle regioni più sofferenti dal punto di vista della mancanza di lavoro.

– Calabria: 20%, è la regione con il più alto tasso di disoccupati;

– Sicilia: 19,6%;

– Campania: 19,3%;

– Sardegna: 17%;

– Puglia: 16,1%;

– Basilicata: 15,6%;

La regione con il più basso tasso di disoccupazione in Italia è, invece, il Trentino Alto Adige, il cui livello di non-lavoro si fermerà per il 2013 al 5,8%. Seguono Veneto e Valle d’Aosta.

Raggiunto obiettivo spread, cosa cambia?

 Lo spread, il differenziale tra i Bund tedeschi e i titoli di stato italiani si è finalmente abbassato fino a quota 283, dopo che, durante il governo precedente, era arrivato a toccare i 575 punti. Ci sono voluti sacrifici, tre manovre finanziarie, per un totale di 82 miliardi, e una crescita sostanziosa della pressione fiscale (passata dal 42,5 al 44,7% in dodici mesi), ma l’obiettivo è raggiunto.

Almeno così dicono al Ministero del Tesoro, che stima che questo abbassamento dello spread potrebbe portare un risparmio di 50 miliardi di euro nei prossimi tre anni per le casse dello Stato, ma si tratta, ancora, solo di un risparmio potenziale, che arriverà dal calo degli interessi sul debito (nel 2012 sono stati pari a 86 miliardi, il 5,5% del Pil).

E le famiglie?

Per le famiglie ancora i risultati non sono arrivati. Il tanto sperato calo dei tassi di interesse non è arrivato, anzi, il costo medio di un mutuo per l’acquisto di una casa, dai dati della Banca d’Italia, è salito dal 3,4% del 2010 al 4,2% di oggi, e anche per le imprese la situazione non è migliore.

Il motivo? Le banche, nonostante abbiano ricevuto un bel po’ di liquidità dalla banca centrale, hanno ancora difficoltà a finanziarsi e hanno aumentato al 4,1% lo spread che applicano all’Euribor a tre mesi, con il risultato che i consumatori pagano tassi di 80 centesimi più alti rispetto a quelli del 2010, quando lo spread era sui livelli di quello attuale.

 

Auto, Cina pronta a sorpassare l’Europa nel 2013

Il mercato automobilisti Cinese è pronto al sorpasso. E’ destinato a crescere, mentre crolla a picco il mercato europeo nel 2012.

Il Financial Times si è lasciato andare in questa previsione, non così tanto azzardata, fatta sulla base di dati provenienti da Ihs, Lmc Auto, Pwc (società di consulenza) nonché dei dati provenienti da Ubs e Credit Suisse.

In Cina si parla di una produzione stimata intorno ai 19,6 miliardi di veicoli leggeri. Si tratterà del primo anno in cui la produzione cinese supererà in quantità quella europea.

Il Vecchio Continente, infatti, dovrebbe fermarsi intorno ai 18,3 milioni.

Il Financial Times, all’interno della sua analisi, inquadra il panorama mondiale auspicando una netta ripresa. Le stime parlano di una crescita del 2,2%, inferiore alla crescita del 4,9% verificatasi nel 2012. Le vendite su scala mondiale dovrebbero portare nelle casse del mercato 1.300 miliardi di dollari.

Stando a queste proiezioni, il mercato europeo sarà però ancora in calo, rispetto alla Cina e rispetto alle vendite di veicoli fatte registrare nello scorso anno. In sostanza, la quota europea sulla produzione mondiale rappresenterà circa un quinto. Il calo si attesta, in previsione, sul 35% rispetto ai record raggiunti nel 2011.

L’Europa, dunque, è pronta a cedere il testimone alla Cina? Il Financial Times risponde in maniera affermativa, sottolineando la crescita esponenziale della Cina, la quale ha prodotto 17,8 milioni di veicoli nel 2012. In un decennio la sua quota produttiva è salita dal 3% al 23%. Niente male.

 

Crolla a picco il mercato delle automobili

Senza dubbio, quello che è appena finito passerà in rassegna come uno degli anni più disastrosi per il mercato delle automobili. Era dal 1979 che non si registravano così poche immatricolazioni. Un incubo, dunque, che torna nelle notti dei produttori e delle aziende trentatré anni dopo. Una sconfitta annunciata da tempo, che ora viene confermata dai dati di fine 2012.

Il mercato delle quattro ruote, dunque, tocca in tutta Europa uno dei picchi più bassi della sua storia commerciale, facendo registrare un trend negativo che si respira ovunque. Non solo in Italia.

Difficile, al giorno d’oggi, ipotizzare una veloce risalita delle transazioni e un aumento immediato delle immatricolazioni. Il mercato, infatti, stenta a ripartire, proprio come se fosse una vecchia vettura destinata più al macero che alla strada.

DATI DICEMBRE

Partiamo dalla fine, ovvero dal mese di dicembre. Le immatricolazioni nell’ultimo mese del 2012 sono state 86.735. In termini statistici si tratta di un consistente meno 22,51% rispetto al dicembre del precedente anno. A fine 2011, infatti, erano state 111.928 le auto immatricolate nell’ultimo mese.

DATI 2012

Il 2012 è stato, tuttavia, in generale un anno di piena crisi per il comparto automobilistico. Uno di quelli iniziati male e finiti peggio. In totale, in Italia, sono state immatricolate 1,4 milioni di vetture. Il mercato fa dunque registrare su base annua una diminuzione di 19 punti in percentuale rispetto al 2011, anno in cui le vetture immatricolate sono state 1,75 milioni.

FIAT

Il Gruppo Fiat non può che accusare il colpo, senza esimersi minimamente dal contesto in cui. La crisi, di riflesso, colpisce ovviamente anche il gruppo Fiat, le cui vendite sono scese del 19,4% su base annua. In altri termini, le immatricolazioni di auto Fiat nel 2012 sono state poche: 100.000 vetture. Il gruppo del Lingotto ha comunque rilasciato dati non del tutto negativi, sottolineando che l’auto più venduta nel 2012 nel nostro Paese è stata la Panda.

 

Conti pubblici in netto miglioramento a fine 2012

Il Ministero dell’Economia chiude il 2012 in positivo. Pare che i Conti Pubblici stiano per tornare in salute. Il Fabbisogno, infatti, sembra essere in netto miglioramento rispetto alle condizioni in cui versava nel 2011.

Stando ai dati rilasciati dal Mef lo scorso 31 dicembre, esso ammonta a 48,5 miliardi di euro. Si tratta di 15,2 miliardi in meno rispetto al 2011 (anno in cui si attestava dunque intorno ai 63,8 miliardi).

L’ottimo risultato è frutto del buon andamento dei flussi fiscali. Gli incassi sono stati positivi. Pensare che al netto del versamento al capitale European Stability Mechanism, il fabbisogno avrebbe toccato quota 42,8 miliardi.

Se si considera il valore riportato nella Nota di Aggiornamento contemplata nel Documento Economia & Finanza (il valore era di 45,4 milardi), inoltre, il Fabbisogno guadagna ulteriormente 3 miliardi.

A cosa si deve questo ulteriore rialzo? Sicuramente al pagamento delle quote dei mutui fatto pervenire in anticipo dalle Amministrazioni centrali, nonché dagli enti territoriali, direttamente nella Cassa depositi e prestiti.

Altra buona notizia: a dicembre 2012 è stato fatto registrare un avanzo del settore statale provvisoriamente determinato in circa 14,1 miliardi, superiore di circa 8,4 miliardi rispetto a quello realizzato nel dicembre 2011 che fu pari a quasi 5,6 miliardi.