F24 cumulativo per gli intermediari: si riparte

 Alla fine dell’anno in corso non scadono soltanto le agevolazioni fiscali che possono mandare in recessione l’America. Per il nostro paese si avvicina un’altra scadenza importante anche se di tributario, per fortuna, c’è molto poco.

Scade infatti l’intesa valida per il triennio 2010-2012 in relazione ai versamenti telematici. L’Agenzia delle Entrate aveva autorizzato in questo periodo il versamento telematico cumulativo dei tributi.

Adesso il servizio di F24 cumulativo è stato rinnovato. L’Erario ha rinnovato l’intesa con gli intermediari e concederà loro di effettuare versamenti di imposte e contributi dovuti dai loro clienti con l’addebito diretto sui conti correnti dei clienti stessi.

Questa convenzione era stata attivata nel 2010 e sarebbe scaduta il 31 dicembre. Per aderire all’iniziativa, l’intermediario interessato dovrà attenersi alle indicazioni presenti nel servizio telematico Entratel. In pratica l’Agenzia delle Entrate considera un intermediario aderente all’intesa nel momento in cui riceve l’attestazione di accettazione dell’adesione.

Un discorso che vale sicuramente per i nuovi intermediari mentre è tacitamente rinnovata l’intesa per i vecchi intermediari. Per loro l’Agenzia delle Entrate presume che vogliano restare nel recinto dell’Intesa per cui potranno proseguire il servizio tramite la presentazione telematica dei modelli di versamento seguento le indicazioni dell’allegato dell’Erario.

Recedere dall’accordo si può, sempre tramite il servizio Entratel.

 

Atti dell’Agenzia del Territorio nella mediazione tributaria

 La premessa è semplice: dal primo dicembre 2012, l’Agenzia del Territorio è stata incorporata nell’Agenzia delle entrate. Questo vuol dire che molti strumenti saranno in comune. Si prende atto del fatto che lo strumento deflattivo, noto come mediazione tributaria, sarà esteso anche ai provvedimenti dell’Agenzia del Territorio, emessi dopo l’incorporazione.

L’Agenzia delle Entrate ha comunque dovuto fare delle precisazioni, tutte contenute nella circolare n. 49/T con la quale l’Erario ha spiegato che per tutte le liti inferiori ai 20 mila euro, la mediazione tributaria si può applicare per gli atti emessi dagli Uffici provinciali del Territorio.

La mediazione tributaria è uno strumento fiscale tutto sommato nuovo visto che è entrato nella storia fiscale italiana soltanto dal primo aprile 2012 e consente a tutti i contribuenti che hanno una lite di lieve entità economica con l’Erario di saldare i conti in tempi brevi e con sanzioni ridotte.

Una volta che il contribuente ha presentato il reclamo, c’è l’esame della pratica in sede amministrativa per capire come risolvere con il dialogo la lite in atto. Gli atti ammessi alla mediazione tributaria sono gli avvisi di accertamento del tributo, gli avvisi di liquidazione del tributo, i provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, il ruolo, il rifiuto espresso o tacito alla restituzione dei tributi, la revoca delle agevolazioni ed ongi altro atto impugnabile.

Sono invece escluse le operazioni catastali il cui valore non è determinabile.

Fiducia ed altri elementi influenti sul mercato

 Per fare investimenti oculati nel mondo delle opzioni binarie, è importante avere a mente gli elementi che possono incrinare l’andamento lineare del mercato. Nel 2012 sicuramente gli investitori sono stati attirati ed hanno dato fiducia a Draghi.

Il presidente della BCE, adesso, dopo aver siringato di entusiasmo i mercati il 26 luglio scorso, scatenando la corsa ai rialzi di tutte le borse dell’Eurozona, deve convincere chi ha denaro da investire, che anche nel 2013 l’UE è il terreno migliore.

In effetti, a parte il pericolo Grecia, niente ha saputo spostare i capitali. Il default di Atene fa tanta paura perché equivarrebbe alla frantumazione dell’euro. Una volta disgregata la moneta unica, ci sarebbe il ritorno alle valute locali con la corrispondente affermazione dell’Europa a due velocità.

La paura è stata tanta e gli investitori, pensando al GrExit, hanno spostato i capitali sui paesi la cui “ipotetica” valuta locale sarebbe state più forte delle altre monete. L’Italia è stata abbandonata: 25 miliardi di euro di depositi esteri sono migrati altrove.

Un caso analogo è raccontato dalle banche spagnole che hanno visto evaporare 42 miliardi di euro in depositi. E dove sono andati a finire questi soldi? Nei forzieri delle banche tedesche che negli stessi mesi difficili per Italia e Spagna, hanno registrato 363 miliardi di euro di nuovi depositi.

Fiscal cliff: cosa cambia per pensionati, professionisti e coppie con figli

 Il presidente Obama è alle strette con il Congresso e sta cercando in tutti i modi di arrivare ad un accordo con i repubblicani, al fine di scongiurare il baratro fiscale. La caduta verso il basso degli americani si lega alla perdita delle agevolazioni.

I benefici, introdotti dalla precedente amministrazione, avevano finito per “privilegiare” o comunque dare una mano alle famiglie più svantaggiate. Adesso, i single, i disoccupati e tutti coloro che hanno un reddito inferiore ai 10 mila dollari, dovranno subire rincari che superano il 50 per cento.

Cosa cambia invece per i pensionati? Una coppia di pensionati che abbia un reddito compreso tra i 30 mila e i 40 mila dollari, subirà un rincaro del 42,4 per cento. In proporzione le pensioni più ricche otterranno aumenti proporzionalmente inferiori.

I professionisti con un reddito annuo compreso tra i 100 mila e i 200 mila euro avrà un aumento pari al 24,5 per cento il che vuol dire che per il pagamento delle imposte, queste persone, dovranno tirare fuori 6662 dollari in più rispetto agli anni passati.

Chi guadagna oltre i 350 mila euro, per esempio le coppie di professionisti, subirà un aumento del 20,3 per cento, più di 13 mila dollari in più di tasse. Un conto molto più pesante quello presentato alle coppie con figli che hanno un reddito superiore al milione di dollari annui. Per loro i rincari saranno del 24,2 per cento.

Alcuni aumenti compresi nel fiscal cliff

 Il presidente Barack Obama sta tentando il tutto e per tutto al fine di scongiurare il fiscal cliff. Deve trovare un salvagente per tutte quelle famiglie che una volta eliminate le agevolazioni previste dal Bush Jr, torneranno a non passarsela bene.

Ma quali aumenti sono previsti per le diverse “categorie” di americani?

I rincari più consistenti saranno quelli per i detentori di redditi bassi, per chi guadagna meno di 10 mila dollari all’anno, per i disoccupati e per i single. Per loro, tolte le agevolazioni, ci sarà un aumento delle tasse del 55,2 per cento che vuol dire circa 159 dollari all’anno. I disoccupati perderanno anche molti benefici e si vedranno ridurre il sussidio.

Gli studenti universitari, i single e coloro che guadagnano tra i 10 e 20 mila dollari all’anno subiranno un aumento delle imposte pari al 37,9 per cento, quindi questi americani dovranno sborsare circa 308 dollari in più ogni anno. Gli aumenti si legano soprattutto alla perdita di sgravi fiscali per l’istruzione.

Una coppia che invece ha un reddito tra i 20 mila e i 30 mila dollari, subirà un aumento delle imposte meno consistente in percentuale, perché si parla del +9,8 per cento, ma dovrà comunque sborsare circa 1423 dollari in più all’anno. In questo caso ha molta importanza la riduzione degli assegni famigliari e gli sconti per la dichiarazione dei redditi congiunta.

La tendenza europea sull’emissione di titoli di stato

 I titoli di stato servono ai paesi dell’Europa e non solo, per vendere quote del debito pubblico in modo da dilazionarne il pagamento negli anni. In genere gli stati che emettono titoli a breve termine in grandi quantità, hanno bisogno di liquidità.

Sognare titoli di stato di lunga durata, mettiamo anche 15 e 30 anni, vuol dire avere il coniglio nel cappello, la soluzione alla crisi, aver trovato un modo per assicurare la governabilità del paese. I titoli a 10 anni, invece sono generalmente indicati per capire il sentiment di uno stato e pesare l’influenza della situazione politica su quella finanziaria ed economica.

L’Italia ha archiviato di recente le ultime due aste dell’anno e sogna di poterne fare di  nuove dedicandosi ai BTp di lungo periodo, ma in Europa la pensano tutti allo stesso modo? Praticamente sì. Soltanto l’Italia si era concentrata sui titoli più brevi ed ora pensa a ridurre lo stock di quest’ultimi lasciando spazio ai titoli a medio e lungo termine.

Anche per Spagna e Francia, si può fare un discorso analogo. Madrid ha ridotto i titoli di stato in asta con scadenza oltre i 10 anni. Oggi i Bonos a 2 e 3 anni sono il 46 per cento del totale. Gli OaT francesi con scadenze superiori ai 10 anni sono stati ridotti nelle aste del 2012 passando dal 15 all’11 per cento del totale.

Soltanto la Germania, nel periodo 2008-2011 ha visto aumentare i titoli di stato di medio e lungo termine.

BTp di lungo periodo se le condizioni migliorano

 L’ultima asta dei BTp italiani ha dato la possibilità al governo, agli italiani e agli investitori di riflettere sulla situazione politica dei paesi dell’Eurozona. Molti titoli, per esempio i BTp decennali, sono molto sensibili rispetto alla politica dei paesi.

Basta pensare ai BTp decennali italiani che hanno ingolosito sicuramente gli investitori dimostrando almeno due cose: che l’Italia è più affidabile rispetto a due anni fa, tanto che l’interesse su questi strumenti d’investimento è maggiore; che è giusto usare i titoli decennali per il calcolo dello spread.

Ma non basta. L’interesse rinnovato per i BTp con scadenza più lunga, ha fatto riflettere il Tesoro italiano sull’opportunità di mettere nel calendario delle aste dell’anno prossimo dei BTp ancora più lunghi, per esempio a 15 o addirittura con scadenza a 30 anni.

La situazione dell’Eurozona, confermandosi positiva, consolidata dalle prossime elezioni politiche che potrebbero allontanare il concetto di ingovernabilità, potrebbe giustificare investimenti di lungo periodo. Questo vuol dire che si prevede una nuova crescita del PIL, una situazione economica e finanziaria sicuramente migliore.

Resta soltanto un piccolo problema: se l’Italia continua ad emettere titoli, anche di lungo periodo, con 410 miliardi di euro all’asta sotto forma di BTp di diverso taglio, si conferma al primo posto tra i paesi che emettono titoli del debito pubblico nell’Eurozona. Sotto il profilo della gestione del bilancio non si tratta di una buona notizia.

Il bilancio ragionato dell’ultima asta BTp

 Si è conclusa anche l’ultima asta dell’anno per i titoli di stato italiani e con piacere si conferma che il tanto atteso rialzo dei tassi non c’è stato. Sembrava quasi che si fosse tornati indietro nel tempo fino al 2010, tanto era stata positiva la discesa dei rendimenti dei nostri BTp.

Nel dettaglio sono stati collocati 5,88 miliardi di euro di titoli di stato ripartiti in BTp a 5 anni per 2,871 miliardi di euro. Il loro rendimento è di 3,26%, ma nella precedente asta si era poco al di sotto di questa soglia visto che i rendimenti erano al 3,23 per cento.

La domanda di BTp a 5 anni è stata di 1,29 volte superiore all’importo offerto.

Torna all’asta anche il BTp a 10 anni, il titolo usato per calcolare lo spread, considerato il titolo più sensibile rispetto ai cambiamenti della politica nazionale e sovranazionale. Sono stati collocati circa 3 miliardi di euro in BTp decennali per un rendimento del 4,48%. Anche in questo caso c’è stato un lieve rialzo dal 4,45% dell’asta precedente.

La domanda di BTp decennali è stata di 1,47 volte superiore all’importo offerto. La chiusura è dunque sui livelli minimi dell’anno e si deve dire grazie soprattutto all’intervento della BCE che ha “giurato” di salvare l’euro e l’Italia stessa. Da luglio i rendimenti sono scesi di circa 2 punti percentuali.

Tre elementi per valutare il 2012

 Per fare previsioni più o meno accurate sull’andamento dei mercati azionari del 2012, occorre, adesso, fare una panoramica più realistica possibile del 2012. Ci si rende immediatamente conto che “se non è poi così brutto com’era stato previsto”, è anche perché il pessimismo nelle previsioni aveva abbassato il livello delle aspettative.

Di fatto, interpretare i dati del 2012, vuol dire prendere in esame tre dati importanti e cercare di capire come queste situazioni si evolveranno l’anno prossimo.

Il primo elemento è senza dubbio l’intervento delle banche centrali che hanno lavorato molto al consolidamento dell’euro. Basterebbe citare soltanto il lavoro della BCE che è riuscita ad evitare il default della Grecia, ha evitato che Atene uscisse dall’euro con il conseguente ritorno in Europa alle monete locali.

Il secondo elemento è proprio il pessimismo delle previsioni che ha determinato aspettative più basse così che l’anno è stato perfino archiviato come positivo. La crisi, al contrario, è nel suo momento clou ma lascia spazio alle manovre di bilancio dei paesi.

Se poi vogliamo analizzare la situazione italiana e compararla con quella europea, arriviamo al terzo elemento: la chiusura in positivo di Piazza Affari resta lontana comunque dalle performance delle borse dell’Eurozona . Tra i paesi più grandi, riesce ad avere una performance peggiore di quella italiana, soltanto la Spagna.

Aspi: cos’è e come funziona

 A beneficiare dell’Aspi, l’Assicurazione Sociale per l’Impiego, saranno tutti i lavoratori che hanno maturato almeno 24 mesi di anzianità assicurativa e un anno di contribuzione nell’ultimo biennio.

Si tratta di un sostegno a tutti coloro che hanno subito le conseguenze della contrazione del mercato del lavoro nell’anno passato, anche se si trovano esclusi dal sussidio i lavoratori assunti con i contratti a progetto, gli operai agricoli, i religiosi, i dipendenti a tempo indeterminato delle PA e i giornalisti professionisti, sia praticanti che pubblicisti.

L’Aspi è erogata per 12 mesi fino al 55 anno di età e per 18 mesi superata la soglia e il suo importo è calcolato in base alla retribuzione media mensile degli ultimi due anni. La richiesta per l’erogazione dell’Aspi può essere fatta dal 1° gennaio 2013 fino al 1° aprile 2013 esclusivamente per via telematica.

Chi non ha i requisiti sopra indicati, può usufruire della Mini-Aspi, che ha un ridotto ed è erogabile per coloro che hanno maturato 13 settimane di contribuzione su 12 mesi di possibile lavoro.

Le imprese dovranno contribuire all’erogazione dell’Aspi con:

– contributo ordinario dell’1,61% fra imponibile e contributi imposti dalla legge;

– contributo del 3,01% dato dalla somma del contributo ordinario e di quello addizionale:

– contributo per interruzione di lavoro per causa diversa dalle dimissioni.