Grande successo per il Private Label

Ecco come le famiglie ridisegnano i loro consumi. La crisi si fa sentire e per sopperirvi gli italiani si affidano al Private Label, una tendenza che negli ultimi mesi di questo anno ha raggiunto la sua definitiva consacrazione.

A dimostrazione dell’exploit del Private Label l’analisi degli esperti di marketing si è concentrata sulla cosmetica. Solitamente gli italiani non acquistavano mai i prodotti che riportano il brand del distributore e non la grande griffe.

Gli esperti tuttavia non possono fare a meno di notare che si sta lentamente rimpicciolendo il bacino di utenza dei grandi brand di lusso. Così, la pressione promozionale del distributore acquista lentamente più spazio.

Il motivo è presto: occorre offrire sconti maggiore al cliente per indurlo all’acquisto.

Eccoci dunque ad uno sprazzo di cambiamento per quanto riguarda la dinamica dei consumi. La quota di mercato del private label cresce a dismisura e i prodotti in vendita con marchio del distributore superano il 17%. E’ il caso di Pam, Esselunga e Coop Italia.

In percentuale, il Private Label non ha ancora sfondato il muro del consumo di massa, ma vi si sta avvicinando a passi da gigante. Negli altri Paesi europei, infatti, i prodotti con marchio del distributore toccano vette molto più alte, che ancora non si vedono in Italia.

In Gran Bretagna, ad esempio, si supera un volume pari al 40%. In Francia si è attorno al 34%.

Ciò non toglie che il settore è in grande crescita. Ha raggiunto il 7,3% dei consumi in più nel 2011, con una prevalenza di acquisti al Nord-Italia.

Petrolio, acciaio e caffè: i trend di fine anno

 Il mercato delle materie prime, in questo scorcio di fine anno è attraversato da modifiche profonde. La prima di cui abbiamo fornito un resoconto è quella dei semi di soia il cui prezzo è calato vertiginosamente dopo l’annullamento di importanti ordini provenienti dalla Cina.

Adesso prendiamo brevemente in esame quello che sta succedendo al petrolio, all’acciaio e al caffè.

Petrolio. Petrochina, che è la divisione della Cnpc (China National Petroleum Corp) ha deciso di avviare le trattative per rilevare la quota di Exxon Mobil in Iraq, presso lo giacimento di West Qurna-1. Questo giacimento è stato messo in vendita dall’azienda  a stelle e strisce che ha deciso di concentrare i traffici sul Kurdistan. Si prevede quindi che la Cina diventi per l’Iraq il partner privilegiato.

Acciaio. La produzione di acciaio, anche a novembre, è cresciuta del 5,1 per cento portandosi a 122 milioni di tonnellate. Tutto anche in questo caso si lega all’accelerazione della produzione sul versante asiatico dove in Cina, ad esempio, l’output è aumentato del 13,7 per cento. La produzione d’acciaio è invece rallentata sia negli Stati Uniti, sia in Europa.

Caffè. In Brasile il raccolto di caffè è stato di 50,8 milioni di sacchi da 60 chili. Si può parlare di record.

 

Soia: la Cina cancella un ordine molto grande

 Se la Cina decide di annullare un grande ordine di soia, il mercato delle materie prima va in fibrillazione e vuol dire che sta succedendo qualcosa all’economia cinese, oppure è in atto una manovra di cui vediamo soltanto i primi passi.

Il fatto che riportiamo è molto semplice. Gli acquirenti cinesi, alla fine della settimana scorsa, hanno deciso di annullare un ordine di semi di soia dagli Stati Uniti per 540 mila tonnellate.

A memoria, nel mercato finanziario, non è mai successo che fosse annullato un ordine così corposo in un solo giorno. In più molti analisti ritengono che arrivasse sempre da Pechino l’annullamento di un altro ordine di 120 mila tonnellate, registrato sempre all’inizio della settimana scorsa ed attribuito ad “acquirenti sconosciuti”.  La Cina, in più aveva annullato anche un altro ordine in settimana per 300 mila tonnellate di soia.

Tutti questi annullamenti hanno scatenato le vendite sul prodotto tanto che il prezzo dei semi di soia è stato spinto al ribasso e si è verificato un calo del 2 per cento ai mini da un mese a questa parte.

Il calo del prezzo ha interessato anche frumento e mais ma, in questi casi, la riduzione del valore deve essere attribuita rispettivamente alle nevicate delle Grandi Pianure USA e alle esportazioni inferiori al previsto.

Se tutti gli italiani restituissero i soldi degli interessi percepiti avrebbero la possibilità di pagare meno tasse. Tutto in teoria, per il momento.

I Btp zero di Assoetica

 Lo Stato emette periodicamente i BTp e sono addirittura stati istituiti dei BTp Day, dei giorni dedicati all’acquisto di questi buoni che servono a rimpinguare le casse dello Stato con denaro da usare per pagare scuole, ospedali, strade e servizi.

In borsa, la presentazione di questi strumenti, tende a far prevalere l’aspetto speculativo e per chi deve comprare BTp è importante che lo Stato che li emette sia poco “raccomandabile” in modo che il rendimento dei buoni resti elevato.

Il rendimento dei BTp rappresenta l’interesse che lo Stato dovrà corrispondere alla scadenza del titolo ai suoi creditori. La finalità della “raccolta fondi” effettuata tramite BTp, giustifica l’iniziativa di Assoetica “BTp zero”.

In pratica Assoetica restituirà allo Stato italiano gli interessi percepiti attraverso i titoli di stato, sotto forma di un bonifico intestato alla Presidenza del consiglio. La pubblicità dell’iniziativa punta a rendere “virale” questo procedimento in modo che aumenti il budget a disposizione della società.

Assoetica ne approfitta per ricordare che lo Stato emette dei BTp per finanziare la costruzione o la manutenzione di ospedali, scuole e strade e per finanziare la progettazione e l’erogazione di un certo numero di servizi. Poi lo Stato usa il prelievo fiscale per pagare i tassi d’interesse dovuti sui BTp.

Se tutti gli italiani restituissero i soldi degli interessi percepiti avrebbero la possibilità di pagare meno tasse. Tutto in teoria, per il momento.

onista. Opel deve  rimborsare 2,5 miliardi di euro entro la fine del 2014.

Con Intesa Sanpaolo si vola in Messico

 Non è l’ultima trovata pubblicitaria di una banca che ha deciso d’investire nel settore aeroportuale, anzi, Intesa Sanpaolo si dedica ai prodotti finanziari e non intende tornare sui suoi passi.

Di fatto però i prodotti finanziari venduti possono ampliare l’orizzonte dei clienti e così si scopre che la banca in questione fa da sponda alle piccole e medie imprese italiane che decidono d’investire nel mercato emergente messicano.

Illustrare il funzionamento di questo “passaggio” è sufficiente per capire le prospettive di crescita del titolo azionario.

Intesa Sanpaolo, insieme ad altre banche ha sostenuto la realizzazione del progetto Etileno XXI portato avanti dalla Braskem Idesa, una join venture brasiliano-messicana. L’obiettivo del progetto Etileno XXI è quello di trasformare lo stato di Veracruz in un impianto petrolchimico di riferimento per tutto il continente.

In quest’opera, grazie alla presenza di Intesa Sanpaolo, sono state coinvolte anche 25 aziende italiane che hanno ottenuto ben 40 contratti finalizzati all’esportazione per lavori di progettazione e per la fornitura dei macchinari.

Nell’impianto petrolchimico di Veracruz ci sarà un cracker per la trasformazione di etano in etilene ed è prevista la realizzazione di un secondo polo con tre unità dedicate alla produzione di polietilene. In termini di denaro l’investimento previsto supera i 13 miliardi di dollari. L’impianto inizierà a funzionare nel 2015.

edere sei filiali europee alla GM al fine di ripagare un mutuo al proprio azionista. Opel deve  rimborsare 2,5 miliardi di euro entro la fine del 2014.

Opel e Deutsche Bank: l’emblema della crisi tedesca

 Anche la Germania sta attraversando un periodo di forte crisi al punto che anche colossi del settore industriale e finanziario come Opel e Deutsche Bank, sono stati colpiti dalla sorte avversa. Certo non è un caso ma una situazione che si è prodotta negli anni.

Partiamo dal caso Deutsche Bank che è il più semplice da illustrare visto che nei giorni scorsi abbiamo avuto modo di parlare della condanna dell’istituto di credito nel processo sui derivati stipulati dal Comune di Milano.

Questo imbarazzo giudiziario arriva al termine di alcuni anni di turbolenze il cui teatro è stato proprio la Germania. Per esempio l’inchiesta sul fallimento di Leo Kirch, passato alla storia come il magnate delle tv private tedesche, oppure la frode sulle emissioni di CO2.

In questo secondo caso pare che la banca abbia ottenuto indebitamente dei rimborsi pubblici, soldi che il governo tedesco assegna ai soggetti privati che inquinano meno. Nonostante su questa inchiesta non sia ancora stato messo il punto, la banca è comunque sotto pressione.

Per quanto riguarda Opel si apprende che il marchio automobilistico tedesco, controllato ormai dalla General Motors americana, ha dovuto cedere sei filiali europee alla GM al fine di ripagare un mutuo al proprio azionista. Opel deve  rimborsare 2,5 miliardi di euro entro la fine del 2014.

Legge fallimentare: PEC creditori, domande di ammissione al passivo

 La nuova legge fallimentare è entrata in vigore il 19 dicembre 2012 ed ha sintetizzato una serie d’interventi che – per il cantiere aperto che è la normativa – hanno ossessionato le imprese da diversi anni a questa parte.

Le due grandi novità riguardano la sterzata telematica nelle comunicazioni e la tutela del patrimonio d’impresa ma abbiamo osservato nel dettaglio anche la notificazione telematica del ricorso e l’indirizzo PEC del curatore.

Vediamo adesso le novità riguardo l’indirizzo PEC dei creditori e la domanda di ammissione al passivo. I creditori in tutte le procedure concorsuali hanno l’obbligo di comunicare al curatore o al commissario, l’indirizzo di posta elettronica certificata al quale vogliono ricevere le comunicazioni. Nel caso in cui non sia fornita la PEC, la comunicazione è effettuata soltanto tramite il deposito degli atti creditori in cancelleria. Quest’ultima eventualità entrerà in vigore dal primo novembre 2013.

Le domande di ammissione al passivo presentate dopo l’entrata in vigore della legge, devono essere presentate dal creditore unitamente ai documenti necessari, ma tutto deve essere trasmesso telematicamente all’indirizzo PEC del curatore o del commissario.

Saranno poi il curatore o il commissario a trasmettere il progetto di stato passivo alla cancelleria, cui deve essere comunicato anche l’indirizzo PEC dei creditori, entro i 15 giorni che precedono l’udienza.

 

Legge fallimentare: riforma, notificazione telematica e PEC

 Dopo aver introdotto in modo molto semplice la legge fallimentare sottolineando le intenzioni del governo di proteggere il patrimonio dell’impresa e scoraggiare il ricorso al concordato preventivo, entriamo più nel vivo della riforma, accennando alla notificazione telematica del ricorso e all’indirizzo PEC.

La nuova legge fallimentare è entrata in vigore il 19 dicembre ed è stata pubblica sul supplemento ordinario 208 alla Gazzetta Ufficiale 294 del 18 dicembre. A livello statistico, considerando il periodo da gennaio a settembre, tra il 2010 e il 2012 i fallimenti sono aumentati del 12 per cento, le liquidazioni del 3 per cento e le altre procedure del 20,3 per cento.

Secondo la riforma la notificazione del ricorso e la definizione dell’udienza sono comunicate all’impresa tramite la posta elettronica certificata. L’indirizzo PEC del debitore è tratto dal registro delle imprese. Se il debitore non si è dotato di PEC, allora la notifica è a cura del ricorrente e d deve avvenire a mano tramite l’ufficiale giudiziario presso la sede definita che viene fuori sempre dal registro delle imprese.

Tutte le comunicazioni verso i creditori, per i procedimenti che seguiranno l’entrata in vigore della legge e per quelli già dichiarati in cui non è stato ancora fatto il primo avviso, saranno effettuata attraverso la posta elettronica certificata.

 

Legge fallimentare: gli aggiornamenti

 Visto il periodo di crisi e la necessità che hanno avuto alcune imprese di chiudere i battenti dichiarando il fallimento, loro malgrado, i giuristi al governo e all’Erario, hanno dovuto mettere le mani sulla legge fallimentare che comunque è sempre stata un cantiere aperto.

Da settembre ad oggi sono state inserite due grandi novità: una riguarda gli aspetti cruciali della disciplina ed ha come obiettivo quello rafforzare l’impianto della riforma fatta qualche anno fa. In pratica si cerca di permettere, dove possibile, la prosecuzione dell’attività d’impresa anche dopo il fallimento, come garanzia nei riguardi dei creditori e a protezione del patrimonio aziendale.

La seconda novità riguarda gli adempimenti che i titolari d’impresa devono fare per dichiarare il fallimento. In questo caso le novità sono riassunte in una “sterzata digitale”, vale a dire che molte delle comunicazioni possono essere compiute attraverso il canale telematico.

In più si parla da settembre di modifiche che riguardano il concordato preventivo anticipato, la finanza interinale, l’indipendenza delle imprese e la responsabilità dei professionisti. L’obiettivo di tutte le misure è allentare, una volta dichiarato il fallimento, le pressioni esterne sull’impresa.

Numerosi anche i disincentivi messi in campo dal Governo per scoraggiare le imprese in crisi nell’accesso alle procedure di concordato preventivo o ai procedimenti di omologazione degli accordi di ristrutturazione.

Piano Alitalia per evitare la bancarotta

Alitalia ci prova. Vuole evitare il crac e per farlo è necessario mettere in atto un ‘Piano Alta Velocità’. L’alternativa sarebbe il capolinea, dal momento che la Cassa Depositi e Prestiti non salverà l’azienda. La notizia è giunta direttamente dall’Amministratore delegato della Cassa. Giovanni Gorno Tempini ha rifiutato il suo aiuto nella tradizionale conferenza stampa di fine anno.

Lo scorso 13 dicembre, dopo aver preso atto del consutivo 2012, Alitalia ha reso note le perdite: circa 200 milioni.

E nel 2013? Sarà ancora peggio. Si profilano in preconsuntivo altri 100 milioni di perdeite.

Resta ancora da capire se la Guardia di Finanza, la quale bazzica spesso ultimamente negli uffici della Compagnia aerea, non aggiunga dell’altro.

La parola d’ordine è dunque una: evitare il crac.

Il tempo stringe, mancano poche settimane per farlo. Poi scadrà la liquidità residua che è pari per il momento a quasi 200 milioni. In queste condizioni, se non arrivano nuovi introiti, per Alitalia sarà difficile continuare.

In più, il 12 gennaio 2013, ai 20 industriali del nostro Paese che quattro anni fa avevano salvato Alitalia dalla sua cessione ad Air France, sarà consentito cedere le proprie azioni. Finito il Lock Up cosa succederà? Per il momento nessun compratore ha avanzato proposte.

Potrebbe però giungere un’offerta a sorpresa da Ferrovie dello Stato, che ridisegnerebbe il suo progetto per aiutare la compagnia di aviazione.