Continua la crisi dei commercianti

Si registra una brusca caduta per le vendite al dettaglio. Nel mese di ottobre sono scese dell’1% rispetto a settembre e del 3,8% su base annua. Una crisi, quella del commercio, che sembra dunque essere interminabile.

I dati sono stati messi a disposizione dall’Istat. L’Ente ha fatto presente che è il quarto calo mensile consecutivo. La situazione rispetto al 2011 è dunque ulteriormente peggiorata. I settori del commercio che vanno peggio sono secondo le statistiche Istat quello alimentare (vendite al dettaglio scese dell’1,3%) e il settore non ‘food’ (vendite al dettaglio scese del 2,5%).

I primi dieci mesi del 2012, dunque, fanno registrare un evidente calo pari al 2% se confrontato con lo stesso periodo dell’anno precedente.

Crolla ad ottobre anche la grande distribuzione. Una discesa del 5% su base annua. Va bene solo il discount alimentare, che guadagna un buon +0,6%. In perdita, però, tutte le altre tipologie:

–  ipermercati (-6,7%);

– supermercati (-2,6%).

L’Istat ha inoltre aggiunto che il periodo di magra non ha risparmiato i piccoli negozi, i quali hanno fatto registrare una diminuzione del 3,0%. I dati sono sempre da interpretare in termini tendenziali.

La diminuzione delle vendite, nel complesso, è stata fatta registrare da tutti i settori.

Vanno peggio di tutti i seguenti gruppi:

– Supporti magnetici & strumenti musicali (-3,9%;

– Mobili, articoli tessili, arredamento (-3,6%);

Cartoleria, libri, giornali, riviste (-3,2%).

 

 

Lite Obama-Boehner, lontano il compromesso sul Fiscal Cliff

Fiscal Cliff, ancora nulla di fatto. Nuove nuvole si addensano sui cieli d’America e l’accordo per raggiungere un compromesso funzionale ad evitare il precipizio fiscale è lontano. Il Presidente Usa Barack Obama non ha accettato il piano proposto dai Repubblicani. Un piano che, secondo Obama, prevede aumenti soltanto per coloro che guadagnano più di un milione di dollari all’anno.

La situazione di stallo, dunque, non sembra avere fine. Oggi verrà presentato il piano ma sembra non corrispondere all’obiettivo di raggiungere il compromesso fiscale promesso da Obama prima della sua rielezione. Obama vorrebbe innalzare le aliquote sui redditi più elevati. Una strategia, quella del Presidente Usa, necessaria per risanare il deficit.

Dalla Casa Bianca fanno sapere che vorrebbero che l’aumento delle tasse scatti a partire dai 400mila dollari annui, e non a partire dal milione di dollari. Anche se ieri in conferenza stampa Obama ha dichiarato che democratici e repubblicani sono più vicini, i conservatori sono visti dal Presidente come degli opportunisti. Il loro demerito è quello di voler rinviare l’intesa, senza pensare al bene degli Usa.

Quello dei Repubblicani è stato ribattezzato da Obama e dai suoi come un ‘Piano B’. Il Piano B, però, sarebbe per Obama una trappola atta ad evitare il Fiscal Cliff senza cambiare di fatto le cose. Si profilano, dunque, scontri sul bilancio del prossimo anno.

Successivamente a queste dichiarazioni, sono partite le schermaglie a distanza tra Obama e John Boehner. Quest’ultimo ha affermato alla Camera che se Obama dovesse rifiutare la proposta repubblicana sarebbe il responsabile del più grande aumento delle tasse della storia degli Usa.

 

Hong Kong accusa Ubs di manipolazione del tasso Hitor

Manipolazione del tasso interbancario locale Libor. Queste le accuse mosse dalla Banca Centrale di Hong Kong all’indirizzo della banca svizzera Ubs. Con esse Hong Kong ha avviato un indagine nei confronti del colosso svizzero.

Proprio nella giornata di ieri intanto, la stessa Ubs ha ricevuto una pesantissima multa da 1,5 miliardi di dollari dalle autorità di vigilanza sui mercati di Statu Uniti, Regno Unito e Svizzera. Il motivo? Aver dichiarato di essere coinvolta nella manipolazione del tasso Libor.

Ora dalla Cina fanno sapere di essere in possesso di informazioni, ricevute direttamente dalle autorità di controllo statunitensi. Informazioni in cui si parla di una presunta cattiva condotta da parte di Ubs.

In seguito alla manipolazione del Libor (o Hitor) Freddie Mac e Fannie Mae rischiano di chiudere in perdita di oltre 3 miliardi di dollari l’ultimo trimestre del 2012. Uno scandalo, quello del tasso manipolato, che dunque lascerebbe gravissime conseguenze.

I dati inerenti al possibile crollo di Freddie Mac e Fannie Mae sono stati resi noti dal Wall Strett Journal, il quale ha riportato alcune statistiche effettuate dall’Agenzia governativa Federal Housing Finance Agency. L’agenzia controlla i due gruppi sin dal loro ingresso negli Usa del 2008.

Al momento le due Società sono mantenute in vita dal Governo Usa, che ha stanziato loro 188 milioni di dollari.

Cgil non firma accordo tra Sindacati e Mps

Durante la scorsa notte è stato trovato l’accordo quadro per il piano del taglio dei costi del personale Mps. Il Piano riguardante i dipendenti del Monte dei Paschi di Siena è previsto dal piano industriale.

I sindacati Fabi e Fiba di Cisl, i sindacati Ugl e Uil hanno firmato l’intesa. La notizia è che Cgil/Fisac ha invece rifiutato di firmare, considerando ‘inaccettabile’ la proposta. Tra i ‘si’ anche Dircrdito, Sinfub e Unisin.

Soltanto il 55% degli iscritti al Sindacato, dunque, ha firmato l’accordo, così come solo la metà dei lavoratori della banca toscana lo ha accettato. Dati che parlano chiaro.

In base all’intesa queste sono le modifiche attuate al piano:

– 1100 esternanizzazioni e non più 2.360 inizialmente – – – Sarà attivato un fondo di solidarietà per l’esodo agevbolato di quasi un migliaio di altri dipendenti.

– 1000 lavoratori usciranno da Monte dei Paschi entro il 31 dicembre 2017. A loro disposizione ci sarà un fondo di sostegno al reddito, interamente finanziato dai lavoratori.

Perché Fisac/Cgil non ha firmato l’accordo?

Secondo il Sindacato i dipendenti che allo scadere dell’anno 2012 hanno maturato il diritto alla pensione sono obbligati ad uscire da Monte dei Paschi. Un esodo ‘obbligatorio’, frutto della poca disponibilità della Banca senese a trovare alternative economiche che, secondo Cgil, sono possibili. Possibili alternative che il sindacato aveva offerto e che l’azienda ha rigettato.

Per Cgil quello di Mps è un duro attacco alle modalità di contrattazione integrativa aziendale.

Nel frattempo, oggi, il Consiglio di Amministrazione del Monte dei Paschi esaminerà d’accordo e valuterà l’intesa sul taglio dei costi del personale.

La Tares costa più dell’Imu

Saldata l’ultima rata dell’Imposta Municipale Unica, inerente alla prima abitazione, c’è da fare i conti con la Tares. La nuova tassa sui rifiuti che debutta a gennaio e sarà pagata ad aprile 2012 è la diretta prosecuzione di due esborsi, sommati e rimessi a nuovo con un nuovo nome. Cambia la nomenclatura ma non il peso nelle nostre tasche che, anzi, aumenta.

Il tempo di respirare un po’ (grazie all’emendamento alla legge di Stabilità deciso dal governo che ha permesso qualche mese in più prima del primo esborso) e poi i contribuenti dovranno fare i conti con i rifiuti che costano più della casa. La tregua, dunque, ci sarà e sarà parallela al periodo di campagna elettorale. Quasi un sotterfugio per non mettere sotto pressione gli italiani destinati a votare i propri governanti.

Ad aprile, ufficialmente, Tarsu (tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) e Tia (tariffa sull’igiene ambientale) lasceranno il posto alla Tares. Ad introdurla inizialmente fu Berlusconi, soltanto che la Tares è salita in auge all’interno del Decreto Salva-Italia promosso dodici mesi fa dall’esecutivo Monti. Il varo è avvenuto dunque da un anno, ma se ne parla da poco poiché finora tutta l’attenzione è stata rivolta all’Imu.

Gli esperti del sindacato Uil non hanno dubbi. Con ogni probabilità il destino della Tares è quello di diventare il nuovo incubo degli italiani. Essa potrebbe pesare più dell’Imu sulla prima casa. Una famiglia che abita in una normale abitiazione (classe ‘media’) ha già pagato 275 euro di Imu. Ora, però, dovrebbe versarne 305 di Tares. Per la vecchia Tarsu ci volevano invece ‘solo’ 225 euro. Si registra dunque un extra di ben ottanta euro.

L’Europa vicina alla fine della crisi

 Ci sono tutti gli elementi per considerare che l’Europa sia ormai vicina alla luce dopo aver attraversato un buio momento di crisi. Un’immagine molto poetica che trova fondamento in alcuni spunti forniti dal panorama finanziario europeo e non solo.

I segnali positivi. Per prima cosa bisogna considerare la riduzione dello spread tra Btp e Bund decennali che è di nuovo sceso sotto i 300 punti base nonostante l’incertezza del panorama politico italiano. In più c’è da aggiungere la valutazione positiva di Standard&Poor’s rispetto alla Grecia, il cui rating è stato innalzato dal settore del default selettivo, fino al rango B-.

Poi ci sono gli elementi sovranazionale ed internazionali, per esempio il raggiungimento dell’accordo per l’unione bancaria europea e l’accelerazione americana per la risoluzione del fiscal cliff. L’euro stesso è tornato a quota 1,32, che rappresenta la quota massima sfiorata dal maggio scorso.

Molti sono i leader politici che azzardano interpretazioni del panorama in questione. E’ speranzoso lo stesso Mario Monti che in Asia spiega agli investitori che l’Europa è fuori dalla crisi. Concordano con lui anche diversi professori ed analisti che però mettono in guardia i mercati: ci saranno ancora delle oscillazioni e sarà determinante il comportamento della BCE che ha già accumulato nuovi incarichi.

Le banche condannate dal tribunale di Milano

 Nel mercato italiano ci sono delle banche straniere che potrebbero facilmente perdere credito, nei prossimi giorni e nei prossimi mesi, in conseguenza della storica sentenza del tribunale di Milano. Si tratta di quattro istituti di credito stranieri accusati di truffa ai danni dell’amministrazione lombarda.

Il periodo di riferimento dei giudici è quello che va dal 1997 al 2006, anni in cui la poltrona di sindaco è stata nelle mani di Albertini prima e della Moratti poi. Ma non c’entra molto chi sia stato il Primo cittadino, visto che la truffa architettata ha il sapore squisitamente finanziario.

Le banche coinvolte nell’affare sono Deutsche Bank, Depfa Bank, UBS e JP Morgan, tutte insieme non avrebbero informato in modo adeguato il comune, in relazione ai rischi collegati ad una serie di operazioni finanziarie portate a termine con gli strumenti cosiddetti derivati.

Il Tribunale di Milano ha quindi condannato queste quattro banche con l’accusa di truffa aggravata per le operazioni messe in atto tra il 1997 e il 2006. Adesso, secondo le disposizioni dei porporati, ci sarà la confisca di circa 90 milioni di euro che sono stati intascati da questi banche durante le operazioni finanziarie fatte con i soldi del Comune di Milano.

In più, l’accusa propone anche un risarcimento pecuniario: ognuna delle banche incriminate dovrà corrispondere un milione di euro di multa al comune milanese. Per nove manager si prospettano anche diversi mesi di carcere.ò

S&P’s promuove la Grecia: volano i titoli?

 I titoli della Grecia potrebbero subire un nuovo incremento di valore legato alla decisione di Standar&Poor’s di elavare il rating di Atene, considerati gli sforzi fatti dal governo per uscire dalla crisi ma considerata anche la tolleranza degli stati membri dell’UE.

Il successo della Grecia non è tutto nelle mani di Atene ma è molto probabile che ci sia un incremento del valore dei titoli di questo stato. L’agenzia di rating Standard&Poor’s, infatti, ha pensato bene di innalzare il rating della Grecia di ben sei notch che hanno portato Atene dal default selettivo al recinto più rassicurante B-.

A cosa si deve tanta grazia? Sicuramente agli sforzi di questo paese che ha messo in atto delle strategie importanti a livello fiscale e strutturale, nonostante a livello politico ed economico permangano grossi problemi.

Gli analisti sono concordi nell’attribuire il successo anche all’Europa intera. I paesi dell’UE, infatti, hanno sostenuto le politiche greche e hanno lavorato per evitare che la Grecia uscisse dall’Euro. Quindi l’effetto a catena, sempre tenuto in considerazione negli scenari negativi, potrebbe riprodursi anche adesso in senso “opposto”.

Quindi, come scrive il Wall Street Journal, si potrebbe scatenare una proficua vendita dei titoli greci. Il ministro delle finanze di Atene, però, invita tutti a rimanere con i piedi ben saldi al terreno visto che questo è solo il primo passo di un lungo percorso ancora da studiare nei dettagli.

Mutui più convenienti da marzo 2013

 I tassi dei mutui sono in caduta libera da un pezzo, complice la politica di riduzione dei tassi operata dalla BCE. Purtroppo le banche non hanno considerato di ridurre anche i loro spread e così i costi finiti di questi prodotti finanziari sono ancora piuttosto elevati.

Di fatto nel 2012, spiega l’Istat, sono stati molti meno i mutui accesi in un anno rispetto al 2011, ma ci sono tutti gli elementi necessari per dire che nel 2013 ci sarà un’inversione di tendenza.

Il 2012: com’è stato. Secondo i dati Istat, nel secondo trimestre dell’anno che sta per concludersi sono stati erogati circa 70 mila mutui garantiti da un’ipoteca immobiliare, circa il 41,2 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2011. Sono diminuite le compravendite immobiliari, sia nei grandi sia nei piccoli centri.

Siccome il settore immobiliare è sempre considerato centrale per la vita di un paese, molti analisti hanno pensato che l’Italia fosse passata dalla padella alla brace. Invece un movimento nel settore dei mutui e delle case, in pratica, c’è stato.

C0me sarà il 2013. Le premesse per un’inversione di tendenza nei costi e nelle erogazioni dei mutui, ci sono tutte. E’ molto probabile che peserà il risultato delle elezioni sul rilancio del settore ma gli analisti sono concordi sugli effetti del cosiddetto “fattore primavera”.

Il fattore primavera. A gennaio le banche scelgono la loro strategia sui mutui e quindi, nel giro di due mesi, definiscono i tassi. Le migliori offerte possono essere scovate tra marzo e maggio 2013.

Rivalutazione delle pensioni: assegni più alti, ma non per tutti

 A partite da gennaio 2013 le pensioni degli italiani saranno un po’ più alte, per effetto della rivalutazione che ogni anno viene fatta dall’Istituto di Previdenza Sociale per adeguare l’ammontare delle pensioni all’andamento del tasso di inflazione, in modo da mantenere inalterato il potere d’acquisto di chi vive con il solo reddito da pensione.

Questo calcolo viene effettuato sulla base dell’indice dei prezzi al consumo e, per il 2013, è stato previsto un aumento del 3,1%, dove lo 0,1% è il residuo dello scorso anno.

Per effetto di questa rivalutazione nel 2013 gli assegni di coloro che percepiscono la pensione minima saranno di  € 495,43, gli assegni sociali arriveranno a € 442,72 e le pensioni sociali toccheranno quota 364,85. L’aumento dell’assegno non riguarda però coloro che hanno un assegno pensionistico il cui ammontare supera di almeno tre volte l’importo delle pensioni base.

Quindi, chi ha un assegno pensionistico di € 1.486,3 percepirà la stessa somma per tutto il 2013, come già successo anche per l’anno in corso (queste sono state le conseguenze del Decreto Salva-Italia che ha bloccato la rivalutazione per tutto il biennio 2012/2013).

Anche nel caso in cui la cifra limite sia raggiunta con più assegni pensionistici vale comunque il blocco della rivalutazione.