Nel 2030 la Cina sarà la prima superpotenza mondiale

Si ribalta una delle tendenze che da sempre erano tra le opinioni condivise. Come se in questi giorni venisse riscritta la Bibbia, modificando parte dei suoi endoxa.

Il dominio statunitense, cosa certa da oltre duecento anni, sta per terminare.

Certo, ancora c’è tempo, ma lo Studio”Global Trends 2030: Alternative Worlds” allerta gli States. Ecco l’interpretazione degli esperti:

“Entro il 2030 la Cina strapperà agli Stati Uniti lo status di prima potenza economica nel mondo. E’ quanto emerge dallo studio ‘Global Trends 2030: Alternative Worlds’ del National Intelligence Council, secondo cui le nazioni europee si troveranno a dovere condividere con i Paesi emergenti il titolo di economie più importanti. L’Asia sorpasserà “l’America del Nord e l’Europa messe insieme in termini di potere globale, in base a Pil, dimensione della popolazione, spese militari e investimenti tecnologici” si legge nel rapporto. Stando allo studio, nei prossimi due decenni le economie europea, giapponese e russa dovrebbero continuare un trend di “declini” mentre Cina, India, Brasile e Paesi come Colombia, Indonesia, Nigeria, Sud Africa e Turchia diventeranno particolarmente importanti per l’economia globale. La domanda mondiale di energia è vista in rialzo del 50% in scia alla crescita della popolazione e della classe media ma, riferisce il rapporto, gli Stati Uniti potrebbero diventare energeticamente indipendenti entro il 2030 grazie a nuove scoperte di giacimenti di gas naturale”.

La crisi del debito soffoca imprese e banche

 Nonostante il CLI dell’Ocse indichi una svolta nella situazione economica italiana, la situazione rimarrà molto difficile almeno per tutto il prossimo anno.

A lanciare un ulteriore allarme è Confindustria, che parla di una recessione forte ancora per tutto il 2013 e di una lenta ripresa che si inizierà a vedere solo nel 2014. A mettere l’Italia in difficoltà sono i problemi che già ben conosciamo: la pressione fiscale troppo elevata, la mancanza di attrattiva del nostro paese per gli investimenti stranieri e, guardando la situazione dall’interno, la crisi del debito, che soffoca le speranze di risalita tanto delle banche quanto delle imprese.

La crisi del credito sta soffocando tanto le imprese quanto le banche e servono soluzioni di sistema che aiutino a riaprire il rubinetto del credito bancario e a rilanciare il mercato finanziario per raccogliere risorse a prezzi accessibili da immettere nel sistema industriale e sociale del nostro Paese, all’economia reale.

A dirlo è il vice presidente di Confindustria per il Centro studi, Fulvio Conti, che ribadisce:

In un anno – tra settembre 2011 e settembre 2012 – le aziende hanno subito un calo del 4% dei prestiti concessi per investimenti e ristrutturazioni del debito, mentre le banche hanno dovuto fronteggiare sempre maggiori difficoltà a coprire lo strutturale funding gap di 413 miliardi. Le banche italiane vantano crediti (con le pubbliche amministrazioni) che superano i 70 miliardi e hanno bisogno di capitali e finanziamenti non solo per sostenere e rilanciare gli investimenti, ma soprattutto per far fronte alla gestione corrente.

 

 

Google e i paradisi fiscali

 Sembra ormai certo che i grandi colossi dell’informatica siano ricorsi ai paradisi fiscali per eludere il fisco. Dopo Apple, anche Google è sospettata di aver fatto ricorso ai paesi in cui le leggi sul fisco per eludere in modo legale quello europeo, riuscendo così ad evitare di sborsare ogni anno miliardi di dollari nelle casse dei paesi in cui opera.

E’ quanto dichiara Bloomberg, una dichiarazione che conferma le ipotesi di evasione già formulate in Italia e alle quali si sta cercando di dare un chiarimento attraverso i controlli della Guardia di Finanza fatti nelle sedi di Google, che dovrebbe pagare circa 96 milioni di euro all’erario italiano, e nelle sedi di Facebook Italia.

Le operazioni di trasferimento di denaro di cui parla Bloomberg si riferiscono al 2011, quando BigG avrebbe spostato quasi 10 miliardi di dollari alle Bermuda, riuscendo ad eludere il fisco per circa 2 miliardi di dollari. Nella pratica non c’è nulla di illegale – è possibile spostare i propri capitali e i propri guadagno dove meglio si crede visto che la legge lo consente – ma è proprio questo vuoto legislativo a costituire il problema.

Google, come già fatto per gli accertamenti subiti in Italia, risponde mettendo sul piatto le sue cifre e evidenziando che, anche nel caso in cui ci fosse stato davvero uno spostamento di capitali verso mete offshore, il suo operato sul territorio europeo vale 700 posti di lavoro in Germania e 1200 in Inghilterra.

L’Italia si riprenderà nel 2014. Lo dice Confindustria

Il Centro studi Confindustria si corregge. Non vede più di buon occhio il Pil 2013. Si parla di un -1,1% contro il -0,6% della stima precedente.

L’economia mondiale continua dunque ad indebolirsi. I venti che soffiano sono contrari alla ripresa. Lo dice il Csc, nella persona di Luca Paolazzi:

“I motivi della non ripresa del Pil? La riduzione della leva finanziaria che nelle banche si traduce in credit crunch; l’eccesso di capacità produttiva in molti settori; le difficoltà dell’edilizia residenziale; l’alta disoccupazione; il risanamento concentrato dei conti pubblici”.

Gli fa eco il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi:

“L’uscita dalla crisi è spostata più in là nel tempo – ha spiegato il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi -, rivedremo un segnale positivo del Pil soltanto verso gli ultimi mesi dell’anno prossimo, per andare ad una ripresa nel 2014 abbastanza lenta”.

Squinzi ha poi aggiunto:

“C’è un dato abbastanza sorprendente in positivo per quest’anno (contrazione del Pil da -2,4% a -2,1%), però questo ha un effetto di trascinamento sull’anno prossimo, quando si stima un -1,1% dal -0,6%”.

Tali previsioni sono confermate da Grilli, durante un’audizione. Il Ministro dell’Economia afferma:

“Anche in base al confronto che abbiamo avuto a livello internazionale, gli elementi che abbiamo oggi non ci fanno ritenere che ci sarà un ritardo. Non ho elementi per cambiare le nostre previsioni”.

Grecia: proroga di 24 ore per il buy back

 A ventilare l’ipotesi di un allungamento dei termini per il buy back dei titoli di stato ellenici era stato qualche giorno fa il giornale Kathimerini, prontamente smentito dalla autorità governative che, oltre a ribadire  lo stop all’operazione di riacquisto del debito, avevano annunciato anche la volontà di porre in essere un sistema di protezione per le banche.

E invece, a sorpresa, è proprio il presidente Samaras ad annunciare che tutti coloro che sono ancora in possesso di titoli di stato greci hanno tempo fino a questa sera per consegnarli e ricevere in cambio il 70/60% del loro valore nominale. Il presidente è ottimista e crede fermamente che anche questa operazione raggiungerà gli ottimi risultati della prima.

La proroga ha lo scopo di raggiungere l’obiettivo del buy-back, cioè di spendere 10 miliardi per rilevarne 30 di esposizione del paese, riducendola così di 20 miliardi netti. La prima parte dell’operazione di buy back si è rivelata un successo, sia in termini di cifre – la riduzione dell’esposizione era già abbondantemente diminuita – sia in termini politici: infatti, la riuscita del buy back è la condizione necessaria perché la Grecia ottenga gli aiuti dell’Unione Europea.

Ocse: crescita ancora debole ma si vedono i primi segni di svolta

Le ultime statistiche relative al CLI (Composite Leading Indicator, il superindice dell’Ocse che ha il compito di rilevare segnali anticipati di svolta del ciclo economico e le fluttuazioni dell’attività economica attorno al suo livello potenziale a lungo termine) del mese di ottobre mostrano, su una base di crescita generale anche se debole, dei percorsi divergenti delle principali economie mondiali.Nello specifico si segnala una “crescita debole” per Francia, Germania e area euro, in Italia e in Cina si parla di “inversione del ciclo” che “cominciano a emergere” e una crescita solida negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Il complesso di queste divergenze, comunque, si traduce in una lieve espansione dell’indice che si assesta, per il quarto mese consecutivo, a 100,2 punti (con una variazione marginale dello 0,02% mensile e dello 0,14% tendenziale).

Il superindice italiano è migliorato dello 0,06% arrivando a 99 punti (-1,54% su base annuale) e quello cinese è cresciuto di 0,03% arrivando così a toccare i 99,6 punti (-0,80%). L’indice dell’Eurozona in ottobre ha segnato una contrazione dello 0,05% a 99,3 punti (-0,88% tendenziale). A livello internazionale il Brasile ha accusato un calo dello 0,11% a 99,3 punti (+0,91%), mentre India, Stati Uniti e Gran Bretagna danno evidenti segni di stabilizzazione.

Tre italiani su dieci a rischio povertà

Piove sul bagnato. Tre italiani su 10 sono a rischio povertà. Alla faccia di chi dice che la Crisi sta passando. L’economia stenta sempre di più e il Paese, risucchiato nel vortice delle future elezioni e dei bisticci tra politici e politicanti, rischia come non mai di crollare a picco.

Impietosa, a tal proposito, è l’analisi dell’Istat:

“Quelli che stanno peggio di tutti sono gli anziani, le famiglie con un solo reddito o quelle con tanti figli. Secondo il rapporto dell’Istat su reddito e condizioni di vita, il 28,4% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale. La situazione è peggiorata negli ultimi due anni e vivere in Italia oggi è peggio che stare in qualsiasi altro paese europeo. Nel 2011 l’indicatore è cresciuto di 2,6 punti percentuali rispetto al 2010 a causa dall’aumento della quota di persone a rischio di povertà (dal 18,2% al 19,6%) e di quelle che soffrono di severa deprivazione (dal 6,9% all’11,1%). Dopo l’aumento osservato tra il 2009 e il 2010, sostanzialmente stabile (10,5%) è la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro. Il rischio di povertà o esclusione sociale è più elevato rispetto a quello medio europeo (24,2%), soprattutto per la componente della severa deprivazione (11,1% contro una media dell’8,8%) e del rischio di povertà (19,6% contro 16,9%). Come dire che basta ancora poco per finire nella peggiore delle condizioni possibili.”

Cala del 6,2% la produzione industriale

Ottobre? Un mese nero per l’industria, la cui produzione ha fatto registrare un calo del 6,2%. Ecco i dati Istat:

“Il dato sull’industria fa il paio con i nuovi dati sul Pil, riferiti al terzo trimestre 2012 (luglio-settembre), che è calato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 2,4% rispetto a un anno prima. Il dato acquisito per il 2012, da gennaio a settembre, è pari a -1,9%. Il briefing per la presentazione dei dati è stato cancellato per una protesta dei precari dell’istituto”.

Dopo una panoramica generale, l’Istat si sofferma sugli ultimi mesi della produzione industriale:

“Nella media del trimestre agosto-ottobre l’indice della produzione industriale ha registrato una flessione dello 0,5% rispetto al trimestre immediatamente precedente. Nella media dei primi dieci mesi dell’anno la produzione è diminuita del 6,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”.

Come se non bastasse, ecco gli indici del solo mese di ottobre. Disastrosi secondo quanto emerge dall’ennesima analisi ‘in rosso’ realizzata dall’Istat. Così l’Ente di statistiche sul periodo:

“Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano, a ottobre 2012, variazioni tendenziali negative in tutti i raggruppamenti principali di industrie. La diminuzione più marcata riguarda i beni intermedi (-8,0%), ma cali significativi si registrano anche per i beni strumentali (-5,8%), i beni di consumo (-5,5%) e l’energia (-4,4%)”.

Yamamay cerca personale per i suoi store in tutta Italia

Yamamay ha solo 10 anni d vita eppure è una delle realtà più solide della produzione e della vendita al dettaglio di intimo per uomo e donna. Il marchio nasce nel nel 2001 per volontà delle famiglie Cimmino e Carlino, già proprietarie del gruppo Inticom S.p.A.

Da quel momento il marchio si impone a livello nazionale e, ora, può contare su di una capillare rete distributiva internazionale di boutique in franchising ed in gestione diretta composta da oltre 600 negozi.

Per le sedi di Roma, Milano, Varese, Napoli, Salerno, Caserta, Avellino e Benevento Yamamay è alla ricerca di diversi profili:

Addetti Vendita (Milano, Rescaldina (MI), Roma centro, Napoli, Salerno, Caserta, Avellino, Benevento). Richiesta esperienza nel settore dell’intimo, predisposizione al customer care e flessibilità. Si offre contratto a  a tempo determinato su turni.

Personale Categorie Protette per Gallarate (VA)

Fashion designer (Gallarate): richiesta età compresa tra i 20 e i 35 anni con capacità di utilizzo di Adobe (Illustrator), InDesign, Model Form ed esperienza di almeno 2 anni in aziende di moda. Si offre contratto a tempo determinato con prospettiva di assunzione stabile.

Per candidarsi alle diverse posizioni visitare la pagina Offerte del sito dell’azienda e registrare il proprio curriculum vitae nell’apposito form.

 

Attività finanziarie del portafogli di investimento: titoli azionari

 Solo le imprese che si danno la forma di società per azioni possono emettere dei titoli azionari nel momento in cui hanno bisogno di reperire del capitale per i loro investimenti (questa operazione viene solitamente chiamata finanziamento in capitale di rischio).

A differenza dei titoli obbligazionari, che mettono il sottoscrittore in una posizione di forza in quanto diviene creditore dell’ente che ha emesso i titoli, quando si fa un investimento in azioni si partecipa dell’attività dell’ente che le ha emesse, partecipando, quindi, sia dei rendimenti che dei rischi in base alla quota di azioni che sono state acquistate.

E’ ovvio, quindi, che le azioni hanno un rischio maggiore delle obbligazioni, ma, allo stesso tempo, possono anche dare rendimenti più alti.

Per identificare i titoli in cui è più conveniente investire, si ricorre generalmente a due tecniche di analisi:

1. l’ analisi tecnica: ossia lo studio dei prezzi storici del titolo e dei suoi volumi;

2. l’analisi fondamentale: ossia lo studio delle informazioni del mercato che possano dare delle indicazioni sull’andamento futuro del titolo.

I prezzi di scambio delle azioni sono determinati dalla legge della domanda e dell’offerta e dalle aspettative del mercato sui risultati dell’impresa che le ha emesse.