Calcolo e comunicazione della cedolare secca

 La cedolare secca è un’imposta introdotta nel 2011 per agevolare l’emersione degli affitti in nero ed offre ad affittuatari e padroni di casa che optano per questo regime facoltativo una serie di sconti a livello fiscale. Ma come si calcola e come si comunica l’opzione.

Abbiamo ripercorso insieme le origini e le caratteristiche essenziali di questa imposta, adesso passiamo agli strumenti pratici di calcolo della tassa e alle istruzioni per la comunicazione della stessa, affidandoci a quanto spiega nei dettagli l’Agenzia delle Entrate.

Importo. La cedolare secca che va a sostituire l’imposta sugli affitti valida fino al 2011, si calcola come il 21 per cento del canone di locazione annuo che è stato definito e concordato tra affittuario e padrone di casa (o usufruttuario). L’aliquota scende al 19% nel caso in cui la casa affittata abbia le seguenti caratteristiche:

  • sia localizzata in un comune ad alta tensione abitativa, così come il Cipe le definisce;
  • sia localizzata in un comune con carenza di disponibiità abitative. E’ il caso di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni limitrofi, con l’aggiunta di altri comuni che fanno parte dello stesso capoluogo di provincia.

Comunicazione. Il proprietario di casa che decida di optare per la cedolare secca deve comunicare questa opzione anche al conduttore dell’immobile, ovvero all’affittuario tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. La comunicazione deve essere inviata prima di esercitare l’opzione che altrimenti è inefficace.

Rischio finanziario e avversione al rischio

 Quando si parla di investimenti e di attività finanziarie, il rischio è una costante nella decisione della tipologia di investimento da fare. Esistono, infatti, della attività molto rischiose e altre, invece, che vengono definite risk-free, ossia prive di rischio. Alla differenza di rischio tra le varie attività è connessa anche una differenza di rendimento: più è rischiosa un’attività maggiore è il rendimento atteso dall’investitore.

Tra le attività maggiormente rischiose troviamo i titoli azionari. Infatti, un’attività è detta rischiosa se non si possono prevedere in anticipo le fluttuazioni monetarie, e per i titoli azionari non è possibile stabilire se il prezzo aumenterà o diminuirà nel tempo né, tanto meno, si ha un controllo sulle variabili che lo definiscono.

Lo stesso vale per i titoli obbligazionari e i titoli di Stato.

Ora, perché ci sono persone che investono anche su questi titoli e altre che, invece, preferiscono altre tipologie di investimento?

A questa domanda si può rispondere con quello che è stato chiamato dagli economisti il modello dell’avversione al rischio che si basa sui concetti di utilità individuale. Secondo questo modello all’aumentare della ricchezza diminuisce il valore della singola unità monetaria: chi ha solo 1000 euro non deciderà di investirli in una attività che potrebbe far perdere tutto l’ammontare, anche se la vittoria corrisponderebbe alla stessa somma, mentre chi ne ha a disposizione 10 volte tanto, la perdita di 100o euro non cambierebbe la sua situazione.

 

 

Cos’è la cedolare secca

 Che cos’è la cedolare secca? E come si può completare l’iter della pratica. Per spiegare contenuti e procedura di questa imposta, bisogna andare indietro fino al 2011, anno in cui è stata introdotta la “cedolare secca sugli affitti“. Con questa dicitura si fa riferimento ad un’imposta che sostituisce le tasse sugli affitti.

Una specie di canone calmierato, un regime facoltativo che si sostituisce a quello ordinario e consente di avere qualche piccolo beneficio in termini economici. Nella pratica la cedolare secca sostituisce sia l’Irpef e le addizionali collegate, sia l’imposta di registro, sia l’imposta di bollo.

Sostiuisce o meglio accorpa anche l’imposta di registro sulle risoluzioni e proroghe del contratto di locazione e l’imposta di bollo sulle risoluzioni e proroghe del contratto qualora ci fossero.

L’opzione della cedolare secca non esonera il padrone di casa e l’affittuatario dall’obbligo di versamento dell’imposta di registro per la cessione del contratto di locazione.

Il regime della cedolare secca può essere scelto dalle persone che sono proprietarie di un immobile o ne sono usufruttuarie. Non possono aderire a questo “regime facoltativo” le società e gli enti non commerciali.

La cedolare secca si può esercitare sulle unità abitative che al catasto figurano nelle categorie da A1 ad A11 tranne uffici e studi privati, più le relative pertinenze.

La paura della recessione deprime gli investimenti

 La zona Euro soffre molto per i dati sulla crescita economica che arrivano non solo dall’Italia, dalla Spagna e dalla Grecia ma anche dalla Germania e dalla Francia che rappresentano il fulcro dell’attività economica dell’Eurozona.

Il problema dei dati trimestrali dell’economia UE è che non lasciano intravedere alcuno spiraglio per cui viene da pensare che la performance negativa sia destinata a deprimere i flussi per lungo periodo. Minori scambi vuol dire anche minori investitori e mercati spaventati dalla recessione.

Effetti immediati di questa situazione si possono avere anche sul popolo dei lavoratori e dei contribuenti. Vediamo nel dettaglio i dati sul Prodotto Interno Lordo di Francia, Germania, Italia e della Zona Euro in generale.

Per quanto riguarda i nostri vicini, il dato precedentemente registrato era una flessione dello 0,1 per cento  e si attendeva un pareggio, mentre è stato rilevato un +0,2 per cento.

Per la Germania invece, il dato precedente era una crescita dello 0,3 per cento, si attendeva uno 0,1% e ci si è dovuti arrendere allo 0,2 per cento.

Per l’Italia, l’ultimo dato rilevato era un -0,7%, ci si aspettava un -0,4 per cento e ci si è sorpresi con una rilevazione al -0,2 pe cento.

Per tutta l’Eurozona ci si aspettava una flessione dello 0,2 per cento e ci si trovati a fare i conti con una flessione dello 0,1 per cento.

Valida la notifica se c’è una firma

 L’Agenzia delle Entrate, generalmente, manda degli avvisi di accertamento alle aziende tramite il servizio postale. Se questo avviso viene ritirato da una persona che è nella sede dell’azienda ed appone la sua firma anche illeggibile sul registro postale, l’avviso si deve riterene valido.

Per capire meglio questa sentenza della Cassazione partiamo dal fatto che ha originato il pronunciamento.

Il fatto. Una società aveva ricevuto una cartella di pagamento emanata dopo un accertamento diventato definitivo per omessa impugnazione. A questo punto la società aveva presentato il suo ricorso alla Ctr Puglia che ha rigettatto la richiesta definendo legittima la cartella di pagamento.

L’azienda ha fatto ricorso spiegando di non aver ricevuto alcuna notifica, ma il giudice ha accertato che la notifica era arrivata tramite il controllo della firma leggibile di una persona che ha ricevuto la posta. Si presuppone infatti che una persona che ritiri una raccomandata per l’azienda e firmi per la ricezione, sia deputata al ritiro della corrispondenza.

Da questo fatto è arrivata l’ordinanza n. 17939 del 19 ottobre 2012 della Cassazione che è tornata a parlare come ha fatto in passato, di notifiche degli atti d’accertamento. I principi addotti sono stati due: chi consegna la posta raccomandata pensa che chi firma la ricevuta sia deputato dall’azienda alla ricezione degli atti; anche se la firma è illegibile, il fatto che sia apposta sul registro dell’avviso di ricevimento suggerisce al giudice che la corrispondenza sia stata recapitata correttamente.

Bilancio dello Stato

 Tra i documenti più importanti per ogni stato c’è il bilancio, ossia il documento in cui i contabili delle amministrazioni pubbliche registrano e conteggiano ciò che si prevede che incasserà lo stato (in termini di entrate fiscali) e ciò che prevede di spendere (spese per la pubblica amministrazione).

Il bilancio dello Stato è il riflesso delle scelte che il paese fa in termini di politica economica, in cui rientrano, quindi, anche le scelte della finanza pubblica sulle questioni prioritarie e sulle esigenze della collettività.

Come nel caso del bilancio d’esercizio, il bilancio dello stato mette in luce la differenza tra le entrate e le uscite e si possono ottenere tre diversi risultati:

pareggio di bilancio
avanzo primario (saldo positivo tra entrate e uscite)
deficit pubblico (saldo negativo tra entrate e uscite)

Le funzioni principali del bilancio dello stato sono:

Funzione contabile: conoscenza della situazione contabile e della regolamentazione delle attività future.

Funzione di garanzia: i cittadini sono più tutelati se lo stato deve confrontarsi con delle cifre precise e pubbliche.

Funzione politica: serve per capire quali priorità decide di affrontare il governo in carica.

Funzione giuridica: il bilancio deve essere approvato da un’apposita commissione. Senza l’approvazione non si può intraprendere nessuna attività.

Funzione economica: in questo senso il bilancio diventa uno strumento di programmazione dell’attività finanziaria dello stato.

Scommettiamo sui dati dell’export italiano

 I dati dell’export italiano non fanno sicuramente piacere a quanti pensavano di far svoltare la propria attività incrementando le vendite all’estero. I numeri dell’ultimo periodo, infatti, sono deprimenti e per trovare un quadro altrettanto deprimente bisogna andare indietro fino all’inizio della crisi.

Questo non vuol dire che non si possa fare tesoro dei dati economici che riguardano il nostro paese che sono uno strumento fondamentale per chi si occupa ed investe i risparmi in opzioni binarie. In tal senso sono fondamentali i numeri precisi.

L’export italiano ha subito un calo tendenziale del 4,2 per cento a settembre e questo vuol dire che il trend si conferma al ribasso e il miraggio dell’uscita dal tunnel della crisi si allontana vistosamente. L’Italia fatica a rimettersi sul binario della crescita ma stavolta non dipende certo dalle forze nostrane.

Gli italiani producono e vogliono esportare ma è crollata la domanda dei mercati stranieri e soprattutto di quelli europei. Il dito è puntato contro la Germania che ha ridotto l’import dall’Italia del 10,3 per cento con una diminuzione mensile degli acquisti che in euro si traduce in 453 milioni.

Alla situazione tedesca si aggiunge la flessione degli acquisti di Francia e Spagna mentre fa respirare un po’ l’export verso il Regno Unito che si assesta al +1 per cento.

I prossimi passi di Fiat

 Fiat è una delle aziende italiane che ancora fa parlare di sé e non sempre in positivo. In questi giorni sono le dichiarazioni di Marchionne a condizionare un po’ il mercato finanziario. Il manager di Fiat e Chrysler ha ribadito le sue intenzioni riguardo l’azienda torinese e l’Alfa Romeo.

Il primo anatema di Marchionne che fa in parte respirare il titolo Fiat e in parte impensierisce i lavoratori italiani riguarda la fusione con il colosso Chrysler: la fusione o integrazione che dir si voglia sarà inevitabile ed è stata inserita in calendario per il 2014.

Perché preoccupa il passaggio? Perché al di là del respiro finanziario occorre poi rendersi conto che in Europa diminuirà la capacità di Fiat e questo potrebbe voler dire che alcune nazioni tenteranno la strada della difesa degli interessi nazionali con una serie d’interventi statali.

Marchionne, nell’intervista rilasciata ad Automotive News fa anche una stima della vendita di macchine per l’anno prossimo e spiega che tra Fiat e Chrysler, nel 2013, saranno piazzate sul mercato da 2,6 milioni a 4,3 milioni di veicoli. Ma la possibilità di scostarsi dalla “produzione minima” dipende tutta da quello che succederà in Europa.

Rispetto all’Alfa Romeo, gli analisti e gli azionisti possono stare tranquilli: non c’è alcuna intenzione di “vendere” il ramo.

Dati lavoro usa mandano in tilt le borse

 Il mercato è molto sensibile alla pubblicazione dei rapporti ufficiali che hanno a che fare con la vita economica e finanziaria dei grandi paesi in virtù del fatto che un paese che non se la passa bene può influire negativamente anche sulle performance delle economie correlate.

E’ il caso dell’America che riesce ad influenzare in positivo e in negativo le borse del Vecchio Continente. L’analisi della giornata di ieri è emblematica. Proviamo a riepilogarla in modo da dare indizi per il futuro.

L’apertura di Wall Street è stata decisamente buona ed è riuscita ad incidere positivamente anche sulle piazze dell’Eurozona. Milano ha reagito immediatamente portandosi in territorio positivo, come si dice in gergo e anche per quanto riguarda Madrid si segna un +0,44 per cento.

Parigi, Francoforte e Londra, invece, chiudono con una lieve flessione ma riescono a limitare i danni. Ad influenzare questa altalena di dati c’è stata la pubblicazione del report sul mercato del lavoro statunitense. Negli Stati Uniti, infatti, ufficialmente sono state attivate ad ottobre circa 78 mila richieste di sussidi di disoccupazione.

Richieste che hanno portato il numero complessivo a quota 439 mila. Gli analisti avevano previsto che il dato si fermasse a quoa 375 mila. L’incremento del numero di richieste di sussidi di disoccupazione si è legato all’aumento dei prezzi al consumo che per il mese scorso è cresciuto dello 0,1%.

Recessione del Giappone, e lo yen

 Il Giappone è un paese molto importante per l’economia internazionale per questo desta preoccupazione se i dati trimestrali del paese lo descrivono come un territorio sull’orlo della recessione. Il passo falso dell’economia giapponese potrebbe essere impetuoso con le performance dell’Eurozona.

Come per la gran parte delle economia mondiali, sono stati pubblicati in questi giorni i dati preliminari sul prodotto interno lordo, uno di quei documenti di cui fanno scorpacciate coloro che vivono a pane ed opzioni binarie. In effetti la prima domanda che ci si pone è: cosa succede allo yen se il Giappone crolla?

Sicuramente bisogna partire dai dai reali sulla produzione che è inferiore a quanto previsto dagli analisti che hanno dovuto fare i conti con un arretramento dello 0,9 per cento nell’ultimo periodo d’analisi mentre avevano previsto soltanto un -0,8%.

Questo andamento negativo nel terzo trimestre incide anche sui dati annuali per cui si rileva un declino vicino al -3,5 per cento a fronte di una previsione più ottimistica di una flessione di 3,4 punti percentuali.

Secondo gli osservatori il PIL è diminuito perché si sono contratti gli investimenti, i consumei e la produzione dei settori automobilistico e manifatturiero. In controtendenza soltanto le spese del governo e l’immobiliare.

Preoccupa allora lo yen ma è difficile interpretarne l’evoluzione nel breve periodo perché l’intervento della banca del Giappone si è già fatto più consistente.