Il 2015 dovrebbe essere per l’Europa l’anno del tanto paventato Quantitative Easing. La BCE dovrebbe al 90%.
Lo pensa la maggior parte degli analisti finanziari. Lo pensano, sempre di più, anche i mercati a seguito delle ultime dichiarazioni del francese Benoit Coueré, membro esecutivo dell’istituto e che sino ad oggi ha mostrato contrarietà a un “quantitative easing”, il quale ha ammonito sui rischi di una deflazione in arrivo nell’Area dell’euro, ora che i prezzi energetici sono caduti in basso.
Il parere degli esperti:
La BCE stima una deflazione temporanea, per via del crollo delle quotazioni del petrolio, che abbasserà certamente il livello dell’inflazione nell’Eurozona, già allo 0,3% a novembre. Per questo mese, l’indice dei prezzi potrebbe anche registrare una variazione nulla, arrivano ad azzardare alcuni analisti. Ciò che è certo è che il governatore Mario Draghi presenterà al board del 22 gennaio il dossier QE, specie dopo che anche la seconda asta Tltro dell’11 dicembre scorso è stata sotto le attese, con soli 129,84 miliardi di euro richiesti dalle banche dell’Eurozona, contro un’attesa di almeno 150 miliardi.
L’ostacolo principale per Mario Draghi è ancora, a fine anno, la Bundesbank. Il suo numero uno, Jens Weidmann, ha detto più volte di essere contrario all’acquisto di titoli di Stato da parte della BCE, invitando a riflettere sul fatto che così Francoforte rischia di trasformarsi in una “bad bank” e allertando i mercati che devono mettere in conto che non tutto ciò che desiderano può diventare realtà.
Nel contempo, in Germania sale fortemente l’avversione ai nuovi stimoli monetari, come dimostrano le esternazioni di vari esponenti della CSU, il partito gemello della CDU della cancelliera Angela Merkel, tanto che quest’ultima stessa ha espresso preoccupazione sul fatto che i governi europei non starebbero sfruttando il tempo loro concesso dai bassi tassi per fare le riforme.