Le Borse europee sono in lieve calo da due giorni, per via dei timori relativi all’eventuale rialzo dei tassi di interesse negli States. La notizia pone in bilico i mercati del Vecchio Continente con Londra che lascia sul terreno lo 0,5%.
Parigi perde l’1,5%, Milano l’1,65%, e Francoforte lo 0,4%. Il recupero della mattinata si era verificato sulla falsa riga dei mercati asiatici e di Wall Street, tuttavia poi si è rivelato un fuoco fatuo con il calo del petrolio e l’apertura in rosso delle borse statunitensi.
Alla chiusura delle piazze europee, il Dow Jones e l’S&P lasciano sul terreno l’1,3% e l’1,5%, mentre il Nasdaq perde l’1,2%. A trascinarli al ribasso è il comparto energetico (-2,24%), a sua volta appesantito dal petrolio: il contratto a ottobre al Nymex è calato sotto i 45 dollari al barile. Così l’Agenzia Internazionale per l’Energia:
Il mercato petrolifero rimarrà in una situazione di eccesso di offerta almeno fino a metà 2017. Sembra che dovremo aspettare un po’ più a lungo perché i mercati tornino in equilibrio. Nonostante il crollo delle quotazioni, la produzione di petrolio globale si stia ancora espandendo, anche se non ai ritmi frenetici del 2015.
A ridare ossigeno alle Borse Usa erano state le dichiarazioni dell’esponente della Fed, Lael Brainard, che ha chiesto prudenza prima di una nuova stretta monetaria. La Fed si riunirà il 22 settembre prossimo. “Le condizioni per una stretta sono meno convincenti”, ha detto prendendo una posizione contraria rispetto a Eric Rosengren, presidente della Fed di Boston e a sua volta membro del Fomc, favorevole a una stretta monetaria. La Brainard ha segnalato la sua riluttanza, nonostante gli obiettivi economici della Fed (inflazione e occupazione) siano ormai vicini ai target che la banca centrale e il governo si sono posti. Stamani, l’indice Nikkei della Borsa di Tokyo ha chiuso oggi in ripresa dello 0,34% a 16.729,04 punti.
Buone notizie giungono invece dall’economia cinese: la produzione industriale ad agosto è cresciuta del 6,3% in confronto allo scorso anno contro una previsione degli economisti del 6,2%. In crescita anche le vendite retail (+10,6%). Lo yen si è rafforzato nei confronti del dollaro, anche se le attese sono per le decisioni della Banca del Giappone, che si riunirà poco prima della Fed per decidere se avviare o meno una riduzione degli acquisti di bond.