Un presunto traffico illecito di rifiuti che ha coinvolto Ilva, Cementir ed Enel di Taranto. È ciò su cui sta cercando di far luce la Magistratura, con un’indagine condotta dalla Procura di Lecce che ha portato anche al sequestro, rispetto ad Enel Produzione spa, dell’equivalente del profitto ingiusto che avrebbe messo da parte tra settembre 2011 e settembre dello scorso anno. Si tratta di qualcosa come 523 milioni e 326 mila euro. Un’inchiesta che ha portato a ben 31 iscritti nel registro degli indagati, appartenenti a tutte e tre le società che rientrano in questa presunta scorretta gestione di rifiuti.
Per quanto riguarda Ilva, l’accusa è legata alla cessione della loppa d’altoforno alla Cementir di Taranto per la produzione di cemento. Stando agli inquirenti, tale macchinario non rispetterebbe gli standard che sono previsti dalle attuali normative comunitarie. Un’operazione denominata “Araba fenice”, a cui però i commissari straordinari di Ilva, presenti tra gli indagati, hanno voluto rispondere con grande fermezza e sicurezza. Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi hanno diffuso una nota in cui sostengono di aver preso atto dei risultati delle indagini preliminari a cui è giunto il Tribunale di Lecce, a cui viene assicurata la più completa collaborazione.
Ilva, infatti, si mette a disposizione proprio perché è assolutamente fiduciosa che le indagini porteranno a dimostrare come la società abbia operato nel pieno rispetto delle regole a livello comunitario sia per quanto concerne la gestione che lo smaltimento dei rifiuti. Stando alle indagini, infatti, sembra che la loppa d’altoforno che è stata venduta a Cementir Italia di Taranto per la produzione di cemento non soddisfaceva gli standard di legge, visto che presentava al suo interno scarti oppure rifiuti non omogenei, in grado di condizionare la capacità d’uso durante il ciclo produttivo per la creazione del cemento. Ilva, però, è convinta delle proprie ragioni, pronta a collaborare con la giustizia per dimostrare la propria innocenza.