Contratti di affitto – Metodo Irpef e cedolare secca a confronto

 In merito ai contratti di locazione, attualmente, i proprietari di immobili, qualora desiderassero affittare le loro abitazioni, possono scegliere tra due diverse forme di tassazione: aderire al metodo della cedolare secca o restare con il vecchio sistema che prevede il pagamento dell’ Irpef e delle altre imposte previste. 

Nuova procedura per la registrazione dei contratti di locazione

 Da diversi mesi la casa è al centro delle attenzioni del Governo Letta, che in questo momento è al lavoro sulla riforma complessiva del sistema di tassazione degli immobili italiani, dalla quale emergerà un nuovo insieme di provvedimenti e un nuovo assetto normativo che coinvolgerà sia i proprietari di prima casa, sia coloro che sono proprietari di più immobili e li concedono in locazione.

Il legame tra Service Tax e IMU

 In politica, in Italia, si cerca di capire dove possono essere trovati i soldi per abolire l’IMU, la tassa più odiata per gli italiani. Il Codacons ha fatto la sua proposta, spiegando che si potrebbero ritirare i finanziamenti erogati al Monte dei Paschi di Siena, recuperando 4 importanti miliardi di euro.

Proprio nei giorni di festa, però, è stata messa a punto la Service Tax e si cerca di capire quanto possa valere e che impatto possa eventualmente avere sull’Imposta Municipale sugli Immobili. In generale, secondo la prima stima, sembra che la Service Tax incida per 110 euro a contribuente.

Come si trovano i soldi per abolire l’IMU

Una piccola cifra da sommare alla tassa dei rifiuti. Il PdL, come in campagna elettorale, ha ribadito che vorrebbe abrogare l’imposta. Il PD, da parte sua, vorrebbe una riforma dell’IMU e un superamento dell’imposta. Insomma, un punto d’incontro non è all’orizzonte, ma la Service Tax potrebbe comporre le divisioni. Con questi 110 euro a contribuente, si potrebbe infatti dimezzare l’imposta sulla prima casa.

Lo sguardo sul debito proposto da Bankitalia

Ci sono però dei punti ancora da chiarire. Per esempio la Service Tax dovrà essere pagata da tutti, anche da chi non possiede una casa di proprietà ma paga un affitto. In più non sarà comprensiva della tassa sui rifiuti che dovrà essere pagata in un altro modo.

Funzionamento e domanda per la social card

 La Social Card è rinata e attraverso adesso la sua fase “sperimentale”. In pratica la nuova Social Card è quella introdotta dal Governo Berlusconi, messa poi a punto dal Governo Monti e quindi inserita nel Decreto Lavoro 2013.

In generale, tanto per ricordarne la definizione, diremo che si tratta di uno strumento per il sostegno economico delle famiglie considerate “meno abbienti” che possono decidere di inoltrare o meno la domanda. I soldi caricati sulla social card possono essere usati soltanto per l’acquisto di generi alimentari, per il pagamento delle bollette oppure per l’acquisto di prodotti farmaceutici.

Requisiti per la richiesta della Social Card

Questa social card che abbiamo descritto, però, non è valida per tutta l’Italia ma è adottata in forma sperimentale nei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia e Verona.

Il Governo Letta, non contento di questi limiti geografici, ha pensato di estendere la social card sperimentale anche ad alcuni comuni del Sud Italia. La sperimentazione durerà per tutto il 2014 e per il 2015.

Caricamento e importi della nuova social card

Per fare la domanda della social card è necessario rispettare dei requisiti economici: avere un ISEE che non supera i 3000 euro, avere un valore ai fini IMU della prima casa che non supera i 30 mila euro, avere un patrimonio mobiliare inferiore a 8000 euro e avere un indicatore della situazione patrimoniale inferiore a 8000 euro. Il richiedente, inoltre, può avere altri trattamenti economici ma questi non devono essere superiori ai 600 euro mensili, in più nessun componente della famiglia deve avare un’auto immatricolata a suo nome nei 12 mesi che precedono la richiesta.

Come si trovano i soldi per abolire l’IMU

 Ridurre le tasse e rilanciare l’economia. Non è uno slogan, ormai questa frase somiglia sempre di più ad un imperativo. E se si chiede ad associazioni di consumatori ed esperti, qual è la tassa da abolire prima di tutto, il riferimento è sempre all’IMU. L’imposta municipale sugli immobili, quanto ad antipatia, in Italia sembra seconda soltanto al canone RAI.

Anche il Codacons, di recente, ha pensato ad una soluzione per trovare i soldi necessari all’abolizione dell’IMU. La tassa in questione, infatti, per quanto mal sopportata, porta moltissimi soldi nelle casse dello Stato, un tesoretto cui pochi sono disposti a rinunciare. L’interlocutore cui si rivolge il Codacons è il Premier Enrico Letta.

Il documenti di Saccomanni sull’IMU

La proposta del Codacons è la seguente: si chiede di revocare gli aiuti economici messi in campo per aiutare il Monte dei Paschi di Siena ed evitare il fallimento di questa banca. Quelli che tutti conoscono come Monti-bond potrebbero essere usati come tesoro per l’abolizione dell’imposta sugli immobili.

I danni economici della caduta del governo

In effetti i Monti-bond hanno un valore complessivo di 4 miliardi di euro, esattamente equivalente ai soldi che il governo Letta ha detto essere necessari per l’abolizione dell’IMU. Nella pratica, questa soluzione è poco praticabile perché i soldi già erogati sono difficili da recuperare. Si potrebbe modificare il piano di ristrutturazione del Monte dei Paschi ma non sembra una strada che il governo vuol percorrere.

Sconto del 30% sulle multe se pagate subito

 Nei giorni scorsi la Camera ha approvato in via definitiva il testo del Decreto del Fare, all’ interno del quale sono state incluse una serie di norme di di provvedimenti di natura economica e fiscale volti a favorire un possibile rilancio dell’ economia italiana.

Sospesi i canoni per le concessioni demaniali delle spiagge

 Numerosi sono stati i provvedimenti che hanno trovato la loro approvazione definitiva all’ interno del cosiddetto Decreto del Fare, che la Camera ha licenziato per la sua trasformazione in legge solo qualche giorno fa. La maggior parte delle norme inserite all’ interno del testo del Decreto sono apportatrici di importanti novità in ambito economico, dal momento che lo stesso Governo Letta ha sempre inteso la pubblicazione del provvedimento legislativo come un primo passo in avanti verso il rilancio e la ripresa della crescita economica nazionale.

Come e quando si paga la ritenuta d’acconto?

 Se un’impresa o un’azienda decidono di assumere un professionista senza Partita Iva con un contratto di collaborazione, quindi per compensi non superiori ai 5.000 euro all’anno, deve prelevare dal compenso del lavoratore la ritenuta d’acconto, ossia una parte dell’Irpef che il lavoratore avrebbe dovuto versare in fase di dichiarazione dei redditi.

► Collaborazione occasionale con ritenuta d’acconto, ecco come funziona

Pagamento e certificazione della ritenuta d’acconto

Il datore di lavoro che ha assunto un professionista senza Partita Iva con contratto di collaborazione, deve versare la ritenuta d’acconto entro e non oltre il 16 del mese successivo al pagamento mediante apposito Modello F24. Il codice tributo da inserire è il 1040.

► Guida alla compilazione della ricevuta di compenso con ricevuta d’acconto

Inoltre, la certificazione dell’avvenuto versamento della ritenuta d’acconto, deve essere conservato e consegnato entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello in cui sono stati effettuati versamenti dei compensi. La certificazione deve essere allegata al Modello 770 dei sostituti d’imposta, e deve indicare: – l’importo delle somme corrisposte; – l’importo delle ritenute e delle detrazioni di imposta effettuate, dei contributi previdenziali e assistenziali; – altre eventuali informazioni non obbligatorie (esempio l’IVA).

► Come si calcola la base imponibile per la ritenuta d’acconto?

Le aliquote della ritenuta d’acconto

La ritenuta d’acconto viene calcolata sull’importo del compenso corrisposto al collaboratore con due differenti aliquote: in percentuale del 20% se il compenso è corrisposto a lavoratore residente in Italia e del 30% se il lavoratore risiede all’estero, in questo caso, però, non sarà a titolo di acconto Irpef.

► I redditi soggetti a ritenuta d’acconto

I redditi soggetti a ritenuta d’acconto

 Ci sono alcuni casi in cui il lavoratore stringe con il datore di lavoro un contratto che prevede una collaborazione non continuativa e non subordinata. In questi casi, all’atto del pagamento del compenso del lavoratore, il sostituto d’imposta deve trattenere dall’importo lordo una percentuale a titolo di anticipo Irpef del lavoratore.

► Collaborazione occasionale con ritenuta d’acconto, ecco come funziona

Il datore di lavoro deve farlo entro i termini stabiliti per legge e conservare la documentazione dell’avvenuto pagamento dell’imposta, in modo da poter produrre la certificazione all’atto della dichiarazione dei redditi.

► Guida alla compilazione della ricevuta di compenso con ricevuta d’acconto

I redditi sottoposti alla ritenuta d’acconto

Non tutti i compensi da lavoro autonomo sono sottoposti a ritenuta d’acconto. Oltre al fatto che non si paga in caso di professionista fornito di Partita Iva, la ritenuta di acconto deve essere pagata dal datore di lavoro nei seguenti casi:

– prestazioni di lavoro autonomo e occasionale, anche sotto forma di partecipazione agli utili;

– prestazioni rese a terzi o nel loro interesse;

► Come e quando si paga la ritenuta d’acconto?

– assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere;

– compensi derivanti da utili di associazione in partecipazione, quando l’apporto dell’associato è solo  prestazione lavorativa;

– compensi derivanti da utili per promotori e soci fondatori di S.p.a., in accomandita per azioni e a responsabilità limitata;

– redditi relativi alla cessione di diritti d’autore da parte dello stesso autore;

– diritti per opere d’ingegno, ceduti da persone fisiche non imprenditori o professionisti che le hanno acquistate.

La ritenuta d’acconto non deve essere versata in caso di compensi inferiore ai  25,82 euro corrisposti da enti pubblici o privati.

► Come si calcola la base imponibile per la ritenuta d’acconto?

Come richiedere il rimborso dei crediti d’imposta dell’UNICO

 Fino a poco tempo fa per i lavoratori che non presentavano il modello 730 per la dichiarazione dei redditi non era possibile richiedere in tempi rapidi il rimborso dei crediti di imposta maturati. Solo i contribuenti che erano tenuti alla presentazione del 730, infatti, potevano ottenere il rimborso del credito di imposta già nelle busta paga di luglio.