Il guadagno dalla raccolta differenziata

 Pagare la tasse non piace a nessuno ma ci sono dei comportamenti virtuosi che, dove il sistema funziona, consentono di pagare un minor quantitativo di imposte. Il discorso vale per esempio per la tassa sui rifiuti che nel nostro paese sta andando incontro ad una trasformazione epocale.

Soltanto per inciso ricordiamo che la vecchia tassa sui rifiuti sarà presto sostituita da un’imposta che ripagherà sia il servizio reso dalle aziende che si occupano di raccolta e smaltimento dei rifiuti, sia i servizi urbani, quali ad esempio l’illuminazione delle città.

Guida al decreto semplificazioni

Ma con i rifiuti, questa è la cosa interessante, messa in evidenza dal portale informativo di ING Direct, ci si può anche guadagnare. Ecco come. Nel giro di due anni e mezzo, dal 2010 al 2013, gli italiani hanno imparato a ridurre l’entità della loro spazzatura. Ogni italiano, nel 2012, ha prodotto per esempio 504 chili di mondezza che sono 32 chili in meno del 2010.

Crescita italiana e nuove tasse

Il calo dei consumi ha influito su questa situazione ma è stato importante anche lo sviluppo della sensibilità verso la raccolta differenziata. Tutti coloro che hanno saputo fare la differenza, in base al territorio di appartenenza, hanno ottenuto dei benefit.

Dove sono attivi i raccoglitori automatici di spazzatura, per esempio, i cittadini al crescere della differenziata, hanno ottenuto in cambio buoni sconto e altri premi, per esempio i buoni benzina.

L’OCSE contro l’elusione fiscale

 Più di una volta siamo stati costretti a riportare casi di elusione fiscali attribuiti ad aziende anche molto importanti come Google ed Apple. Oggi dobbiamo riflettere sul fatto che l’elusione fiscale comporta dei danni anche all’economia dei singoli paesi, per questo a livello nazionale e sovranazionale, si deve correre ai ripari.

Per FT l’Italia sta toccando il fondo

L’ultimo intervento in ordine cronologico sull’argomento è stato quello dell’OCSE che ha preso spunto per riflettere, proprio da quanto accaduto a Google, Apple e Yahoo!. L’idea, infatti, è quella di stabilire delle regole maggiormente sanzionatorie ed attivare un monitoraggio costante sulle industrie che spostano l’asse del loro business all’estero.

Con l’attività di elusione fiscale, infatti, i fondi che dovrebbero essere destinati alla comunità d’appartenenza, vanno a finire altrove. Del piano dell’OCSE si è parlato in modo specifico al G20 di Mosca dove è stato presentato l’Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting.

Il Regno Unito se la prende con Google

In questo documento sono contenuti ben 15 suggerimenti. Il primo problema da affrontare è proprio la fiscalità delle imprese digitali che operano “naturalmente” a livello sovranazionale. Nel momento in cui non si lavora soltanto nella propria nazione d’origine, infatti, ci sono problemi con la tassazione diretta e indiretta. Di questi problemi, spesso, si avvantaggiano soltanto le società e non i loro lavoratori.

Chi organizza e compie la frode è colpevole

 S’inaspriscono le pene per coloro che oltre a compiere una frode si permettono anche il lusso di organizzarla. Lo ha spiegato bene l’Agenzia delle Entrate facendo riferimento ad una recente sentenza della Corte di Cassazione. Un giudice che sia chiamato a giudicare gli indicati per organizzazione e realizzazione di una frode, non è tenuto a valutare in modo analitico tutti gli elementi dedotti dalle parti.

Quando si presume che il contratto sia fittizio

In pratica il giudice deve tenere sì conto delle argomentazioni difensive ma non deve giudicare tutti gli elementi in modo analitico. Questo al fine di evitare delle consuetudini ormai ritenute inammissibili anche dell’opinione comune. A precisare tutta la questione è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza numero 28899 dell’8 luglio 2013.

Il reato della doppia vendita

In questa sentenza si spiega che un giudice penale può anche non ridurre la pena e quindi non concedere le famose attenuanti generiche all’imputato accusato di frode fiscale. Lo può fare motivando l’esercizio del potere discrezionale e tenendo conto degli elementi considerati decisivi e rilevanti.

Insomma, le attenuanti avranno ancora una vita breve. Come tutte le sentenze della Cassazione, il punto di partenza è un fatto reale sottoposto al giudizio dei porporati di Palermo. Loro sono stati chiamati ad esaminare la posizione di un contribuente ed hanno scelto di non concedere attenuanti dopo aver provato il dolo ed esaminato gli elementi psicologici in campo.

Quando si presume che il contratto sia fittizio

 L’Agenzia delle Entrate ha di recente ribadito che esistono dei casi in cui un contratto di compravendita può essere ritenuto fittizio e quindi passibile di giudizio. In effetti capita molto spesso, anche nel nostro paese, che invece di effettuare un passaggio di proprietà, magari di un immobile, ci sia una vendita dello stesso ai parenti. In questo caso, la relazione di consanguineità ed eventuali “prezzi di favore”, fanno pensare che il passaggio di mano sia stato concordano al riparo dalla legge. Entriamo nei dettagli.

L’Erario fornisce i dati sul mercato immobilare

L’Amministrazione, davanti ad un’operazione finanziaria che non sembra del tutto lineare o chiara, ha l’onere di provare che si tratta di un contratto fittizio. Il primo elemento che fa pensare che si tratti di un contratto fittizio è quello economico. Per esempio se è stata registrata un’operazione ad un costo fittizio e non c’è un reale trasferimento di denaro, se l’operazione commerciale è stata fatta tra persone legate da un vincolo di parentela, anche nel caso di dichiarazioni di prestazioni reciproche e simili, si può pensare di essere di fronte ad una frode.

Come funziona il regime di vantaggio

Lo ha spiegato per filo e per segno la Corte di Cassazione nella riforma della decisione dei giudici di merito, con la sentenza numero 16857 del 5 luglio 2013.

Novità sugli studi di settore

 Gli studi di settore servono all’Agenzia delle Entrate per fare dei controlli a tappeto su alcune categorie di contribuenti. Per sapere se quest’anno, in relazione ai redditi da dichiarare per il 2012, si è sottoposti agli studi di settore, è necessario controllare sul sito internet dell’Erario. In particolare è necessario vedere se il proprio codice attività rientra tra quelli sottoposti agli studi di settore. Come fare?

Befera annuncia le semplificazioni

Collegarsi alla home page dell’Agenzia delle Entrate, anche senza effettuare il login ai servizi Entratel e all’Area riservata. Scegliere nel menu orizzontale in alto, la voce “Cosa devi fare”, quindi scegliere l’opzione “Dichiarare”.

A questo punto si noterà che la penultima voce in elenco è “Studi di settore e parametri (strumenti per la stima di ricavi e compensi)“. Andare avanti con la scelta di “Studi di settore e parametri”, quindi “Studi di settore” e poi “Metodologie”. Si troveranno gli studi in vigore per il periodo d’imposta 2012. Dovete scegliere il vostro settore d’attività tra le quattro macrocategorie di riferimento: servizi, manifatture, commercio e professionisti.

Chi controllerà il fisco

Cercate quindi il vostro codice attività dividendo le sei cifre in gruppi da due, per esempio 88.11.11 e vedete se rientrate negli studi di settore per l’anno 2012. Dopodiché il consiglio è quello di prendere visione del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 17 luglio 2013, che ha sostituito le specifiche tecniche approvate a giugno. Sono stati corretti dei refusi riscontrati nelle istruzioni e sono state fornite le istruzioni per la compilazione dei modelli per la comunicazione.

I servizi online sempre di Equitalia

 Equitalia è stata sottoposta di recente ad una modifica anche molto importante per svelare il volto umano di questa agenzia di riscossione dei crediti vantati in genere dagli Enti pubblici verso i contribuenti. In fondo, ricevere una cartella di Equitalia non fa piacere a nessuno, anche nel caso in cui i crediti richiesti al contribuente siano effettivamente legati ad un reato commesso in passato.

Equitalia porta il limite a 50 mila euro

Ad ogni modo, oltre alla riforma di Equitalia che contribuirà a rendere l’ente più vicino al contribuente, di recente si è preso atto di una modifica riguardante i servizi online.

Sembra infatti che le cartelle e gli avvisi di Equitalia, disponibili sul sito in questione e anche nel cassetto fiscale di chi ha un profilo registrato presso l’Agenzia delle Entrate, possano essere pagate tramite carte prepagate e tramite carte di credito direttamente online. Insomma non si sfugge: adesso tramite internet si può pagare sempre o ovunque.

I canali di assistenza sono stati necessariamente modificati e si può già tracciare un bilancio, positivo, di questa attività. Sembra infatti che più di 650 mila utenti, ogni mese, scelgano di operare telematicamente e saldare i propri debiti, senza recarsi allo sportello di Equitalia.

Le violazioni IVA sottoposte a sanzione

L’obiettivo di tutta l’operazione di trasformazione del sistema dei pagamenti è quello di semplificare la vita dei cittadini e delle imprese ma anche di riscuotere più crediti.

Vale la confisca anche sui beni del figlio

 Sono molti i casi in cui le persone sottoposte ad un procedimento giudiziario che hanno paura di vedere polverizzate le loro proprietà, provvedono ad intestare i beni alla prole. L’Amministrazione finanziaria ha voluto vederci chiaro in queste faccende e alla fine ha stabilito, grazie al parere delle Corte di Cassazione che si possono confiscare anche i beni appartenenti ai figli del condannato.

Per i sequestri basta la disponibilità della casa

La relazione di consanguineità che c’è tra la persona che si presume colpevole e quella a favore della quale sono trasferiti i patrimoni, consente all’Erario e alla Giustizia di andare avanti con la confisca. E’ tutto spiegato nella sentenza numero 28913 pubblicata l’8 luglio 2013, della Corte di Cassazione.

In questa sentenza si ribadisce che il sequestro preventivo dei beni, finalizzato alla confisca, può essere richiesto sia per i beni intestati apparentemente ad un soggetto interposto, sia per i beni intestati effettivamente al soggetto interposto che, come risulta dagli atti, ha un legame fiduciario con l’interponente. Nel primo caso, quindi, si parla d’interposizione fittizia e nel secondo caso d’interposizione reale.

Le intestazioni di comodo non piacciono al Gip

La definizione della Cassazione è arrivata dopo che un contribuente ha chiesto un chiarimento perché, indagato per dichiarazione infedele ed indebita compensazione, ha chiesto la revoca del sequestro preventivo dei beni.

Nuove regole per il regime Iva sulla locazione di immobili strumentali

 Il decreto legge n. 83 del 2013 ha apportato delle significative modifiche al regime Iva applicabile ai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo e strumentale, dando la possibilità ai locatori di applicare l’imposta sul valore aggiunto.

Con la Circolare Circolare n. 22 del 28 giugno 2013 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito i particolari della legge. Vediamo cosa accade in caso di locazione di immobili ad uso strumentale.

Il regime naturale di applicazione dell’Iva per tutti i contratti di locazione di immobili è l’esenzione. Con questa nuova legge il locatario di un immobile ad uso strumentale – fabbricati strumentali le unità immobiliari classificate o classificabili nei gruppi catastali B, C, D, E e nella categoria A10 – può decidere di applicare l’Iva con aliquota pari al 21%.

Il locatore che decida di applicare l’Iva deve manifestarne la volontà all’atto di stipula del contratto di locazione.

Come specifica l’Agenzia delle Entrate, la nuova disciplina per l’applicazione dell’Iva sulla locazione di immobili ad uso strumentale ha modificato il regime IVA solo in funzione dei contratti che, in base alla disciplina precedente, erano assoggettati ad un regime di imponibilità obbligatorio.

Nello specifico si tratta dei contratti di locazione che riguardano:

– immobili strumentali effettuati nei confronti di soggetti passivi d’imposta che svolgono in via esclusiva o prevalente attività che conferiscono il diritto alla detrazione dell’imposta in percentuale pari o inferiore al 25%;

– locazioni di fabbricati strumentali effettuate nei confronti di soggetti che non agiscono nell’esercizio di impresa, arti o professioni.

L’imposta di registro è applicata con aliquota pari all’1%.

Per saperne di più:

► Nuove regole per il regime Iva per la locazione di immobili abitativi

► Come si esercita l’opzione di imponibilità dell’Iva per i contratti di locazione

► Chiarimenti sulle nuove regole Iva per i contratti di locazione in corso

► Nuove regole per il regime Iva sulla locazione di immobili strumentali

Chiarimenti sulle nuove regole Iva per i contratti di locazione in corso

 Il decreto legge n. 83 del 2013 ha cambiato le regole per quanto riguarda la scelta del regime Iva da applicare alla locazione o cessione di immobili. L’Agenzia delle Entrate è intervenuta su alcuni punti del decreto.

Fermo restando che, anche dal 26 giugno 2013, giorno di entrata in vigore del decreto, il regime naturale di imposizione Iva è l’esenzione. Ma la legge dà la possibilità ai locatori di immobili ad uso abitativo, se imprese costruttrici locatrici, di optare per l’applicazione dell’Iva – esprimendo tale opzione nel contratto – con aliquota pari al 10%, che può essere applicata anche ai contratti stipulati a partire dal 24 gennaio 201

L’opzione resta valida per tutta la durata del contratto, salvo che in tale periodo non avvenga il subentro di un terzo in qualità di locatore.

In base alla Circolare dell’Agenzia delle Entrate i canoni di locazione non ancora pagati o non ancora fatturati saranno comunque esenti da Iva anche dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni, a meno di scelta del locatore del regime di applicazione.

In questo caso il locatore deve dare comunicazione della scelta di imponibilità Iva per in contrati in corso con atto integrativo del contratto di locazione.

Se non redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata, non esiste l’obbligatorietà di comunicazione all’Agenzia delle Entrate, ma si deve effettuare la registrazione dello stesso. La registrazione del contratto è sottoposta al pagamento dell’imposta di registro, che è pari a 67 euro.

Per saperne di più:

► Nuove regole per il regime Iva per la locazione di immobili abitativi

► Come si esercita l’opzione di imponibilità dell’Iva per i contratti di locazione

► Chiarimenti sulle nuove regole Iva per i contratti di locazione in corso

► Nuove regole per il regime Iva sulla locazione di immobili strumentali

Come si esercita l’opzione di imponibilità dell’Iva per i contratti di locazione

 Intervenendo con la circolare Circolare n. 22 del 28 giugno 2013 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito alcuni punti della legge n. 83 del 2013 con la quale, a partire dal 26 giugno 2013, giorno di entrata in vigore della nuova legge, sono state modificate le regole vigenti per l’applicazione dell’Iva alla locazione di immobili abitativi e ad uso strumentale.

Partendo dal presupposto che il regime naturale di imposizione Iva per la locazione di immobili è l’esenzione, con la nuova legge il locatore, se impresa costruttrice o di ripristino, può decidere di applicare l’Imposta sul valore aggiunto, in misura pari al 10%.

Il locatore deve dichiarare nel contratto di locazione di aver deciso per l’applicazione dell’Iva.

Dal momento che la scelta deve essere effettuata alla produzione del contratto, l’Iva sarà applicata per tutta la durata dello stesso.

Solo in caso di subentro di un terzo in qualità di locatore si può modificare il contratto e tornare al regime naturale di applicazione dell’Iva, ossia l’esenzione. Tale scelta deve essere comunicata all’Agenzia delle Entrate.

Per saperne di più:

► Nuove regole per il regime Iva per la locazione di immobili abitativi

► Come si esercita l’opzione di imponibilità dell’Iva per i contratti di locazione

► Chiarimenti sulle nuove regole Iva per i contratti di locazione in corso

► Nuove regole per il regime Iva sulla locazione di immobili strumentali