Le spese deducibili dalla dichiarazione dei redditi

 Per tutti i contribuenti che si apprestano in questi giorni a presentare la dichiarazione dei redditi è molto importante che, al fine del pagamento del giusto importo di tasse, vengano segnalate in dichiarazione tutte le spese sostenute nel corso dell’anno.

► Calendario delle nuove scadenze fiscali

Portando la documentazione necessaria a dimostrazione delle spese effettuate, infatti, si può beneficiare di deduzioni e detrazioni che possono sensibilmente abbassare l’ammontare delle tasse che si pagheranno.

► Le dieci ricevute da presentare per la dichiarazione dei redditi

Le spese deducibili in sede di dichiarazione dei redditi sono quelle spese che si sottraggono al totale del reddito percepito nel corso dell’anno solare e che, quindi, non concorrono alla formazione del reddito imponibile, ossia il l’ammontare sul quale poi vengono calcolate le imposte da pagare.

► Le spese detraibili al 19% dalla dichiarazione dei redditi

L’elenco delle spese deducibili dalla dichiarazione dei redditi

Assegno periodico al coniuge in caso di separazione

Se il contribuente è legalmente separato dal coniuge può dedurre dal suo reddito gli assegni versati per il suo mantenimento, ma non quelli per il mantenimento dei figli, solo se in presenza di rilasciato dall’autorità giudiziaria competente.

Sono esclusi da questo beneficio gli assegni versati in un’unica soluzione.

Inoltre, è prevista la deduzione anche per gli assegni periodici in forza di testamento o donazione e assegni alimentari corrisposti ai familiari, senza alcun limite d’importo.

Contributi a fondi integrativi del SSN

Come per le forme pensionistiche complementari, è possibile dedurre dal proprio reddito anche i contributi ai fondi del Sistema Sanitario Nazionale. Il limite massimo in questo caso è di 3.615,20 euro.

Si possono dedurre anche i contributi versati per i familiari a carico, con lo stesso limite di 3.615,20 euro per ognuno di essi. Concorrono alla formazione del massimale deducibile anche i contributi eventualmente versati dal datore di lavoro.

Contributi e premi per forme pensionistiche complementari

I contribuenti che hanno deciso di aprire una posizione previdenziale alternativa complementari ed individuali (fondi pensione aperti, fondi pensione chiusi, piani pensionistici individuali) possono dedurre dal totale del proprio reddito quanto versato nel corso dell’anno, compresi eventuali contributi pagati dal datore di lavoro, per una somma massima di 5.164,57 euro.

Contributi previdenziali e assistenziali

Non concorrono alla formazione del reddito imponibile le spese sostenute per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori, senza alcun limite d’importo anche in caso che i contributi versati siano quelli volontariamente versati dal contribuente all’ente previdenziale di appartenenza.

Contributo SSN – RC veicoli

Si può dedurre dal proprio reddito anche il contributo al servizio sanitario nazionale presente nella polizza assicurativa RC auto, al quale viene applicata una franchigia di 40 euro – entrata in vigore a partire dal 2012 – questo vuol dire che se il contributo al SSN pagato nel contratto RC auto è inferiore a 40 euro non si può beneficiare della deduzione.

Contributi per colf e baby sitter

Vanno dedotti dal reddito percepito anche i contributi eventualmente versati all’INPS per collaboratori domestici e addetti all’assistenza ad anziani e malati, con un limite massimo di 1.549,37 euro.

Erogazioni liberali, contributi e donazioni

Sono tante le donazioni e i contributi a favore di enti, riconosciute dallo Stato, che possono essere dedotte dalla dichiarazione dei redditi, anche se le donazioni hanno un tetto di deducibilità massimo di 1.032,91  per ciascuna donazione.

Indennità per la perdita di avviamento per cessata locazione di immobili commerciali

La deducibilità non ha alcun limite di importo e si calcola sulla risultanza del contratto di locazione.

Spese di adozione

I genitori che hanno adottato un figlio possono dedurre dal loro reddito, ma solo al 50%, le spese sostenute per l’adozione, solo in caso di minore straniero, e con la relativa documentazione certifica dall’ente autorizzato.

 

Le novità per la fatturazione Iva

 Con l’entrata in vigore della Legge di stabilità il 1° gennaio del 2013 sono entrate in vigore anche delle importanti novità per quanto riguarda la fatturazione Iva, che sono state poi ulteriormente chiarite con la circolare n. 12/E del 3 maggio 2013 dell’Agenzia delle Entrate.

Le principali novità riguardano soprattutto il reverse charge e il contenuto e le modalità di emissione delle fatture.

► Reverse charge: cos’è e a cosa serve

► Reverse charge: indicazione in fattura e relative scadenze

L’autenticazione delle fattura elettronica

La Legge di Stabilità permette l’emissione della fattura anche solo in formato elettronico previo consenso del destinatario.

Per garantire l’autenticità del documento sono stati previsti i seguenti sistemi:

– sistemi di controllo di gestione;

– firma elettronica qualificata o digitale dell’emittente;

– sistemi Edi di trasmissione elettronica dei dati.

La fattura in formato elettronico deve essere inviata al destinatario via e mail con l’indicazione di:

– protocollo di comunicazione;

– link da cui scaricare il documento elettronico.

► Come si compila una ricevuta fiscale

Come si compila la fattura elettronica

A partire dal 1° gennaio del 2013 le fatture, sia quelle cartacee che quelle in formato elettronico, possono seguire due diversi tipi di numerazione:

numerazione progressiva che inizia dal numero successivo a quello dell’ultima fattura emessa nel 2012;

inizio di una nuova numerazione per ogni anno solare, in questo caso deve essere indicata anche la data di emissione della fattura vicino al numero (fattura n. 1/2013 etc).

La fattura deve contenere sia il numero della partita Iva di chi emette il documento – in caso di soggetto passivo comunitario si indica il numero di identificazione IVA –  che il codice fiscale.

► Un altro breve riepilogo dell’Iva per cassa

Quando si può emettere la fattura?

La Legge di Stabilità prevede un numero maggiore di casi in cui è possibile emettere la fattura nel momento in cui viene effettuata l’operazione. Nello specifico i casi sono:

– per le cessione di beni nel caso in cui la consegna degli stessi sia certificata o da un documento di trasporto valido o da un documento di identificazione dei soggetti tra i quali è avvenuta l’operazione;

– per le prestazione di servizi quando eseguite nello stesso mese solare e nei confronti dello stesso soggetto, anche con l’emissione di un solo documento entro e non oltre  il 15 del mese successivo alle operazioni e con il dettaglio delle stesse;

– per le cessioni di beni eseguite dal cessionario nei confronti di un terzo con emissione del documento di fattura entro e non oltre il mese successivo all’effettiva consegna o spedizione dei beni;

– per le prestazioni di servizi a soggetti passivi di un altro Stato comunitario per il quale non è previsto il pagamento dell’imposta da emettere entro il 15 del mese successivo a quello in cui è stata eseguita l’operazione;

– per le prestazioni di servizi da e verso paesi extra comunitari, entro e non oltre il 15 del mese successivo a quello in cui è stata eseguita l’operazione.

La fattura semplificata

Nel caso di operazioni con importo complessivo non superiore ai 100 euro la Legge di Stabilità prevede che possa essere emessa la fattura semplificata, con l’esclusione delle operazioni intracomunitarie.

In cosa consiste la fattura semplificata?

Una fattura semplificata, come dice il suo nome, prevede una maggiore semplicità della sua emissione in quanto prevede che il documento riporti solo il numero di partita Iva – o il codice fiscale –   del committente che abbia sede in Italia, ma solo nel caso in cui si disponga di tutti gli altri dati che permettono l’identificazione dello stesso.

Nella fattura semplificata non è necessario indicare la base imponibile IVA, ma si necessita solo dell’indicazione di

denominazione o ragione sociale della ditta;

prezzo totale (IVA esclusa);

aliquota applicata.

Reverse charge: indicazione in fattura e relative scadenze

 Il reverse charge, il meccanismo utilizzato dall’Erario per evitare frodi o mancati versamenti nell’assolvimento dell’obbligo di Iva nella prestazione e cessione di servizi, deve essere indicato in fattura sia dal prestatore che dal destinatario.

Come si indica in fattura il reverse charge?

La fattura che emette il prestatore o il committente del servizio sarà senza addebito d’imposta, ma deve obbligatoriamente riportare la dicitura reverse charge.

Nel caso in cui la fattura sia emessa nei confronti di un soggetto extra comunitario, l’indicazione da riportare in fattura sarà operazione non soggetta.

Le fatture devono comunque numerate e riportare  il controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare l’imponibile.

Gli obblighi del destinatario o del ricevente del servizio

Il ricevente del servizio passibile dell’applicazione del reverse charge dovrà integrare la fattura con il relativo importo dell’Iva in base all’aliquota corrispondente, procedere poi alla registrazione della fattura nel registro degli acquisti e nel registro delle vendite. In questo modo l’operazione risulterà neutra ai fini IVA, ma non ai fini del reddito.

La fattura deve essere annotata entro il 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura stessa. Se il committente non riceve la fattura entro i due mesi dall’emissione della fattura, dovrà procedere ad emissione di autofattura entro il 15 del terzo mese successivo.

Reverse Charge

Cos’è e a cosa serve

Indicazione in fattura e relative scadenze

Reverse charge: cos’è e a cosa serve

 Che cos’è il reverse charge?

Con il termine reverse charge si indica l’inversione contabile, ossia un meccanismo che permette di far ricadere l’assolvimento dell’Iva sul destinatario di una cessione di beni o prestazione di servizi, quando questi è soggetto passivo nel territorio dello Stato, e non sul del cedente o prestatore del servizio in questione.

Il cedente o il prestatore del servizio emette la fattura senza l’addebito dell’Iva che verrà invece integrata nella fattura da parte del ricevente o del destinatario del servizio in base alla relativa aliquota, che si aggiunge poi all’imposta e alla registrazione del documento nell’apposito registro delle fatture emesse o dei corrispettivi, e degli acquisti.

Qual è lo scopo del reverse charge?

La normativa che regola l’applicazione del reverse charge ha lo scopo di evitare che i due soggetti in causa nella transazione – il cedente o prestatore e il destinatario – non frodino l’Erario non versando l’Imposta sul valore aggiunto o richiedendone il rimborso.

Trasferendo il compito dell’assoluzione del pagamento dell’Iva sul destinatario l’Erario ha una maggiore possibilità di controllo sugli adempimenti.

Applicato all’inizio solo nel settore edilizio, il regime del reverse charge è stato esteso anche alla cessione di telefonini e computer e al mondo di Internet, come nei casi nei quali un’azienda paghi dei siti internet per la pubblicazione della propria pubblicità.

Reverse Charge

Cos’è e a cosa serve

Indicazione in fattura e relative scadenze

 

Difendersi dai cambi in corsa sull’IMU

 Sull’IMU c’è stata molta confusione, sia prima che dopo la campagna elettorale. Il fatto è che fino a questo momento la cosa certa è che non si dovrà pagare l’acconto di giugno, ma tutto il resto è da vedere.

Lo stop Imu solo sulla prima casa anche se…

Non si sa infatti se l’IMU sarà mantenuta, se quello che non si paga a giugno dovrà essere pagato a settembre o a dicembre. Le famiglie sanno che fino a settembre possono stare tranquille e da qui fino alla prossima scadenza, si dovranno attuare delle riforme per eliminare l’IMU oppure per ridurne l’importo.

► Il governo Letta fa i conti per il paese

Al di là delle speranze si parla poco di quel che potrebbe succedere nel caso in cui, in 100 giorni, il governo non trovi una soluzione sull’IMU, decidendo una volta per tutte sulla reintroduzione, sull’abolizione o sulla modifica del contributo.

Il decreto legge che ha spiegato la sospensione della rata dell’IMU di giugno, ha anche “imposto” una clausola: se il Governo non riformerà il sistema finanziario per intero, almeno riguardo gli immobili, entro la fine di agosto, i contribuenti del Belpaese dovranno pagare la prima rata dell’IMU senza sconti e senza revisioni entro il 16 settembre 2013. 

 

Debiti Pa, Italia fanalino di coda in Europa

Malgrado i tempi di pagamento siano scesi di 10 giorni (ora sono necessari 170 giorni per pagare i fornitori ad un’amministrazione locale), il nostro Paese è ancora annoverato all’ultimo posto per quanto riguarda la contrazione del debito nel Vecchio Continente.

Dodici mesi fa, le fatture erano saldate mediamente dopo 180 giorni. Nel 2013, secondo l’elaborazione rilasciata dalla Cgia di Mestre, i fornitori devono aspettare 170 giorni.

Solo la Grecia, situata nella graduatoria generale al penultimo posto, ha fatto meglio: per l’anno in corso ha accorciato i tempi di pagamento di 15 giorni.

La lieve diminuzione dei tempi per il pagamento dei debiti della Pa è data, secondo la Cgia, dagli effetti della nuova legge nazionale entrata in vigore dal primo gennaio di quest’anno che ha metabolizzato la direttiva europea contro i ritardi dei pagamenti, e al fatto che nel Paese è cresciuta di gran lunga la sensibilità nei confronti di questo problema.

Ad oggi, dunque, c’è una maggiore celerità nel pagamento dei propri fornitori da parte delle Pubbliche amministrazioni. Secondo Giuseppe Bortolussi “Questa è un’inversione di tendenza importante, ma non ancora sufficiente, visto che rimaniamo fanalino di coda a livello europeo. Se in questo ambito le Pubbliche amministrazioni di Grecia e di Cipro continuano ad essere più efficienti della nostra, vuol dire che il lavoro da fare è ancora molto”.

Il distacco con il resto dell’Ue è tuttavia ancora abissale. Se la nostra Pa salda le fatture mediamente dopo 170 giorni, la media europea è di soli due mesi.

Come si calcola e come si paga la Tares

 La Tares, il contributo voluto con la Manovra Salva Italia predisposta dal Governo Monti, sostituisce tutte le vecchie imposte comunali sui rifiuti. Dopo tanti rinvii questo nuovo contributo è entrato in vigore con il D.L. n. 35 del 2013, ossia il decreto resosi necessario per lo sblocco del pagamento dei debiti delle Pubbliche amministrazioni.

Cerchiamo di analizzarla per capire come si calcola, quando si dovrà pagare e come effettuare il versamento.

► Chiarimenti sulla Tares del Dipartimento delle Finanze

Come si calcola la Tares

La Tares si calcola in base alla dimensione dell’immobile di riferimento e in base ai dati statistici riguardo al valore medio di produzione di rifiuti. La dimensione dell’immobile – inteso come immobile con destinazione ordinaria ed iscritto al Catasto edilizio urbano – si calcola in metri quadrati. A questa superficie deve essere applicato un coefficiente dell’80%.

I comuni possono applicare una maggiore di 0,30 centesimi a metro quadro.

Quando si paga la Tares?

Per il 2013 sarà ogni singolo comune, potrà definire la scadenza e il numero delle rate di versamento, che dovranno essere comunque pubblicate sul sito Internet dell’istituzione entro e non oltre 30 giorni dalla scadenza prevista.

Per il 2014, invece, il pagamento avverrà in quattro rate trimestrali  scadenti nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre.

► Le esenzioni per la TARES

Come si paga la Tares

Per il pagamento della Tares relativo alle prime due rate del 2013 i Comuni hanno l’obbligo di inviare al contribuente i modelli di pagamento precompilati già predisposti per il pagamento della TARSU o della TIA 1 o della TIA 2 o indicare le modalità alternative di pagamento.

Imu: chi paga e chi no

 Oggi il governo ha approvato il decreto che sospende il pagamento della rata dell’Imu prevista per giugno.

► Ecco il decreto per la sospensione dell’IMU

La prossima data di scadenza nell’agenda del Governo è il 16 settembre, giorno in cui scadrebbe anche il termine ultimo per il pagamento della rata successiva. La partita è ancora aperta, quindi, e il premier ha sottolineato che se entro il 31 agosto prossimo non si sarà arrivati ad una revisione totale e coerente di questa imposta, gli italiani dovranno versare la rata entro i termini previsti.

Ma la sospensione dell’Imu non è per tutti. Vediamo nel dettaglio chi la pagherà e chi no.

Chi ha diritto alla sospensione dell’Imu

Non si pagherà la rata di giugno dell’Imu su:

abitazioni principali e pertinenze;

– immobili “appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari”;

– alloggi assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (Iacp) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica;

terreni agricoli e i fabbricati rurali.

Chi pagherà la rata di Imu di giugno?

Il decreto firmato oggi dal governo prevede che l’Imu dovrà essere pagata da chi possiede immobili signorili, le ville, i castelli e i palazzi di pregio artistico o storico, cioè quelli classificati in catasto con le categorie A/1, A/8 e A/9.

Lo stop Imu solo sulla prima casa anche se…

 A livello economico e finanziario sentiamo ripetere su più fronti che il nostro paese ha bisogno di maggiore respiro per le imprese oggi ossessionate dal pagamento di tantissime imposte che le zavorrano senza consentire loro una ripartenza adeguata.

Il governo Letta fa i conti per il paese

Il Consiglio dei Ministri di domani, però, deciderà soltanto sulla sospensione dell’IMU per la prima casa, un punto fermo sul quale il governo di larghe intese PD-PdL non intende fare passi indietro. Se viene sospesa questa imposta, però, non ci sarà spazio per discutere delle altre manovre altrettanto importanti e forse più legate alla salute del tessuto economico.

Sembra infatti caduto nel dimenticatoio il rifinanziamento della cassa integrazione straordinaria per il 2013. I tecnici, tuttavia, continuano a lavorare per trovare la copertura finanziaria adeguata agli altri aggiustamenti necessari per l’economia del Belpaese. In programma, per esempio, ci sarebbe la sospensione del pagamento dell’IMU anche sui capannoni delle imprese. Questo “desiderio” non potrà essere esaudito nel breve periodo visto che per la manovra servirebbero circa 1,5 miliardi di euro.

Crolla l’immobiliare ma sui prezzi è battaglia

Procrastinato anche lo stop all’aumento dell’IVA. La data fissata per il passaggio dell’imposta sul valore aggiunto da 21 a 22 punti percentuali, resta la stessa. Qualche analista più malizioso, prendendo spunto anche dai dati Istat sul PIL italiano, sostiene che il governo Letta non ha ancora compreso la sofferenza delle imprese, ma preferisce dedicarsi a manovre che gli assicurano il consenso dell’elettorato.