Arriva l’IMU dove non arriva l’IRPEF

 Un fabbricato su cui sia pagata l’IMU non può più concorrere alla determinazione dell’imponibile delle persone fisiche. Lo ha specificato l’Agenzia delle Entrate in una recente pubblicazione.

Nella circolare numero 5/E dell’11 marzo scorso, data nella quale sono stati definiti anche i neo codici per l’IVASS, l’Erario ha spiegato meglio la relazione che intercorre tra l’IMU e le imposte dirette e l’effetto sostitutivo che questi due tributi hanno sui singoli redditi.

 Raccolta positiva per il Fisco nel 2012

L’IMU prende il posto dell’IRPEF in alcuni casi specifici. L’imposta municipale va a sostituire l’IRPEF e gli addizionali a questo legati, quando si parla di redditi fondiarie relativi a fabbricati non locali o a terreni non affittati. Questo principio era già stato enucleato nel Dlgs 23/2011, ma con l’ultima circolare dell’Agenzia delle Entrate è stata ribadita e concretizzata la funzione di tassazione “sostitutiva” dell’IMU.

L’Agenzia delle Entrate ha spiegato che se non accadesse quanto detto, ci sarebbe una disposizione di legge ad hoc, una cosa simile a quella che è successa per la cedolare secca. La sostituzione è valida anche quando alla formazione del reddito contribuiscono soltanto i redditi fondiari, tassabili quando superano i 500 euro.

I contribuenti, da parte loro, devono indicare sia nel modello 730, sia nel modello Unico PF, i fabbricati e i terreni per i quali hanno già versato l’IMU e non scontano l’IRPEF.

Neo codici per l’IVASS

 L’Isvap che vigilava sulle assicurazioni ed era il punto di riferimento per tutti coloro che avevano voglia di accendere un mutuo senza cedere al ricatto dell’assicurazione abbinata al prodotto creditizio, adesso ha cambiato nome e pertanto l’Agenzia delle Entrate ha predisposto dei nuovi codici.

► L’Ivass al posto dell’Isvap

L’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni, il nuovo istituto, l’Ivass, nasce chiaramente sullo schema dell’Isvap che è stato soppresso. Quello che mantiene della vecchia struttura sono le funzioni, le competenze e i poteri, ma non si potevano mantenere immutati i numeri identificativi.

► I mutui al 100 per cento non esistono più

Il nuovo istituto di vigilanza sulle assicurazioni è stato istituito l’anno scorso con la legge numero 95/2012 e precisamente con l’articolo 13, comma 1. L’Erario ha definito quindi un nuovo codice ente che va ad identificare l’istituto e un codice tributo ad hoc per recuperare le spese di notifica. Con questa dicitura si fa riferimento a procedimenti sanzionatori e spese di procedimento sostenute dall’ente.

Per la definizione dei codici è stata usata la risoluzione 16/E dell’11 marzo scorso e tutto serve affinché si possa avere una rendicontazione precisa delle somme riscosse come sanzioni dall’Ivass. Somme che devono essere versate tramite il modello F23 usando i seguenti idenfiticativi: il codice tributo 74IT e il codice ente NAE che deve essere poi inserito nel campo 6.

 

 

Per trovare l’evasore bastano gli appunti

 Un manoscritto, un documento scritto a mano, può essere usato come prova che le scritture contabili non finiscono ai registri e che la situazione patrimoniale dell’azienda ha qualcosa in più. Insomma, la contabilità in nero, annotata a mano, può essere una prova dell’evasione dell’imprenditore. A prescindere dalla sussistenza di altri elementi, gli appunti scritti a penna sono da considerarsi probatori.

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A stabilire questo principio dando un colpo deciso all’evasione, ci ha pensato la Corte di Cassazione con la sentenza 4126 del 20 febbraio. Tutto è nato chiaramente da un fatto: ad una società che operava nel campo del commercio delle opere d’arte, è stato inviato un avviso di accertamento. Sul posto, durante l’esame della Guardia di Finanza, sono stati rinvenuti degli appunti scritti a mano dal rappresentante legale della società.

La comunicazione dati IVA del 2012

Negli appunti si scriveva di diverse opere, dal valore di miliardi di lire, commerciate senza alcuna notazione contabile. Secondo l’amministrazione tributaria, questo manoscritto doveva esser considerato un indizio per l’accusa di evasione, da corroborare poi con una serie di indizi e con altri accertamenti sulla contabilità della società.

La Corte suprema, invece, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate ed ha considerato che questi appunti fossero parte di una contabilità in nero e quindi validi a livello indiziario.

I Comuni partecipano agli accertamenti fiscali

 Per contrastare l’evasione è necessario il contributo di tutti gli enti, compresi i comuni e le modalità di partecipazione sono determinate nell’intento di assicurare lo sviluppo della sinergia giusta contro l’evasione.

Per prima cosa è necessario fare il punto sulle segnalazioni qualificate nel processo di partecipazione dei Comuni all’accertamento fiscale e contributivo.

 Per trovare l’evasore bastano gli appunti

A livello normativo, il primo riferimento utile è un provvedimento del 3 dicembre 2007 in cui si stabilisce che i Comuni partecipano all’attività di accertamento fiscale fornendo indicazioni all’amministrazione tributaria, in modo che quest’ultima possa disporre l’accertamento dei tributi erariali diretti o indiretti.

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I Comuni, chiaramente, forniscono soltanto alcuni tipi di informazioni: per esempio le posizioni soggettive che sono la base per conoscere atti, fatti e negozi alla base di comportamenti detti elusivi. In questo, i Comuni, offrono una segnalazione qualificata e contribuiscono in modo importante alla conoscenza dell’economia sommersa, oltre che a quella del patrimonio immobiliare per il quale contribuenti e aziende non pagano le tasse e non fanno dichiarazioni.

Si capisce allora che gli ambiti d’intervento rilevanti per la attività dei Comuni e dell’Agenzia delle Entrate, riguardano soltanto alcuni settori, nello specifico cinque: il commercio e le professioni, l’urbanistica e il territorio, le proprietà edilizie e il patrimonio immobiliare, le residenze fittizie all’estero e la disponibilità di beni indicativi di capacità contributiva.

Anche le no profit pagano le tasse

 Gli enti no profit, per definizione, non traggono profitti dal loro operato nel senso che quanto guadagnano deve essere reinvestito nelle attività di utilità sociale. Eppure questo non vuol dire che non pagano le tasse o che sono in un regime di extrafiscalità. Anzi, gli enti no profit devono sottoporsi al prelievo dei tributi che cambia sulla base del tipo di attività svolta.

 L’esenzione IMU degli enti no profit

Una sentenza della Corte di Cassazione, la numero 4147 del 20 febbraio 2013 è tornata sull’argomento, prendendo in esame soprattutto le associazioni sportive dilettantistiche. Queste organizzazioni, a livello quantitativo, sono le più diffuse nel nostro territorio.

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In presenza delle condizioni indicate dalla legge, si può ottenere l’applicazione di un regime tributario di favore ma mai bisogna pensare di “farla franca” non dichiarando alcunché. L’articolo 148 del Tuir, infatti, spiega che per gli enti no profit è esclusa la commerciabilità, quindi la tassazione sulle attività svolte per attuare gli scopi istituzionali e rivolte agli associati.

Se però ci sono delle attività rivolte al mercato, bisogna distinguere i costi, quelli comuni e i profitti che ne derivano. Il problema è che negli anni, dietro tante associazioni no profit, sono state mascherate soltanto delle attività commerciali, si pensi ad esempio alle varie palestre, piuttosto che alle discoteche o ai ristoranti.

Società di capitali attese alla cassa

 Questa è una notizia che riguarda soprattutto le società di capitali e le società consortili. Si spiega che è in scadenza il pagamento della tassa annuale sulle concessioni governative per la remunerazione e la bollatura dei libri e dei registri contabili obbligatori.

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I libri contabili, per esempio IVA acquisti e IVA vendite, generalmente, non possono essere usati prima di ottenerne una registrazione ufficiale dall’Agenzia delle Entrate. Chiaramente ci sono dei casi limite: i possessori di partita IVA che fanno la dichiarazione dei redditi autonomamente, per esempio, non sono tenuti all’imposta di bollo sui registri.

Una mini guida all’IRAP

Non si può dire la stessa cosa delle società di capitali e delle società consortili. Il termine ultimo da rispettare per queste operazioni è il 18 marzo. La scadenza fiscale, rispettata, non comporta l’applicazione di sanzioni. Ad essere interessate dall’appuntamento sono le SPA, le Srl, le Sapa e le consortili anche se si tratta di società in liquidazione.

Le scritture contabili devono essere vidimate, numerate progressivamente e quindi bollate al Registro delle Imprese della Camera di commercio o da un notaio. La spesa da sostenere per le operazioni è dei 309,87 euro se il capitale sociale o il fondo di dotazione non superano i 309,87 euro, oppure è di 516.456,90 per gli importi che superano la cifra indicata.

Il versamento va fatto tramite F24 indicando il codice tributo 7085.

La deduzione dall’Ires soltanto con documenti certi

 Fiscalmente è possibile per una società scaricare dal reddito i corrispettivi pagati agli amministratori ma spesso capita che a fronte di questi corrispettivi portati in dichiarazione, non ci sia stato l’effettivo pagamento. Tutto chiaramente può essere individuato a partire dall’analisi dei conti della società.

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Per evitare d’incappare nelle maglie del Fisco, l’Agenzia delle Entrate spiega come comportarsi. Il riferimento è ad una sentenze della Commissione tributaria di primo grado di Trento del 21 gennaio 2013. Nel documento si specifica che in assenza di una delibera dell’assemblea, non è possibile dedurre dal reddito d’impresa i compensi corrisposti agli amministratori.

Una mini guida all’IRAP

La precisazione è arrivata dopo una verifica fiscale a seguito della quale è stato emesso un avviso di accertamento. L’Erario contestava all’azienda la deduzione dei compensi corrisposti agli amministratori. L’Agenzia delle Entrate ha specificato che il riferimento è alla disciplina civilistica.

In pratica nelle società a responsabilità limitata, l’atto costitutivo della società stessa, deve prevedere se le cariche amministrative sono gratuite o retribuite, è necessario individuare un organo competente per fissare il compenso e poi devono essere chiari i modi e i criteri di determinazione dei compensi.

Nello statuto della società posta a verifica, si specificava che doveva essere l’assemblea a definire il compenso degli amministratori che poteva essere “eventuale”.

Si possono cumulare sanzioni penali e fiscali

 Una persona, normalmente, non può subire due procedimenti per uno stesso reato. Nel senso che il pronunciamento deve essere unico, la sentenza è unica, poi si può impugnare, portare in Appello, in Cassazione o alle altre autorità competenti, ma deve essere una sola.

Sfuggire al fisco è sempre più difficile

Il principio che sta alla base di questo assunto è il “ne bis in idem“, sancito dall’articolo 4 del protocollo 7 della CEDU, ma anche dall’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Di recente, però, in seguito ad un caso che ha interessato un contribuente svedese, è stato necessario approfondire l’argomento e si è arrivati alla conclusione che uno stesso contribuente può cumulare la sanzione penale e quella fiscale a patto che il riferimento sia allo stesso reato.

L’Agenzia delle Entrate in video

Il contribuente in questione doveva subire un processo penale con l’accusa di frode fiscale aggravata, poiché nelle dichiarazioni del 2004 e del 2005 aveva fornito informazioni inesatte. L’amministrazione tributaria, però, aveva la necessità di riscuotere le imposte sul reddito evase e quindi attribuire allo stesso contribuente delle sanzioni fiscali.

Il giudice che guidava il procedimento penale ha chiesto l’intervento della Corte Europea, per capire se si potesse applicare il principio del “ne bis in idem”. La Corte Europea ha spiegato che per questo particolare tipo di reati è possibile sommare sovrattasse e sanzioni penali, purché riferite allo stesso reato.

Gli interessi di mora sono più consistenti

 Può capitare che per distrazione o deliberatamente, si evadano le tasse. A quel punto ci sono tanti strumenti che si possono usare per mettersi in regola con il fisco, ad esempio il ravvedimento operoso. Se avete mancato il classico appuntamento con la dichiarazione dei redditi e con il pagamento delle tasse, oppure avete dimenticato di pagare l’IVA o un’altra imposta entro il termine previsto dall’Erario, in pochi giorni potete “chiedere scusa” e versare la somma dovuta più un piccolo interesse per il ritardo.

Sfuggire al fisco è sempre più difficile

Peccato che adesso gli interessi di mora siano saliti e tutti additano ancora una volta la crisi economica imperante. Negli anni passati, infatti, il trend era stato esattamente opposto, nel senso che c’era stata una riduzione degli interessi di mora, per incoraggiare gli evasori a venire allo scoperto.

Da chi dipende l’ingovernabilità italiana

Pagare una cartella esattoriale in ritardo, invece, dal primo maggio 2013, costerà di più. Nel dettaglio la misura annua del tasso d’interesse sale dal 4,5504 per cento fino al 5,2233 per cento. Tutti i dettagli dell’operazione sono contenuti in un provvedimento del 4 marzo 2013, firmato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera.

Nel dettaglio il provvedimento comporta che, trascorsi i 60 giorni di tempo dalla notifica delle cartelle, su tutte le cartelle di pagamento si si pagano gli interessi di mora, al tasso indicato sopra.

 

Sfuggire al fisco è sempre più difficile

 La lotta all’evasione fiscale è da considerarsi prioritaria del governo finito con Monti ma probabilmente sarà tra le priorità anche nel prossimo governo di centrosinistra. La politica, in questo senso, sarà chiamata a collaborare con l’Agenzia delle Entrate che ha già iniziato il giro di vite contro gli evasori.

Da chi dipende l’ingovernabilità italiana

In pratica è stato modificato il sistema delle cartelle di pagamento con un provvedimento del 5 marzo 2013. Nelle intenzioni c’è il recupero del credito, o meglio incrementare la certezza del pagamento che andrà a rimettere in sesto le casse dell’Erario e quelle degli altri enti impositori.

L’Agenzia delle Entrate in video

La cartella di pagamento dovrà integrare una serie di consigli della Corte Costituzionale, il che vuol dire che tutto dovrà essere fatto nel rispetto della privacy del contribuente. Se per esempio il Fisco non riesce a trovare l’evasore, perché temporaneamente assente oppure perché le persone legittimate a ricevere la cartella non possono farlo o non vogliono farlo, allora la cartella deve essere notificata con una procedura particolare.

Per prima cosa deve essere effettuato il deposito della stessa al Comune, poi deve essere affisso un avvito di deposito in busta chiusa e sigillata, presso l’abitazione indicata dal contribuente al fisco e quindi deve essere inviata anche una raccomandata con ricevuta di ritorno per avvisare il contribuente di tutto quello che è stato fatto.