Con i registri introvabili è bancarotta fraudolenta

 La normativa fiscale è stata aggiornata con una nuova sentenza della Corte di Cassazione, la numero 769 dell’8 gennaio del 2013, dove si parla del reato di bancarotta fraudolenta.

Bancarotta

I porporati hanno ribadito che nel caso in cui il titolare di una ditta individuale sopprima il libro giornale il libro degli inventari obbligatori, oppure faccia in modo che la curatela non possa ricostruire la situazione patrimoniale del contribuente, allora non si parla di bancarotta documentale semplice ma di bancarotta fraudolenta documentale.

La vicenda che sta alla base del pronunciamento risale al 2010 circa, quando è stata la Corte d’Appello di Palermo a confermare la conclusione del giudice per le indagini preliminari che aveva accusato la titolare di una ditta individuale, fallita nel 2004, per bancarotta fraudolenta.

Piano Alitalia per evitare la bancarotta

L’imputata aveva fatto ricorso chiedendo di essere giudicata per bancarotta documentale semplice, spiegando che non aveva commesso il reato che la corte le imputava, quello di falsificazione, distruzione o occultamento dei registri contabili obbligatori, perché nei tre anni precedenti al fallimento aveva operato nel regime di contabilità semplificata e per questo non aveva tenute le scritture contabili.

Nei primi due gradi di giudizio era stata giudicata colpevole nonostante le argomentazioni, per cui si è fatto ricorso alla Cassazione che però ha confermato i pronunciamenti precedenti.

Il redditometro deve considerare anche le famiglie

 Il redditometro ha attirato su di sé numerose critiche accendendo il dibattito politico sulla certezza del metodo di rilevazione e sull’efficacia dello strumento. In un recente intervento TV, lo stesso Mario Monti ha specificato che andava abolito, anche se il suo governo l’ha ereditato dal gabinetto precedente.

► Monti vuole abolire Redditometro

Adesso, per il redditometro sono state pensate delle correzioni che servono ad integrare le informazioni su un contribuente in relazione al suo nucleo famigliare. Il problema, fino a questo momento, nasceva dal fatto che in un nucleo famigliare composto da più persone, il redditometro proponeva un accertamento sui singoli individui.

In pratica va recuperata un po’ la filosofia del redditest che al contrario ricostruiva il reddito delle persone considerandole all’interno del nucleo famigliare di appartenenza. In particolare i correttivi famigliari devono interessare la quota spesa media Istat e le modalità di imputazione dei redditi.

Per le spese si sottolinea come il parametro fornito dall’Istat tenga conto del dato medio di spesa nel nucleo famigliare sulla base di uno dei 55 modelli di famiglia proposto dall’Istituto nazionale di statistica e della coppia numerosità della famiglia/zona geografica dell’abitazione.

► Tabella A del nuovo Redditometro

Nella pratica, se la famiglia è monoreddito sono imputate le spese unicamente al percettore del reddito, nel caso delle famiglie con due entrate, le spese totali sono ripartite in percentuale, considerando quanto il reddito del singolo genitore contribuisce al reddito totale.

Non basta la bolletta dell’elettricità per dimostrare la residenza

 Quando si acquista la “prima casa”, si ottengono una serie di benefici fiscali, ma il patto con l’Erario è che il contribuente, neo proprietario di un immobile, abbia dei requisiti soggettivi ed oggettivi per avere questo sconto in dichiarazione.

► Le imposte immobiliari rimpinguano le casse dello Stato

Secondo la Cassazione, che di recente è intervenuta sulla questione delle agevolazioni sull’acquisto della prima casa, non basta essersi intestati un’utenza per ottenere gli sconti del Fisco. Spieghiamo i fatti e il pronunciamento dei porporati di Piazza Cavour.

Il fatto. Due contribuenti hanno ottenuto un avviso di liquidazione da parte dell’autorità finanziaria, dopo la revoca dei benefici legati alla prima casa, perché, secondo il Fisco, erano decaduti i requisiti utili ad ottenere l’agevolazione, in particolare era stato contestato alla coppia di non aver stabilito la residenza nell’immobile entro i 18 mesi dall’acquisto, previsti dalla legge.

► Troppe tasse scoraggiano acquisto immobili

Il ricorso era stato respinto in primo grado ma poi accolto in appello perché i contribuenti avevano fornito la prova del trasferimento della residenza: l’intestazione della bolletta elettrica e poi una dichiarazione del maresciallo dei Carabinieri.

I giudici della Cassazione hanno di nuovo ribaltato la sentenza spiegando che l’utenza elettrica e una dichiarazione fornita in termini generici non sono sufficienti a provare che sia stato l’effettivo trasferimento della residenza degli acquirenti nel nuovo immobile tanto da ottenerne le agevolazioni come “prima casa”.

Rinfreschiamoci le idee sui superminimi

 Il regime fiscale dei superminimi ha delle condizioni di accesso molto particolari ed ha sostituito il vecchio regime dei minimi, diventandone praticamente una variante. Il regime dei superminimi è considerato dall’Erario un “Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovani e lavoratori in mobilità” ed è entrato in vigore dal primo gennaio del 2012.

Tutte le novità fiscali del 2013

Le novità introdotte da questo regime sono state tutte riassunte nell’articolo 27 del Decreto legge del 6 luglio 2011 numero 98. Quali sono le condizioni d’accesso al regime dei superminimi? Per rientrare nell’insieme di contribuenti appena definito, il requisito principale è non superare i 30 mila euro di ricavi e compensi, perché altrimenti si finisce nel regime ordinario.

Acconto IVA: le eccezioni

Il regime dei superminimi può durare al massimo 5 anni e non è più a tempo indeterminato come si prevedeva all’inizio, ma si può prorogare nel caso in cui il contribuente non abbia ancora spento le 35 candeline.

Il regime dei superminimi è riservato anche a chi ha avviato l’attività d’impresa dal primo gennaio 2008, a chi non ha esercitato un’attività artistica o professionale anche in forma famigliare e associata nei tre anni precedenti, a chi deve fare un’attività nuova e non trasformare la precedente in praticantato.

Le fatture di chi si avvale dei superminimi sono emesse senza esercitare la rivalsa e senza detrazione del tributo sugli acquisti.

► Nuova compilazione fatture 2013

Dichiarazione unica IMU per gli enti non commerciali

 Così come esiste la dichiarazione annuale IVA che guida il fisco nel riconoscimento del volume d’affari dei professionisti e dei lavoratori autonomi, nonché delle imprese, esiste anche una dichiarazione annuale con la quale si comunicano i dati utili ai fini della definizione IMU. 

► Tenete a mente le scadenze IVA

Abbiamo già visto le specificità dell’Unico Enti non commerciali 2013adesso prendiamo in esame la prossima la dichiarazione unica e riepilogativa IMU. Si tratta di un adempimento che unisce tutti i contribuenti e deve essere espletato entro il 4 febbraio 2013. Nell’elenco dei contribuenti che devono presentare la dichiarazione non ci sono gli Enti non commerciali.

Per i loro immobili, infatti, è prevista una dichiarazione unica e riepilogativa di tutti gli elementi al fine di definirne l’esenzione. Sull’obbligo dichiarativo degli enti no profit è stata pubblicata una risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, la numero 1 dell’11 gennaio 2013.

Il dipartimento delle Finanze ha specificato che gli enti no profit possono beneficiare di un’esenzione sulla base dell’uso non commerciale degli immobili di proprietà. Nel versamento del saldo 2012, gli Enti non commerciali possono beneficiare l’esenzione totale dell’imposta sugli immobili dedicati all’attività non commerciale.

Per il 2013, invece, nel definire l’esenzione, va rispettato il criterio dell’imposta proporzionale. Vuol dire che è applicato il principio di proporzionalità agli immobili prima e alla tassa poi.

Se la fattura è falsa non c’è alcuno sconto di pena

 Il contribuente che abbia emesso una fattura falsa, non può ottenere uno sconto della pena, anche se ha poi presentato una dichiarazione “rettificativa”, il cosiddetto ravvedimento. Non ha attenuanti e la Cassazione precisa che se l’importo della fattura non è stato pagato per intero, non può essere considerata l’attenuante.

I porporati sono uniti nel ribadire che il contribuente “evasore” non rientra nella casistica elencata dall’articolo 13 del decreto legislativo 74/2000, se si verifica che non ha estinto il debito con l’Erario. La sentenza che ha ribadito il concetto è la n. 176 del 7 gennaio 2013.

Tutti i titolari di partita IVA, dall’inizio dell’anno, hanno dovuto fare i conti con una ritoccata la normativa sulle fatture IVA e, sempre da gennaio, dovranno compilare in modo diverso le fatture.

► Nuova compilazione fatture 2013

Tornato al pronunciamento della Cassazione, riepiloghiamo il breve il “fatto” che ha indotto i giudici a pronunciarsi sulle fatture false: il legale rappresentante di una Srl era stato condannato a 4 mesi di reclusione per dichiarazione fraudolenta tramite l’uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti. L’imputato avrebbe fatto tutto al fine di evadere le imposte sui redditi, indicando elementi passivi fittizi.

Nonostante il ricorso, i giudici hanno confermato la sentenza, senza considerare le attenuanti, poiché l’imputato non ha comunque saldato le fatture contestate.

 La frode deve dimostrarla il Fisco

 

Strategie di riduzione della tasse

 Periodicamente, soprattutto in coincidenza delle scadenze elettorali, si parla molto di pressione fiscale, termine molto caro alla politica, per indicare una percentuale crescente del reddito che finisce direttamente nelle tasche dell’Erario.

Un discorso molto interessante che fa intuire come i cittadini e i politici siano d’accordo nel confermare un ruolo prioritario alla tassazione nella loro vita di contribuenti.

Tassazione: domani sarà in discesa

Molte delle dichiarazioni che arrivano dalla politica procedono per spot, vale a dire che i politici sono in competizione nella promessa di ridurre le tasse e di farlo abolendone qualcuna.

Un’economista molto arguto, Alberto Bisin, intervenuto sull’argomento dalle pagine di Repubblica, ha riportato la discussione su altri punti, parlando di riforma economica piuttosto che di abolizione delle tasse.

Questo aspetto programmatico ha incuriosito molti lettori che, consapevoli del fatto che le tasse assorbono il 45% del reddito degli italiani, vorrebbero trovare una soluzione al problema.

Sembra dunque che gli interventi previsti siano essenzialmente due: la riduzione dell’IRPEF che aiuterebbe nel miglioramento dell’offerta di lavoro e poi la riduzione del cuneo fiscale per rilanciare gli investimenti. A questi interventi occorre aggiungere anche una razionalizzazione della spesa, in modo che i conti siano sempre tenuti in ordine.

Pressione fiscale e debito fiscale: cosa cambia?

Purtroppo, analizza Alberto Bisin, fino a questo momento ci sono stati soltanto degli interventi di emergenza, lontani dalla “risoluzione del problema”.

Che impatto hanno le spese medie Istat

 Le spese medie Istat sono sicuramente importanti per il redditometro ma solo nella misura in cui il contribuente dichiara al fisco di aver sostenuto quelle spese. Per molte di queste, tra l’altro, è inutile conservare la documentazione, siano essi scontrini o ricevute, o un altro tipo di documenti.

Gli elementi appena enunciati si evincono dalla fase di test del redditometro che stenta a decollare in tutti i sensi. A livello normativo il riferimento è l’articolo 3, lettera a) del decreto sul redditometro nel quale si spiega che per ricostruire il reddito è importante raccogliere i documenti sulle spese effettivamente sostenute dal contribuente e delle quali è al corrente l’amministrazione finanziaria.

► Come usare il Redditometro

Le spese da documentare sono tutte inserite in una tabella in cui le voci di spesa sono circa 30. Si fa menzione del mutuo della casa, dell’affitto, dell’energia elettrica o anche dei soggiorni di studio all’estero, dei contributi previdenziali obbligatori e non solo.

► Più di 100 spese per il redditest

Ci sono anche altre 24 voci di spesa per le quali si prevede di applicare il valore maggiore tra quello che il contribuente ha effettivamente sostenuto e quello che è stato rilevato come spesa media dall’Istat oppure da altre spese rilevate in altri studi socio economici di settore.

Le imposte immobiliari rimpinguano le casse dello Stato

 Le tasse sulla casa, nel 2012, hanno portato nelle casse dello Stato e dei Comuni il 36,8% in più di quello che era stato raggranellato l’anno prima. Si parla di un bel capitale di 44,2 miliardi di euro e tutto si deve all’IMU che in qualche modo, oltre  a reintrodurre la tassa sulla casa, le ha anche cambiato i connotati.

► Per l’Ue l’Imu è inutile

Per capire un po’ meglio quello che è successo in termini fiscali, Il Sole 24 Ore propone una retrospettiva della tassa sugli immobili. Molto è cambiato dal 2011 al 2012. Per esempio, nel 2011, il 25% circa dei ricavi prodotti dagli immobili in termini fiscali, erano da attribuire all’Irpef e all’Ires che portavano nelle casse dello Stato ben 8,2 miliardi di euro.

► L’Ue precisa sulle critiche all’Imu

Nel 2012, il gettito di Irpef e Ires sugli immobili si è fermato a 6,64 miliardi di euro e quindi vuol dire che la quota percentuale di questa tassa è scesa al 15 per cento. L’evoluzione è da legare alla reintroduzione dell’IMU che ha praticamente resettato l’Irpef sui redditi fondiari, quella che fino al 2011 era stata pagata dalle case non in affitto.

Molto importante, sicuramente, il dossier del dipartimento delle Finanze che ha quantificato l’imposta media pagata dai cittadini che rientrano nelle diverse fasce di reddito previste dal fisco. 23 milioni di contribuenti pagheranno circa 700 euro l’anno per l’IMU.

I benefici ai dipendenti nei quadri Ias e Ifrs

 L’azienda che assume un lavoratore, deve sostenere necessariamente dei costi. Quelli sostenuti per i propri dipendenti, in genere, sono tutti inseriti nel quadro Ias 19 dove l’impresa, sulla base dell’attività lavorativa svolta dal lavoratore, deve individuarne l’obbligazione.

Il principio contabile internazionale spiega tutti i benefici che spettano ai dipendenti e distingue in modo netto i costi sostenuti dall’impresa e la contabilizzazione che occorre fare.

► Pronto il modello CUD 2013

Per alcuni costi, però, non basta calcolare il beneficio che un lavoratore ottiene per il proprio lavoro ma bisogna anche tenere conto di una quota di quelli che maturerà in tutta l’attività lavorativa da svolgere in futuro. In genere, sulla base del beneficio, il quadro Ias 19 chiede anche l’attualizzazione dell’importo alla data di riferimento del bilancio, visto che l’interesse è collegato all’attualizzazione.

La normativa prevede che siano individuate ben 4 tipologie di benefici per i dipendenti e per ognuno di questi ci sono delle regole di contabilizzazione da rispettare. Nel dettaglio si parla dei benefici a breve termine per i dipendenti, dei benefici successivi al rapporto di lavoro, dei benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro e degli atri benefici a lungo termine.

► Adempimenti del datore di lavoro per usufruire degli sgravi contributivi

Partiamo dal primo insieme e scopriamo che i benefici a breve termine sono quelli la cui liquidazione, deve essere fatta entro i 12 mesi dal termine dell’attività lavorativa svolta e rientrano nell’insieme i salari e gli stipendi, gli oneri sociali, le indennità ferie e malattia, le auto aziendali e i prodotti gratuiti.