L’Agenzia delle Entrate in video

 Il sito dell’Agenzia delle Entrate deve essere a disposizione di tutti i contribuenti, anche di quelli stranieri, anche di quelli che non sono molto esperti nella navigazione in internet. Per loro l’Erario ha pensato ad una serie di video esplicativi multilingue che parleranno di moltissimi argomenti.

 Fisco e INPS uniti contro l’evasione

Il primo tema all’ordine del giorno è il codice fiscale. I filmati sono stati realizzati grazie anche all’aiuto dell’equivalente spagnolo delle Entrate e da un funzionario della nostra amministrazione finanziaria. Tutta l’operazione, tanto per restare in tema di spending review, si affretta a dire FiscoOggi, non è costata nulla.

Per raggiungere il canale con i video dedicati al codice fiscale è necessario accedere al canale Youtube dell’Agenzia. I primi video disponibili sono in lingua straniera. Prima che fossero tradotti, c’era comunque la possibilità di mettere i sottotitoli. Poi la decisione di iniziare con la traduzione del video originale nelle lingue più comuni tra i cittadini stranieri presenti in Italia: lo spagnolo e l’italiano.

Codice tributo per le irregolarità dei tabaccai

Questa attenzione alla platea dei lavoratori stranieri presenti nel nostro paese, agevola i buoni rapporti con l’amministrazione finanziaria e riduce le occasioni di frode.

Per quanto riguarda il codice fiscale, le semplici domande cui si cerca di dare una risposta sono: così il codice fiscale, come si richiede, a chi rivolgersi quando a chiedere il codice fiscale sono i cittadini stranieri e che documenti bisogna presentare.

Per le auto aziendali doppio giro di vite

 La riduzione delle agevolazione e la scadenza di alcuni “‘privilegi” ha gettato nel panico l’America alla fine dell’anno scorso tanto che il presidente Obama, al suo secondo mandato, ha dovuto subito affrontare la questione del fiscal cliff e, per il momento, tante agevolazioni sono state confermate per dare il tempo a tutti di assorbire il prossimo new deal fiscale.

 Tutte le novità fiscali del 2013

In Italia non è stato altrettanto drammatico, ma il giro di vite del fisco ha mietuto qualche vittima. Per esempio, dall’inizio del 2013, è stata modificata tutta la normativa sulla deducibilità dei costi delle auto aziendali, o delle auto usate dai professionisti.

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Il primo giro di vite è arrivato con la legge Fornero 92/2012 (articolo 4 comma 72), poi c’è stata una conferma e un altro giro di vite con la legge di Stabilità 2013. Le due normative, però, non essendo perfettamente congruenti, hanno generato dei problemi interpretativi  e così è stata l’Agenzia delle Entrate a prendere il toro per le Corna.

UNICO 2013 PF: beni aziendali concessi e acconti

La circolare 1/2013 parla proprio di questo argomento e spiega che resta invariata la deducibilità integrale soltanto per i veicoli adibiti ad uso pubblico, per esempio i taxi e per quelli che sono usati soltanto come beni strumentali nell’attività dell’impresa, quindi ad esempio le auto a noleggio.

 

Il promoter non è da considerare un collaboratore

 Il fisco batte cassa e necessariamente si opera una riflessione non confinata alle aliquote contributive, ma anche alle problematiche di natura professionale. Una recente precisazione del Ministero del Lavoro, nel dettaglio, va a mischiare le carte nel mazzo delle associazioni non profit.

Nuove aliquote INPS per la Gestione Separata

E’ stato definito, infatti, che i promoter, i famosi dialogatori, spesso assoldati dalle organizzazioni non profit e dalle Onlus, non possono essere considerati dei collaboratori, per cui i committenti non possono stipulare con loro un contratto di collaborazione coordinata e continuativa oppure un contratto a progetto. Lo stesso discorso, all’interno delle ONLUS, è fatto per coloro che svolgono lavori con finalità socio-assistenziali e sanitarie.

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Di recente, sempre rispetto ai contratti a progetto, sono state definite le aliquote INPS. I lavoratori a progetto, iscritti alla Gestione Separata, sono considerati dal settore previdenziale dei parasubordinati.

Mutuo on off per lavoratori a progetto

Fatto salvo questo particolare, l’intento del legislatore è quello di limitare l’uso dei contratti a progetto a tutte quelle attività professionali in cui il lavoro svolto è legato al raggiungimento di un risultato specifico, verificabile e non coincidente con l’oggetto sociale dell’impresa committente.

Questo tipo di chiarimenti, oltre che per i datori di lavoro, sono uno strumenti utile per gli ispettori. I datori di lavoro, quindi dovranno studiare altre forme contrattuali, probabilmente più onerose per l’organizzazione.

Nuove aliquote INPS per la Gestione Separata

 Il fisco batte cassa e lo fa partendo dal CUD che lancia la stagione fiscale 2013. Poi sarà la volta del 730 e infine del modello Unico, tanto per citare i modelli di dichiarazione più comuni nel nostro paese. Insieme all’imposta sul reddito delle persone fisiche, alcuni contribuenti dovranno provvedere anche al pagamento dei contributi previdenziali.

Il promoter non è da considerare un collaboratore

Una recente circolare dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, ha fatto chiarezza sulle aliquote da riferire alla Gestione Separata, una cassa alla quale generalmente sono iscritti sia i lavoratori parasubordinati, sia gli autonomi con partita IVA che non hanno una cassa professionale di riferimento.

Fisco e INPS uniti contro l’evasione

La circolare INPS da spulciare per avere la conferma di quanto stiamo per scrivere è la numero 27 del 12 febbraio 2013 dove si spiega che l’aliquota contributiva per gli iscritti alla Gestione Separata come lavoratori parasubordinati è stata aumentata al 20% mentre resta uguale quella per i lavoratori autonomi al 27,72%. In questa percentuale è compreso anche il contributo per la tutela della maternità, gli assegni famigliari, la malattia e la degenza ospedaliera, pari allo 0,72%.

Cosa cambia con l’aumento dell’IVA nel nostro Paese

Le aliquote indicate, chiaramente, corrispondono anche ad un massimale a un minimale di reddito. Il limite massimo per il 2013 è fissato a 99.034,00 euro, mentre il limite minimo è di 15.357,oo euro. I contributi, ripartiti in base al contratto, tra committente e collaboratore, devono essere pagati tramite il modello F24.

Come si chiede il rimborso IVA

 Se avete una partita IVA ed avete accumulato un credito IVA negli anni, avete la possibilità di chiederne il rimborso. La procedura cambia sulla base del tipo di dichiarazione scelta dal contribuente e si può scegliere anche come usare il credito accumulato nei confronti dell’Erario.

Partiamo dalla prima questione: che modulo è associato alla richiesta del rimborso del credito IVA 2012? Se si presenta la dichiarazione IVA autonoma entro febbraio, è necessario compilare il Rigo VX4 relativo al rimborso del credito. Al contrario, se si presenta la dichiarazione IVA in forma unificata con la dichiarazione dei redditi modello UNICO, allora è necessario compilare il Rigo RX33.

Il saldo IVA si avvicina

Il credito IVA può essere utilizzato in diversi modi. Per esempio si può usare per le successive liquidazioni periodiche dell’Imposta sul Valore Aggiunto, quindi computato in detrazione nell’anno successivo. Esiste anche una forma di compensazione orizzontale che consente di usare il credito per pagare altre imposte e contributi. Si può chiedere comunque il rimborso totale o parziale delle imposte.

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Il limite massimo di credito accumulabile non deve comunque superare i 516.465,90 euro. Il limite è definito tenendo conto che operano in regime IVA molti attori del settore edile.

Il termine per la presentazione della richiesta di rimborso deve essere presentata telematicamente tra il primo febbraio 2013 e il 30 settembre 2013.

Scegliere tra cedolare secca e remissione in bonis

 La cedolare secca è stata introdotta nel 2011 ma è quest’anno che se ne inizia a parlare con insistenza in prossimità della dichiarazione dei redditi. Ad introdurre questa particolare tipologia dei contratti d’affitto ci ha pensato l’articolo 3 del decreto legislativo numero 23 del 14 marzo 2011.

In pratica si tratta di un’imposta sostitutiva sui redditi che derivano dai contratti di locazione degli immobili ad uno abitativo, non inferiori ai 30 giorni. Se il contratto è di durata inferiore ad un mese, infatti, la legge non ha previsto l’obbligo di registrazione.

 Gli sconti sull’IRPEF dell’affitto degli studenti

La cedolare secca va a sostituire tutte le tasse relative all’affitto della casa, quindi l’IRPEF, gli addizionali, l’imposta di bollo e quella di registro. Se si sceglie di applicare la cedolare secca e il canone libero, allora l’imposta sostitutiva è al 21%, se invece si opta per la cedolare secca e il canone concordato, l’imposta scende al 19 per cento.

 Il regime degli affitti secondo la legge

Se si sceglie di entrare, diciamo così, nel regime della cedolare secca al momento della stipula del contratto, non ci sono problemi ma se la scelta dell’opzione è comunicata tardivamente, bisogna prendere sul serio la remissione in bonis

Si può usufruire di questa specie di “ravvedimento” soltanto se la violazione della normativa non è stata già contestata, se non sono iniziate le verifiche dell’autorità tributaria, se si posseggono i requisiti previsti dalla legge e se i documenti sono presentati entro la presentazione della prima dichiarazione dei redditi utile. La sanzione da versare, ad ogni modo, ammonta a 258 euro.

Gli sconti sull’IRPEF dell’affitto degli studenti

 Gli studenti universitari fuori sede, è un problema noto da anni, hanno difficoltà ad ottenere stanze e case in affitto con un contratto a norma di legge. Un’impresa in molte città, ma da quando il Fisco è diventato più attento ai proprietari degli immobili, molti affitti sono usciti allo scoperto.

Il regime degli affitti secondo la legge dispone che gli immobili locati nel rispetto della normativa del 1998, siano affittati scegliendo tra un canone libero e un canone concordato. Ma cosa cambia per gli studenti? Cambiano le agevolazioni fiscali.

La legge, infatti, stabilisce che gli studenti universitari fuori sede che abbiamo un contratto d’affitto regolare, stipulato nel rispetto della normativa 431/1998, possano scaricare il 19% del canone dall’IRPEF. Uno sconto che vale anche per i contratti di ospitalità stabiliti tra lo studente e gli enti per il diritto allo studio, oppure i collegi universitari riconosciuti, oppure gli enti senza fini di lucro.

 L’epilogo della cedolare secca

Per scaricare i costi dell’affitto, però, è necessario che la casa affittata sia distante almeno 100 chilometri dal Comune di residenza. In più la detrazione deve essere calcolata su un importo massimo di 2633 euro annui e possono usufruirne i genitori.

 La scelta ancora valida della cedolare secca

L’Agenzia delle entrate, nella circolare numero 20/E del 13 maggio 2011, ha spiegato come ripartire lo sconto nel caso in cui la spesa del figlio sia fatta da un solo genitore, da entrambi e nel caso in cui una famiglia abbia due figli da mantenere all’università.

Se l’inquilino ha il reddito basso, scatta il bonus fiscale

 Ci sono delle agevolazioni fiscali anche per coloro che non avendo la possibilità di optare per la cedolare secca, si affidano al canone libero. Tutte le agevolazioni di cui stiamo per parlare sono condizionate al reddito dichiarato ai fini IRPEF dai cittadini, includendo anche i redditi dei fabbricati assoggettati alla cedolare secca.

 Annuario del contribuente sottoposto a revisione

A chi spetta la detrazione? Il bonus vale soltanto se ad essere affittata è la dimora principale del proprietario o una parte di esso e se si rispettano alcune categorie contrattuali. Quindi se una casa è stata affittata secondo un contratto definito dalla legge numero 431 del 1998 e il reddito dell’affittuario non supera i 15.493,71 euro, lo sconto sull’IRPEF è di 300 euro che scendono a 150 se il reddito dichiarato e compreso tra 15.493,71 e 30.987,41 euro.

Fermo restando questi range di reddito, si possono ottenere sconti maggiori, rispettivamente di 495,30 e 247,90 euro se il contratto è convenzionale, cioè scritto rispettando l’articolo 2 comma 3 della legge numero 431 del 1998.

 L’epilogo della cedolare secca

Se poi a chiedere lo sconto sono i giovani tra 20 e 30 anni con un reddito basso, che vivono in una casa diversa da quella dei genitori, allora lo sconto arriva anche a 991,60 euro, ma deve essere sempre stipulato un contratto secondo la legge 431/98. Una detrazione analoga a quella degli studenti fuori sede, vale per i lavoratori dipendenti fuori sede che trasferiscono permanentemente la loro residenza in un’altra Regione o in un comune che dista almeno 100 chilometri da quello di provenienza.

A Portofino si paga l’IMU più alta d’Italia

 Se parliamo di tasse, dobbiamo necessariamente fare delle differenze da Regione a Regione, da città a città. Basta considerare che la normativa fiscale lascia ampio spazio all’iniziativa degli enti local che possono trovarsi per le mani l’opportunità di battere cassa e non mancano l’appuntamento.

► Le indicazioni fiscali dell’Ocse per l’Italia

E’ il caso, ad esempio, dell’IMU, reintrodotta dal Governo Monti e modificata nel corso dell’anno, riguardo le aliquote e la destinazione dei soldi. Sembra infatti che il legislatore abbia in mente di dare più potere alle amministrazioni locali, ai comuni, garantendo loro introiti più elevati dall’IMU.

 Soddisfano le entrate avute dall’IMU

Intanto, i comuni, tra acconto e saldo, hanno potuto incrementare l’aliquota e quasi tutti ne hanno approfittato. Non stupisce allora che nei dati che ha reso noti il Ministero delle Finanze, ci siano quelli relativi all’IMU e si noti una differenza molto consistente tra alcuni comuni. I dati del MEF sono divisi con riferimento ai versamenti fatti per la prima casa e ai versamenti compiuti per le altre tipologie di immobili.

Si può abolire o rimborsare l’IMU?

Rispetto alla prima casa, all’abitazione principale, si scopre che il comune più caro d’Italia è sicuramente Portofino dove, mediamente, i cittadini hanno versato 1.030 euro. Sul versante opposto, il comune italiano in cui si paga meno IMU è Zerfaliu in Sardegna, qui i cittadini hanno versato soltanto 16,14 euro l’uno.

L’importo medio pagato nella Capitale si posiziona a metà strada, circa 537 euro, mentre più contenuta è l’imposta municipale pagata a Milano, 292 euro. I rapporti s’invertono se si parla di IMU per altre tipologie d’immobili.