Tre modi per calcolare l’acconto IVA

 Per il calcolo dell’acconto IVA da versare oggi, si possono usare tre metodi di calcolo dell’importo da versare tramite il modello F24. Tutto dipende dalle scelte del contribuente che però, in prima battuta, deve capire se è tenuto ad effettuare il versamento o meno.

In un articolo precedente abbiamo preso in esame le eccezioni legate all’acconto IVA ma si può avere uno sguardo completo sull’argomento leggendo l’articolo di FiscoOggi in proposito.

Tornando ai metodi per il calcolo dell’acconto IVA sono tre: il metodo previsionale, quello analitico e quello storico. Partiamo dall’ultimo dei tre.

Il metodo storico. E’ il metodo maggiormente usato dai contribuenti perché si basa sugli importi determinati, desunti dai pagamenti precedenti. L’ammontare dell’acconto è pari all’88 per cento dell’imposta dovuta per l’anno precedente al lordo dell’acconto.

Il metodo previsionale. E’ quello che parte da una serie di supposizioni ovvero da quanto il contribuente pensa di realizzare complessivamente in un anno e la percentuale dell’anticipo è pari all’88 per cento del tributo totale. Sicuramente è indicato per chi pensa di avere un volume d’affari minore di quello realizzato nell’anno precedente.

Il metodo d calcolo analitico prevede che si paghi il 100 per cento dell’imposta e si basa sull’attività effettivamente svolta in un anno, sugli acquisti e le vendite registrati dal primo al 20 dicembre per i contribuenti mensili e dal primo ottobre al 20 dicembre per i trimestrali.

 

Acconto IVA: le eccezioni

 Il termine ultimo per pagare l’acconto IVA è oggi ma c’è sempre qualcuno che si prende qualche giorno in più ed è costretto a fare il ravvedimento, calcolando un interesse in più. Per tutti vogliamo fare chiarezza, con l’aiuto dell’Agenzia delle Entrate, riguardo le eccezioni e i criteri generali dell’acconto IVA.

L’acconto IVA deve essere versato dai contribuenti mensile e trimestrali che periodicamente devono liquidare l’imposta, che nel 2011 risultavano a debito e che nel 2012 sono stati attivi. L’acconto deve essere versato per evitare che poi si aggiungano sanzioni ed interessi.

Non sono esenti da questo appuntamento con l’erario nemmeno coloro che vogliono applicare l’IVA per cassa e che per la prima volta hanno scelto questo regime.

La prima eccezione riguarda l’importo, se non supera i 103,29 euro, non deve essere pagato. Non devono inoltre versare l’anticipo coloro che hanno aperto la partita IVA nel 2012, quelli che hanno cessato l’attività entro il 30 novembre 2012 se sono mensili ed entro il 30 settembre se sono trimestrali.

Non sono interessati dal pagamento dell’acconto nemmeno i soggetti che nella dichiarazione annuale IVA erano a credito, né i titolari di partita IVA che sanno di chiudere a credito anche il 2012. Non devono pagare nemmeno coloro che usufruiscono del regime agevolato, di quello semplificato o i vecchi minimi. Per tutte le altre eccezioni potete consultare il sito FiscoOggi.

Le spese insensate non si possono detrarre

 Una sentenza della Corte di Cassazione ha spiegato che le spese insensate non possono essere dedotte dalla cassa dei professionisti, perché non rispettano le regole di una gestione ragionevole e quindi possono essere recuperate dall’Amministrazione finanziaria.

La sentenza che ha “legiferato” in tal senso è la numero 22579 dell’11 dicembre. Il contribuente aveva fatto ricorso contro i limiti messi dall’amministrazione finanziaria alla libera deducibilità dei costi per i professionisti. In pratica non potevano essere dedotti i costi di locazione non calibrati sul reddito dichiarato e comunque versati in anticipo rispetto alle scadenze contrattuali.

Secondo il criterio di cassa queste spese non possono essere dedotte perché si configurano come spese antieconomiche. Ora, le maggiori imposte che per questo principio il contribuente è tenuto a versare all’Erario, possono essere recuperate dall’Amministrazione.

L’Ufficio accertatore, secondo un articolo del Tuir, può “compiere una verifica incidente sull’inerenza dei costi all’attività svolta e, addirittura, sulla congruità dei costi medesimi“. Questo è plausibile, perché, come spiega più in là nella sentenza la Corte di Cassazione:

“le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito”.

L’IVA al 22% incide sulle spese di casa

 Nella legge di Stabilità è stato definito l’aumento dell’IVA dal 21 al 22 per cento a partire dal primo luglio del 2013. Questo provvedimento, che difficilmente sarà messo in cantina dal prossimo governo, mina alla base i consumi degli italiani.

Qualcuno ha parlato di consumi evidenziando che in questa situazione i nostro connazionali spenderanno meno per la spesa, per lo svago, per i beni di lusso. In realtà con un provvedimento come questo aumentano di molto anche le spese per la casa, eccezion fatta per i casi in cui si applicano comunque le aliquote ridotte al 10 e al 4 per cento.

Per tutti gli altri le tariffe saranno ritoccate all’insù. Basta pensare che tutti gli interventi di sistemazione di una casa che coinvolgano i professionisti, saranno sottoposti all’aumento dell’IVA. Per esempio la prestazione di geometri, architetti o ingegneri durante la ristrutturazione, ma anche i compensi corrisposti per l’ottenimento della certificazione energetica.

L’IVA al 22 per cento, che sarà inserita nella parcella di questi professionisti, riguarda anche l’acquisto di oggetti d’arredamento, mobili ed elettrodomestici. C’è invece un po’ di confusione riguardo i lavori veri e propri perché paradossalmente farseli da soli costa di più, visto che all’acquisto dei materiali è applicata l’IVA al 22 per cento mentre le ristrutturazioni rientrano nel campo dell’IVA agevolata al 10 per cento.

UNICO 2013 PF: tutto ciò che riguarda gli immobili

 Il modello UNICO 2013 PF prevede numerose novità rispetto alle spese sostenute per gli immobili, in Italia o all’estero e soprattutto riguardo ristrutturazioni edilizie ed interventi legati al risparmio energetico.

Del modello UNICO abbiamo già visto le novità che riguardano i beni aziendali concessi e gli acconti; abbiamo quindi preso in esame plusvalenze, modello RW e contributi al SSN inseriti nel premio RCA. Adesso è arrivato il momento di parlare degli immobili e delle attività all’estero, delle ristrutturazioni edilizie e del risparmio energetico.

Con la legge di Stabilità saranno introdotte delle novità rispetto all’imposta sul valore degli immobili detenuti all’estero e rispetto all’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero. Adesso però il modello presente in bozza sul sito dell’Agenzia delle Entrate non è stato ancora aggiornato.

Per quanto riguarda le ristrutturazioni edilizie, invece, ci sono delle spese detraibili dall’IRPEF e per queste è stato introdotto un rigo in dichiarazione, l’RF50 in cui si dovranno riportare tutti i pagamenti fatti dal 26 giugno al 31 dicembre 2012 per i quali è prevista la detrazione IRPEF al 50 per cento. Prima di quella data, dal primo gennaio al 25 giugno 2012, invece, la detrazione è al 36 per cento.

È prevista infine una detrazione del 55 per cento per tutte le spese relative agli interventi finalizzati al risparmio energetico, tra cui anche le spese di sostituzione delle vecchie caldaie con quelle a pompa di calore per la produzione di acqua calda sanitaria.

UNICO 2013 PF: plusvalenze, modello RW e contributi SSN

 Il modello UNICO 2013 PF presenta delle novità – legate alla normativa  fiscale che il governo ci ha lasciato per i prossimi anni – che danno un po’ l’idea di come cambierà il portafoglio dei contribuenti a partire dall’anno prossimo.

Abbiamo già visto insieme le novità principali contenute in questo modello di dichiarazione ed abbiamo approfondito anche la questione dei beni aziendali concessi e quella degli acconti. La dichiarazione dovrà poi essere presentata entro il 30 settembre 2013.

Vediamo adesso le novità riguardo le plusvalenze per le quali è stata introdotta un’apposita sezione, la II-B del quadro RT dove si dovranno inserire le plusvalenze da partecipazione non qualificata che sono state percepite dal primo gennaio 2012 e sono state incassate entro la fine dell’anno d’imposta. Per le plusvalenze è cambiata l’imposta sostitutiva che prima era al 12,5% ed ora sarà al 20 per cento.

Il modello RW resta invariato nonostante fosse ipotizzata l’eliminazione delle sezioni I e III per una questione di semplificazione.

L’ultima novità di cui occorre rendersi conto è la stretta sulla deduzione dei contributi al Servizio Sanitario Nazionale che non vuol dire che c’è meno sconto sulle spese sanitarie sostenute dai contribuenti ma vuol dire che possono essere dedotte dal reddito solo la parte di contributi che supera i 40 euro ed è compresa nel pagamento dei premi di assicurazione RC Auto.

UNICO 2013 PF: beni aziendali concessi e acconti

 Nella bozza dell’Unico PF per la dichiarazione dei redditi percepiti nel 2012 sono state introdotte numerose novità. Abbiamo visto le principali ed ora proviamo ad entrare nel vivo di quattro elementi: i beni aziendali concessi e gli acconti 2013.

La prima data da registrare nell’agenda del contribuente è senz’altro quella della trasmissione del modello di dichiarazione UNICO 2013 che dovrà essere trasmesso all’agenzia delle entrate entro il 30 settembre 2013. La scadenza per il pagamento dell’IRPEF, invece, è per il 17 giugno 2013.

Per quanto i beni aziendali concessi, i contribuenti dovranno usare il rigo RL10 del Modello Unico per indicare il nuovo “reddito diverso” conseguito alla data di maturazione. Nel rigo in questione dovrà essere indicata la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento dei beni quali possono esserlo auto e abitazione.

Sbirciando tra le istruzioni pubblicate assieme alla bozza del modello dichiarativo UNICO 2013 si apprende che gli acconti IRPEF per il 2013 saranno di nuovo portati al 99 per cento del rigo differenza del quadro RN relativo al 2012.

Un po’ come succede in America, infatti, alla fine dell’anno in corso scadono le agevolazioni che erano state introdotte con il Dpcm del 21 novembre 2011.

Il nuovo tributo si chiama TARES

 Sommare la tassa sui rifiuti alla tassa sui cosiddetti servizi indivisibili, denominazione nella quale rientrano ad esempio i costi per l’illuminazione delle città, oppure per la polizia municipale. Questo è l’intento del governo che ha già creato la nuova imposta.

La tassa al debutto dal 2013 si chiamerà TARES e sarà una tassa sui rifiuti e sui servizi indivisibili, in sostituzione delle “vecchie” Tarsu e Tia. Il tributo si potrà pagare in un’unica soluzione a giugno. L’ultima parola sui calendari dei pagamenti e soprattutto sulle scadenze che erano state fissate a gennaio, spetta comunque ai comuni.

Le amministrazioni locali sono state dotate di un’autonomia tributaria ma devono comunque rispettare alcuni paletti governativi. Per esempio devono dare la possibilità di pagare tutto il tributo a giugno, ma se volessero anticipare qualche scadenza, comunque, non devono collocare la prima rata prima del mese si aprile.

Il vincolo vale soltanto per il 2013. Dall’anno dopo, infatti, a regime di libertà di decisione, i sindaci potranno scegliere autonomamente il calendario dei pagamenti.

La TARES riguarda tutti coloro che occupano un immobile oppure un’area a qualsiasi titolo. La tassa si calcola sull’80 per cento della superficie catastale e saranno usate come riferimento le superfici già comunicate ai fini Tarsu e Tia.

L’IMU diventa municipale

 Dopo la reintroduzione dell’imposta sugli immobili, per i cittadini c’è stata molta confusione, legata soprattutto al fatto che si voleva interpretare l’IMU come una versione rivisitata e corretta dell’ICI. In effetti qualcosa in comune, queste due imposte, ce l’hanno ma l’IMU cambierà pelle ancora nel 2013.

Se vi siete avvalsi dell’aiuto di un Caf per il calcolo dell’IMU e per la compilazione dell’F24 necessario al pagamento dell’imposta, avete notato l’inserimento di due codici distinti per far sì che una parte dei soldi fosse versata allo Stato e l’altra rimanesse nelle casse del Comune. Ma come? L’IMU non è un’imposta municipale?

La risposta è affermativa se si guarda al 2013, anno in cui l’IMU diventerà municipale di nome e di fatto. Il secondo anno di vita dell’IMU, dunque, sarà caratterizzato dalla trasformazione dell’imposta. Gioiscono i sindaci che si vedranno recapitare per intero nel portafoglio comunale il gettito legate alle abitazioni.

Lo Stato non resterà a bocca asciutta ma conserverà il gettito sui capannoni e sugli opifici.

Ne guadagnano tanto i cittadini anche in termini di semplificazione degli adempimenti, visto che sul prossimo F24 si dovrà inserire un solo codice tributo e le aliquote di partenza saranno ancora le stesse: lo 0,4 per cento sulla prima casa e lo 0,76 per cento sulle altre case.

Pressione fiscale e debito fiscale: cosa cambia?

 In Italia esiste un Fondo dove si accumula denaro da usare per ridurre la pressione fiscale sui contribuenti. Questo fondo è alimentato di volta in volta da una serie di manovre. Secondo le premesse alla Legge di Stabilità, il fondo in questione doveva nutrirsi dei risparmi di spesa per interessi sui titoli pubblici.

Poi si disse che il fondo doveva essere alimentato dal recupero dei contributi non precedentemente versati. L’ultima notizia legata all’approvazione della Legge di Stabilità, dice che i soldi del fondo daranno attinti dalle risorse che derivano dall’evasione fiscale e dalla riduzione delle spese fiscali.

Collaborando con il fisco nella lotta all’evasione, dunque, si ottiene sul lungo periodo uno sconto sulle tasse con il conseguente allentamento della pressione fiscale. Per questo dal 2013 il Documento di economia e finanza conterrà la valutazione delle entrate che derivano dal contrasto dell’evasione fiscale.

I soldi di questa attività che andranno a finire nel fondo saranno al netto delle spese utili a mantenere l’equilibrio di bilancio o a ridurre il rapporto tra debito e PIL.

Per alleggerire, inoltre, le attività dell’Erario ci sarà un azzeramento dei vecchi debiti con il fisco e si potrà ottenere l’annullamento delle cartelle “pazze” in modo più semplice: entro 90 giorni dalla notifica il contribuente deve presentare una dichiarazione in cui prova che gli atti emessi dal creditore sono invalidi e se l’amministrazione non risponde in 220 giorni le cartelle sono annullate di diritto.