Proprio nella giornata di ieri, come abbiamo avuto modo di segnalare, è scaduto il termine ultimo per il pagamento della prima rata dell’ IMU, l’ Imposta Municipale Unica a cui sono soggetti tutti i titolari di immobili che non hanno potuto godere della sospensione che il Governo ha autorizzato qualche settimana fa per decreto e che riguarda in particolare le prime case e i terreni e i fabbricati agricoli.
Impresa
Nessuna cartella esattoriale per le imprese creditrici delle PA
Finalmente è stato approvato anche in terza lettura il decreto legge che sblocca i 40 miliardi necessari al pagamento dei debiti accumulati dalle pubbliche amministrazioni nei confronti di imprese e di professionisti italiani.
► Via libera definitivo al decreto sui debiti delle PA
Con questo provvedimento si potrà ridare un po’ di ossigeno alle imprese italiane che nei prossimi anni si vedranno restituire i loro crediti.
Ma il decreto legge contiene anche degli altri importanti provvedimenti per le imprese, soprattutto di natura fiscale.
Il più importante riguarda sicuramente Equitalia: il Governo, infatti, prima di approvare in via definitiva il decreto, ha approvato all’unanimità un ordine del giorno con il quale si è deciso il blocco delle cartelle esattoriali agli imprenditori e professionisti che possono vantare dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni.
Per potersi vedere bloccare le cartelle esattoriali, però, il credito vantato dall’impresa o dal professionista deve essere di importo uguale o superiore a quello della cartella esattoriale.
► Le novità del decreto legge sui debiti delle pubbliche amministrazioni
Anche se l’ordine del giorno per il blocco delle cartelle esattoriali ha riscontrato qualche resistenza all’inizio, l’aula ha poi votato unanimemente a favore per garantire alle aziende di poter davvero tornare ad essere produttive e salvare così anche molti posti di lavoro.
Guida al redditometro: le ricevute da conservare
Partendo dal presupposto che per difendersi dal nuovo Redditometro non è necessario conservare le ricevute di tutte le spese effettuate giornalmente che saranno calcolate in base alle medie Istat, rimane la questione delle spese straordinarie.
Le ricevute da conservare per difendersi dal Redditometro
Quindi, al fine di difendersi da eventuali controlli scaturito da incongruenze tra redditi dischiarati e spese effettuate, è necessario conservare tutte le ricevute , gli scontrini e le fatture che indichino l’avvenuto pagamento di una spesa straordinaria.
Tutti gli acquisti superiori a 3.600 euro saranno comunque già rilevati dal fisco grazie allo spesometro, ma è comunque necessario conservare le ricevute. Una lista delle possibili spese delle quali mantenere traccia conservando le ricevute sono:
– ricevute di viaggi e di pernottamento in hotel;
– scontrini di mobili, arredi ed elettrodomestici;
– biglietti di viaggi in treno, in aereo oppure in nave, sia se si tratti di viaggi di piacere che di altro tipo di spostamenti;
– bonifici bancari eseguiti per pagamento del mutuo se fatti da altri al posto del reale usufruttuario dell’immobile;
– ricevute di rette scolastiche, asili nido, mense etc;
– scontrini o ricevute di regali particolarmente molto costosi fatto in circostanze eccezionali.
Alla lista si possono aggiungere tutte le spese che non rientrano in quelle quotidiane e, per questo, è anche abbastanza semplice tenerne nota.
Guida al redditometro
Retroattività e gestione del contenzioso
Consigli utili per evitare o affrontare le verifiche del fisco
Guida alla nuova IMU: le aliquote comunali da utilizzare
Guida alla nuova IMU: quanto si deve pagare
Microimprese finanziate dalla Regione Puglia
Le imprese, soprattutto adesso che l’economia è in grossa difficoltà, sono alla ricerca di finanziamenti erogati da enti che non siano le “solite” banche. Per questo motivo attrae tanto l’annuncio di un finanziamento riservato dalla Regione Puglia alle microimprese del territorio.
La Puglia ha messo a disposizione delle piccole imprese presenti nella regione, un fondo di 19,5 milioni di euro cui si può accedere fino al 14 giugno del 2013. Il bando rientra nella denominazione “Piccoli sussidi 2013” ed è riservato alle imprese tenute in vita da ragazzi giovani che devono fare i conti con la crisi economica.
►Per le imprese record di fallimenti e liquidazioni nel primo trimestre 2013
Le esigenze espresse dal territorio, tra l’altro, sono inequivocabili: le piccole imprese hanno difficoltà ad accedere alle linee di credito tradizionali e anche i prestiti di piccole dimensioni, spesso, sono da considerarsi delle montagne insormontabili.
La regione Puglia, sostenendo queste imprese vuole valorizzare l’iniziativa dei ragazzi disponibili a fare impresa, che abbiano uno scarso impatto ambientale. Saranno premiate soprattutto le imprese costituite da donne oltre che da giovani.
►Le proposte delle imprese per il rilancio dell’occupazione giovanile
I beneficiari di questi interventi devono essere titolari di una ditta individuale, di una società in nome collettivo, di una società in accomandita semplice, di una società cooperativa, di una società a responsabilità limitata o di un’associazione tra professionisti. Il prestito minimo è di 500 euro e quello massimo di 25 mila da restitire in 60 rate con 6 mesi di preammortamento.
Banche ancora avare con le imprese
Anzi, stando agli ultimi dati della Banca Centrale, i prestiti concessi alle imprese sono ulteriormente scesi ad aprile rispetto al periodo precedente. I prestiti concessi alle imprese non finanziarie hanno fatto registrare un – 1,9% rispetto a marzo 2012: segno che l’Eurozona è ancora molto debole, come dimostra l’ulteriore contrazione dello 0,2% del Pil.
Ma le cause di questa poca disponibilità degli istituti di credito nel concedere prestiti risiederebbero anche nei timori generati dal caso Cipro, come dimostrato dal fatto che i prestiti sono concessi di meno nei paesi che ancora sono in difficoltà.
Anche in Italia, infatti, anche se il paese è definitivamente e ufficialmente uscito dalla procedura di infrazione aperta dall’UE per deficit eccessivo, i depositi sono diminuiti dello 0,3% in aprile 2013 rispetto al mese precedente, anche se mantengono il trend positivo ( + 8%) sullo stesso periodo dello scorso anno.
Cosa cambia nel documento di valutazione dei rischi
Negli ultimi tempi si sono a dir poco moltiplicati i controlli atti ad evitare gli infortuni sul lavoro. Verifiche che diventano sempre più capillari nonché più costose, in particolar modo per le piccole aziende e per i liberi professionisti.
La novità è che dal primo di giugno anche i negozi e gli studi dei professionisti, al pari delle aziende con meno di dieci dipendenti, dovranno compilare obbligatoriamente il modello standard al fine di effettuare la valutazione dei rischi contro gli infortuni sul lavoro. Il documento di valutazione dei rischi contemplerà dunque anche le attività commerciali (dai negozi ai ristoranti), gli uffici e gli studi professionali.
Cambiamenti nel documento di valutazione dei rischi
La nuova procedura standardizzata, prossima ad entrare in vigore era già contemplata nel decreto del governo Monti dello scorso novembre.
Il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) andrà pertanto compilato da tutte le aziende con almeno un dipendente o un lavoratore equiparato (quindi contratti a progetto o collaboratori familiari).
Fino a questo momento la Legge 626/94, che si configura come un’introduzione del DVR, forniva alle aziende che hanno meno di dieci dipendenti l’autorizzazione a rimpiazzarlo con l’autocertificazione dell’avvenuta valutazione dei rischi.
Dvr: cosa mettere
E da oggi? Cosa deve essere inserito nel DVR? Nello specifico va inserito il funzionamento dell’attività ed eventuali rischi legati alle mansioni dei dipendenti. La responsabilità è a carico del datore di lavoro.
Le procedure standardizzate per le piccole aziende prevedono un formulario semplificato pubblicato sul sito web del Ministero del lavoro e delle politiche sociali all’interno della sezione “Sicurezza nel lavoro”.
Voci da compilare
Il Decr. 81/2008 statuisce che il documento deve avere una data precisa, comprovata da registrazione pubblica o annullo postale. Naturalmente la verifica dei rischi necessita di un aggiornamento ogni qualvolta il processo produttivo o l’organizzazione del lavoro siano sottoposti a dei cambiamenti. Si tratta però di variazioni che vanno ad incidere potenzialmente sulla sicurezza dei lavoratori.
In virtù dei recenti cambiamenti della normativa non vanno valutati esclusivamente i rischi di natura prettamente fisica bensì anche due nuovi tipi di rischi:
– rischio da stress correlato;
– rischio di difficoltà comunicativa, nel caso in cui vi siano dipendenti stranieri che non parlano italiano.
Sicurezza sul lavoro: i soggetti responsabili e i corsi di formazione
Tra gli obblighi del datore di lavoro è contemplato anche quello di dare luogo al servizio di prevenzione e protezione dei dipendenti scegliendone il responsabile, ovvero colui dovrà seguire un corso di formazione dalla durata proporzionale ai rischi rilevati, e gli incaricati.
I lavoratori riuniti in assemblea eleggono a loro volta un loro rappresentante che dovrà essere consultato dal datore di lavoro in occasione della valutazione dei rischi e anche della designazione del responsabile.
Appare inoltre come suo diritto quello di ricevere adeguata formazione in tema di sicurezza. Il nominativo del rappresentante va trasmesso all’INAIL.
Tutti i lavoratori devono frequentare un corso di formazione generale sulla sicurezza di quattro ore ed uno specifico per settori di quettro (rischio basso), otto (medio) oppure dodici ore (rischio alto). Appare invece come obbligo dei lavoratori attenersi alle disposizioni del datore in tema di sicurezza ed utilizzare in maniera scrupolosa e corretta gli strumenti per la protezione forniti in sede.
Strumenti
Per quanto concerne gli strumenti in sede deve essere sempre presente un pacchetto di medicazione base o, se i dipendenti sono dai tre in su, una vera e propria cassetta di pronto soccorso.
Ogni 100 mq deve essere presente un estintore. In sede comunque almeno un addetto deve frequentare il corso di formazione antincendio di 4 ore per le attività a basso rischio, come i negozi, oppure 8, per le attività a rischio medio, come ad esempio i laboratori orafi.
Credit crunch? Le imprese rispondono con i Bond
In Italia, ma anche nel resto d’Europa anche se in misura minore, le imprese sono schiacciate dal credit crunch, ossia dalla mancanza di prestiti e finanziamenti da parte degli istituti di credito.
► Calo vertiginoso dei prestiti alle imprese nel 2012
Questo comporta una crisi di liquidità per le imprese, che soprattutto quando sono molto piccole, rischiano di soffocare in questa stretta. Cosa si può fare allora?
Secondo gli esperti che hanno partecipato al Debitwire italian forum di Milano è necessario trovare elle fonti di liquidità alternative e quest non possono che arrivare dai bond. Le obbligazioni, quindi, si configurano come l’unica soluzione per il recupero della competitività delle medie imprese italiane.
Lo hanno già fatto in molte: a partire da novembre del 2012 sono state ben 10 le imprese italiane che hanno emesso obbligazioni, per un totale di 2,74 miliardi di euro. Tra loro ci sono Italcementi, Guala closures, Cerved, Rottapharm, Zobele e, per ultima, la Sisal.
Queste imprese, coadiuvate nell’operazione da una serie di banche molto attive in questo settore, hanno così trovato la soluzione alla stretta del credito. Queste emissioni, però, dopo quanto successo con la Cirio e Parmalat, sono riservate ai soli investitori istituzionali.
► Allarme per la chiusura di molte imprese italiane
Ma le strade per i piccoli risparmiatori non sono totalmente precluse, con le tante compagnie di assicurazione e i fondi comuni di investimento che si sono ampiamente rivolte al settore.
Cartolarizzazione dei crediti, la soluzione della BCE al credit crunc
Le banche dei paesi del Sud Europa non concedono più crediti alle piccole e medie imprese. Un grave danno che si aggiunge ad una situazione già di profonda sofferenza e che rischia di portare al collasso l’economia reale, ossia l’economia fatta dalle persone e dai loro consumi.
► Le imprese italiane non chiedono prestiti e il credito peggiora
La BCE ha concesso una bella iniezione di liquidità alle banche ma, dati alla mano, sembra che questi soldi non abbiano avuto, da parte delle banche, la destinazione voluta. Per risolvere questa problematica Mario Draghi, il numero uno dell’Euro Tower, propone la sua soluzione: la cartolarizzazione dei crediti.
In cosa consiste la cartolarizzazione del credito?
In gergo tecnico chiamata anche asset-back securities, la cartolarizzazione del credito prevede in caso di prestito di denaro da parte di un istituto di credito ad una impresa, che questo non verrebbe iscritto nel bilancio della banca perché sarebbe trasferito ad una società esterna – a gestione pubblica o controllata dalla BCE – che emette delle obbligazioni pari al prestito concesso dalla banca.
► Calo vertiginoso dei prestiti alle imprese nel 2012
Le obbligazioni sarebbero pagate con le rate di restituzione dei debitori. In questo modo le banche potrebbero concedere prestiti a rischio zero, anche se tale rischio sarebbe trasferito sull’obbligazionista. Rischio che però si assottiglierebbe notevolmente se l’obbligazionista fosse un ente pubblico, come l’ESM, il Fondo salva-stati permanente, se non la BCE stessa.