4 bandi alle imprese innovative dal Lazio

 Sono stati pubblicati nel 2011 i bandi dell’Asse I che servono a sostenere le piccole e medie imprese, nonché le microimprese del Lazio, che sono interessate e realizzare progetti ad alto contenuto innovativo. La scadenza del bando è fissata al 30 giugno 2013 e fino all’esaurimento di fondi.

I quattro asset disponibili sono spin off, co-research, microinnovazione e voucher.

 Finanziamenti Por FSE microcredito

Per le start up di nuove realtà imprenditoriali e di spin off legati alle università e agli organismi di ricerca del Lazio, pubblici e privati, sono previsti 4 milioni di euro. L’intenzione è quella d’incentivare la creazione di imprese ad alto contenuto tecnologico, progetti di ricerca che nascono da università e centri di ricerca italiani.

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Le misure di co-research, invece, sono finanziate con 20 milioni di euro e servono per incrementare il legame proficuo che può stabilirsi tra ricerca pubblica e privata, mondo del lavoro e piccole imprese innovative. Ognuna di queste realtà può accedere ad un fondo di circa 300 mila euro.

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30 milioni di euro sono quelli del bando microinnovazione per le PMI che punta a dare un aiuto equivalente al 70 per cento dell’investimento fatto per la realizzazione dei progetti, della durata di almeno 12 mesi, che siano ad alta innovazione di prodotto.

Per i voucher per l’innovazione, invece, sono previsti 4 milioni di euro.

Sostegno di nuovi progetti imprenditoriali innovativi

 In un periodo di crisi economica come quello che stiamo vivendo è necessario sostenere le imprese e gli imprenditori che vogliono aprire le porte a nuovi business, privilegiando le categorie di lavoratori generalmente tagliate fuori dal mercato, per esempio i giovani.

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La Camera di Commercio di Pavia, è in questo binario ed ha pubblicato un bando che scade il 30 aprile del 2013 con l’obiettivo di incentivare e sostenere i nuovi progetti imprenditoriali a carattere innovativo. La Camera del Commercio vuole supportare e promuovere i nuovi imprenditori nell’ideazione e nella realizzazione di progetti stimolanti per il tessuto economico.

► Perché è difficile fare impresa in Italia

Per presentare la domanda le imprese devono essere già costituite e iscritte nel Registro delle Imprese della Camera di Commercio da almeno 6 mesi, devono essere costituende con l’impegno a iscriversi al registro entro 90 giorni solari dalla presentazione del progetto, oppure devono essere degli spin off di atenei e industrie. Tutte queste realtà devono avere in comune la sede operativa nel territorio di Pavia.

La presentazione delle domande deve avvenire entro il 30 aprile del 2013. Il contributo concesso a fondo perduto va a coprire il 50 per cento delle spese che sono sostenute dagli imprenditori per la realizzazione del progetto al netto dell’IVA e fanno da un minimo di 5000 ad un massimo di 20000 euro.

Perché è difficile fare impresa in Italia

 Popolo di santi, poeti, navigatori, ma non imprenditori. E’ questo il riassunto che si può fare dell’identità del popolo italiano se si considerano gli incentivi alle imprese e la burocrazia da superare prima di iniziare a fabbricare un certo prodotto.

► Particolarità delle imprese famigliari

Un’analisi di Paolo Cardenà, rimbalzata su molti giornali e arrivata fino al cuore dell’economia internazionale e Wall street, spiega perché in Italia, avviare un’impresa, non è un gioco da ragazzi, anzi è un onere a volte insopportabile per chi ha una buona idea ma pochi soldi per portarla avanti.

► Scritture contabili e atteggiamenti antieconomici

Paolo Cardenà, parte in realtà da un rapporto della Banca Mondiale che evidenzia come per fare business sia più facile rivolgersi alle autorità dello Zambia, piuttosto che mettersi nelle mani della burocrazia del Belpaese. In Italia è bassissima la probabilità di accedere al credito, le tasse da pagare sono sempre superiori a quelle corrisposte dalle imprese negli altri paesi dell’Eurozona e non solo, ma soprattutto c’è la tutela dei contratti.

Alla fine dei giochi, nella classifica dei paesi più fertili per i neoimprenditori, il Belpaese è soltanto in 84esima posizione. Nei posti migliori, invece, troviamo Hong Kong, la Nuova Zelanda, gli Stati Uniti, la Danimarca, la Norvegia, il Regno Unito e perfino Corea del Sud e Georgia. A seguire Finlandia, Australia, Malesia, Svezia, Irlanda e Islanda.

Le spese vaghe non sono ammissibili

 Sarebbe una constatazione di buon senso quella di dire che le spese “vaghe” o “varie” che dir si voglia non possono contribuire come componenti negativi del reddito, invece la Corte di Cassazione è dovuta entrare nel merito della questione.

Con la sentenza n. 22661, pubblicata l’11 dicembre scorso, la Corte di Cassazione ha spiegato che l’imprenditore che voglia usufruire del beneficio fiscale della deducibilità dei costi di ammortamento, può farlo soltanto indicando le spese che ha sostenuto in modo analitico.

Contrariamente, se le spese inserite nel bilancio presentano un’indicazione troppo sintetica, non sono ritenute ammissibili. Anche questa sentenza nasce da un episodio reale.

Durante una controversia su un avviso d’accertamento Irpeg e Ilor, la Commissione tributaria ha accettato parzialmente l’appello della Srl alberghiera che, dopo un primo grado di giudizio sfavorevole, chiedeva di poter dedurre le quote di ammoratmento presentanto un’indicazione analitica delle voci contabili che erano state usate come ammortamento, ma erano state indicate soltanto sinteticamente.

L’Agenzia delle Entrate ha ribadito la necessità di avere nel bilancio delle voci spiegate in modo analitico ai fini del controllo di gestiore. Il giudice ha ribadito dunque la necessità di redigere il bilancio in modo chiaro, dimostrando la sussistenza, l’entità e l’inerenza dei componenti negativi.

Particolarità delle imprese famigliari

 Le imprese famigliari sono un particolare tipo di imprese per le quali esistono delle leggi speciali. Un imprenditore che tra i collaboratori abbia soltanto o per la maggior parte famigliari, è sicuramente diverso al titolare di un’azienda standard.

L’impresa famigliare è quella in cui i collaboratori scelti dal titolare sono famigliari veri, nel senso che vale l’esistenza della famiglia mentre non è considerata rilevante la convivenza di fatto.

Il fisco invita tutti coloro che vogliono costituire un’impresa famigliare a valutare i tempi per farlo visto che l’efficacia temporale di alcune scelte può essere diluita nel tempo, anche se si parla di effetti tributari. Proviamo a fare un esempio.

Ci sono le imprese famigliari che non sono ancora state attivate e quelle che esistono già ma sono composte soltanto dal titolare.

Nel primo caso l’enunciazione dell’impresa famigliare ha effetto immediato, il che vuol dire che se la stipula avviene nel 2012, il reddito del 2012 è già diviso tra titolare e collaboratori. Se invece si tratta del secondo tipo d’impresa, l’ingresso nella stessa di un famigliare, è sottoposto a regole diverse.

In pratica, l’ingresso di un famigliare nell’impresa durante il 2012, ha un effetto sull’attribuzione del reddito soltanto dal 2013 in poi, quindi avrà un effetto tributario soltanto con l’UNICO 2012.

Legge fallimentare: PEC creditori, domande di ammissione al passivo

 La nuova legge fallimentare è entrata in vigore il 19 dicembre 2012 ed ha sintetizzato una serie d’interventi che – per il cantiere aperto che è la normativa – hanno ossessionato le imprese da diversi anni a questa parte.

Le due grandi novità riguardano la sterzata telematica nelle comunicazioni e la tutela del patrimonio d’impresa ma abbiamo osservato nel dettaglio anche la notificazione telematica del ricorso e l’indirizzo PEC del curatore.

Vediamo adesso le novità riguardo l’indirizzo PEC dei creditori e la domanda di ammissione al passivo. I creditori in tutte le procedure concorsuali hanno l’obbligo di comunicare al curatore o al commissario, l’indirizzo di posta elettronica certificata al quale vogliono ricevere le comunicazioni. Nel caso in cui non sia fornita la PEC, la comunicazione è effettuata soltanto tramite il deposito degli atti creditori in cancelleria. Quest’ultima eventualità entrerà in vigore dal primo novembre 2013.

Le domande di ammissione al passivo presentate dopo l’entrata in vigore della legge, devono essere presentate dal creditore unitamente ai documenti necessari, ma tutto deve essere trasmesso telematicamente all’indirizzo PEC del curatore o del commissario.

Saranno poi il curatore o il commissario a trasmettere il progetto di stato passivo alla cancelleria, cui deve essere comunicato anche l’indirizzo PEC dei creditori, entro i 15 giorni che precedono l’udienza.

 

Legge fallimentare: riforma, notificazione telematica e PEC

 Dopo aver introdotto in modo molto semplice la legge fallimentare sottolineando le intenzioni del governo di proteggere il patrimonio dell’impresa e scoraggiare il ricorso al concordato preventivo, entriamo più nel vivo della riforma, accennando alla notificazione telematica del ricorso e all’indirizzo PEC.

La nuova legge fallimentare è entrata in vigore il 19 dicembre ed è stata pubblica sul supplemento ordinario 208 alla Gazzetta Ufficiale 294 del 18 dicembre. A livello statistico, considerando il periodo da gennaio a settembre, tra il 2010 e il 2012 i fallimenti sono aumentati del 12 per cento, le liquidazioni del 3 per cento e le altre procedure del 20,3 per cento.

Secondo la riforma la notificazione del ricorso e la definizione dell’udienza sono comunicate all’impresa tramite la posta elettronica certificata. L’indirizzo PEC del debitore è tratto dal registro delle imprese. Se il debitore non si è dotato di PEC, allora la notifica è a cura del ricorrente e d deve avvenire a mano tramite l’ufficiale giudiziario presso la sede definita che viene fuori sempre dal registro delle imprese.

Tutte le comunicazioni verso i creditori, per i procedimenti che seguiranno l’entrata in vigore della legge e per quelli già dichiarati in cui non è stato ancora fatto il primo avviso, saranno effettuata attraverso la posta elettronica certificata.

 

Legge fallimentare: gli aggiornamenti

 Visto il periodo di crisi e la necessità che hanno avuto alcune imprese di chiudere i battenti dichiarando il fallimento, loro malgrado, i giuristi al governo e all’Erario, hanno dovuto mettere le mani sulla legge fallimentare che comunque è sempre stata un cantiere aperto.

Da settembre ad oggi sono state inserite due grandi novità: una riguarda gli aspetti cruciali della disciplina ed ha come obiettivo quello rafforzare l’impianto della riforma fatta qualche anno fa. In pratica si cerca di permettere, dove possibile, la prosecuzione dell’attività d’impresa anche dopo il fallimento, come garanzia nei riguardi dei creditori e a protezione del patrimonio aziendale.

La seconda novità riguarda gli adempimenti che i titolari d’impresa devono fare per dichiarare il fallimento. In questo caso le novità sono riassunte in una “sterzata digitale”, vale a dire che molte delle comunicazioni possono essere compiute attraverso il canale telematico.

In più si parla da settembre di modifiche che riguardano il concordato preventivo anticipato, la finanza interinale, l’indipendenza delle imprese e la responsabilità dei professionisti. L’obiettivo di tutte le misure è allentare, una volta dichiarato il fallimento, le pressioni esterne sull’impresa.

Numerosi anche i disincentivi messi in campo dal Governo per scoraggiare le imprese in crisi nell’accesso alle procedure di concordato preventivo o ai procedimenti di omologazione degli accordi di ristrutturazione.

Con il 2013 parte il Fondo per le aziende ricercatrici

 Le aziende chiedono da tempo un aiuto concreto per migliorare il loro business, per ottenere sconti sul prelievo fiscale in modo da lasciare intatto l’aspetto occupazionale. Non è proprio un ricatto ma una richiesta d’aiuto in un momento economico per tutti molto difficile.

In questo senso il governo che ormai possiamo considerare uscente, ha disposto un fondo per fornire aiuti alle imprese ma in modo selezionato. Non ci sono soldi per tutti ma soltanto per chi investe in ricerca e sviluppo.

Questo paletto posto dall’esecutivo dovrebbe garantire da un lato la sussistenza dell’azienda nel tempo, e dall’altro favorire lo scambio di know-how tra imprese e università. Saranno gli atenei, infatti, ad assumere il ruolo di centro nevralgico dello sviluppo.

Entriamo nel dettaglio del Fondo per agevolare le piccole aziende, contenuto nella Legge di Stabilità. Il fondo nascerà nel 2013 e il suo capitale sarà usato per fornire un credito d’imposta a tutte le piccole e medie aziende che investiranno nello sviluppo. Ma i soldi saranno anche usati per ridurre il cuneo fiscale.

Il fondo in questione è istituito presso la Presidenza del Consiglio e si finanzia con la riduzione degli stanziamenti di bilancio che sono destinati ai trasferimenti e ai contributi alle imprese. Questo “metodo” era stato suggerito dall’economista Francesco Giavazzi e infatti passerà “alla storia” come Piano Giavazzi.