Nuovi concorrenti per la Nestlè

 La Nestlé avrà presto un nuovo concorrente a livello internazionale che potrebbe interferire non solo nel business dell’azienda ma anche a livello finanziario. Ecco cosa è previsto per l’anno prossimo. La Nestlé, che è anche una delle aziende più chiacchierate del mondo, per una serie di questioni “etiche”, ha messo in commercio la famosa macchina per il caffé che fagocita cialde rigorosamente Nestlé.

Forbes presenta le aziende con il fattore “R”

A rompere le uova nel paniere ci vuole pensare l’azienda statunitense Mondelez International che ha già per le mani una serie di marchi che si occupano di prodotti alimentari. Dalla fine dell’anno, alcuni di questi marchi, in particolare Jacobs e Carte Noir, inizieranno la distribuzione di cialde di caffé monodose, pensate appositamente per adattarsi alle macchine Nespresso.

All’inizio, queste cialde, saranno in vendita, direttamente in Austria, in Francia, in Germania a in Svizzera e saranno distribuiti dai marchi citati. Con l’operazione in atto la Nestlé dovrebbe perdere la leadership del mercato nel mercato della cialde del caffé.

Stage da Nestlé

Una vera rivoluzione se si pensa che in pochissimo tempo la vendita delle cialde è cresciuta di un quinto, del 20 per cento per poi flettersi del 10 per cento nel 2012, anno in cui è iniziata la distribuzione delle cialde compatibili. La Mondelez, infatti, con la sua attività, è presente sul mercato già dal 2004.

La delusione di Zuck per la borsa

 Facebook, dal debutto in borsa in poi, non ha avuto molta fortuna e così il suo fondatore ha perso un posto tra gli uomini più ricchi del mondo ma anche iniziato una lunga riflessione sull’opportunità di far parte del mondo finanziario.

Di recente l’ad del social network più famoso del mondo ha deciso di affrontare la questione con i soci dell’azienda durante l’assemblea annuale. Per la prima volta da  più di un anno a questa parte il signor Facebook ha ammesso di essere deluso per come va il titolo dell’azienda a Wall Street.

Facebook vuole Waze ma quanto costa

Una delusione che sicuramente è condivisa dagli investitori sempre più critici nei confronti dei risultati di Facebook in borsa. Il 2012 è stato un anno terribile per il titolo social e nonostante ci si aspettassero delle fluttuazioni, nessuno poteva immaginare un andamento simile.

Lo stipendio di Zuckerberg

Il patron di Facebook, però ha ribadito che l’andamento in borsa delle sue azioni non lo ha indotto ad un ripensamento sulla strategia dell’azienda, visto che l’obiettivo di tutti quelli che vi lavorano è creare valore. Adesso per esempio, la novità di cui si prende atto è la validità degli hashtag – come quelli usati da Twitter – anche nella cornice blu.

C’è da sperare che le migliorie tecnologiche apportino delle migliorie alle quotazioni.

Cala ancora la borsa di Tokyo

 La borsa di Tokyo sembra essere indifferenze all’entusiasmo imperante negli altri mercati e continua il suo percorso sul piano inclinato. L’ultima seduta, dunque, si chiude in lieve calo. L’indice Nikkei-225 per esempio è stato dato in flessione dello 0,21 per cento fino a 13.289,32 punti che vuol dire che giornalmente l’indice ha perso circa 28,3 punti.

I trader che operano sul mercato giapponese e tengono d’occhio Tokyo da un po’, spiegano che questi cali sono legati al turbine di vendite che si è scatenato nelle settimane precedenti sui listini giapponesi. Adesso tali movimento sembrano essersi assopiti ma non si può evitare di considerare la decisione della BoJ.

Il PIL giapponese cresce più del previsto

La banca del Giappone, infatti, nonostante da più parti si sottolinei che la politica monetaria adottata non è sostenibile sul lungo periodo, ha deciso di continuare con le sue strategie monetarie ultra-espansive. Lo stesso Haruiko Kuroda non nutre alcun dubbio sulla riuscita dell’operazione.

La delusione dell’Abeconomic sui mercati

Peccato che gli investitori, adesso, siano consapevoli del fatto che non basta uno yen debole a mantenere alto il livello della crescita. E’ necessario invece che il paese trovi nuovi stimoli e nuovi strumenti per rilanciare la produzione. Una ristrutturazione da cogliere al volo, da interpretare come un’opportunità, nel momento in cui sta cedendo anche l’ultimo baluardo asiatico: la Cina.

Novità in vista per la Sammontana

 Tutte le notizie che riguardano il tessuto industriale del nostro paese sono da considerare oro colato per chi ha deciso d’investire ancora nelle aziende tricolore. In questi giorni sembra che a farla da padrone sia la Sammontana che ha deciso di spostare una parte della produzione dal territorio lombardo a quello veneto coinvolgendo nel riassetto ben 240 lavoratori.

I sindacati sono già scesi sul piede di guerra perché sembra che questa mossa, nata da ragioni squisitamente economiche, sia in perfetta contraddizione con quanto annunciato dall’azienda all’avvio delle sue operazioni nell’hinterland milanese. A farne le spese potrebbe essere tra l’altro lo storico marchio di panettoni: Tre Marie.

Bauli e Bistefani raggiungono l’accordo

Entriamo nel dettaglio. L’azienda Sammontana ha deciso di allontanarsi da Milano portando la produzione delle brioches verso Verona. In più ha deciso di convogliare tutti i prodotti legati alle ricorrenze, quindi i famosi panettoni del marchio Tre Marie in una nuova azienda. 240 lavoratori potrebbero essere coinvolti in un’operazione già nelle premesse parecchio importante.

Non calo ma crollo della produzione industriale

I sindacati, avvertiti della decisione della Sammontana, non sembrano aver gradito il nuovo piano industriale perché sembra sconfessare i buoni propositi annunciati circa 3 anni fa. La Flai-CGIL lombarda, infatti, ricorda che invece che restare a Milano l’azienda Sammontana ha già chiuso lo stabilimento di Cornaredo dedicato alla produzione dei gelati.

Volvo inaugura un new deal

 Moltissime aziende tendono a delocalizzare la produzione in settore maggiormente convenienti, in paesi in cui la manodopera è a basso costo e c’è la possibilità di incrementare i profitti. Il futuro, dunque, è all’estero, nel caso dell’azienda Volvo, si sa che è in Cina.

FIAT Industrial ripensa ai suoi conti

In realtà, nel caso dell’impresa automobilistica in questione, non c’era molto da negoziare visto che Volvo appartiene ad un cinese e in Cina è stato aperto un nuovo stabilimento. L’avventura cinese è iniziata il 5 giugno quando a Chengdu, nel Sud-Ovest del paese, è stato aperto un nuovo stabilimento produttivo che in un anno dovrebbe immettere sul mercato circa 120 mila auto dando lavoro a ben 2500 persone.

Renault guadagnerà di più producendo in Francia

Volvo, infatti, ha deciso di espandersi e di farlo puntando sul mercato cinese dove, attualmente, è la quinta azienda automobilistica dopo BMW, Mercedes, Audi e Jaguar. Il riferimento  in questo caso è il mercato di lusso. Come dicevamo Volvo appartiene ad un cinese, l’imprenditore Li Shufu che è considerato anche uno degli uomini più ricchi del paese.

All’inizio il suo business era fatto dal gruppo automobilistico Geely, poi l’intuizione vincente con l’acquisto di Volvo, una casa automobilistica di origine svedese che al momento di entrare nelle mani di Shufu, apparteneva alla Ford americana ed è costata ben 1,8 miliardi di dollari.

La Cina influisce sui mercati europei

 La Cina, ormai è chiaro, ha subito una sonora battuta d’arresto ed ora ha praticamente il fiato sul collo. Tutti gli altri paesi occidentali, infatti, dipendono dal mercato asiatico e anche ci si aspetta a breve anche un effetto sui mercati azionari.

La giornata finanziaria di oggi potrebbe essere molto burrascosa. Gli occhi degli investitori sono puntati soprattutto sull’Italia visto che a breve saranno pubblicati i dati sul PIL e sull’industria del nostro paese. Nell’attesa cresce lo spread che si riporto a 265 punti base.

Il futuro degli investimenti è in Africa

Un’altra parte di Occidente, invece, sembra essere immune all’andamento dell’economia cinese e parliamo in questo caso dell’economia giapponese. Tokyo, infatti, ha messo in campo una vera e propria politica monetaria aggressiva. Gli stimoli introdotti dal perpetuarsi dell’Abeconomic hanno spinto verso l’alto il PIL che è cresciuto del 4,1 per cento. In recupero anche in Nikkei che fa segnare un ottimo risultato: +5 per cento.

Perché si teme la decrescita cinese

Gli investitori, considerato il progresso del Giappone, si mantengono cauti sugli altri fronti dimostrando una certa preoccupazione per quel che sta succedendo in Cina. A livello finanziario, quindi, Piazza Affari apre in ribasso e le oscillazioni lasciano Milano praticamente al livello di parità.

Londra e Parigi, tanto per restare sui listi europei, perdono lo 0,2 per cento. I dati macroeconomici diventano una zavorra per tutti.

Il signor Ikea lascia tutto al figlio

 L’azienda Ikea è stata fondata nel lontano 1943 e da allora non ha fatto che crescere fino a diventare un modello per le industrie che si occupano di arredamento e un simbolo per la nostra cultura occidentale. Adesso, però, l’azienda sta cambiando i vertici e qualcuno si preoccupa del suo avvenire. Che non succeda quello che è accaduto alla Apple dopo il compianto Jobs?

Arredare bene prima di vendere e affittare

Che il signor Ikea avesse deciso di mettersi da parte, era noto da tempo ma il grande passo non era ancora stato fatto. Ingvar Kamprad, infatti, non si era ancora dimesso dalla carica di amministratore delegato dell’Inter Ikea Group, l’azienda che amministra ufficialmente dal 1986. Dopo quasi trent’anni si cambia volto.

La fortuna di Ikea non ha eredi

La presidenza di Ikea passa nelle mani del figlio Mathias che da sempre è considerato il rampollo di casa Kamprad  nonostante in passato sia entrato spesso in conflitto con il padre. Adesso, calmati gli animi, si completa la successione nonostante permangano degli attriti tra il CdA dell’azienda e il suo fondatore.

Spazio ai giovani, quindi, mentre gli investitori, notando anche il nuovo ruolo attribuito a Per Ludvigsson, si chiedono se tanto giovanilismo non finisca per rendere meno forte il titolo azionario del mobilificio low cost più conosciuto nel mondo.

 

Apple contro Samsung ma vince la seconda

 Ancora un colpo al cuore per l’azienda di Steve Jobs che dalla morte del suo fondatore è stata assalita da una serie di “sfortune”. L’azienda ha perso quota in borsa, ma la ragione fondamentale del declino è da legare alla diminuzione delle vendite, ancora più preoccupante della perdita d’appeal finanziario.

Acer vuole il mercato dei mini tablet

L’ultima questione che ha interessato il colosso di Cupertino è l’annosa contrapposizione alla Samsung. Le due aziende, infatti, competono ormai su tutti i fronti, si combattono il dominio del settore degli smartphone e dei tablet. A vincere, però, ancora una volta è l’azienda coreana.

Boom smartphone premia Samsung

L’International Trade Commission, infatti, che si occupa della concorrenza americana, ha detto che non si possono più accettare in ingresso nel paese alcuni prodotti della Mela Morsicata, in particolare sono “banditi” dall’importazione iPhone4 e iPad 2 3G. La decisione deve essere ancora ratificata da Obama ma è già pronto il ricorso della Apple.

Spiegata la diatriba c’è da chiedersi il perché di una decisione tanto eclatante. Presto fatto: l’elusione fiscale che aveva messo nel mirino la Apple, ha dato il via ad una serie di approfondimenti sul mercato della Apple e si è arrivati alla conclusione che Cupertino ha violato il brevetto della Samsung.

Per “punizione” non possono essere importati in America i dispositivi Apple prodotti ad esempio in Cina. Che effetto farà questa scelta sul titolo in borsa?

La delusione dell’Abeconomic sui mercati

 Il premier giapponese ha sempre detto di essere disposto a fare di tutto per stimolare l’economia del paese e per far sì che il mercato interno si vivacizzi. Il piano di crescita previsto determina l’iniezione nel mercato di altri 500 miliardi di dollari tra qualche mese.

Tutto in vendita sul mercato

Una tensione praticamente inversa a quella americana, visto che negli USA la Fed ha deciso addirittura di ridurre gli stimoli economici per eliminarli il prima possibile. In tutta questa situazione, i mercati sono in attesa della pubblicazione del beige book e della riunione della BCE che dovrebbe decidere del taglio dei tassi.

Sull’Eurozona, purtroppo, le previsioni non sono così rassicuranti. Per questo i mercati giapponesi e non solo, nella giornata di oggi risultano particolarmente colpiti dalla volatilità. I listini hanno raggiunto ancora una volta i massimi storici e continuamente ci sono dei rimbalzi.

Borse positive mentre Tokyo precipita

Il problema, almeno a livello finanziario, è che non si chiarisce bene la posizione degli investitori. Questi sanno che l’urgenza di alcuni provvedimenti persiste così come la debolezza della ripresa economica. Le borse non fanno che restituire nelle quotazioni questa sensazione d’incertezza. Con riferimento al caso particolare del Giappone, scopriamo che Shinzo Abe ha contribuito allo shock del mercato e con il programma economico annunciato ha fatto calare di 3,86 punti percentuali il Nikkei.

Indesit rinnova l’azienda

 Indesit è una delle aziende italiane oggi più in vista nel panorama nazionale. La sua base è a Fabriano ma in questi giorni sta diventando un caso nazionale visto che i vertici dell’azienda hanno presentato ai sindacati un programma per la salvaguardia della produzione e la razionalizzazione dell’azienda.

 La possibile espansione di Geox

Il presupposto è che con i costi che vigono oggi in Italia, non è facile né sostenibile tenere in piedi un’impresa nello Stivale. Per questo l’azienda ha deciso in via del tutto provvisoria, di trasferire la produzione in paesi meno costosi come la Polonia e la Turchia. Cosa ne sarà dei centri Indesit aperti in Italia? Sono tre e diventeranno dei modelli di sviluppo, concentrati di innovazione.

 Lavorare in Indesit

Il piano di salvaguardia e razionalizzazione è stato presentato dalla Indesit a Roma poiché non si tratta di una questione meramente aziendale, visto che in ballo c’è la completa riorganizzazione del gruppo. Oggi, in Italia, l’azienda Indesit impiega circa 1.400 persone e per la gestione del sistema si serve di 25 dirigenti. Poi sono da inserire nel computo del personale anche 150 impiegati delle sedi centrali e circa 1.250 persone tra operai e impiegati di fabbrica.

La Fiom, nel leggere la proposta ha sottolineato che la situazione Indesit non è altro che l’espressione della situazione drammatica delle imprese presenti nel nostro paese.