Il rendimento super degli azionisti Terna

 Il gruppo che gestisce la rete ad alta tensione in Italia è il gruppo Terna che a sua volta è controllato dalla Cassa Depositi e Prestiti. Nel 2012, il gruppo Terna è cresciuto in modo molto interessante ma i risultati vanno di pari passo con un incedere positivi che dura da sei anni a questa parte.

Per il FT l’Italia ha bisogno di un cambio

La società Terna, per i risultati ottenuti a livello commerciale e per i rendimenti totali del titolo, si è distinta nel panorama italiano arrivando a guadagnare anche un riconoscimento ufficiale, l’International Utility Award.

Per capire il rendimento totale di un titolo, il Total Shareholder Return, si deve sommare tutto quello che gli azionisti hanno ottenuto come dividenti. Nel triennio che va dal 2010 al 2012, Terna, è cresciuta del 24 per cento mentre il rendimento medio del settore in cui opera questo gruppo è stato del -10 per cento.

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Anche nel triennio precedente, aveva ottenuto un buon risultato con un incremento del 73 per cento del valore delle azioni, a tutto vantaggio degli azionisti.

Questo vuol dire che in circa sei anni il rendimento è stato del 97 per cento. Questo risultato determina che Terna è stata la migliore in termini di rendimento sia rispetto alle big quotate in Europa, sia rispetto al listino di piazza Affari.

Pirelli promette di andare ancora meglio

 Il gruppo Pirelli che, come tutti sanno, è riconducibile a Marco Tronchetti Provera, ha chiuso i bilanci del 2012 annunciando un aumento dei ricavi del 7,4 per cento ed un aumento dei profitti del 27 per cento.

 Assunzioni in Pirelli

Un risultato che alla luce della crisi che interessa il nostro paese, è molto importante. Se il 2012 è stato drammatico per tante aziende, quindi, non lo è stato per Pirelli che adesso ha una cedola più alta per i suoi azionisti ma ha proposto un piano di buy back e prevede che non ci saranno bonus per i manager nell’anno in corso.

 Trattative decisive in Pirelli

Gli obiettivi per il 2013 sono chiari e possono essere fatte delle previsioni proprio considerando che l’anno scorso è stato superlativo e si è andati davvero oltre le attese degli azionisti e del mercato stesso. Un anno difficile chiuso con un crescendo di ricavi, non capita a tutte le aziende.

Tanto per dare qualche altro numero, scopriamo che l’aumento dei ricavi si sostanzia in un più 6,07 miliardi di euro che prendono il via anche da un risultati operativi e molto interessanti: si parla rispettivamente del +34,3 per cento e del +30,7 per cento.

Anche i debiti sono scesi fino ad arrivare a 1,2 miliardi di euro, mentre salivano gli utili fino a 398,2 milioni di euro.

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 Come in ogni buona azienda che si rispetti, la pubblicazione dei dati sulla produzione, oppure il raggiungimento di un accordo con altri attori presenti nell’azienda può dare vita ad un’oscillazione del titolo dell’azienda in borsa. Si mette bene, allora, per la prima industria automobilistica del paese che aveva sofferto come lo omologhe europee di un calo della produzione e delle vendite.

Marchionne minaccia l’Italia

Anzi, Marchionne aveva anche dichiarato che con la sua azienda non avrebbe più investito in Italia se non ci fossero state le condizioni sufficienti per credere nella stabilità, con riferimento ai problemi che sta incontrando la politica nella definizione degli equilibri in seno al nuovo Governo.

Continua la crisi dell’auto

La FIAT, sicuramente, nella settimana in corso, sarà impermeabile ai dati sul mercato automobilistico e sarà invece tenuta a galla dalle ultime notizie relative all’azienda. Il fine settimana, infatti, è stato reso più disteso dalla notizia sulla firma dell’accordo per il contratto di lavoro che riguarda ben 86 mila dipendenti dell’azienda torinese. Tutto è dipeso da buon lavoro diplomatico dei sindacati che sono riusciti in questo caso a far valere le proprie ragioni sull’azienda.

L’accorso sarà considerato valido dal febbraio 2013 fino alla fine dell’anno e prevede l’aumento mensile di 40 euro lordi dei minimi contrattuali con un aumento complessivo di 480 euro. Non è escluso, anzi è considerato importante anche il premio di produttività.

Banche in crisi si torna a parlare di esuberi

 Se una banca sta bene, con i conti e con i prodotti erogati, insomma ha i suoi clienti e quasi tutti sono buoni debitori, non può certo parlare di esuberi, perché di forze fresche ne ha bisogno. Invece, come sappiano, anche le banche più forti, oggi, vacillano sotto il peso di una crisi prolungata. Gli aiuti che alle banche sono stati forniti prima dalla BCE e poi dallo Stato, sembrano quasi insufficienti.

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Da cui a quattro anni, fino al 2017, il mondo delle banche dovrà stare dietro ai licenziamenti. Complessivamente sono stati messi in lista ben 43 mila esuberi. Di questi, 23 mila sono già stati portati a compimenti nel triennio che va dal 2008 al 2011. Che le banche abbiano degli esuberi e che si proceda con i licenziamenti, vuol dire che ci saranno presto le chiusure degli sportelli, gli esodati e coloro che “si salveranno” usando uno scivolo.

Chiusura in rosso ed esuberi per Barclays

Il presidente della Federazione Autonoma Bancari fa sapere però che soltanto il 10 per cento dell’incremento delle sofferenze bancarie può essere attribuito alla crisi, il restante 7 per cento si deve alla cattiva gestione. C’è poi la burocrazia che ci mette lo zampino ritardando la ripresa. Le dieci banche che adesso saranno colpite maggiormente dagli esuberi potrebbero conoscere la flessione del titolo in borsa per questo le riportiamo di seguito sperando di dare una mano agli investitori. Si tratta di Monte dei Paschi di Siena, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Gruppo UBI, BNL, Cariparma, Banco Popolare, BPM, Gruppo Delta e Banca delle Marche.

Il bilancio di Aviva è compromesso

 Il mondo della politica è strettamente legato a quello della finanza, anzi, quest’ultimo attinge a piene mani dalle informazioni messe a disposizione dagli stati e dalle istituzioni sovranazionali. L’esempio è presto fatto: se la BCE dichiara che lascerà i tassi invariati è molto facile che ci sarà una stabilità oppure in incremento del fatturato delle istituzioni creditizie.

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Allo stesso modo sapere che un paese ha effettuato un giro di vite, operando dei tagli alla spesa pubblica o penalizzando alcuni settori dell’economia, può essere una spina nel fianco della società che operano sulla base dei dati nazionali. Arriviamo così al caso di Aviva.

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E’ il secondo gruppo assicurativo britannico che adesso annuncia di aver chiuso l’esercizio con una flessione di 3 miliardi di sterline. Tutto dipende da 3,3 miliardi di svalutazioni legate alla cessione delle divisioni americane dell’azienda che ha comportato l’annullamento di bonus e l’addio agli aumenti per i manager.

Aviva si occupa di assicurazioni in Gran Bretagna e quest’anno ha dovuto fare i conti con un 2012 non proprio felice visto che ci sono state le perdite che abbiamo elencato. Il risultato operativo è stato di 1,776 miliardi di euro, che è comunque meno di 1,857 miliardi del 2011. Il dividendo stesso dell’azienda è in calo del 27 per cento ed ha raggiunto quota 10 pence per azione.

Autogrill ha ancora dubbi sulla cedola

 In un mercato industriale e azionario normale se l’azienda va bene, ottiene un utile interessante e si comporta lealmente, c’è un dividendo da spartire con cui nella stessa azienda ha investito comprando azioni. Ma oggi, in questo periodo di forte crisi che coinvolge aziende di ogni tipo, il primo pensiero è sempre quello di riparare i debiti. Per le cedole degli azionisti c’è da aspettare anche se l’attesa è deleteria per il titolo dell’azienda in borsa.

Autogrill cresce dopo l’annuncio della scissione

La premessa ci serve soltanto per introdurre il caso Autogrill. L’azienda, nel 2012, ha dovuto far fronte ad una flessione degli utili del 23 per cento che si traducono in una perdita pari a 96,8 milioni di euro. La parte italiana dell’azienda, per esempio, è andata in rosso. L’ad, Gianmario Tondato, deve quindi capire cosa farne delle cedole degli azionisti.

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I dividendi devono essere pagati ma le soluzioni sono diverse: per esempio si potrebbero usare le riserve di denaro dell’azienda, oppure procrastinare i pagamenti. Tanto all’orizzonte s’intravede già la separazione dei ristoranti dai duty free.

Il processo di ristrutturazione, infatti, prosegue. Tondato ha annunciato, intanto, i risultati del 2012:  ricavi sono in aumento del 4 per cento e hanno raggiunto quota 6.07 miliardi. I margini sono in calo del 4,4 per cento fino a 589,9 milioni e anche le attese degli analisi sono state riviste dopo il calo del 23 per cento degli utili.

Fatturato in crescita per Campari

 Il Campari, da qualche anno, non è la bevanda più diffusa nel mondo ma conosce un discreto successo che si traduce in un buon risultato anche in borsa. La credibilità dell’azienda e la sua permanenza sul mercato in un momento di crisi sembrano essere assicurate.

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Tutta la crescita di Campari, dipende dalle acquisizioni che ha portato a termine in questi anni. Per esempio è stato comprato un rum giamaicano, il Lascelles deMercado. In più si tratta di una bevanda molto gradita soprattutto negli Stati Uniti. In questa marcia trionfale l’unico dettaglio che impensierisce gli investitori è quello della redditività che sembra in frenata.

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Il titolo in borsa, quindi, sarà presto in rialzo ma deve affrontare ancora un periodo di debolezza legato proprio all’annuncio dei risultati di Campari. E’ servita a poco la dichiarazione dell’ad del gruppo che ha commentato con una certa soddisfazione i risultati del 2012.

L’anno in corso, come per tutte le aziende, sarà un periodo intermedio in cui bisogna affilare le armi per sopravvivere alla crisi. Il perdurare della recessione europea non aiuta ma ci sono altre zone del mondo che potrebbero controbilanciare i risultati del Vecchio Continente.

Si vede di buon occhio, ad esempio, il miglioramento delle vendite in America Latina.

Crollano le vendite di surgelati

 Tutti i titoli delle aziende che si occupano di surgelati, in questo momento, stanno tremando visto che la vendita dei loro prodotti è calata improvvisamente e la colpa è tutta da attribuire ai recenti scandali sulla carne di cavallo. L’indagine è stata fatta dalla Coldiretti che da sempre promuove l’uso di frutta e verdura freschi e di stagione.

I consumi parlano del peggioramento dell’Italia

Coldiretti ha indagato sui primi piatti pronti, sui ragù e sui prodotti congelati in generale, dimostrando che negli ultimi tempi, ci sono stati cali nelle vendite pari al 30 per cento. In parte questa flessione è legata al ritiro dal mercato di numerosi prodotti. I dati parlano di 200 tipi diversi di confezioni di prodotti alimentari, ritirate in 24 paesi.

Lo scandalo della carne di cavallo affonda le vendite di surgelati

Lo scandalo della carne di cavallo ha coinvolto la Francia ma anche l’Italia, in seguito al monitoraggio effettuato dalla eFoodAlert.net. A segnalare questo momento critico, ci ha pensato anche la Cia, la Confederazione italiana agricoltori che addita una flessione del 10 per cento delle vendite.

Adesso i consumatori preferiscono buttarsi su prodotti confezionati a base di carne bovina che generalmente, in un supermercato, rappresentano il 20 per cento del settore. Soltanto a livello informativo vale la pena dire che il giro d’affari dei piatti pronti è di 330 milioni di euro di cui 80 milioni sono primi pronti freschi.

Banco Popolare in difficoltà

 Il sistema bancario italiano ha dimostrato di essere molto più solido di altri sistemi omologhi in Europa ma questo non lo mette al riparo da alcuni elementi critici che vanno ad intaccare l’ascesa dell’uno e dell’altro titolo bancario. Stavolta, sotto la lente d’ingrandimento degli analisti, ci è finito il Banco Popolare che ha dichiarato al mercato che per la sua concessionaria Agos ci sono molte perdite.

 Banco Popolare in difficoltà

Bankitalia, intervenuta nella questione, ha perfino invitato gli ad del Banco Popolare ad operare una rettifica sui crediti. Questo vuol dire che entro la fine dell’anno i risultati andranno al di là delle stime originali fatte dagli analisti. Si allontaneranno ma per ora è indiscusso il Core Tier 1 superiore ai requisiti fissati dall’Associazione bancaria europea (Eba).

► Il patrimonio di MPS non è a rischio

Il Banco Popolare, dal punto di vista del mercato, si è comportato con molta chiarezza tanto che gli investitori hanno subito ipotizzato una perdita netta del titolo. Nel comunicato diffuso dai manager del gruppo bancario, sembra che il “buco” che sarà accusato alla fine dell’anno, si aggirerà intorno ai 330 milioni di euro.

Il brutto è che questa è soltanto la stima fatta per la chiusura dei bilanci alla fine dell’anno, ma non si esclude un incremento delle perdite. Preoccupa soprattutto Agos, la concessionaria della quale non si hanno ancora dati definitivi, se non quelli riferiti al 2012, quando ha inciso sulla perdita del Banco Popolare con un buco da 100 milioni di euro.

200 milioni di euro a William Johnson

 Chi è William Johnson? L’amministratore delegato della società Heinz, nota soprattutto in America per la produzione di Ketchup. Questo manager ha deciso di lasciare l’azienda ed incasserà una buona uscita molto corposa, tanto per dirla all’europea.

28 miliardi di dollari per il ketchup

Proprio mentre nel Vecchio Continente si parla di mettere un tetto ai superstipendi dei banker, altri stipendi, in America, sembra necessari e intoccabili. L’ad di Heinz, infatti, lascerà l’azienda con un bell’assegno da 200 milioni di dollari.

Negli Usa scatta la sequestration

Tutto dipenda dalla conclusione dell’accordo tra Heinz, Warren Buffett e 3G Capital. Queste ultime due aziende hanno comprato quella di Johnson che adesso, a soli 64 anni, può ritirarsi a vita privata con un paracadute di 56 milioni di dollari, una pensione di 57 milioni (che comprende anche compensi ritardati) e infine circa 99,7 milioni di dollari di azioni.

Il capitale che sarà incassato da Heinz ha determinato, sui giornali, almeno il riepilogo dei suoi successi industriali. Johnson guida l’azienda dal 1998 e durante la sua amministrazione ci sono state una quarantina di acquisizioni che hanno reso la compagnia molto concorrenziale sotto il profilo del marketing e delle innovazioni. Basta pensare alle confezioni del ketchup in questione.

Le vendite dell’azienda, nel 2012, sono cresciute dell’8,8 per cento rispetto all’anno precedente e quindi il commento principale è stato: Johnson si merita quel che gli hanno dato.