Facebook passa ai servizi a pagamento

 Quella di Facebook è una svolta storica che impensierisce moltissimo gli utilizzatori del social network, ma che serve all’azienda di Menlo Park di recuperare la liquidità necessaria per mettere in campo nuovi servizi.

Non c’è niente di misterioso in tutta questa operazione visto che gli Stati Uniti sono già stati preparati all’introduzione dei messaggi a pagamento su Facebook. Per capire la portata economica della rivoluzione basta considerare che il social network blu sfiora oggi il miliardo di account.

Controlli fiscali anche per Facebook Italy

Mettiamo anche una buona percentuale di questi siano profili fake, niente toglie che siamo di fronte ad una volta per le casse di Zuckenberg. Ma perché proprio adesso?

L’introduzione della tariffa sui messaggi scambiati dagli utenti, prima introdotta negli USA e poi nel resto del mondo, consentirà a Facebook di avere le risorse economiche necessarie per poi passare all’attacco di Skype.

► Fine dell’accordo Facebook-Zynga

L’intenzione di Zuckenberg è anche quella di recuperare utenti puntando molto sull’erogazione dei servizi telematizzati, prima della grande novità che potrebbe essere cruciale nel 2013: il lancio del Facebook Phone.

Tutte le iniziative appena elencate hanno fatto malignare tanti sulla possibilità che Facebook sia in crisi economica, in realtà ha soltanto bisogno di liquidità, una liquidità sulla quale aveva provato a concentrarsi in borsa prima del tracollo del titolo.

Adesso come reagiranno i mercati a questo nuovo “programma industriale”?

Teheran sarà la prossima bolla finanziaria

 La borsa di Teheran è la prossima piazza finanziaria che, secondo gli analisti, sarà interessata da una bolla. Quando scoppierà? Probabilmente entro il 2013, anche se le avvisaglie della crisi sono percepite da tempo.

Calo di fine anno per le borse europee

Sono circa 6 anni, neanche poco, che si parla del Teheran Stock Exchange, il Tse, il mercato azionario iraniano sul quale soltanto pochissimi coraggiosi hanno investito e che invece si è rivelato una fonte inesauribile di rendimenti.

In realtà, quando si parla del mercato finanziario di Teheran, sembra di essere sempre davanti ad un paradosso, visto che l’Iran è sempre sotto lo scacco delle sanzioni internazionali. Il paradosso sta nel fatto che all’aumento delle sanzioni, l’indice benchmark del Teheran Stock Exchange sale in alto.

Tanti altri dettagli risultano così trascurabili. Per esempio la borsa sembra non tener conto del fatto che l’indice inflazionistico ha superato il 20%, che la disoccupazione è a livelli elevatissimi e che le esportazioni petrolifere da cui Teheran ricava il 90 per cento del PIL, sono state praticamente dimezzate. A questo inconveniente si aggiunge poi il crollo della valuta nazionale.

Una situazione simile, in una delle borse del Vecchio Continente, ne avrebbe procurato il crollo. Ci si aspetta quindi un passo falso di Teheran da un giorno all’altro.

Test elezioni per Piazza Affari

 L’Italia si appresta a tornare alle urne dopo la crisi di governo che ha determinato le dimissioni di Mario Monti. Il professore bocconiano ha deciso di rinunciare al suo incarico di senatore a vita per correre come premier alle prossime politiche.

Adesso è la politica stessa ad essere attesa al varco. In molti dicono che siamo di fronte a Piazza Affari e al dopo Monti che spaventa, ma c’è qualcosa in più di cui tener conto.

► L’agenda Monti gioca a favore dell’Italia

Fino ad ora i mercato finanziari italiani sono stati in un momento di grazia. Piazza Affari è cresciuta del 17 per cento dalla metà di novembre in po’, recuperando il 41% dai livelli minimi toccati nel 2012, contro il recupero del 23 per cento delle borse europee.

I BTp decennali stessi hanno reso più del 22 per cento e i risparmiatori che hanno indovinato l’investimento ringraziano sentitamente.

► Il rendimento dei BTp sotto la soglia del 4,3%

Adesso però bisogna legare questi dati alla politica e si scopre che molta della fiducia accordata dagli investitori all’Italia, si lega all’operato del Governo Monti riguardo soprattutto il risanamento dei conti pubblici.

Questo stato di grazia, adesso, potrebbe essere incrinato visto che non arrivano notizie entusiasmanti sull’economia americana e cinese e il comportamento di Wall Street lo dimostra. La speranza che la situazione europea migliori, così come l’italiana c’è ma bisogna capire cosa si aspettano gli investitori dalle urne.

Scopri perché si parla tanto di Alitalia e AirFrance

 Quella di Alitalia è una storia molto interessante e “tragica” allo stesso tempo, visto che dopo quattro anni, stiamo ancora pensando ad un sistema di salvataggio per la compagnia di bandiera italiana. Tutto nasce da una scadenza specifica, quella più attesa dagli azionisti e dai trader.

A mezzanotte dell’11 gennaio, infatti, è scaduto il lockup sulle azioni di Alitalia. Fino a quel momento, dunque, c’era stato un blocco, un divieto nella vendita di azioni per i soci di Alitalia, i famosi capitani patriottici che investirono nella compagnia evitandone la svendita. Adesso si cerca di conoscere il nuovo piano Alitalia per evitare la bancarotta.

Adesso questi soci possono vendere le loro azioni al miglior offerente anche se l’ultima parola sulle contrattazioni spetta al Consiglio di amministrazione. Di fatto la scadenza del lockup apre la strada a numerosi ipotesi, sicuramente si parla di vendita di Alitalia ma a chi?

► Alitalia nuovamente in profondo rosso

Le finanze dell’azienda sono distrutte. Secondo la ricostruzione di Repubblica.it, Alitalia perderebbe circa 630 mila euro al giorno ed avrebbe un debito di 700 milioni di euro, nonostante nelle casse, ormai, ce ne siano soltanto 300 milioni.

► Air France pensa ad Alitalia

AirFrance che possiede già il 25 per cento delle azioni, potrebbe tentare il colpo grosso, ma l’indiscrezione suggerita da Il Messaggero, è stata prontamente smentita dai vertici dell’azienda Francese. Certo è che i capitani patriottici entrarono in campo proprio per allontanare AirFrance.

► Air France smentisce la trattativa

L’IPO su Chrysler potrebbe essere accelerata dal fondo Veba

 L’azionista di minoranza della Chrysler detiene il 41,5% delle azioni ed è il fondo Veba che in questo periodo sta spingendo affinché si arrivi alla quotazione in borsa della società che risulta controllata dal colosso torinese dell’automotive.

► Sempre più vicini alla fusione tra FIAT e Chrysler

Il fondo Veba si occupa dell’assistenza sanitaria per i pensionati della Chrysler ed è gestito dal sindacato Uaw. È stato quest’ultimo a chiedere all’azienda americana di procedere con il primo passo verso Wall Street, vale a dire con la registrazione alla Securities and Exchange Commission della sua quota. All’orizzonte è sempre più nitida la borsa americana.

► Perde quota il settore auto

La Fiat, nella serata di ieri, intanto, ha diramato un comunicato spiegando che rispetterà gli obblighi sulla base dello Shareholders Agreement del giugno del 2009 e dell’Operating Agreement. Intanto il management dell’azienda automolistica italiana ha precisato che non se la sente di assicurare un registation statement presso la SEC e non se la sente di assicurare che ci sia effettivamente un’offerta.

Quest’ultima sarà possibile soltanto attraverso la pubblicazione di un prospetto chiaro delle condizioni. Gli accordi del 2009 cui si fa riferimento sono quelli stipulati al momento dell’ingresso della FIAT e dei sindacati stessi nell’azionariato Chrysler, quando per quest’ultima azienda era stata prevista l’uscita dalla bancarotta controllata.

Si prepara l’IPO per Moleskine

 In genere è la Borsa Italiana a dover dare il via libera alla quotazione di una nuova società sul mercato telematico azionario, conosciuto con l’acronimo MTA. A quel punto si dà il via all’IPO che è un’Offerta Pubblica Iniziale.

► Twitter prepara il terreno per l’IPO

Sono presentati al pubblico i titoli della società che sta per affacciarsi sul mondo azionario, al fine di trovare nuovi investitori tramite la quotazione in borsa. Questa dinamica è particolarmente condivisa dalle società il cui capitale è posseduto pochi investitori o da pochi azionisti.

Se l’IPO va di pari passo con una ristrutturazione finanziaria dell’impresa si possono ottenere un bel po’ di vantaggi, quali ad esempio la riduzione dell’indebitamento. E’ facile immaginare adesso che l’IPO è uno strumento pensato per le società che sono in crisi. In realtà si corrono dei rischi enormi, basta pensare a quello che è accaduto a Facebook lo scorso anno.

► Ristrutturazione finanziaria: il caso della banca Dexia

Nel 2013, invece, la prima debuttante sul mercato italiano dovrebbe essere Moleskine, la celebre azienda che firma quei taccuini neri tanto cari agli scrittori d’un tempo come Hemingway. A sponsorizzare l’operazione ci sta pensando Mediobanca ma Borsa Italiana avverte: il via libera ha una validità di 12 mesi ma bisogna aspettare che siano depositati i documenti di registrazione alla Consob. Deve essere quindi presentata la domanda di ammissione.

Air France smentisce la trattativa

 Qualche tempo fa, per opera del quotidiano Il Messaggero, si era sparsa la voce che Alitalia e Air France fossero di nuovo in trattativa e molti analisti immaginarono la possibile ripartizione delle quote per un’eventuale acquisizione o fusione. Era forse un piano Alitalia per evitare la bancarotta?

Può darsi ma a distanza di poche settimane, Air France smentisce l’esistenza dei negoziati con i soci italiani della compagnia aerea italiana e spiega di non avere assolutamente programmato un piano per acquisire Alitalia, almeno nel breve periodo.

La voce sparsa dal Messaggero sembrava molto plausibile, alla luce del fatto che già nel 2008 Air France aveva investito un miliardo di euro rilevando Alitalia. Il quotidiano romano era convinto che ci fosse nelle mire dell’azienda francese l’acquisto delle quote Alitalia cui sarebbe stato aggiunto un premio del 20%. In cambio Alitalia avrebbe ottenuto un posto d’onore ai tavoli francesi.

D’altronde i tempi sono maturi visto che il 12 gennaio è vicino. In quel giorno scadrà il periodo cosiddetto di lock up, quello in cui i soci italiani non possono cedere i loro titoli. Forse Air France sta solo temporeggiando e aspetta di svelare le carte il 13 dicembre quando sarà rilanciata la fase di acquisti sul titolo Alitalia.

Tutte queste dicerie, intanto, hanno dato una scossa ai titoli legati ad Alitalia e la stessa Immsi di Colaninno ha guadagnato il 18,2%. A parte rari casi, comunque, il mercato aereo stenta a ripartire.

► Assunzioni alla British Airway

Telecom vola a Piazza Affari

 Piazza Affari è un mercato molto sensibile alle notizie diffuse sul mercato che interessano la politica, l’economia, o il destino di una singola società, molto importante per il tessuto economico del paese.

L’accordo Basilea III recentemente siglato ha messo il turbo ai titoli bancari e a guadagnarci, almeno in Italia, sono state soprattutto le azioni del Monte dei Paschi e di Unicredit. Ma delle banche in crescita dopo Basilea III, abbiamo già parlato.

► MPS vola dopo il calo dei rendimenti BTp

Adesso si tratta di approfondire un altro exploit, quello del titolo Telecom. Si è diffusa infatti la notizia riguardante la volontà di costruzione una rete telefonica paneuropea e questo particolare ha entusiasmato gli investitori che hanno immaginato un ruolo importante per la nostra compagnia telefonica di bandiera.

Il titolo Telecom Italia è quindi cresciuto del 7 per cento e si è candidato come miglior titolo di giornata. A dare conferma della volontà di unificare la rete telefonica sotto il vessillo UE, ci ha pensato il Financial Times parlando di un incontro riservato cui hanno partecipato Deutsche Telekom, France Telecom, Telecom Italia e Telefonica, insime al commissario UE per la concorrenza, Joaquin Almunia.

In quella sede si è parlato di consolidare l’unità del settore telefonico andando oltre la fragmentazione delle reti nazionali, in modo da competere ad armi pari con Cina e Stati Uniti.

Banche in crescita dopo Basilea III

 A novembre era stato chiesto il rinvio del Basilea 3, adesso, invece, con grande fatica, è giunta notizia dell’approvazione della revisione dello standard di liquidità per le banche. Gli istituti di credito quotati in borsa hanno visto di conseguenza schizzare alle stelle i valori delle azioni.

Nel settore finanziario, ormai da due settimane, si sono scatenati gli acquisti. In un primo momento, a lanciare il trend, ci ha pensato il calo dello spread, adesso tutto è merito di un provvedimento che con il differenziale tra BTp e Bund non c’entra proprio  niente: l’accordo Basilea III che introduce requisiti patrimoniali e di liquidità.

I titoli che maggiormente sono stati oggetto della furia delle vendite sono stati quelli di Monte dei Paschi di Siena e di Unicredit che hanno guadagnato tantissimo in pochi giorni di contrattazioni. Partiamo dall’istituto senese che in due giorni ha guadagnato il 20% e poi, ieri ha portato a casa un altro +6,89%.

Sul titolo del Monte dei Paschi gli scambi hanno raggiunto il 10 per cento del capitale della banca e le azioni si sono riportate a quota 28 centesimi.

Tra gli altri bancari è stato sicuramente interessante il movimento del titolo Unicredit che ha chiuso l’ultima giornata di contrattazioni con il +2 per cento che ha consentito alla banca di tornare sui livelli di 4 euro per azione.

Twitter, forse, cinguetterà in Borsa

 La Borsa ha sfruttato molto il rendimento dei titoli tecnologici ed ora si trova davanti ad un’altra proposta, quella del colosso dei mini messaggi che potrebbe decidere di fare il passaggio decisivo verso il mercato azionario. Stiamo parlando di Twitter.

Dopo il debutto disastroso del 2012 di Facebook a Wall Street, il mercato americano si prepara ad un nuovo colpo grosso. Secondo gli analisti Twitter ha molti elementi favorevoli al suo passaggio in Borsa, basta pensare al fatto che tra i 500 milioni di utenti raccoglie anche moltissimi capi di Stato e di Governo, nonché il papa.

Per questo gli analisti azzardano anche il valore del maestro dei cinguettii. L’autorevole voce di Max Wolff di Greencrest, usato anche da Forbes, spiega che Twitter vale qualcosa come 11 miliardi di dollari. Peccato che questa stessa azienda abbia esagerato in passato con le valutazioni di Facebook e Zynga.

Sicuramente, in questa valutazione, hanno un peso molto importante anche le quotazioni non ufficiali di Twitter sul mercato secondario, dove la domanda di titoli del social network in questione è decisamente alta. In più bisogna considerare tutte le iniziative che Twitter è pronta a mettere in campo per incrementare e rendere più remunerativa la sua popolarità.

Il 2013 potrebbe essere l’anno decisivo per Twitter ma, in alternativa, si potrebbe anche pensare ad una quotazione nel 2014.