Export italiano in crescita ma molti “tarocchi”

 Se vogliamo investire in borsa anticipando qualche trend di successo possiamo puntare, almeno in Italia, sui titoli delle aziende che si dedicano all’export dei loro prodotti visto che nel 2012, le vendite all’estero, hanno raggiunto i 31 miliardi di euro.

Il problema è soltanto quello di individuare le aziende che non risentono molto della clonazione del prodotti visto che il Made in Italy, seppur molto quotato all’estero, è spesso sostituito da prodotti taroccati. Il giro dei “falsi” è di ben 60 miliardi di euro.

Il prodotto fatto e confezionato in Italia, quindi, da un lato sta conoscendo il boom delle esportazioni, comune a molti prodotti agroalimentari tricolore, grazie anche al fatto che i nostri prodotti risultano migliori di quelli classici. Per esempio formaggi e spumanti, tempo fa, erano appannaggio della Francia, adesso invece le quote di mercato in questi due settori sono cresciute.

In Francia le vendite di formaggi italiani, sono aumentate del 4 per cento, così come piace lo spumante esportato il 64% delle volte rispetto al passato. Ma i prodotti italiani spopolano un po’ ovunque, così che si scopre che la birra italiana è cresciuta in Germania dell’11 per cento, il made in Italy è aumentato del 10 per cento negli Stati Uniti e del 21 per cento sul versante asiatico.

MPS vola dopo il calo dei rendimenti BTp

 Monte dei Paschi di Siena, come tutti i titoli bancari, è un po’ in affanno nell’ultimo anno, soprattutto nella prima parte del 2012. In effetti, come in ogni momento critico che si rispetti, il sistema finanziario è messo sotto pressione. Dalla metà dell’anno scorso, però, è iniziata la risalita del titolo.

Nei scorsi giorni, in corrispondenza del calo dello spread e dell’apprezzamento dei titoli di stato italiani, è stato avviato il monitoraggio della Consob che interviene, di solito, nei momenti più eclatanti dell’andamento del mercato.

Il debito sovrano, in questo momento, ha subito quello che potremmo definire un allentamento della pressione nel senso che i titoli di stato americani e tedeschi, originariamente considerati beni di rifugio, sono adesso meno ricercati, così che i titoli di stato dei paesi periferici, possono godere di un calo del  rendimento.

In pratica, del fiscal cliff possono gioire i titoli del debito europei ed italiani in modo particolare. Il Monte dei Paschi di Siena, che fino a questo momento si è dimostrato il più esposto verso i titoli di Stato, ha ottenuto un miglioramento della situazione finanziaria.

Con lo spread ai minimi e con i rendimenti molto bassi dei titoli di Stato, le azioni del Monte dei Paschi di Siena hanno recuperato valore, guadagnando più del 12 per cento.

Cala lo spread: che guadagno?

 Lo spread tra BTp e Bund scende in modo vertiginoso e lo stesso Mario Monti che adesso si è candidato come premier a capo di una compagine moderata di centro, si complimenta con il suo vecchio Esecutivo del lavoro fatto. L’obiettivo che il gabinetto Monti si era dato è stato raggiunto e in effetti si parla di “soglia Monti” per lo spread.

Ma cosa vuol dire che lo spread è sceso? Il calo del differenziale tra i BTp italiani e i Bund tedeschi, equivale banalmente ad un risparmio per le casse dello stato. Per ottenere tale risultato sono state realizzate ben tre manovre per un valore complessivo di 82 miliardi di euro in un anno.

La pressione fiscale, subita dai cittadini, in appena un anno è salita dal 42,5 al 44,7 per cento. Il differenziale da cui partiva Monti era però di 575 punti, oggi siamo arrivati a 283 punti e questo vuol dire che l’Italia si metterà in tasca circa 50 miliardi in più nell’arco di tre anni. Non male.

Per capire meglio la questione è necessario parlare degli interessi pagati dall’Italia per il collocamento dei Bot semestrali. Alla fine del 2011 gli interessi pagati dal nostro paese erano equivalente al 3,25%, nell’ultima asta non sono andati oltre lo 0,94%.

Perde quota il settore auto

 Il comparto delle automotive è fermo, anzi va proprio a marcia indietro ormai da troppo tempo per non catalogare la situazione come preoccupante. Per questo, anche a livello finanziario, a fronte di un recupero degli istituti di credito, si assiste alla progressiva perdita di valore dei titoli automobilistici.

Il mercato automobilistico si è chiuso secondo le peggiori previsioni dell’anno con le immatricolazioni in calo anche nell’ultimo mese dell’anno. Un -22,5 per cento rispetto allo stesso mese del 2011, che non fa certo piacere alle industrie che fanno dell’auto il loro business.

In generale, nel 2012, le immatricolazioni hanno registrato un saldo negativo del 19,8 per cento. La Fiat, sempre nell’occhio del ciclone anche per via dell’imponenza delle figura di Marchionne, ha perso molto meno delle altre industrie registrando soltanto un -19,4 per cento.

Le quattroruote hanno così attraversato un periodo terribile con le immatricolazioni che sono crollate fino ai livelli di 33 anni fa. La cosa che consola le aziende automobilistiche italiane, ma soltanto parzialmente, è che si tratta di un crollo verificatosi in Italia e anche nel resto d’Europa.

Il calo delle immatricolazioni illustra comunque un comparto economico che stenta a ripartire.

Per quanto riguarda la situazione italiana, la motorizzazione, nel dicembre del 2012, ha immatricolato 86.735 auto, il 22,51% in meno rispetto al 2011. 

Accordo sul fiscal cliff: volano le borse

 Le borse europee gioiscono dell’accordo raggiunto sul fiscal cliff. L’accordo siglato tra l’amministrazione Obama e il Congresso mette al sicuro l’America dall’ipotesi recessione. Le borse ringraziano e si entusiasmano. In Europa è la prima seduta dell’anno e tutti chiudono in rialzo.

La migliore delle piazze è quella di Milano che vede crescere in modo interessante, di circa 3 punti percentuali, l’indice Ftse Mib e assiste contemporaneamente alla discesa dello spread fino a 287 punti, la cosiddetta soglia Monti. Lo stesso ex premier, dal suo Twitter, gioisce per il traguardo raggiunto, segnando un altro punto a favore dell’Esecutivo tecnico.

A guardare meglio quel che succede alla borsa di Milano di scopre che ad un +3,81% dell’indice Ftse Mib, corrisponde un +3,68% dell’indice All-share e tutto dipende in gran parte dalla performance dei titoli bancari. A brillare è soprattutto il titolo della Banca Popolare dell’Emilia Romagna che fa registrare un bel salto del 5,74 per cento. Ma vanno bene anche Ubibanca, con il +5,20%, Intesa Sanpaolo con il +5,46% e Unicredit con il +3,89%.

E se le borse europee esultano, non è da meno Wall Street che in apertura registra un balzo in avanti del Nasdaq che recupera 2,46 punti percentuali e del Dow Jones stesso che fa segnare un +1,88%. A contribuire a questi rialzi non c’è soltanto l’accordo sul fiscal cliff ma anche l’indice manifatturiero che a dicembre è arrivato fino a quota 50,7 punti.

Bankia: un anno e mezzo da dimenticare

 Le banche spagnole sono in crisi e forse sono all’origine di tutta la crisi del paese. È emblematica la situazione dell’istituto di credito Bankia che in un anno e mezzo ha perso il 90 per cento del suo valore.

Abbiamo già considerato il caso della Dexia franco belga, per la quale è stata attivata una procedura di salvataggio, tramite fallimento ordinato che ha garantito la sopravvivenza del titolo.

Non si può fare un discorso analogo rispetto alla Bankia spagnola che, per esempio, la settima scorsa in un sol giorno ha perso il 26 per cento del suo valore. In un anno e mezzo, in realtà, la perdita è stata molto consistente ed ammonta ad un -90 per cento.

Gli analisti spagnoli, ormai, non hanno più speranze e ritengono che quando una società ha più debiti che attivi, ha anche un titolo che ormai non vale più nulla. È normale allora che dall’inizio dell’anno ci sarà l’uscita di scena: il titolo Bankia sarà escluso dal principale indice iberico, l’Ibex 35.

La scelta è giustificata dal fatto che la quotazione dei titoli Bankia è ora fissa a 0,412 euro, il 90 per cento in meno rispetto all’IPO che aveva lanciato nel luglio 2011 le azioni della banca sul mercato con un valore unico di 3,75 euro.

Il caso Dexia belga: ecco come si salva una banca

 Le banche sono croce e delizia di un sistema economico e finanziario. Alle banche è attribuita la colpa della crisi ma è merito delle banche se cittadini ed imprese hanno una base di liquidità per le loro operazioni. Risulta quindi fondamentale occuparsi di alcuni casi emblematici.

Quello che vogliamo sottoporre all’attenzione dei cittadini, dei consumatori e degli investitori, è quello della banca Dexia, per la quale il governo ha in serbo il quarto salvataggio pubblico consecutivo. La banca è considerata un colosso franco-belga del credito, ma ha subito per prima e con dolore gli effetti della crisi finanziaria.

Fino a che ha ottenuto, la scorsa settimana, il via libera dall’Unione Europea per avviarsi verso un fallimento ordinato che va a completare il ciclo di tre iniziazioni di denaro pubblico negli ultimi quattro anni.

In questo modo, grazie al contributo economico della Francia, del Belgio e del Lussemburgo, si procederà con la risoluzione della situazione del gruppo, che comprende, tra le altre operazioni, anche la vendita della DMA, una sussidiaria di Dexia, e la ristrutturazione della Belfius, l’ex banca Dexia belga.

Con questa ristrutturazione si ammortizzano i costi previsti per i contribuenti che avrebbero pagato un conto più salato scegliendo altre direttrici.

Gli affari si fanno anche con i collezionisti

 Il mondo degli affari è condizionato molto dai trend di settore. Si pensi ad esempio alla cosiddetta bolla tecnologica che ha visto l’esplosione dei titoli legati al mondo della tecnologia e della telefonia. I titoli hi-tech, tra l’altro, per diversi mesi, in quest’ultimo anno, hanno tenuto a galla Wall Street, tanto che la parola “bolla” è stata quasi cancellata.

Abbiamo avuto modo di riflettere sul fatto che nel mondo della finanza, i settori aciclici, quelli che non subiscono il passare del tempo, come la moda, sono assolutamente privilegiati dal punto di vista finanziario, tanto che nonostante i ribassi strutturali delle maggiori azioni, i titoli di Ferragamo o Tod’s hanno sempre fatto registrare performance positive.

Al settore del lusso possiamo aggiungere anche quello del collezionismo. Tutti gli indici legati agli hobbies, per dirla in breve, non sono scalfiti dalla crisi. Questa seconda considerazione nasce dalla lettura di un articolo molto interessante che l’USA Today ha riservato a David Schooley, un uomo che da qualche anno fa affari con i LEGO.

Schooley gioca nella “borsa dei giocattoli”: compra e accumula mattoncini LEGO quando questi sono reperibili a buon prezzo, poi li rivende ai collezionisti, per singoli pezzi oppure assemblando dei set unici al mondo. Da tenere d’occhio.

Piazza Affari chiude il 2012 positivamente

 Il 2012 sarà archiviato in modo molto positivo da Piazza Affari e non soltanto perché si prevede un miglioramento delle condizioni economiche dell’Italia per il 2013, con il conseguente calo dello spread sotto i 250 punti. Piazza Affari, dopo due anni di flessione che hanno messo in ginocchio la finanza tricolore, archivia il 2012 con un bilancio davvero positivo.

Borsa Italiana ha aggiornato i dati al 21 dicembre ed ha mostrato che il FTSE MIB storico ha subito un rincaro del 9,79% dall’anno scorso ad oggi con un massimo di quotazione toccato il 19 marzo scorso. In rialzo anche l’indice All Share che è salito dell’8,74 per cento e lo Star che è cresciuto del 15,80 per cento.

Per capire l’importanza di questi incrementi sarà sufficiente ricordare che il FTSE MIB, nel dicembre del 2011 aveva registrato una flessione del 25,28% rispetto all’anno precedente.

Per quanto riguarda i titoli nel dettaglio, quello che ha vissuto l’anno da protagonista, la cosiddetta regina degli scambi, è stata assolutamente Unicredit che ha archiviato questo 2012 con un business di 89,9 miliardi di euro. I contratti registrati sul titolo sono stati 6,7 milioni. Gli scambi di azioni Unicredit nel 2012 sono stati in media di 2 miliardi di euro.

Il numero delle società quotate in borsa nel 2012 sono state 323, in calo rispetto all’anno passato quando erano 328.

Interviene Monti, cresce Gemina in borsa

 Monti aveva promesso di dimettersi, e così è stato, subito dopo l’approvazione della legge di Stabilità. In realtà l’esecutivo uscente ha avuto il tempo di varare anche un altro provvedimento che ha influenzato direttamente le quotazioni del titolo Gemina in borsa.

Il governo Monti, infatti, ha approvato un provvedimento, già in cantiere da diverso tempo, per sbloccare le nuove tariffe all’aeroporto di Fiumicino. Gemina a questo punto ha deciso di disporre investimenti per un totale di 2,5 miliardi di euro spalmati nei prossimi dieci anni.

Con questo capitale si procederà ad ampliare l’aeroporto di Roma e ad ammodernarlo. Gemina, definito l’investimento, ha anche deciso di accelerare la definizione dell’accordo con Atlantia. E’ bastata la dichiarazione d’intenti a far volare il titolo Gemina in borsa. Questo titolo è cresciuto, soltanto nella giornata ieri, del 32 per cento portando le azioni fino a 1,05 euro.

Le nuove tariffe legate all’aeroporto di Fiumicino non resteranno in cantiere per molto, visto che saranno attive già a partire dal 2013. In pratica ogni passeggero dovrà pagare circa 8,5 euro in più, arrivando a quota 26 euro a persona. Il che vuol dire che gli introiti annui aumenteranno fino a sfiorare i 315 milioni di euro all’anno.

Sembra molto ma le tariffe di Fiumicino restano tra le più basse d’Europa.