Per la City meglio Bersani di Berlusconi

 Il terremoto politico che ha investito l’Italia ha spinto molti economisti a riflettere su cosa sia meglio, dal punto di vista finanziario, nel senso che si cerca di capire se è auspicabile un ritorno del centro destra o una vittoria del centro sinistra.

Dalla City rispondono che i mercati sono meno spaventati dall’avvento di Bersani che dal ritorno dell’ex premier del PdL.

Il fatto che Silvio Berlusconi abbia deciso di tornare in campo e l’annuncio di Monti che dichiara di lasciare le redini del Governo dopo l’approvazione della legge di Stabilità, hanno riportato lo spread sopra i livelli di guardia. Sul lungo periodo ci si chiede pero quale dei due leader sia in grado di portare avanti le riforme e i piani di austerity avviati da Mario Monti.

Secondo gli investitori, l’atteggiamento euroscettico di Berlusconi non contribuisce a riporre speranze in un altro mandato a lui conferito. Mentre è probabile che Pier Luigi Bersani con il PD riesca a restare sui binari montiani. Quindi Bersani fa meno paura di Berlusconi ai mercati che sono anche “terrorizzati” dal possibile avvento del Movimento 5 Stelle: oltre al manifesto atteggiamento antieuropeista di Grillo si prefigura un clima politico molto frammentato che paralizzerebbe l’attività politica ed economica del paese.

Google cresce in Europa

 Il titolo di Google è un po’ finito sull’ottovolante perché all’azienda di Mountain View è stato contestato questo modo un po’ losco di trasferire i profitti nei paesi che prevedono una tassazione inferiore a quella del paese di “residenza” dell’azienda.

Il contraccolpo finanziario si è sentito sul titolo in borsa ma è pur vero che Google ha immediatamente tirato fuori il coniglio dal cilindro con l’annuncio di un accordo siglato con gli editori belgi di lingua francese e con le associazioni di autori in Belgio.

L’accordo tra Google e il Belgio francofono è stato siglato per ampliare il volume dell’utenza dei prodotti dell’azienda americana in lingua francese e per incrementare così anche i ricavi delle pubblicazioni sul web.

Il precedente sta in una vertenza giudiziaria che si trascina nelle aule di tribunale dal 2006. Adesso, secondo il modello d’intesa definito da Bruxelles, ci saranno diverse opportunità di collaborazione in internet. Gli editori, per esempio, cercheranno di migliorare l’uso di AdSense così da avere inserzioni pubblicitarie maggiormente remunerative.

Il giro d’affari della pubblicità di AdSense è di circa 7 miliardi di dollari per le case editrici. In futuro per incrementare il legame tra contenuti ed inserzioni potrebbe essere adottata anche la piattaforma pubblicitaria AdExchange ma si partirà dall’uso più intensivo anche di un altro strumento targato Google: AdWords.

La ripresa di piazza Affari

 La borsa di Milano si è ripresa bene rispetto a quanto visto all’inizio della settimana, paralizzata dall’annuncio delle dimissioni di Mario Monti. Il mercato azionario nostrano, infatti, ha concluso ieri una giornata di rialzo. Il miglioramento si lega alla flessione dello spread che è arrivato a quota 330 punti.

Il calo del differenziale si deve al risultato dell’asta Bot ma adesso si aspetta la decisione della Fed riguardo l’acquisto di altri bond utili a sostenere l’economia del Vecchio Continente.

Nel frattempo è proprio la borsa di Milano a guidare la sessione di rialzi condivisa dagli altri mercati europei. Milano guadagna l’1,15 per cento. Vanno bene anche Madrid, Londra e Francoforte che chiudono rispettivamente con +0,83, +0,32 e +0,33 per cento.

L’attesa della decisione della Federal Reserve ha un effetto positivo anche sulla borsa di Wall Street dove il Dow Jones chiude sopra il livello di parità. Peccato che i rialzi siano bloccati dal fatto che sul fiscal cliff la politica a stelle e strisce non riesca ad andare avanti.

Nella nostra borsa, invece, che come abbiamo visto ha chiuso in positivo, sono in rialzo i titoli bancari, guadagnano terreno anche Mediaset e Impregilo Ord, nonché Telecom Italia. Perdono quota, invece, le azioni Parmalat a causa degli avvisi di garanzia inoltrati ad alcuni manager in relazione all’acquisizione di Lactalis.

Hsbc: multa da 1,9 miliardi di dollari negli USA

 La più grande banca europea per la capitalizzazione, l’Hsbc, è stata coinvolta in uno scandalo finanziario con l’accusa di riciclaggio e per gli inquirenti non è stato difficile dimostrare la colpevolezza di questa banca. Non era però ancora arrivato il “conto”, nel senso che non erano state definite le sanzioni pecuniarie per il reato commesso.

Adesso dagli Stati Uniti è arrivata la conferma del fatto che si tratta di un bel gruzzoletto: circa 1,9 miliardi di dollari che l’istituto britannico con radici in Cina dovrà corrispondere alle autorità americane.

Il capo d’accusa è molto corposo: la banca si sarebbe posta come strumento per il riciclaggio del denaro sporco dei narcotrafficanti messicani. In più sembra che l’Hsbc abbia agevolato la concessione di finanziamenti all’indirizzo di banche saudite che hanno a loro volta delle connessioni con le organizzazioni terroristiche. Infine all’Hsbc si contesta l’attività di autorizzazione di circa 25 mila operazioni a favore dell’Iran, pratica assolutamente vietata dalle norme americane.

La sanzione pecuniaria definita dopo l’accordo con Standard Chartered è stata accettata di buon grado dal CEO dell’Hsbc che ha spiegato di aver messo da parte già circa 1,5 miliardi di dollari per far fronte alle richieste dei giudici americani. La spesa è più ingente del previsto ma i conti del gruppo non sono ancora a rischio.

Ci prova anche Google, che ne sarà del titolo?

 Molte aziende trasferiscono parte della loro attività commerciale all’estero in modo da pagare meno tasse. La più importante che è stata di recente sbugiardata è stata la Apple e il suo titolo, oggi, sembra non passarsela troppo bene.

Cosa ne sarà allora di Google? I titoli tecnologici arrancano ma restano sempre a galla i cosiddetti colossi. Il gigante di Mountain View per esempio m a anche per lui si profilano tempi peggiori di questi. Google, infatti, ha risparmiato ben 2 miliardi di dollari di tasse nell’anno d’imposta 2011.

A dirlo sono i resoconti che arrivano dalle Bermuda, un paradiso fiscale dove Google ha trasferito circa 9,8 miliardi di dollari del suo fatturato. Il resoconto è stato stilato dall’agenzia di stampa Bloomberg che ha visionato dei documenti depositati in Olanda da una sussidiaria di Google.

A livello generale, quindi, si discute del modo con cui evitare che le aziende hi-tech e le altre aziende, trasferiscono all’estero la loro attività in modo da evitare la tassazione imposta dal paese d’origine.

Il procedimento che è stato messo alla gogna è quello che si chiama Double Irish che consente alle società di avere due sedi, di cui una in Irlanda, paese che ha ridotto la tassazione a carico delle aziende per attirare nuovo business nel paese. Il denaro prodotto è trasferito quindi alle Bermuda dopo un passaggio in Olanda.

Questo traffico di denaro è stato messo alla gogna da diversi Stati.

 

Wall Street: piccoli passi avanti

 La borsa americana ha resistito bene ai due eventi che hanno caratterizzato l’inizio della settimana: la crisi politica italiana che ha sconquassato le borse europee e poi anche il rilancio del fiscal cliff che dovrebbe arrivare ad una conclusione entro qualche ora.

Ma cosa sta salvando davvero Wall Street? Gli analisti parlano della nuova attenzione che l’America rivolge all’Asia e al proprio prodotto interno lordo. Il Dow Jones archivia una seduta in cui nella maggior parte del tempo ha oscillato tra i 13170 e i 13190 punti, guadagnando lo 0,15 per cento.

Non c’è entusiasmo per questo risultato e la seduta di contrattazioni di Wall Street, rispetto a quanto sta accadendo nel resto del mondo, in Europa e in Italia, è davvero da sbadiglio. Forse questa impermeabilità a quel che succede dall’altra parte dell’oceano, per l’America, dipende dalla verità contenuta nelle parole di Christine Lagarde.

Il presidente del Fondo Monetario Internazionale, infatti, ha sottolineato che i problemi dell’America non sono in Europa, visto che è più urgente risolvere il fiscal cliff,

Intanto cresce anche il Nasdaq sul quale non incide il ribasso del titolo Apple. L’azienda di Cupertino – che non attraverso certo un buon periodo – ha subito il taglio di target price da Jefferies.

Derivati ancora senza regolamentazione

 Sono tutti d’accordo ma alla fine non si fa assolutamente niente per mettere un freno alla speculazione sui prodotti finanziari derivati.

Bisogna regolamentare l’attività degli istituti di credito sui derivati, praticamente ce lo sentiamo dire da quando le banche hanno assunto un atteggiamento molto più aggressivo per incrementare la liquidità nei loro forzieri. Che siano necessarie delle regole lo sanno tutti, le banche centrali, gli economisti, i politici, e sono tutti d’accordo in Europa e in America.

Dopo la crisi Lehman Brothers, la questione si è fatta più urgente ma i buoni propositi di tutti non si sono ancora trasformati in attività decise.

Basta pensare a due eventi che hanno caratterizzato la cronaca finanziaria nelle ultime settimane: la Deutsche Bank  è stata accusata di aver registrato perdite fino a 12 miliardi di euro. Il j’accuse arriva da un ex analista della banca tedesca che fa riferimento ai traffici finanziari tra il 2007 e il 2010.

Tenuto conto dei tempi non si esclude che molte attività sui derivati siano ancora in essere. In effetti, anche più che in passato, le attività delle banche europee sui contratti derivati, sono corpose e non diminuiscono, anzi, hanno raggiunto livelli pre-Lehman.

I rischi di queste attività sono stati scandagliati di recente nel rapporto R&S Mediobanca.

Vola McDonald’s all’inizio della settimana

 Il fiscal cliff, ormai da troppo tempo, sta rallentando gli scambi di Wall Street. Questa settimana, però, è iniziata all’insegna dell’ottimismo visto che si spera di mettere un punto al negoziato che oppone le due diverse fazioni del Congresso.

L’entusiasmo di Wall Street nasce anche dalla considerazione della nuova manovra della Federal Reserve che intende sostenere lo sviluppo del mercato proseguendo con le sue azioni di stimolo. In più la borsa americana è riuscita a resistere al trambusto europeo.

Le notizie sulla condizione italiana non sono certo piacevoli per gli indici valutari, ma tengono bene il Dow Jones che guadagna lo 0,11 per cento, lo Standard & Poor’s 500 che guadagna lo 0,03 per cento e anche il Nasdaq che cresce dello 0,3%.

Intanto Obama ci mette del suo spiegando che intende portare in campo qualsiasi iniziativa in grado di evitare l’aumento delle tasse automatico e i tagli alla spesa e chiede che nei prossimi documenti siano invece inserite le imposte sui redditi più elevati.

Sotto il profilo azionario cresce molto il titolo McDonald’s sulla base delle vendite positive registrate a livello globale nel mese di novembre. Le azioni del colosso dei fast food hanno guadagnato l’1 per cento. La ripresa del titolo va di pari passi con le risposte positive del comparto tecnologico che nell’ultimo periodo era stato un po’ stressato.

FMI sull’economia mondiale del 2013

 La fine dell’anno si avvicina e tutti gli enti si apprestano a tirare le somme del 2012 per capire come andrà a finire la crisi nel prossimo anno. Il 2013 è sicuramente un anno di svolta a livello globale ma in positivo oppure in negativo. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha detto la sua.

Quello che gli investitori vogliono sapere, è ovvio, è se il peggio deve ancora arrivare oppure se nel 2011 e nel 2012 abbiamo visto praticamente tutto. Il FMI ha messo in relazione le stime di crescita del PIL fatte dal Financial Times ed ha notato che da 18 mesi a questa parte tutte  le previsioni, che erano state fatte per il 2012, sono state corrette al ribasso.

La stessa cosa è successa alle prospettive del 2013: nel giro di due anni c’è stata una correzione degli indici in negativo del 2 per cento circa. Non è del tutto sorprendente il fatto che i tagli maggiori riguardino alcune zone del mondo, quelle più periferiche dell’Europa, il Regno Unito e la Cina. Soltanto gli Stati Uniti, oggi in crisi, non hanno mai corretto le stime di crescita e decrescita del PIL.

In tutta questa storia e sul futuro incideranno molto le scelte delle banche centrali che hanno provato ad allontanare i rischi di speculazione. Ad ogni modo dal primo trimestre del 2013 dovrebbe esserci una lenta ripresa.

Cosa andrà bene sul mercato

 Non solo chi investe nelle opzioni binarie, anche chi vuole speculare sul mercato azionario, in questo scorcio di fine anno ha intenzione di conoscere le intenzioni del mercato, i possibili trend, le azioni che sicuramente avranno una vita migliore dei titoli sempre in rosso.

A parlare, in un’intervista al Sole 24 Ore è il gestore del fondo Oyster Italian Opportunities che spiega come nel 2012 abbia avuto molto successo il mercato obbligazionario, ma nel 2013 potrebbero tornare ad essere molto vantaggiosi gli investimenti in borsa.

E quali sono i titoli che “nascondono” un buon rendimento? In sostanza, verso quali lidi bisogna navigare? Sicuramente sarà molto vantaggioso restare in Italia o al massimo spostarsi in Spagna per una questione di prezzi, ma è da tenere in considerazione anche l’investimento sui titoli legati al mercato americano.

Gli USA, infatti, sono alle prese con una crisi senza precedenti ma hanno già trovato un modo per uscirne vivi, scacco matto che non è riuscito a tutte le economie industrializzate.

Se invece l’obiettivo degli investitori è conoscere i settori aziendali che maggiormente cresceranno nel prossimo anno, allora occorre dare uno sguardo ai titoli legati al mondo del lusso, alle banche e alle assicurazioni. Per esempio un buon investimento potrebbe essere la Novartis.