Paesi emergenti in crisi – Le valute più a rischio

 La crisi ha colpito anche i paesi emergenti e la situazione è stata peggiorata dall’annuncio di Ben Bernanke di un probabile avvio del tapering a partire da questo settembre. Ciò vuol dire che gli Stati Uniti ridurranno gradualmente il Quantitive Easing (il denaro previsto dalla FED nei programmi di acquisto di bond e altri titoli di stato di questi paesi che garantiva un costante afflusso di denaro a basso costo) con delle inevitabili conseguenze sull’economia di questi paesi.

► Cambio Euro/Dollaro – Le previsioni per settembre 2013

La riduzione degli stimoli monetari da parte della FED ha già manifestato i suoi primi effetti, con molti dei fondi di investimento internazionali che stanno ritirando i propri investimenti. Ad essere stati colpiti per primi da questa fuga di capitali esteri sono stati il Brasile, l’India, l’Indonesia, la Turchia, la Thailandia e molti altri.

Per loro un immediato crollo delle borse e delle valute.

Le valute che hanno perso di più dopo l’annuncio del tapering

Ad essere maggiormente colpite sono state il Real Brasiliano, che ha perso circa il 20% dall’inizio del 2013 rispetto al Dollaro, la Rupia indiana, che ha mostrato in queste ultime settimane le peggiori perdite rispetto al Dollaro degli ultimi 18 anni, e la Lira Turca, che continua a perdere sia sul Dollaro che sull’Euro.

► La resistenza delle valute dell’Est Europa

Le valute più resistenti

Per chi fa trading, le monete che al momento sembrano aver resistito meglio alla crisi dei paesi emergenti e al tapering sono quelle dei paesi dell’Est: zloty polaccolev bulgaro, corona ceca e rublo russo.

Cambio Euro/Dollaro – Le previsioni per settembre 2013

 Durante il mese di agosto il cambio Euro/Dollaro è stato sempre sui massimi livelli, per poi riportarsi verso quote più basse appena è subentrato il mese di settembre. Potrebbe essere questo il trend che seguiranno Euro e Dollaro nei prossimi giorni, ma mai come in questa settimana è difficile fare delle previsioni a lungo termine.

► Le valute maggiormente in crisi

Prima di capire se è possibile fare delle previsioni, magari non a lungo termine, vediamo quali sono i fattori che determineranno l’andamento del cambio Euro/Dollaro (come base di partenza c’è un solo dato già certo, che è quello relativo alle PMI della zona Euro sulla manifattura, che è  risultato di 51.4 punti, superiore a quanto si attendevano gli analisti):

– dati PMI del settore dei servizi: attesi per mercoledì, secondo gli esperti potrebbero essere molto positivi;

– dati sulle vendite al dettaglio nella zona euro, che la BCE vede in crescita dello 0,5%, ma bisogna attendere mercoledì per il dato reale;

– decisioni della BCE sulla politica monetaria, che saranno comunicati in conferenza stampa giovedì, come da tradizione;

– per venerdì sono attesi i dati della bilancia commerciale tedesca; per i quali è atteso un surplus di 15.9 miliardi di euro.

► Da settembre via al tapering

Quindi, prima di poter prevedere come sarà il cambio Euro/Dollaro per settembre, è necessario attendere fino alla fine della settimana, quando la Germania, al momento l’economia centrale dell’Europa, rilascerà i dati sulla sua situazione. Ma le acque sono parecchio mosse anche sull’altra sponda dell’oceano: difficile dire come reagirà il Dollaro alla decisione della Federal Reserve sull’avvio o meno del tapering peril mese di settembre.

Evoluzioni nel rapporto tra euro e dollaro

 Chi investe nelle opzioni binarie e in particolar modo nel forex, sa che per investire è necessario avere una conoscenza diretta di molti particolari economici. I dati sul PIL o i dati PMI possono incidere moltissimo sull’andamento di una certa valuta. E’ il caso, ad esempio del dollaro che in relazione all’euro, ha visto cambiare il rapporto della coppia.

Perché l’euro ha vita lunga

Il dato più interessante è quello sulla revisione del PIL americano. Nel secondo trimestre del 2013, secondo il Dipartimento del Commercio americano, il prodotto interno lordo statunitense è cresciuto più del previsto. Un’ottima notizia che non poteva non dare lustro anche al dollaro.

Come comportarsi sul cambio euro dollaro

Nello specifico si pensava che il PIL americano crescesse dell’1,7 per cento invece l’ascesa è stata pari al 2,5 per cento in un mese. Il dato comunicato è ancora provvisorio ma alla fine di settembre si avrà la certezza di questo dato molto positivo. Hanno influito certamente sulla situazione corrente l’aumento delle esportazioni pari all’8,6 per cento e l’aumento degli investimenti delle imprese, cresciuti del 9,9 per cento.

A livello valutario, questa situazione economica favorevole si è tradotta di una decrescita del cambio euro-dollaro che si è portato fino a 1,3218. Si tratta del livello minimo registrato nelle ultime due settimane. Il trend ribassista dovrebbe continuare mantenendo il cambio in questione intorno all’1,32.

 

Effetti positivi della strategia giapponese

 Il Giappone è stato accusato di aver abusato degli stimoli monetari per sostenere l’economia del paese, poi però, nel tempo sono stati riconosciuti gli effetti positivi della politica di Shinzo Abe. Adesso si prende atto di altri effetti positivi di questa strategia economica anche se il tutto avviene mentre lo yen si apprezza sensibilmente.

Vince Abe e cala lo yen

La fine di agosto è stato un periodo molto importante per il Giappone che, in un momento di forte turbolenza per i mercati internazionali, ha restituito agli investitori dei messaggi rassicuranti riguardo la progressione della sua economia. In questo momento, i dati macroeconomici giapponesi, sono molto incoraggianti.

A quanto ammonta il debito giapponese

Il paese ha ingaggiato da qualche tempo un’importante lotta contro la deflazione, sostenuta da Shinzo Abe in modo molto forte. Gli stimoli monetari, unitamente agli stimoli fiscali, sono stati in grado di dare risultati superiori alle attese. Così a luglio, a metà dell’estate, l’indice dei prezzi al consumo è stato osservato in crescita dello 0,2 per cento su base mensile e dello 0,7 per cento su base annua.

L’inflazione, tanto per avere un quadro completo, è cresciuta ad un ritmo superiore a quello registrato negli ultimi 4 anni. L’unico neo in questo panorama idilliaco è stato l’andamento dello yen, visto che la divisa giapponese è rimasta molto forte. Sembra quasi sia impermeabile all’annuncio del tapering da parte della FED e alle tensioni legate alla Siria.

La rupia crolla ancora

  Le valute maggiormente in crisi sono quelle dei paesi emergenti. Ci sono delle realtà che soffrono più di altre. L’est europeo, per esempio, sembra quasi graziato dall’andamento altalenante dell’economia europea, ma non si può dire altrettanto di Turchia, Brasile e India. La lira turca continua a subire la pressione dei disordini siriani e pur col sostegno della banca centrale non riesce a guadagnare terreno nei confronti del dollaro e dell’euro. Il real brasiliano ha un andamento simile: si svaluta nei confronti del dollaro ma la crescita costante e le ottime riserve valutarie, fanno pensare ad una crisi passeggera.

Più grave quello che sta succedendo in India dove la valuta crolla così come tutta la borsa di Mumbai. La rupia indiana, nella giornata di oggi, è riuscita a segnare un nuovo record negativo: ha raggiunto i livelli minori che non si registravano da 18 anni a questa parte. Il cambio tra dollaro e rupia è arrivato quasi oltre la soglia psicologica delle 70 rupie.

L’India è nei guai

La Reserve Bank of India ha pensato di lanciare la stretta monetaria per correre ai ripari visto che dal lancio del tapering il crollo è stato troppo veloce. Poi però, il timore della stagflazione ha fatto capolino e si è tornati indietro. Le previsioni più attendibili sull’India, fornite dal BNP Paribas parlano di una crescita annua del 3,7 per cento.

Le valute maggiormente in crisi

 La crisi economica dei paesi emergenti sembra legata in modo indissolubile all’avvio del tapering deciso dalla Federal Reserve. Ma la crisi economica si traduce inevitabilmente in una crisi valutaria che ha mandato in crisi soprattutto alcune valute, come la lira turca, il real brasiliano e la rupia indiana. Ci sono poi delle valute che in una condizione di crisi hanno saputo trovare un grimaldello per fare fortuna. Si tratta ad esempio dello zloty polacco, della corona ceca e del lev bulgaro.

La resistenza delle valute dell’Est Europa

I paesi emergenti sono chiamati tali perché le loro economie sono in fase crescente e stanno tentando di sbarcare il lunario. In questi ultimi mesi, però, abbiamo assistito ad un importante passo indietro che ha gettato i BRICS e non solo nella peggior crisi mai registrata da 10 anni a questa parte.

Tutto parte dalla decisione della FED di ridurre gli stimoli monetari che si traducono in un minore afflusso di denaro nei paesi emergenti che adesso rischiano di veder aumentare l’inflazione e ridursi il ritmo della crescita. A parte la rupia indiana che è scesa ai minimi storici mai registrati negli ultimi 18 anni, in crisi ci sono soprattutto il real brasiliano e la lira turca.

Da settembre via al tapering

Il real brasiliano ha perso il 20% del suo valore rispetto al dollaro ma non cede al pensiero della crisi considerando le riserve valutarie e la crescita ancora costante del paese. La lira turca, continua a perdere terreno dal dollaro e dall’euro ma ha il sostegno della banca centrale che vuole evitare di subire troppo le tensioni della vicinissima Siria.

La resistenza delle valute dell’Est Europa

 Il mercato valutario è un ottimo terreno d’allenamento per chi investe in borsa o per chi vuole fare trading con le opzioni binarie. In questo periodo, poi, visti i movimenti politici di molti stati, le acque si stanno muovendo in modo da ottenere ottimi rendimenti. Abbiamo parlato non molto tempo fa del crollo della rupia rispetto al dollaro che ha gettato un po’ di ombra sull’evoluzione economica degli stati emergenti.

Mercati emergenti non più appetibili

In realtà non tutti i paesi periferici se la passano così male e a testimoniare questa affermazione ci sono i paesi dell’est europeo. A livello valutario ricordiamo che esistono realtà come quella polacca in cui c’è una forte resistenza della politica e della popolazione per l’adozione dell’euro e realtà più dinamiche come quella lettone che non rinuncerebbero mai al sentiero ormai intrapreso verso l’integrazione monetaria. La Lettonia entrerà nell’euro da gennaio 2014.

La Finlandia vuole uscire dall’euro

I dati che arrivano dagli indicatori economici dell’area euro sono chiari: le borse dell’Europa centro-orientale sono in fase crescente. L’indice Msci Eastern Europe è aumentato dell’1,2 per cento e sorprende soprattutto l’andamento di alcune valute che stanno guadagnando terreno nei confronti del dollaro. Si tratta dello zloty polacco, della corona ceca e del lev bulgaro.

Insomma la ripresa c’è ed interessa soprattutto i paesi dell’est che possono giovare di questo percorso tutto in discesa.

Perché l’euro ha vita lunga

 Dall’inizio della crisi ad oggi l’Europa ha attraversato momenti di grandissima crisi e questo ha fatto sì che molti smettessero di credere nella potenza dell’euro. La moneta unica, invece, ha dimostrato di essere più longeva e “forte” del previsto. Oggi a parlare è un esperto di M&G che descrive in questo modo la situazione della valuta del Vecchio Continente.

I mercati spaventati dalla Siria

Gli analisti finanziari che dopo l’estate del 2012 erano convinti che l’euro fosse in dirittura d’arrivo comprendevano anche un gruppo di M&G Investments. Il fatto è che prima di salvare l’euro si è stabilito un legame tra questa moneta e l’unità politica dell’UE. I paesi membri dell’Europa e la BCE hanno lavorato sodo per costruire l’unione monetaria.

Questo obiettivo si può ottenere però soltanto dopo aver lavorato sull’integrazione politica ed economica. Passi che l’Europa deve ancora compiere. Il debutto nella moneta unica di alcuni paesi dell’Est e senz’altro rassicurante ma non basta. La convergenza economica, quindi il livellamento delle disparità è un traguardo ancora lontano.

 Da settembre via al tapering

Adesso i segnali della ripresa economica europea fanno ben sperare ma bisogna dire stop all’austerity, alla disoccupazione, ai salari troppo bassi e a tutti quegli elementi che rischiano di minare la coesione sociale. Sicuramente si tornerà a lavorare per l’Europa dopo le elezioni tedesche.

Da settembre via al tapering

 Il FMI ha partecipato al simposio organizzato dalla Federal Reserve e il direttore generale ne ha approfittato per dire la sua sull’abbandono del programma di Quantitative Easging. Gli stimoli monetari, in un periodo di forte crisi, sono stati cruciali anche se hanno determinato un protagonismo inaspettato delle banche centrali.

Attesa per l’ultima riunione della FED

Adesso negli Stati Uniti è iniziata la ripresa e il mercato appare molto tranquillo tanto che gli investitori hanno dirottato negli States i fondi che prima tenevano al sicuro nei paesi emergenti. Eppure l’America ha ancora molto da fare: è necessario consolidare l’economia con le riforme strutturali, un po’ come nel Vecchio Continente, per questo il FMI suggerisce di non avere fretta nell’abbandono del QE.

Europa: Draghi pronto a partire

Il numero uno della FED di Dallas, però, Richard Fisher, ha già detto che da settembre partirà il tapering dell’istituto monetario di Washington. Nonostante all’ordine del giorno ci sia la questione della scelta del successore di Bernanke, sarà sufficiente analizzare degli indicatori macroeconomici per prendere le decisioni definitive.

Il tapering, il piano di riduzione degli stimoli monetari, dovrebbe andare avanti per oltre quattro anni, ma l’avvio, deciso, ci sarà sicuramente entro la fine del 2013. Il prossimo mese è in programma una nuova riunione della FED ma prima della data saranno studiati tutti i market mover per far sì che il mercato non risenta di questa situazione.