Come comportarsi sul cambio euro dollaro

 Il mondo Forex è senz’altro uno dei più facili da interpretare anche se attualmente tra dati del PIL e crisi imperante, bisogna fare più di una riflessione prima di mettere in atto una strategia d’investimento efficace. A parte quello che sta succedendo nel Regno Unito dove la sterlina reagisce tutto sommato debolmente alle buone notizie sul prodotto interno lordo, molti si concentrano sul cambio tra euro e dollaro.

Dobbiamo preparare gli investimenti per la sterlina

Saxo Bank, grazie all’interpretazione fornita da Alan Collins, prova a suggerire una direttrice da seguire. Molti ritengono che il profit taking è declino da mercoledì ed è durato fino alla fine della settimana. Il declino, però, come la maggior parte dei trend, è limitato nel tempo, soprattutto adesso che c’è di mezzo la formazione Ichimoku Cloud che punta a rinverdire la domanda delle valute considerate.

Vince Abe e cala lo yen

I guadagni legati dunque alla coppia euro/dollaro, sono forti. Si pensi soltanto che le perdite registrate mercoledì per il calo del profit taking, sono state surclassate dai guadagni messi a segno nelle precedenti cinque settimane. Adesso però non si può prevedere una battuta d’arresto del trend, visto che ci sono parecchi guadagni e si potrebbe arrivare anche ai massimi di giugno.

Il cambio euro/dollaro si muove verso i 1.3350 e i parametri di riferimento, entry e stop per il trade, sono rispettivamente area 1.3260-85, 1.3227.

PIL del Regno Unito e sterlina

 Siamo sicuri che la vera bomba ad orologeria dell’Europa non sia il Regno Unito? Nonostante finora si sia salvata benissimo, questa nazione rischia il tracollo. Una minaccia che qualche mese fa era stata indirizzata alla Francia. Gli analisi, sul Regno Unito, restano divisi.

Da un lato ci sono i promoter delle teste coronate, soddisfatti degli introiti che saranno legati al Royal Baby, dall’altra coloro che leggono l’espansione del paese come un timidissimo segnale di sorpresa che non fa certo stare tranquilli.

Banche inglesi sotto la pressione della BoE

I dati, ad ogni modo, raccontano di una crescita del Regno Unito pari allo 0,6 per cento nel secondo trimestre del 2013. Il rapporto sul PIL è stato pubblicato proprio ieri ed è stata un’occasione per comprendere che tra gennaio e marzo 2013 l’economia britannica è cresciuta lievemente, dello 0,3 per cento, ma abbastanza da evitare la recessione.

Il Regno Unito se la prende con Google

La notizia, unita ai dati complessivi riferiti al primo semestre dell’anno, hanno influenzato anche il trading della sterlina. La divisa inglese è stata attraversata da un trading ribassista che ha determinato un collasso del cambio GBP/USD che è arrivato fino a 1.5270. Il cambio tra l’euro e la sterlina, invece, è rimasto quasi invariato. Da notare che il dollaro ha iniziato a prendere quota poco prima della pubblicazione dei dati sul PIL del Regno Unito.

Torna la sfiducia nell’euro

 La nostra moneta è ai minimi storici per quel che riguarda la fiducia dimostrata dalla popolazione. Il fatto è che tutte le speranze riposte nel miglioramento dell’economia, in questo momento, sembrano essere molto fragili. Se si vanno a contare gli italiani che ancora vedono vicina la ripresa, troviamo che 9 su 10 hanno in corpo preoccupazione più che fiducia.

Ridurre i contanti per combattere l’evasione

La primavera non ha portato consiglio e la fiducia nella cosiddetta unione monetaria ha vacillato. Il 51 per cento degli europei, ormai, teme il peggio soprattutto per quel che riguarda le condizioni lavorative dei cittadini. Il problema occupazione è caldo nel nostro paese ma preoccupa moltissimo anche il resto dell’Unione. Anzi, è la preoccupazione principale del Vecchio Continente.

Nel mercato forex il dollaro perde quota

L’ottimismo dell’Eurobarometro primaverile è un eufemismo. Sono stati interrogati ben 30 mila cittadini europei e quasi tutti si sono dimostrati preoccupati per quel che succederà in Europa. Il fatto è che se prima credevano almeno nella tenuta della moneta unica, adesso sembrano mettere in discussione anche l’euro.

La percentuale di persone che sono contrarie all’unione monetaria del Vecchio Continente, sono in crescita. I favorevoli sono scesi fino al 51 per cento della popolazione mentre cresce il parco degli euroscettici che sale fino a quota 42%. Il clima d’incertezza resta stabile.

Nel mercato forex il dollaro perde quota

 Il dollaro, in questo momento, è uno dei grandi osservati speciali del mondo Forex visto che resta la valuta principale degli scambi ma le notizie che arrivano dall’economia americana e da quelle ad essa legata sono poco confortanti.

Negli USA vendite al dettaglio sotto tono

In questi due primi giorni di contrattazione, il dollaro ha perso quota nei confronti dell’euro, ma si è svalutato anche rispetto al dollaro australiano, allo yen giapponese e alla sterlina inglese. La moneta britannica, tra l’altro, è stata protagonista di un’oscillazione importante che l’ha portata fino a quota 1.5400.

Mentre il dollaro perde quota, riprende fiato invece l’oro che tutti avevano dato ormai inserito in un trend decrescente di lungo periodo. In questo modo, bilanciando i due eventi, le borse americane sono riuscite ad ottenere la performance migliore dallo scoppio della crisi ad oggi.

L’Australia pensa ad un nuovo taglio dei tassi

In fondo la debolezza della divisa statunitense sembra soltanto momentanea. Il fatto che abbia perso terreno soprattutto dalla moneta europea lo testimonia. Il Vecchio Continente, infatti , è diventato sinonimo di recessione.

L’unica cosa che sfugge agli osservatori e agli analisti, è la scarsa relazione tra la perdita di valore del dollaro e la corrispondente crescita delle borse. In genere, a livello congiunturale e macroeconomico, l’andamento del biglietto verde e quello di Wall Street hanno sempre seguito un trend analogo.

L’Australia pensa ad un nuovo taglio dei tassi

 L’Australia, fino a pochi mesi fa, aveva resistito alla crisi e anche la banca centrale del paese, diversamente rispetto alle altre banche centrali, non aveva dovuto studiare dei metodi per stimolare lo sviluppo dell’economia. Invece adesso, dall’altra parte del mondo, sembra che stia cambiando qualcosa.

Valute e materie prime legate verso il ribasso

Non è un mistero che globalmente la situazione finanziaria è compromessa con il PIL della Cina in forte rallentamento, anche peggio del previsto e con le vendite al dettaglio americane che non riescono a soddisfare le aspettative degli analisti. Finora, l’unico continente che resta sotto la lente d’ingrandimento è l’Europa dove molti investitori stanno spostando i loro capitali.

La valuta debole del mese è l’Aussie

Per quanto riguarda l’Australia, le cose sembrano mettersi male, soprattutto se si considera l’aspetto monetario della situazione. Il dollaro australiano, infatti, conosciuto anche come Aussie, è in caduta libera, è diventato il protagonista, in negativo del mercato Forex.

Tutto dipende, dicono, dal fatto che ci si aspettava una mossa incisiva da parte della Reserve Bank of Australia, il classico taglio dei tassi d’interesse. In più a compromettere le sorti della moneta australiana c’è stato anche il rischio di un hard landing della Cina, paese al quale l’Australia è molto legata dal punto di vista commerciale. Il trend negativo dell’Aussie è confermato anche per il mese di luglio.

I rischi delle valute dei paesi emergenti

 I paesi emergenti sono da tempo protagonisti della rivoluzione in atto nel settore economico, finanziario e valutario globale. Adesso sono tirate in ballo le divise dei paesi emergenti che sembrano soffrire moltissimo della recessione generalizzata.

Nel primo semestre del 2013 questa sofferenza è stata ancora più evidente: le valute che fanno riferimento ai paesi emergenti, infatti, hanno perso parte del loro valore, in termini percentuali si parla di una flessione del 5 per cento rispetto al dollaro americano e all’euro.

Continua la discesa del prezzo dell’oro

Le ultime due valute citate, infatti, fanno il bello e il cattivo tempo. In fondo, proprio il dollaro è il riferimento per la maggior parte degli scambi delle commodities più diffuse. Le valute emergenti, dal canto loro, hanno sofferto sostanzialmente per la crisi economica e per altri due motivi: per il calo degli ordinativi di alcuni importanti prodotti caratteristici delle periferie del mondo, per la decisione della FED di ridurre gli stimoli monetari che ha mandato nel pallone parecchi investitori.

L’ascesa dei paesi emergenti è imbarazzante

Niente paura per chi ha comunque deciso di mettere i risparmi nel mondo Forex: si può puntare sul dollaro americano, ma anche sul renmimbi cinese e sul peso messicano come propone Morgan Stanely, oppure spostarsi al nord Europa, puntando sulle valute di Norvegia e Svezia.

Il FT parla di una nuova crisi europea

 La crisi della zona euro, ormai, sembra irreversibile e questo è quanto mai evidente agli occhi degli investitori e degli analisti stranieri che vedono la recessione del Vecchio Continente, destinata ad inasprirsi fino allo scontro. Un commentatore del Financial Times offre un’immagine davvero interessante dell’Europa vista dagli Stati Uniti.

L’accordo commerciale tra USA e UE

L’analista in questione è Tony Barber che dalle colonne del Financial Times spiega che la crisi dell’Eurozona non è mai finita, anzi, si è soltanto trasformata in qualcosa di nuovo. Insomma, una nuova fase della crisi che potrebbe sfociare nella battaglia. La conclusione, quanto meno drammatica e poco auspicabile, si lega agli ultimi eventi di cronaca.

La guerra portoghese contro l’austerity

In Portogallo, per esempio, le dimissioni del Ministro delle Finanze stanno mandando in visibilio i mercati finanziari. Per la Grecia vale un discorso analogo visto che Atene finora è sopravvissuta grazie agli aiuti economi esterni e tutti minacciano di dare un taglio a questo effluvio di denaro. Da non sottovalutare, infine, anche l’ingresso nell’euro e in Europa di due nuovi paesi: la Lettonia che da tempo brama l’adozione della moneta unica e la Croazia che ha chiesto di entrare a far parte dell’UE.

Tutti i paesi citati e quelli esclusi dal riepilogo, ci tengono a tutelare le loro finanze. L’Italia stessa è praticamente sempre in vendita. La tensione che si accumula per via di queste circostanze potrebbe presto sfociare nella crisi.

Europa: Draghi pronto a partire

 Mario Draghi, davanti alla difficile situazione ancora esistente in Europa, si è detto pronto ad intervenire per supportare i mercati, sottolineando che insistere sulla politica monetaria è ammesso ma non risolve i problemi strutturali degli stati membri. Un passo più avanti, una riflessione diversa da quella maturata in seno alla Fed e alla Banca del Giappone.

L’Italia esce dalla procedura di deficit

Le banche centrali, in questo particolare periodo storico, sembrano essere le uniche a fare il bello e il cattivo tempo. La Fed ha tenuto tutti i mercati con il fiato sospeso fino all’ultimo meeting in cui ha annunciato finalmente che il piano d’acquisti nominato Quantitative Easing, non sarà interrotto fino all’anno prossimo.

L’economista greco Varoufakis sulla crisi

Stessa cosa per la Banca del Giappone che sembra raccogliere i frutti di una politica monetaria espansiva e considera già l’opportunità d’insistere in questo tipo di comportamento economico. La BCE che non era mai stata d’accordo allo stimolo monetario senza controllo della crescita economica, si è inserita nella scia delle due omologhe americana e giapponese.

Mario Draghi ha quindi sentito la necessità di rassicurare i mercati spiegando agli investitori che la BCE è pronta all’intervento diretto, all’iniezione di liquidità a patto che gli Stati membri avviino o continuino con le riforme strutturali necessarie.

BCE critica sull’atteggiamento tedesco

 Il fatto che l’euro non vada per niente bene sul mercato valutario non impensierisce soltanto i paesi che stanno affrontando delle difficoltà enormi a livello politico e finanziario, ma incide parecchio anche su quel che succede in Germania. Per via dell’euro, infatti, al baluardo della Merkel è stato assegnato un ruolo sempre più importante nello scacchiere UE.

I problemi monetari partono dalla BCE

Ora, se è vero che l’abbandono dell’euro da parte di uno solo dei paesi membri dell’Eurozona, può scatenare un effetto a catena disastroso, il discorso vale anche per la Germania che nelle ultime settimane ha messo a dura prova la BCE criticandola per l’atteggiamento accomodante verso i paesi in crisi.

Non si è fatta attendere poi molto la replica di Mario Draghi che dall’Eurotower ha cercato d’inviare un messaggio diretto alla Germania. Il numero uno della BCE ha spiegato che restare nell’euro non è una questione meramente economica o valutaria ma si tratta di un atto di responsabilità.

Bibow affronta il rapporto tra euro e Germania

In questo momento, infatti, il Vecchio Continente sta attraversando una fase di stabilizzazione e l’incertezza iniettata sui mercati dalle continue frecciatine di sfiducia, non fa certo bene all’Europa nel suo intero. Danneggiare l’euro vuol dire infatti danneggiare l’economia europea e il mercato interno del lavoro.