Negli ultimi giorni i listini dei prezzi dei carburanti italiani sono stati ritoccati a ribasso. La causa di questo fenomeno, che negli ultimi tempi è diventato abbastanza ricorrente, è da rintracciarsi nell’ennesimo calo del prezzo del petrolio che ha interessato i mercati internazionali.
Materie Prime
Il prezzo del cacao sale alle stelle e diminuisce la produzione di cioccolato
La crisi, economica ma non solo, arriva a colpire anche uno dei prodotti più amati da piccoli e grandi: il cioccolato. In questi giorni, infatti, a causa di una virulenta malattia che ha colpito le piante del cacao, il prezzo di questa materia prima è schizzato alle stelle, facendo a sua volta lievitare quello del prodotto finito in formato barretta.
Oro a 10.000 dollari: le previsioni di Société Générale
Dall’inizio dell’estate l’oro ha avuto delle fasi alterne per il suo prezzo: si è passati dal minimo storico di giugno (1.180 dollari l’oncia), quando l’oro ha toccato il livello più basso mai registrato dal 2010, all’ultima settimana che ha visto il prezzo dell’oro crescere esponenzialmente e ha toccato i 1.433,6 dollari l’oncia, prezzo massimo degli ultimi tre mesi.
Questa mattina l’oro era poco sotto ai 1.400 dollari, in lieve rialzo rispetto alla chiusura di ieri sera.
► La strana performance positiva dell’oro
Questa introduzione è propedeutica per capire quanto detto in questi giorni da Albert Edwards, analista di Société Générale, che ha affermato che il prezzo dell’oro potrebbe arrivare anche a 10.000 dollari l’oncia, un prezzo esorbitante al quale si potrebbe arrivare se non si risolvono in fretta due criticità di importanza capitale: da un lato la crisi siriana e, dall’altro, il crollo che si è registrato negli ultimi mesi anche per le economie sulle quali tutti puntavano, quelle emergenti.
Se la situazione dovesse peggiorare ancora, secondo Edwards, il prezzo dell’oro continuerebbe a salire, come ha fatto nelle ultime settimane (+15% in due mesi), fino a raggiungere il livello estremo dei 10.000 dollari all’oncia.
Accadrebbe se si concretizzasse la possibilità di un attacco Usa in Siria, ma accadrebbe anche se crollassero i mercati emergenti. Edwards sottolinea, infatti, la precarietà delle economie occidentali che sarebbero prese in pieno e contagiate da questa crisi, creando così i presupposti per l’inizio di una nuova recessione globale.
► La Siria fa crescere il prezzo del petrolio
A creare i presupposti per un rialzo del prezzo dell’oro fino a 10.000 dollari all’oncia sarebbe la deflazione che ne nascerebbe, capace di spostarsi velocemente dall’Asia all’Europa e agli Usa.
Benzina KO per colpa della Siria
I consumi di petrolio diminuiscono e con loro si flettono anche i consumi di carburanti, testimoniando un cambiamento importante degli stili di vita degli italiani. I nostri connazionali si spostano meno in macchina, cercano di evitare i pedaggi autostradali e se anche vanno in vacanza con la propria automobile, lo fanno per periodi più brevi che in passato.
A soffrire dell’incertezza relativa alla questione siriana non sono soltanto i consumi di oro nero ma di riflesso anche il fatturato delle pompe di benzina che sono “costrette” ad incrementare il prezzo dei carburanti, proprio quando l’acquisto di diesel e benzina sembra in forte contrazione.
►Zanonato prova a ridurre il caro benzina
I rialzi dei prezzi dei carburanti hanno portato la benzina di nuovo verso i 2 euro al litro. Si apprende che la verde è arrivata fino a 1,880 euro. Non tutti i gestori, chiaramente, si stanno comportando allo stesso modo. L’ENI per esempio ha deciso di aumentare di un centesimo il prezzo del diesel e della benzina ma Shell e Q8 hanno optato per un ritocco inferiore, pari a 0,5 centesimi al litro per la verde e per il diesel.
Il tutto mentre a livello governativo, in un periodo di revisione della tassazione del Belpaese, si cerca di capire se è possibile incrementare l’accise in vigore per finanziare in qualche modo la manovra sull’IMU.
I consumi di petrolio diminuiscono
Le vendite di petrolio hanno subito una battuta d’arresto e dai dati disponibili si apprende un calo del consumo di oro nero pari al 3,5 per cento nel mense di luglio. Questa flessione nei consumi danneggia le casse dell’Erario che ha dovuto rinunciare in sette mesi a ben 630 milioni di euro. Complessivamente dall’inizio dell’anno il calo del consumo di petrolio è stato del 7,3 per cento.
►Questione siriana sospesa e mercati deboli
Quando si parla di consumo di petrolio si fa riferimento anche ai carburanti: si registra pertanto una flessione del 6,3 per cento nel consumo di benzina, del 4,2 per cento nel consumo di gasolio, mentre sappiamo che è in aumento del 14 per cento circa il consumo di GPL.
I cambiamenti intervenuti nel consumo di petrolio testimoniano un cambiamento importante degli stili di vita degli italiani. E’ indubbio che si comprano oggi meno automobili che in passato. Chi ha una macchina viaggia di meno in autostrada e se va in vacanza con la propria auto, lo fa per meno giorni.
►La Siria fa crescere il prezzo del petrolio
Gli spostamenti privati si sono ridotti sensibilmente ed hanno influito sul consumo di carburante. Il 2013, lontano dall’essere un anno critico come il 2012 per la crisi economica, si conferma comunque l’anno peggiore per quanto riguarda il consumo di carburanti. Tutti i dati sono in linea con il calo delle immatricolazioni.
La Siria fa crescere il prezzo del petrolio
Gli Stati Uniti hanno deciso di risolvere al più presto la questione siriana e sono pronti ad attaccare il paese in questione alla ricerca di Assad. La tensione che finora era rimasta confinata all’Egitto, sta sfociando in una crisi più ampia che coinvolge il Medioriente. La notizia non piace certo ai mercati che hanno dimostrato fin dalle prime ore seguenti all’annuncio del Segretario americano, di non gradire questi movimenti “militari”.
►La produzione del petrolio favorisce la Cina
Non sono soltanto gli indici borsistici in subbuglio, però, perché sta per essere messo a soqquadro anche il settore delle materie prime. Si sa infatti che questi paesi, come la Siria e l’Egitto, instabili sotto il profilo politico, sono ricchi di petrolio. Qualora salisse ancora il livello della tensione in Siria, l’oro nero potrebbe arrivare a quotazioni record. In fondo sta già succedendo anche se il costo dei carburanti, almeno in Italia, non ha subito drastiche oscillazioni.
►Il petrolio cresce per colpa dell’Egitto
La crisi in Siria non è ancora sfociata in un intervento militare ma si teme che una volta invasa la Siria, da parte degli Stati Uniti, si scateni il peggio anche in Iran e in Israele, paesi che insieme a tutto il Medioriente producono più del 30% del greggio venuto nel mondo.
Così il prezzo del petrolio al barile è schizzato sui 112 dollari, un prezzo record che non si registrava da due anni a questa parte.
L’oro da Londra alla Svizzera
Chi sta facendo il pieno d’oro? Una domanda fondamentale per conoscere la domanda e l’offerta del bene rifugio d’eccellenza, al fine di scommettere in modo sicuro e remunerativo per il futuro. Una risposta interessante è stata data dagli analisti che hanno osservato un movimento dal Regno Unito alla Confederazione Elvetica.
►La strana performance positiva dell’oro
Il dato riportato è il seguente: nel primo semestre del 2013, da Londra sono passate in svizzera circa 800 tonnellate d’oro. Per il valore del metallo in questione si tratta di un’operazione valutata in 2,6 miliardi di euro. Dalla Svizzera, però, fanno capire che non è colpa dei loro connazionali se c’è stato questo movimento, visto che un acquirente d’oro su due è italiano.
►Aumentano i rialzisti tra gli hedge funds
Per capire l’importanza di questo spostamento è bene fare un paragone con l’anno scorso. Nel 2012 sono stati spostati da Londra alla Svizzera, circa 80 tonnellate d’oro in sei mesi. Questo vuol dire che il momento in atto è dieci volte superiore a quello registrato l’anno scorso. Molto interessante il controvalore acquistato dall’oro in questo passaggio. Dal Regno Unito alla Confederazione Elvetica, il controvalore del metallo prezioso è di 2 miliardi e 600 milioni di euro.
Tutta l’operazione sembra dovuta al fatto che molti risparmiatori hanno detto addio all’oro di carta per comprare dei veri lingotti da conservare nei caveaux elvetici.
La produzione del petrolio favorisce la Cina
La Cina, in questo momento, ha superato gli Stati Uniti per quanto riguarda la produzione di petrolio. La competizione tra Cina e USA, ormai, è proverbiale, soprattutto in periodo di crisi economica. La Cina ha rallentato la produzione ma resta un caposaldo dell’economia internazionale.
Quello che attualmente si evince dai dati disponibili è che la produzione americana di petrolio crescerà ancora. Il periodo di riferimento usato per fare la stima è quello iniziato nel 2011 che si concluderà soltanto nel 2014. La crescita di cui si parla porterà la produzione di petrolio a 13 milioni di barili al giorno.
►Pechino ridona fiducia alle borse europee
Sul versante cinese, invece, la produzione dell’oro nero crescerà ancora del 6 per cento e arriverà ad un uso di 11 milioni di barili al giorno. La domanda di petrolio che invece si registra negli USA è di 18,7 milioni di barili al giorno. Le statistiche che tengono a mente quel che è successo negli anni scorsi, dicono che siamo abbondantemente sotto il picco USA di 20,8 milioni di barili del 2005.
►Il petrolio cresce per colpa dell’Egitto
In prospettiva, quindi, dal prossimo ottobre, la Cina potrebbe diventare il primo importante netto di petrolio, andando ad occupare il posto su cui oggi siedono gli Stati Uniti. La stima è stata realizzata dall’Eia, l’ufficio informazione del dipartimento energetico statunitense.
L’incremento della domanda cinese e l’aumento della produzione di petrolio da parte degli Stati Uniti, sanno alla base di questo cambiamento.
La strana performance positiva dell’oro
Il mondo delle materie prime, in questo momento, vive sulle corde dell’oro. Il metallo in questione, dall’essere considerato un bene di rifugio, aveva perso molta della sua brillantezza nelle ultime settimane, inaugurando un trend negativo di lungo periodo.
►Aumentano i rialzisti tra gli hedge funds
Dopo le attese ottimistiche dell’inizio del 2013 che parlavano dell’oro scambiato per 1900 dollari l’oncia, si è capito che le previsioni non erano rispondenti all’andamento reale delle quotazioni auree. C’è stato subito un ripensamento e tantissimi hedge funds sono tornati sui loro passi. Alla fine del primo semestre 2013, quindi, l’oro è stato dato in calo.
Il 22 luglio, però, qualcosa deve essere cambiato visto che si è registrata la migliore giornata dell’oro da più di un anno a questa parte. Il prezzo della materia prima in questione è cresciuto del 3,3 per cento per oncia in poco più di 4 settimane.
►Continua la discesa del prezzo dell’oro
Gli analisti, allora, hanno nuovamente corretto le valutazioni profetizzando un rialzo dell’oro di lungo periodo. A preoccupare c’è sempre il legate tra il lingotto e il biglietto verde. L’oro infatti è crollato proprio mentre guadagnava terreno il dollaro, spinto in questo movimento dalle dichiarazioni della FED che sperava di ridurre nel brevissimo periodo il piano di Quantitative Easing.
Certo è che stanno tornando sul lingotto sia la Cina, sia il Giappone.
Aumentano i rialzisti tra gli hedge funds
Il crollo delle quotazioni dell’oro, soprattutto all’inizio dell’anno, ha colto di sorpresa numerosi investitori che si aspettavano di vedere il metallo in questione scambiato anche a 1900 dollari l’oncia. Adesso, invece, si fanno i conti con il crollo delle quotazioni che sono scese alla fine di giugno fino a 1180 dollari l’oncia. Si tratta del livello minimo registrato da 3 anni a questa parte.
► Continua la discesa del prezzo dell’oro
Cosa potrebbe cambiare nel breve periodo? Tutto dipende dagli investitori internazionali e dalle loro sensazioni. I cosiddetti hedge funds, infatti, non sono convinti che il crollo delle quotazioni dell’oro sia da considerarsi un trend di lungo periodo. Anzi.
In questo primo tratto di luglio, per l’appunto, l’oro ha recuperato il 10 per cento del suo valore e le quotazioni hanno raggiunto anche la soglia dei 1300 dollari l’oncia. Questa inversione di tendenza sembra legata alla diminuzione del numero di venditori. Per questo è lecito aspettarsi un recupero dei prezzi nella seconda parte del 2013, nel secondo trimestre dell’anno.
Le posizioni rialziste sono state analizzate anche dalla Commodity Futures Trading Commission che proprio la settimana scorsa ha valuto un incremento del 4,1 per cento del numero degli investitori che credono nel recupero del dollaro. Secondo Standard Chartered, addirittura, si arriverà presto ai 1400 dollari l’oncia.