Quali nazioni soffrono della svalutazione aurea

 L’oro non è più un bene rifugio? Ormai questa domanda è da considerarsi retorica visto che l’oro non è più considerato uno strumento per proteggersi dall’iperinflazione e soprattutto le sue quotazioni sono in ribasso.

Il territorio ribassista sta impensierendo diverse nazioni che negli anni e nei mesi passati avevano guidato la corsa all’oro. Il crollo delle quotazioni, tra l’altro, è stato ancor più evidente nell’ultima settimana, con la perdita del 15 per cento del suo valore.

L’oro non è più un bene rifugio?

Quali sono le nazioni che maggiormente soffrono di questa situazione? Prima di passare in rassegna i paesi che hanno le più grandi riserve d’oro, ricordiamo che secondo il World Gold Council, le riserve auree globali sono di 31694,8 tonnellate d’oro nel 2013.

I 10 paesi che saranno colpiti dal calo del prezzo dell’oro sono: India, Paesi Bassi, Giappone, Russia, Svizzera, Cina, Francia, Italia, Germania, Francia e Stati Uniti.

Commerzbank sul ribasso dell’oro

Questi ultimi detengono la maggiore riserva d’oro che già nel 1952 era di più di 20 mila tonnellate. Dopo la metà degli anni Sessanta le riserve sono scese sotto le 10 mila tonnellate ma comunque sono ancora copiose.

La Germania ha venduto l’oro nella speranza di coniare “a poco prezzo” le monete commemorative ma le sue riserve auree non sono cambiate molto. Adesso il paese ha deciso di riportare l’oro detenuto all’estero in patria.

In Italia non ci sono state vendite d’oro grazie agli accordi del GBGA ma è anche vero che molto istituti di credito italiani avevano chiesto alla Banca d’Italia di comprare più oro per rendere più solidi i bilanci.

L’oro non è più un bene rifugio?

 Molti investitori si trovano davanti alla considerazione dell’inversione di tendenza dell’oro che era stato dato in forte ascesa nel 2012 e per tutto il 2013 ma dall’inizio dell’anno è in fase discendente ed è molto difficile che prima della fine dell’anno si arrivi ai famosi 2000 dollari l’oncia.

Molte banche d’affari si sono affrettate a correggere le loro stime sul metallo prezioso ricalibrando le previsioni e annunciando il calo delle quotazioni auree. Perché accade? Perché in questo momento molti paesi, anche emergenti, hanno rinunciato all’acquisto di oro e stanno diversificando gli investimenti, dedicandosi a beni più stabili. L’oro, insomma, non è più il bene rifugio d’un tempo.

Oro sotto i 1500 dollari l’oncia

Il declino delle quotazioni auree non solo è sempre più evidente ma è anche sempre più celere e così  l’oro ha perso il 15 per cento del suo valore in appena 15 giorni portandosi a quota 1350 dollari l’oncia. Questo ulteriore ribasso può essere imputato alla vendita forzata delle riserve auree e al QE della Fed che non sta portando all’iperinflazione. In pratica, un motivo che spingeva gli investitori a comprare oro era la paura dell’iperinflazione ma questo scenario è molto lontano.

Commerzbank sul ribasso dell’oro

L’oro, dunque, non solo non è considerato più un bene rifugio ma non è neanche visto come una barriera all’inflazione.

 

Commerzbank sul ribasso dell’oro

 Siccome tutte le previsioni sull’oro si stanno rivelando fallimentari, a parte quelle considerazioni che in tempi non sospetti erano ritenute fallimentari, allora tutte le banche d’affari s’affrettano adesso a ripensare la visione sul metallo prezioso.

Qualche errore comune per chi investe nell’oro

Ci ha già già pensato Morgan Stanley, adesso è arrivata la volta di Commerzbank. Il prezzo dell’oro, infatti, nella seconda metà di gennaio, era già sceso fino a quota 1690 dollari l’oncia e la settimana scorsa è arrivato addirittura ad infrangere il muro dei 1500 dollari.

Commerzbank rileva che in soli due giorni sono state piazzate sul mercato ben 24 tonnellate di oro. La rottura della media ha dimostrato intanto che c’è stata un’inversione del trend, quindi una rottura che potremmo indicare come definitiva. In due mesi, infatti tutte le medie calcolate sono state bucate e le quotazioni sono andate soltanto in ribasso.

Battuta d’arresto dell’oro

Molto dipende dal fatto che le banche centrali hanno smesso di acquistare oro per sostenere le economie periferiche acquistando titoli di stato, in più è calata la domanda mondiale di oro e sono aumentate le vendite di questo metella sul mercato. L’oro, rispetto ad alcuni particolari tipi di azioni, non rappresenta più un bene rifugio.

Le quotazioni dell’oro secondo Goldman Sachs

 L’oro, per diversi mesi, è stato dato in ascesa. Anzi, molti analisti si sono spinti a dire che l’oro sarebbe cresciuto per tutto il 2013 fino anche ai 2000 dollari l’oncia. Poi, l’inversione di tendenza delle previsioni davanti ad un sostanziale “immobilismo” del metallo prezioso. Si è visto infatti che l’oro continuava a non crescere e anche da parte dei paesi emergenti c’era un rallentamento nella definizione degli stock auriferi.

Qualche errore comune per chi investe nell’oro

Ha iniziato con i dubbi la Société Générale ed ha continuato poi Ubs. Adesso è la volta di Goldman Sachs che fondamentalmente conferma il sentore delle altre due banche d’affari.

Morgan Stanley e la nuova visione sull’oro

L’americana Goldman Sach ha detto che per il biennio 2013-2014 ci sarà un taglio delle stime sul prezzo dell’oro che dovrebbe scendere quest’anno fino a quota 1450 dollari per oncia e arrivare l’anno prossimo fino a 1270 dollari.

Goldman Sach, fino a questo momento, aveva creduto nella spinta rialzista di questo bene rifugio. Adesso è tornata sui suoi passi per diversi motivi che sono stati tutti approfonditi dalla banca d’affari americana.

In primo luogo ci si aspetta una flessione del tasso inflazionistico che, come conseguenza ha l’aumento dei tassi d’interesse reali. In più la nuova strategia della Fed potrebbe ulteriormente cambiare le carte in tavola e far crollare il prezzo dell’oro.

Altri come Geroge Soros, ritengono che l’oro non debba nemmeno più essere considerato un bene rifugio.

Qualche errore comune per chi investe nell’oro

 Quando s’investe nel mercato delle materie prime si pensa sempre che i trend rispettino gli andamenti classici del mercato, ma in relazione all’oro, in verità, non è del tutto vero. Un interessante approfondimento, curato da George Gero su Future Now, spiega quali sono i due errori legati agli investimenti sul metallo prezioso citato.

► Morgan Stanley e la nuova visione sull’oro

La prima domanda che ci si pone è se effettivamente, per chi vuole acquistare oro ad un prezzo conveniente, il momento migliore sia proprio quello in cui il prezzo scende. L’evidenza è che il prezzo scende quando tutti continuano a vendere oro, ma non è detto che si vada verso la convenienza. Infatti, la particolarità delle quotazioni auree è legata al fatto che spesso si cerca la buona prestazione ma non si cerca l’acquisto dell’oro.

► Nuove stime sull’oro

Quindi, paradossalmente, se il prezzo continua a scendere, la performance dell’oro è da considerarsi negativa, quindi è giusto aspettarsi che gli investitori si dedicheranno presto ad altri business più equilibrati e remunerativi.

Il secondo errore riguarda il pensare che l’oro sia sempre un bene rifugio da acquistare quando si teme che il mercato scenda. È vero che il mercato e l’oro, generalmente, hanno dei trend che potremmo definire “contrapposti”, ma si acquista oro solo quando si teme l’effetto dell’inflazione, non quando si teme che il mercato scenda.

Abramovich jr parte dal petrolio

 Ereditare l’attività e il business dei propri genitori, oggi, è sicuramente un sogno di tanti ragazzi che cercano di lavorare in un mercato sempre più blindato dalle difficoltà della crisi. Certo è che quanto tuo padre è il patron del Chelsea, magnate russo del petrolio, l’eredità è un vero terno al lotto.

Tutto quello che c’è da ricordare sulle materie prime

La notizia riguarda nello specifico Arkadij Abramovich che a soli 19 anni ha ricevuto una cospicua paghetta dal padre ed è diventato petroliere. Come ha fatto? Ha acquistato per 46 milioni di dollari un giacimento di petrolio in Siberia. La regione di per sé è molto ricca di oro nero. L’acquisto di questo giacimento è stato raccontato dal Times di Londra.

Cosa succederà al petrolio venezuelano

Abramovich Jr, infatti, prima di passare allo “shopping” ha costituito una socità, la Ara Capital che per il 45% appartiene alla Zotlav. Quest’ultima è stata usata per rilevare la CenGeo Holdings, per la modica cifra di 26 milioni di dollari, proprietaria di un altro giacimento di petrolio situato nella zona occidentale della Siberia. Questa regione con i suoi 100 milioni di barili di greggio, resta la riserva più importante di petrolio.

Il giovane petroliere, comunque, non è uno sprovveduto. Prima di lanciarsi nel mondo dell’imprenditoria, infatti, ha studiato all’estero, a Londra e in Svizzera e soltanto dopo la fine degli studi superiori ha deciso di lavorare, visto che di università, a quanto ne dicono, non ne vuole sentir parlare.

Morgan Stanley e la nuova visione sull’oro

 In un momento di alta tensione valutaria, come quello che stiamo vivendo in Europa, gli investitori presenti nel Vecchio Continente si chiedono se ci sia qualcosa di meno speculativo e al tempo stesso meno rischioso dell’euro.

Nuove stime sull’oro

La risposta è chiaramente nelle materie prime e si chiama oro. Eppure, in questi anni, l’oro ha messo a segno dei rialzi in discussi ma adesso la tendenza sembra completamente opposta. Già alla fine dell’anno mentre la maggior parte delle banche d’affari pensava all’oro oltre i 1900 dollari l’oncia, qualcuno illustrava i sintomi di un cambiamento del trend.

Qualche giorno fa, anche Barclays ha rivisto la sua visione del mercato aurifero spiegano che l’oro non crescerà come previsto. Anzi, la discesa del metallo, già iniziata da qualche settimana, dovrebbe proseguire fino all’ultimo trimestre del 2013.

Oro in discesa anche per Société Générale

Oggi, invece, prendiamo in esame quello che dice Morgan Stanley che sul mercato dell’oro ha una visione contraria a quella dominante. Infatti, mentre tutti sono impegnati a tagliare le stime di crescita del metallo giallo, Morgan Stanley resta convinta del fatto che il prezzo dell’oro tornerà presto a crescere.

 Barclays suggerisce le commodities per il 2013

La banca americana ne è convinta, visto che in previsione ci sarebbe un ritorno agli acquisti che da gennaio sono calati del 5 per cento. L’oro dovrebbe quindi arrivare a 1773 dollari l’oncia entro la fine del 2013 e poi portarsi a 1845 dollari l’oncia entro il 2014.

 

Nuove stime sull’oro

 Ormai si sa che l’oro non è il bene di rifugio di una volta nel senso che rispetto a qualche mese in cui si credeva nei suoi rialzi indiscussi fino al raggiungimento di quotazioni esagerate che superavano anche i 1900 dollari l’oncia, adesso si fa un passo indietro.

Tutto quello che c’è da ricordare sulle materie prime

Non tutti gli investitori, infatti, sono convinti che investire nell’oro sia poi così conveniente. L’inversione di tendenza nel trend è soltanto un segnale. È vero che i paesi emergenti hanno incrementato le risorse aurifere ed è anche vero che la Germania, tanto per restare in Europa, ha ridistribuito gli investimenti partendo proprio dall’acquisizione di lingotti.

Eppure questi movimenti non sono sufficienti a far credere di nuovo nel metallo prezioso. Dall’inizio dell’anno, infatti, l’oro ha un andamento negativo, ha perso circa il 5 per cento del suo valore e non è andato mai oltre i 1700 dollari l’oncia.

Oro in discesa anche per Société Générale

Oggi, alle altre banche d’affari diffidenti sulla potenza del lingotto, si aggiunge anche Barclays che spiega che l’oro resterà sopra i 1600 dollari nel 2013 ma è comunque in flessione. Alla fine dell’anno il prezzo medio dell’oro dovrebbe passare da 1668 dollari l’oncia fino a 1646 dollari.

Barclays ha ancora a disposizione stime ribassiste. È tutto da valutare con calma.

Nessuno si aspettava un exploit del carbone

 Si parla tanto di energie rinnovabili, di risparmio energetico, di progetti delle nazioni per raggiungere l’autonomia energetica bilanciando le importazioni e la produzione di petrolio, che si è finito per perdere di vista il carbone. Numerose previsioni d’investimento, legate al mondo delle materie prime, hanno escluso il carbone dal computo delle materie su cui vale la pena puntare qualcosa.

Il carbone è la materia prima più richiesta

Invece una recente indagine del World economic forum, ha dimostrato che negli ultimi dieci anno il carbone è cresciuto al punto che deve considerarsi la fonte energetica cresciuta di più in termini assoluti. La domanda di questo materiale è cresciuta dieci volte di più della domanda di energie rinnovabili.

La Cina sarà il maggiore importatore di oro nero

Ma la domanda di carbone è cresciuta anche due volte di più di quella del gas e tre volte di più di quella del petrolio. Eppure la sensibilità ecologica di cittadini ed investitori, sembrava accresciuta. Le rinnovabili, sulla produzione energetica mondiale, mantengono un ruolo marginale rappresentando l’1,6 per cento della produzione di energia nel mondo.

Non stiamo parlando di un improvviso cambio di tendenza. Il risultato di questa ricerca vuole proporre un quadro veritiero della situazione dove, per l’appunto, le fonti fossile non sostituiranno le fonti rinnovabili, prima che siano passati almeno 20 anni.