Oro in discesa anche per Société Générale

 Alla fine dell’anno scorso, nell’ultimo trimestre dell’anno in particolare, è stato prospettato un aumento indiscriminato delle quotazioni dell’oro, in parte da attribuire all’essenza del metallo prezioso, al fatto che da sempre è stato il bene rifugio per eccellenza, e in parte da attribuire alla corsa all’oro dei paesi emergenti.

Battuta d’arresto dell’oro

In un momento di crisi, infatti, investire nell’oro è rassicurante, tranne se poi si considerato alcuni momenti contingenti. L’oro, infatti, di recente, è finito nel mirino dei grandi investitori che sono pronti a scatenare le vendite, più di quanto non stia già succedendo.

Barclays suggerisce le commodities per il 2013

Questo dipende anche dal fatto che il mercato aurifero sta perdendo i pezzi, alcuni hedge fund di portata globale stanno uscendo dal mercato. Si pensi ad esempio a Soros. Tutti elementi d’analisi che contribuiscono a giustificare il crollo del prezzo dell’oro nelle ultime due settimane.

Il metallo in questione è arrivato a 1555 dollari l’oncia e febbraio è da considerare il quinto mese consecutivo di ribassi. Quasi nessuno, adesso, è pronto a giurare che l’oro superi la soglia dei 1800 dollari l’oncia. Avevano anticipato il trend Credit Suisse e Goldman Sachs ed ora, a queste due banche si aggiunge anche Société Générale che ritiene che l’oro possa perdere ancora valore arrivando anche a 1350 dollari l’oncia nei prossimi cinque anni.

Cosa succederà al petrolio venezuelano

 E’ morto Hugo Chavez, il presidente Venezuelano che per alcuni è stato un dittatore, per altri un eroe. A livello finanziario ed economico, questa sua oscillazione identitaria tra il presidente ideale e il feroce aguzzino, non sono molto indicativi per la comprensione delle prossime mosse del paese.

Barclays suggerisce le commodities per il 2013

Il Venezuela, infatti, ha un grande patrimonio, il petrolio, e la sua produzione supera perfino quella dell’Arabia Saudita. Che ne sarà in futuro? Tutta l’economia del paese si fonda proprio sull’estrazione dell’oro nero. La British Petroleum ci fornisce i dati ufficiali: il Venezuela produce 296,5 milioni di barili di petrolio, superando i 265,4 milioni di barili del suo concorrente in Medioriente.

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Tutta l’economia venezuelana ruota attorno al petrolio, basta pensare che più della metà delle entrate del Governo sudamericano è basata su questa materia prima che capitalizza anche il 95 per cento delle esportazioni del paese. Per il futuro lo scenario è molto incerto.

A livello internazionale, infatti, i giacimenti petroliferi di questo colosso petrolifero, fanno gola a tanti investitori. Per esempio i russi della Rosneft hanno già detto di essere pronti a pagare 800 milioni di euro per avviare un’esplorazione nel territorio sud orientale del paese.

Tutto, adesso è nelle mani del vicepresidente che deve restare in equilibrio tra le spinte della crisi economica e della svalutazione monetaria da un lato e le spinte della produzione del petrolio dall’altra.

Barclays suggerisce le commodities per il 2013

 In un periodo di forte crisi economica anche le commodities tradizionali possono perdere appeal perchè i paesi che storicamente “ordinavano” un certo materiale, possono rallentare e determinare un aumento dei prezzi. Risulta quindi molto interessante la proposta della banca Barclays che ha illustrato le commodities di punta del 2013.

Le banche straniere sono più convenienti

Il primo dato preso in considerazione dalla banca inglese è relativo al rallentamento dell’economia cinese che potrebbe determinare un aumento dei prezzi dei metalli usati nel settore industriale. Di conseguenza, nei prossimi trimestri è meglio investire su: petrolio, nikel, oro, palladio, platino, alluminio e rame. Vediamo alcune di queste materie prime.

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Il petrolio dovrebbe avere un buon “futuro”, visto che la spinta al ribasso dovuta alla crisi delle grandi economie è perfettamente controbilanciata dall’incremento della domanda che arriva dai Paesi emergenti. Per questo il prezzo del petrolio al barile dovrebbe passare dai 119 ai 130 dollari nel secondo trimestre e  poi ci dovrebbe essere una nuova contrazione nel terzo e nel quarto trimestre, quando il barile arriverà a costare 126 e 125 dollari.

Barclays crede al trend rialzista dell’oro, dovuto in parte alla domanda fisica di questo metallo e in parte agli investimenti fatti sul materiale. Il prezzo dell’oro dovrebbe arrivare a 1825 dollari l’oncia nel terzo trimestre per poi chiudere l’anno con una piccola contrazione fino a 1795 dollari l’oncia.

 

La Cina sarà il maggiore importatore di oro nero

 E’ successo a dicembre: la Cina ha superato gli Stati Uniti nell’importazione del petrolio e questa evenienza sembra dovuta all’incremento della produzione economica del paese e all’aumento dei consumi della classe media cinese.

Nel 2012 gli Stati Uniti avevano annunciato con sicurezza che in futuro sarebbero diventati i maggiori produttori di petrolio del mondo, i primi in assoluto, superando anche l’Arabia Saudita e cercando d’incentivare la soddisfazione della domanda interna del paese.

Non si è accennato al fatto che il 2013, dal punto di vista della produzione del petrolio, sarebbe invece stato all’insegna della Cina che pur avendo rallentato nella crescita economica, occupa ancora un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale.

I dati ufficiali devono ancora essere diffusi ma sembra che il sorpasso ci sia stato e a documentarlo sono i report del Financial Times che, riguardo all’America parlano di un calo delle importazioni pari a 5,98 milioni di barili al giorno. Un livello che non si registrava dal lontano 1992. Le importazioni cinesi, invece, sono cresciute fino a 6,12 milioni di barili al giorno.

Il sorpasso è stato possibile in virtù della crescita economica della Cina che ha comportato una richiesta importante di materie prime. Il calo delle importazioni negli Usa, invece, si lega al fatto che il paese ha puntato molto sulle rinnovabili ed ha cercato di soddisfare autonomamente la richiesta di petrolio.

 

Un ciclone contro il ferro

 Il mercato delle materie prime è uno dei più condizionati dalle condizioni meteo. Per questo non è strano che un ciclone possa mettere a repentaglio il mercato del ferro. A rischiare sembra siano tutti i materiali ferrosi e la causa di tutto è un ciclone che sta per abbattersi sul Western Australia.

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Per precauzione, dunque, sono stati chiusi alcuni porti, tra cui quelli usati da Rio Tinto e da Bhp Billiton per la spedizione del ferro verso la Cina e sugli altri mercati internazionali. Prevenire è meglio che curare, questo è poco ma sicuro, ma è anche vero che adesso metà della fornitura di ferro è bloccata.

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A farne le spese sono le industrie siderurgiche che saranno presto costrette a sospendere la produzione con un effetto a cascata quasi “rovinoso”. I prezzi dei materiali ferrosi, nel breve periodo, sono dunque destinati a salire, dopo un periodo molto intenso che ha visto scendere il prezzo del ferro, sotto i 154 dollari per tonnellata.

Le previsioni che abbiamo appena annunciato, tuttavia, dovranno fare i conti con un calo della domanda di materiali ferrosi. Questo particolare potrebbe frenare i rincari. Quanto al ciclone che abbiamo annunciato in apertura, è atteso per mercoledì: venti fino a 280 chilometri orari, soprattutto nella zona di Port Hedland.

Battuta d’arresto dell’oro

 Adesso sembra chiaro a tutti che le banche d’affari che avevano guardato con scetticismo alle previsioni sull’oro, coinvolto in un trend di rialzi continui, avevano ragione. Questo metallo, infatti, a livello di quotazioni, ha subito una sonora battuta d’arresto.

L’oro, dopo ben 12 anni di rialzi, è crollato ed ha iniziato a perdere valore. Il trend rialzista, dicono molti analisti, era quasi considerato inarrestabile. L’oro, infatti, è sempre stato il migliore dei beni di rifugio. Adesso, chi aveva accumulato lingotti, ha deciso di venderli e sul mercato è stato inaugurato il nuovo ciclo ribassista.

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L’oro, in poche ore di scambi, ha raggiunto la quota minima mai registrata dallo scorso luglio, crollando a quota 1559,25 euro. Ad avviare il nuovo trend sembra abbiano contribuito almeno due elementi: la decisione della FED sul quantitative easing, quindi la volontà di stoppare gli stimoli all’economia interrompendo l’acquisto mensile di bond, e poi la liquidazione di un hedge fund grande.

Tra le materie prime scegliete il rame

Questo concatenarsi di cause rispetto alle valutazioni dell’oro, è stato subito ribattezzato “croce della morte”. Anche a livello iconografico, infatti, guardando alla media dei prezzi si nota un incrocio di variabili.

Nella questione aurea, però, hanno sicuramente inciso anche i tassi d’interesse a 10 anni che si sono ripresi in modo da scoraggiare l’acquisto di lingotti.

Morgan Stanley e gli investimenti del 2013

 Numerose banche d’affari tentano di spiegare agli investitori quali sono gli asset più remunerativi del 2013, tenendosi alla larga dalle opzioni binarie legate ai titoli di Stato. Insomma, se parliamo di Stati, meglio evitare di tirar fuori il portafoglio, visto che la situazione politica è decisamente instabile.

E’ vero che dove si corre il rischio c’è più gusto, ma investendo nelle giuste materie prime si ottiene comunque un buon risultato. Secondo Morgan Stanley il 2013 sarà l’anno delle materie prime perché la domanda, a livello internazionale, è aumentata parecchio e stanno acquisendo un ruolo decisivo anche le riserve dei paesi emergenti, prima tra tutte la Cina.

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Attenzione però a quello che dicono i broker che tendenzialmente considerano rischioso l’investimento nelle materie prime. Morgan Stanley, invece, ha evidenziato ben otto commodities che possono dare risultati interessanti. I risparmiatori devono quindi puntare sull’oro che è da ritenersi un evergreen del settore, sulla soia, sul mais, sull’argento e sul platino.

► Tra le materie prime scegliete il rame

La domanda di oro, per esempio, resterà ancora alta, nonostante la spinta rialzista, adesso, sia più contenuta. Per effetto della correlazione che esiste tra oro e argento, anche quest’ultimo potrà risultare parecchio vantaggioso. L’inserimento del platino nel paniere è giustificato dai cali di surplus ottenuti dall’estrazione in Sud Africa. Tra le materie prime agricole spiccano la soia, il mais e il grano.

Tra le materie prime scegliete il rame

l’indice Big Mac evidenzia la forza dell’euro, andiamo ad occuparci delle materie prime, escludendo dalla nostra ricognizione il mercato dell’oro.

La Germania riparte dall’oro

Investire nelle materie prime e soprattutto nel settore dei metalli preziosi, vuol dire dedicarsi anche ai trend che interessano l’argento, il platino e un metallo dal nome curioso come il palladio. Il primo consiglio che gli analisti danno è quello di tenere d’occhio il comportamento dei paesi emergenti rispetto alle commodities su cui si vuole investire.

Una volta capiti i paesi che più incidono sull’andamento di un certo metallo, allora è bene approfondirne il calendario. Ci sono momenti, occasioni, eventi che possono far ripartire le quotazioni e possono essere “previsti” con largo anticipo.

Un metallo molto interessante dal punto di vista speculativo è senz’altro il rame.

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I prezzi del rame – dicono gli analisti – sono destinati a scendere dai 7970 dollari per tonnellata del 2012 fino ai 7775 dollari per tonnellata del 2014. Un calo del 2,5 per cento da collegare all’aumento della produzione cui non corrisponde un aumento della domanda.