Cresce il fatturato industriale a maggio

 Il fatturato dell’industria italiana è in leggera ripresa. Si tratta di una buona notizia nonostante la debolezza dell’incremento dell’indice. In fondo gli investitori vanno proprio alla ricerca di segnali di questo tipo per tornare ad avere fiducia nel nostro paese.

La ripresa del fatturato dell’industria italiana è molto importante anche se si tratta di un salto piccolissimo dello 0,1 per cento registrato a maggio rispetto al mese precedente. Poi, in termini generali, quindi su base annua, il calo del fatturato è ancora preponderante.

La BCE chiede attenzione per le PMI

L’Istituto nazionale di statistica, però, ci tiene a dare qualche numero e non c’è molto da star tranquilli ad osservare la reportistica, infatti, tra il maggio del 2012 e il maggio di quest’anno, si sono registrati ben 17 cali consecutivi e l’ultimo è stato pesante: -5,1 per cento.

L’Istat mostra il calo dell’industria nel 2012

Quasi tutti i prodotti hanno perso un buon numero di ordini, tranne che per quel che riguarda i prodotti farmaceutici che continuano a crescere, sia per quanto riguarda il fatturato, sia per quanto riguarda gli ordinativi.

Riassumendo: a maggio si è registrato un leggero rimbalzo dell’industria italiana che sembra tornare timidamente alla ribalta. A fronte di un calo degli ordinativi esteri, tiene bene il fronte interno. A livello annuo però il calo del fatturato è pesante soprattutto per gli ordini che arrivano dall’Italia (-8,3%).

Retrocesso anche il Fondo Salva Stati

 La tripla A, ormai, è da considerarsi una chimera, eppure, questo non vuol dire che le considerazioni delle agenzie di rating siano del tutto bypassate. Per esempio ha fatto molto discutere l’ulteriore declassamento dell’Italia e la contemporanea conferma della tripla A della Germania.

Così facendo le agenzie di rating non fanno che disegnare una mappa dell’Europa piena di paesi di serie A e paesi di serie B. Esistono però delle strutture sovranazionali, come può essere ad esempio il Fondo Salva Stati che non rientrano nella mappa geografica del Vecchio Continente, ma non sfuggono alle agenzie.

Record a Wall Street ma crolla l’Asia

L’ultima notizia, in tal senso, riguarda proprio la scelta di Moody’s e di Standard&Poor’s che segue quella già fatta da Fitch, di declassare il fondo ESM che fino a ieri campeggiava nell’olimpo delle triple A mentre ora deve accontentarsi dello status AA+.

Italia tra IMU ed ESM

Questo downgrade dipende a sua volta dalla modifica dello status di Germania e Francia, nazioni da non considerare più debitrici super-affidabili del fondo europeo. Fitch, rispetto alle altre due agenzie di rating, ha ribadito di essere pronta a declassare anche i paesi con il rating più elevato se non cambieranno le condizioni dell’economia europea nel suo complesso.

Il riferimento è a Germania, Olanda, Austria, Finlandia e Lussemburgo che hanno ancora la tripla A e alla Francia che è già al gradino AA+.

Saccomanni vuole sfruttare le grandi aziende

 Il nostro paese non se la passa molto bene e il nuovo ministro dell’economia sembra abbia deciso di cambiare strategia, spiegando che il governo, adesso, è pronto a fare cassa sfruttando anche alcune grandi aziende nazionali, per l’esattezza Enel, Eni e Finmeccanica. In che modo e cosa intende Saccomanni?

Per il FMI l’Italia ha ancora molto da fare

Il ministro dell’Economia, in questo momento, si trova a Mosca per il G20 ed ha provato ad annunciare, per quanto riguarda l’Italia, l’eventualità della cessione delle società controllate dal suo dicastero. Le quote raccolte dalla vendita sarebbero usate come collaterale.

La prima cosa che dice Saccomanni è che l’Italia, per racimolare soldi, ha bisogno di sfruttare il suo patrimonio industriale e finanziario. Lo Stato, in questo momento, ha per le mani dei pacchetti azionari delle società controllate e vorrebbe usarli come collaterali nelle operazioni finanziarie.

Rinviato l’aumento dell’IVA

L’obiettivo di questa manovra è la riduzione di una parte del debito pubblico, al fine di rispettare i dettami europei. Il discorso di Saccomanni, a livello generale, s’inserisce nel solco tracciato dal premier Enrico Letta a Londra, dove è stato spiegato che il governo ha già un piano per la riduzione del debito e quindi i finanziatori e gli azionisti che investono nello Stivale, possono stare sicuri: l’Italia recupererà presto la competitività.

Dichiarata la bancarotta di Detroit

 Detroit è la più grande delle metropoli statunitensi a dichiarare la bancarotta, quindi a fallire. Si tratta di una notizia che merita le prime pagine dei giornali di tutto il mondo visto che dà l’idea dell’estensione e della gravità della crisi economica. Adesso, stando a quanto racconta la cronaca finanziaria, è necessario che il governatore avvii tutte le procedure di emergenza.

Chrysler cresce grazie a Fiat

Detroit, considerata per l’appunto una metropoli, non è una città nuova per gli italiani visto che è considerata la capitale dell’auto. Peccato che la crisi del settore delle automotive non si sia arrestata, contribuendo alla definizione del debito della città. Oggi questo debito ammonterebbe a circa 18,5 miliardi di dollari.

Fiat 500 alla conquista degli Usa

Ma come ci si comporta quando a fallire è una città e non una nazione? La capitale dei motori e della musica, come la chiamano molti, dovrà attivare le procedure previste dalla legge per il fallimento della città. Storicamente si tratta della prima metropoli americana che dichiara di non poter pagare i propri debiti che potrebbero presto sfondare la soglia dei 20 miliardi di dollari.

La bancarotta è inevitabile dopo gli sforzi vani compiuti dal commissario straordinario Orr che ha trattato con i creditori per spingerli ad essere meno insistenti, ha trattato con i sindacati per convincerli del fatto che è necessario tagliare il personale e le retribuzioni di alcune aziende per consentire loro di ripartire. Niente, tutto vano, adesso tutti dovranno effettuare degli sforzi. Si può ancora evitare la bancarotta ma sarà molto difficile.

La rete vuole più interventi per i giovani

 Per capire quali saranno i trend del futuro è molto importante, soprattutto per gli investitori nelle opzioni binarie, conoscere le leve del cambiamento, quegli indicatori che possono influenzare l’andamento dei titoli, che possono dar luogo alle riforme e quant’altro.

Olli Rehn tiene duro sulla questione deficit

Facciamo un esempio banale. Se in un paese si sa che quando parla l’ad di una certa industria, il governo prende delle decisioni importanti che influiscono anche sull’economia nazionale, l’ufficio stampa dell’industria in questione, sarà monitorato in modo esemplare per individuare i trend del futuro.

Oggi giorno, alla luce del cambiamento della società, bisogna valutare con maggiore sensibilità, l’apporto della rete alla fase decisionale dei governi. Se in Europa ha un senso parlare dei social network come strumenti di aggregazione e sviluppo del senso critico, bisogna prendere atto delle lamentele lanciate all’indirizzo di Bruxelles.

Per Squinzi andiamo peggio del previsto

I rilevamenti in tal senso sono stati fatti da Voices from the Blogs. Dopo aver analizzato il sentiment di ben 25 mila tweet si nota un antieuropeismo crescente che sfocia nella critica verso ciò che sta facendo l’Europa per il lavoro. In particolare sono giudicati insufficienti sia il miliardo e mezzo messo a disposizione dell’occupazione giovanile dall’UE, sia il provvedimento governativo dell’Italia.

Soltanto il 12,3 per cento dei tweet giudica gli interventi del governo “ottimi”.

L’Italia ha le tasche bucate

 Se all’estero si chiede quali sono i simboli dell’Italia ci sentiamo rispondere sempre il solito trio che è entrato nel sentire comune: pizza, pasta e mandolino. In realtà l’immagine dell’italiano all’estero è molto più ricca e di recente si è arricchita di particolari legati al comportamento finanziario del management tricolore.

Nuove notizie sull’evasione fiscale italiana

Insomma, il nuovo luogo comune da sfatare è quello dell’Italia spendacciona, con le tasche e le mani bucate. Un cliché difficile da abbattere se si considera quello che è successo per la spesa pubblica. Basta fare un’analisi dell’Italia nel contesto europeo per scoprire che è il paese con la quota maggiore di pressione fiscale. Nel 2012, il 50,7 per cento del reddito dei nostri concittadini è finito nelle tasche dell’Erario.

L’austerity blocca il PIL americano

I cittadini hanno quindi pagato le imposte e offerto tantissimi soldi allo Stato che non è stato però capace di usarli in modo efficace visto che oggi la spesa pubblica ha raggiunto quota 50,1 per cento, vale a dire 805 miliardi di euro. Nel 2001, circa 11 anni fa, la spesa pubblica ammontava a 536 miliardi di euro.

Non si può nemmeno attribuire l’incremento della spesa pubblica a quello o a quell’altro partito visto che 8 anni e mezzo di centrodestra hanno comportato una spesa di 206 miliardi di euro, 2 anni e mezzo di centrosinistra hanno comportato una spesa di oltre 60 miliardi di euro e 1 anno e mezzo di governo Monti oltre 8 miliardi di euro.

Confermata la tripla A per la Germania

 Nonostante lo scetticismo dimostrato da molti Stati membri europei sul primato della Germania, le agenzie di rating ritengono questo paese molto affidabile, anzi, affidabilissimo. La Germania, infatti, resta nel club sempre più elitario delle triple A dopo le considerazioni dell’agenzia di rating Standard&Poor’s.

Triple A nel mondo in via d’estinzione

L’agenzia in questione, recentemente, ha deciso di revisionare i giudizi di merito su tutti i paesi dell’area euro. Per il nostro paese le cose si sono messe male visto che l’Italia è stata declassata dal livello BBB+ al livello BBB con la conferma dell’outlook negativo. Questo vuol dire che tra poco i nostri titoli di stato potrebbero essere considerati titoli spazzatura.

Il declassamento dell’Italia

L’agenzia americana, però, ha deciso di lasciare allo stesso tempo invariato il rating della Germania così che il gap tra la prima della classe e i paesi che stanno soffrendo di più la crisi si è allargato parecchio. La Germania si conferma dunque la prima potenza economica del Vecchio Continente.

Tutto dipende dal fatto che l’economia tedesca appare diversificata e competitiva, in grado di assorbire i colpi assestati dalla crisi economica e finanziaria. La ripresa, se poi si va a cercare il pelo nell’uovo, è cominciata soltanto in Germania. Il ritmo è molto lento, ma il PIL tedesco fa comunque segnare un confortante +0,4 per cento.

L’accordo commerciale tra USA e UE

 Sono iniziate in questa settimana le trattative per la definizione di un accordo a 360 gradi tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Si definisce questo accordo come il più grande punto d’incontro commerciale che sia stato sistematizzato finora. Il fatto è questa intesa riguarderà sa gli OGM, sia i film francesi, in pratica qualsiasi “materia” di scambio. La trattativa andrà sicuramente per le lunghe.

Il cartello Apple sugli eBook

L’accordo è stato accompagnato da una serie di polemiche dopo che il Der Spiegel e il Guardian hanno pubblicato una serie di documenti, dove si specifica che la NSA ha spiato alcuni enti diplomatici europei. Un motivo per mandare all’aria uno degli accordi commerciali più grandi di sempre.

Olli Rehn tiene duro sulla questione deficit

Eppure gli Stati Uniti e l’Unione Europea non sembrano voler rinunciare all’accordo sul libero scambio commerciale tra America ed Europa. Certo è che con queste premesse si andrà avanti molto a lungo con i negoziati. Il nome dell’accordo, dato quasi per “ufficiale” dovrebbe essere Transatlantic Trade and Investment Partnership. Non ci sono degli accordi commerciali specifici già definiti che interessano l’America e l’Europa e l’obiettivo dell’intesa dovrebbe essere quello di abolire una serie di tariffe che intralciano gli scambi ed hanno un valore di 7 miliardi e mezzo di euro.