Draghi parla della disoccupazione giovanile

 Nel nostro paese le condizioni economiche non sono più rassicuranti e positive come qualche mese fa. E lo dimostra bene il calo della fiducia dei consumatori che per i prossimi mesi si aspettano soltanto un peggioramento delle condizioni.

Giorgio Squinzi, nel suo discorso durante l’assemblea degli investitori, ha lanciato l’allarme per le industrie nostrane che sono soffocate dalle tasse e dal costo eccessivo della manodopera. In più in questo momento a cercare lavoro sono sia i giovani, sia gli adulti. Il riferimento è ai manager disoccupati che hanno superato la cinquantina ed ora non riescono a trovare un impiego adatto alla loro qualifica professionale.

Squinzi pessimista sull’Italia

Per risolvere quest’ultimo problema è stato disposto un fondo di 10 milioni di euro e per chiedere l’accesso le aziende hanno tempo fino a giugno. Ma per i giovani? In queste ore è tornato a parlare del problema dell’occupazione, o meglio della disoccupazione giovanile, il presidente della BCE Mario Draghi.

La fine dell’effetto Draghi per i mercati

Il presidente italiano dell’Eurotower ha spiegato che in molti paesi del Vecchio Continente, un livello elevato del tasso di disoccupazione giovanile rappresenta una minaccia per la stabilità sociale dei paesi e per questo è necessario che ci sia più giustizia tra le generazioni sul mercato del lavoro.

La struttura di quest’ultimo, infatti, ha bisogno di essere modificata in modo che la flessibilità non sia un handicap per le nuove generazioni di lavoratori.

Squinzi pessimista sull’Italia

 Il presidente del Consiglio, in queste settimane, sta cercando di prendere le redini dell’Italia ma la situazione del nostro paese è davvero drammatica e infatti, intervenuto all’Assemblea annuale di Confindustria, dove si sono riuniti tutti gli imprenditori del Belpaese, prende atto della situazione dell’Italia industriale.

Il miracolo del Sassuolo dipende da Squinzi

Le parole di Giorgio Squinzi sono inequivocabili: la situazione italiana è drammatica e l’attacco è rivolto direttamente al neopremier:

“Ciò che manca è il tempo, bruciato nelle parole spese vanamente, perchè il Nord è sull’orlo di un baratro economico che trascinerebbe tutto il nostro Paese indietro di mezzo secolo, escludendolo dal contesto europeo che conta. E’ questo quello che vogliamo?”

Stavolta, dunque, non è colpa del profondo Sud se l’Italia non va avanti. Le radici di questa crisi sono da attribuire al sistema fiscale considerato eccessivamente punitivo, oppure all’edilizia che non accenna a risollevarsi e anche al costo del lavoro che per le imprese è diventato proibitivo.

Squinzi pone le priorità per la crescita

Squinzi non è assolutamente tenero con il governo che ha trovato in modo quanto meno anomalo la copertura finanziaria per gli ammortizzatori sociali. Si parla di anomalia perché si è pensato di togliere liquidità al fondo per lo Sviluppo, per spostarlo verso la cassa integrazione in deroga, con il rischio che si crei nuova disoccupazione.

Per la BBC la Germania è popolarissima

 Visto che le condizioni dell’economia europea non migliorano ci si chiede se non sia davvero tutta colpa della Germania di quello che sta succedendo nel Vecchio Continente. Eppure la più grande economia d’Europa è anche la più popolare nel mondo. A svelare questo “rating” estraneo ai meccanismi delle omonime agenzie ci ha pensato la BBC.

L’indagine in questione è riuscita a coinvolgere un campione di 26 mila persone distribuite in 25 paesi di tutto il mondo. Gli intervistati hanno dovuto dare un voto riferito a 16 paesi e poi anche un voto riferito all’Unione Europea nella sua interezza.

Un patto europeo contro la disoccupazione

In pratica hanno dovuto dichiarare quanto l’influenza di questi paesi fosse positiva o negativa sul mondo. In testa alla classifica elaborata in calce al sondaggio, si è posizionata la Germania che ha racimolato il 59 per cento delle preferenze positive.

La crescita dell’Italia passa per lo spread a 100

Vuol dire che 59 intervistati su 100 hanno offerto una valutazione positiva della Germania che è cresciuta di tre punti percentuali rispetto alla precedente posizione. Il Giappone, invece, è “precipitato” raccogliendo soltanto un rating del 51 per cento, ben 7 punti percentuali più in basso del risultato dello scorso anno. In questo modo ha perso la testa della classifica ed ora occupa la quarta postazione.

Il paese che ha raccolto il maggior numero di preferenze negative è stato l’Iran che unisce soltanto  il 15% dei “consensi”.

La FED non abbandona il QE

 Tutte le speranze dell’America e anche dei paesi che dipendono nel loro business dall’andamento del mercato a stelle e strisce, sono riposte nelle decisioni della FED che come tutte le altre banche centrali deve decidere se stimolare ancora l’economia con una svalutazione del dollaro.

Cala Wall Street dopo i dati macroeconomici USA

Ben Bernanke ha tenuto con il fiato sospeso i mercati che si sono trovati davanti alla decisione forse più ovvia, soltanto dopo le 16, quando il presidente della FED ha tenuto la sua audizione davanti al senato americano. Una mezz’ora d’interazione in cui gli investitori internazionali hanno avuto idea della direzione del mercato.

Il piano monetario contro il dollaro

Il numero uno della FED, dall’aver escluso a priori la possibilità di continuare con il QE, è tornato sui suoi passi e invece di annunciare l’abbandono progressivo del programma ha confermato la volontà dell’istituto che guida a proseguire con il programma d’acquisto dei bond. Si parla di un’iniezione di liquidità di circa 85 miliardi di dollari al mese. Il quantitative easing resta allora invariato.

Bernanke ha spiegato con chiarezza che in questo momento la stretta sulla politica monetaria sarebbe un passo troppo azzardato perché di riflesso ci sarebbe un rialzo dei tassi d’interesse e un rallentamento nella crescita dell’economia.

Le borse americane, preso atto delle decisioni della FED sono rimaste in territorio positivo ed hanno raggiunto i livelli massimi del periodo.

Crescita italiana e nuove tasse

 L’Italia deve ripartire e per farlo deve tornare a crescere. Peccato che nelle condizioni attuali del paese, questa eventualità è molto remota, soprattutto se si considera l’emergenza fiscale che interessa gli italiani. Non è soltanto una questione di IMU. C’è invece da considerare anche la baraonda legata all’IVA e alla TARES.

Difendersi dai cambi in corsa sull’IMU

Per l’IMU, infatti, sappiamo che se il Governo non farà le riforme necessarie entro 100 giorni, quindi entro il 31 agosto 2013, a settembre dovremo pagare la prima rata dell’imposta sugli immobili, senza sconti e senza revisioni.

Considerando IMU, IVA e TARES, quindi, si parla in toto di stangata e molti analisti dicono addio alla crescita. L’aumento dell’IVA è da considerare molto “pericoloso per i consumi” visto che va ad incidere sul 70 per cento dei consumi totali. Costerà annualmente, per il 2013, circa 2,1 miliardi di euro. Questa la stima fatta dalla CGIA di Mestre. Ogni famiglia, dunque, dovrà pagare molto più dei 135 euro di rincari previsti e il crollo dei consumi non è più così lontano.

L’aumento IVA ci sarà o no?

Ad ogni modo, considerando anche la maggiorazione della TARES a dicembre, le famiglie italiane dovrebbero spendere annualmente circa 734 euro in più: 45 euro di aumento per la tariffa sui rifiuti, 207 euro per l’aumento dell’IVA e poi 480 euro per l’aumento dell’IMU. La stima è sempre fornita da Federconsumatori.

Il segreto bancario svizzero in pericolo

 In Europa la situazione degli istituti di credito sta cambiando parecchio e fino a che il sistema svizzero è rimasto intatto, non si è approfondito il tema. Invece, oggi, la Svizzera ha deciso di dare una mano alla lotta contro l’evasione fiscale, scalfendo il segreto bancario. Molti temono il passaggio a questo status di maggiore limpidezza.

Niente più segreto bancario per San Marino

La strada intrapresa dalla Svizzera, per ora soltanto a parole, sembra mettere la Confederazione prima e l’Europa poi, davanti ad un cambiamento epocale. La Svizzera, infatti, sembra voler accendere i riflettori sui conti bancari detenuti nel suo paese.

Anche l’Austria abbandonerà il segreto bancario

Sicuramente, in termini teorici, abbandonare il segreto bancario come hanno fatto l’Austria e San Marino, sarebbe più semplice ma non sembra essere nello stile svizzero. La Confederazione pensa piuttosto ad un modo per offrire i nomi degli evasori ma in cambio di altre informazioni importanti per gli istituti di credito del paese.

La soluzione, che secondo un quotidiano svizzero, è già in fase di discussione nel Consiglio Federale, dovrebbe interessare in primo luogo il rapporto tra la Svizzera e gli Stati Uniti e poi essere esteso agli altri paesi che hanno delle relazioni finanziarie con la Confederazione.

 

La Francia vuole un governo dell’Eurozona

 La Francia, in questo momento non sta attraversando un momento economico florido. Alcuni osservatori l’hanno definita la bomba ad orologeria del Vecchio Continente. La patata bollente dell’economia francese sul lastrico è tutta nelle mani di Hollande che nel suo primo intervento europeo ha chiesto aiuto alla BCE ed ora fa un’altra proposta per la politica comune.

Il presidente francese Hollande ha chiesto in questi giorni di formare un governo economico della zona euro che abbia la libertà d’intervenire in materia di bilancio, che possa definire un sistema fiscale armonizzato e sia tenuto insieme da un presidente che ha chiaro in mente l’obiettivo dell’Eurozona.

La BCE considerata responsabile unica della crisi

Il presidente della Francia, dunque, reclama la creazione di un governo economico di cui entrino a far parte tutti i paesi della zona euro. Un governo che si riunisca mensilmente con il presidente nominato di lungo periodo e che si dedichi esclusivamente agli affari di natura finanziaria, che si occupi cioè di risolvere il problema più urgente dell’Eurozona che è quello dell’occupazione.

I cittadini europei sono sempre più scettici

Il presidente francese, da buon socialista, ha parlato anche dei successi ottenuti nel suo paese, dove il suo gabinetto ha attuato un buon numero di riforme senza rinunciare ad un modello di welfare sostenibile ed efficiente. Hollande ha deciso inoltre di presentare all’Europa un piano d’investimenti decennale che si occupi del settore digitale, della transazione energetica,della salute e dei progetti infrastrutturali.

Come si usa lo stipendio degli italiani

 La Confederazione italiana agricoltori ha realizzato uno studio sulle spese compiute dai nostri connazionali. Il risultato è che il 60 per cento degli stipendi degli italiani è usato per quelle che si chiamano “spese obbligate”, vale a dire il mutuo o l’affitto, la rata della macchina e le bollette, nello specifico acqua, gas e luce.

La Grecia torna sul mercato dei bond

Per questo motivo, visto il rallentamento del mondo del lavoro e vista la riduzione degli stipendi, si assiste ad una battuta d’arresto dei consumi. Le famiglie infatti, una volta pagate le spese obbligate, si trovano a dover risparmiare, o meglio tagliare, tutto il resto.

La casa non è una spesa per tutte le famiglie italiane

Ogni famiglia è chiamata in questo periodo di crisi a definire delle priorità di spesa, a scegliere se investire nel settore alimentare, piuttosto che nel vestiario. La recessione è ad ogni modo inevitabile e infatti, nel primo trimestre del 2013 c’è stato un crollo dei consumi del 4,2 per cento.

Le famiglie, dice la Confederazione italiana agricoltori, punta al risparmio rinunciando anche alla qualità. L’analisi è compiuta su un insieme di 13,8 milioni di famiglie che per rinunciando ai brand hanno iniziato, ad esempio, a servirsi degli hard-discount.

Chi non ha rinunciato ai marchi, invece, fa molta più attenzione alla spesa e cerca soltanto le offerte speciali, gli sconti e le promozioni in vigore.

Quando il dollaro investito frutta davvero

 Alcun investimenti fatti in dollari, sono stati capaci di fruttare tantissimo. Negli Stati Uniti, per esempio, gli investimenti nella rete elettrica, hanno generato un ricavo di 2,5 dollari per ogni dollaro investito nel settore.

Il piano monetario contro il dollaro

I fatti da cui trae origine questa deduzione sono i seguenti. Da agosto del 2009 fino a marzo del 2012 sono stati investiti circa 3 miliardi dollari, con la conseguente creazione di 47 mila posti di lavoro e un gettito fiscale di 1 miliardo di dollari.

Questi investimenti hanno riguardato l’American recovery and reinvestment act, un progetto che si è occupato dei progetti per la trasformazione della rete di distribuzione sulla base del modello offerto dalle smart grid, cioè le reti intelligenti.  Queste sono in grado di gestire i picchi e i sovraccarichi di tensione senza interrompere l’erogazione dell’elettricità, anzi rendendola più efficace.

Morgan Stanley sul mercato valutario

Con i programmi di stimolo finalizzati a questa particolare categoria socio-economica, sono stati creati dei posti di lavoro, si è creato un vero mercato di dimensioni regionali di cui hanno beneficiato un buon numero di aziende attive nel settore della componentistica wireless, del materiale elettrico, dei gruppi IT, delle società di consulenza tecnica.

Secondo un editorialista di Italia Oggi, indirettamente hanno beneficiato dell’investimento nelle smart grid anche gli imprenditori del settore immobiliare, di quello della ristorazione, dei servizi alla persona.

Alla fine dei conti i 3 miliardi investiti hanno generato un valore della produzione di 6,83 miliardi dollari. 

Un patto europeo contro la disoccupazione

 Tutti i leader europei sono concordi nel ritenere che la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, è da considerarsi il problema più urgente da risolvere in Europa e nei paesi del Sud del Vecchio Continente in particolare.

Ecco allora giustificato il patto che sarà siglato il 28 maggio dalla Francia, dalla Germania, dalla Spagna e dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI). Il loro obiettivo è quello di mettere un freno alla disoccupazione giovanile.

L’industria italiana in cattive acque

Per prima cosa sarà costituito un fondo di sei miliardi di euro che sarà usato come garanzia per ottenere fino a 60 miliardi di euro dalla BEI, da destinare alle aziende che si assumono la responsabilità e l’onere di impiegare giovani che non hanno ancora compiuto 25 anni, tra il 2014 e il 2020.

L’Italia deve iniziare con le riforme strutturali

Il fondo che abbiamo indicato , in realtà, era stato istituito nel febbraio dell’anno scorso quando era stato definito il bilancio dell’Unione Europea e anche Barroso, come molti altri commentatori, l’aveva considerato insufficiente. Certo è che l’obiettivo è sempre più evidente: determinare un effetto a catena  sulla base dei crediti a basso interesse che sono forniti alle imprese che puntano sui giovani.

La bontà del progetto è tanto evidente quanto l’assenza dell’Italia che ha un tasso di disoccupazione prossimo al 40 per cento.