L’esempio della Svezia per l’Europa

 La gestione della spesa pubblica è sempre un banco di prova per i governi, soprattutto per quelli che economicamente attraversano un momento di crisi. Se si cercasse un esempio di paese quanto a spesa pubblica, si scoprirebbe allora che fa parte della zona euro ed è la Svezia.

Investimenti a rischio nei paesi della black list

La Svezia è stata d’esempio nella gestione della spesa pubblica perché in appena 19 anni, dal 1993 al 2012, è riuscita a ridurre il rapporto tra spesa pubblica e Pil dal 70,5% al 52%. Per capire l’importanza di questo risultato è sufficiente considerare quello che nello stesso tempo ha ottenuto la Francia che in 19 anni ha ridotto la spesa pubblica soltanto di pochissimi punti, passando dal 56,6 al 53,9 per cento.

I paesi del nord che rischiano la bolla immobiliare

Quello che contraddistingue la Svezia è la determinazione nella ricerca del risultato. Infatti Stoccolma, nel 1993, era in una situazione molto critica e aveva un deficit prossimo all’11,2 per cento del prodotto interno lordo, con una serie di problemi importanti legati al sistema bancario.

Il governo ha deciso dunque di adottare delle riforme in grado di stimolare la crescita e ridurre il tasso di disoccupazione, con un incremento del numero di lavoratori rispetto agli inattivi. È stato inoltre rivisto il sistema pensionistico e ridotto il sussidio di disoccupazione che è ancora più difficile da ottenere.

Qualcosa sull’uscita della GB dall’Europa

 La Gran Bretagna, come molti sanno, è un paese che adotta una moneta propria, la sterlina. Una valuta, questa, che negli ultimi mesi ha dato prova di grande forza. Nonostante la crisi, infatti, ha saputo sopportare le oscillazioni delle quotazioni e degli scambi.

I cittadini europei sono sempre più scettici

Non si può dire lo stesso dell’establishment politico inglese visto che nelle ultime consultazioni elettorali locali ha vinto un partito che da anni promuove l’uscita dall’Europa. Il Regno Unito, secondo molti analisi, è in una fase di profonda crisi economica ed è proprio la criticità contingente ad incoraggiare l’abbandono “formale” del Vecchio Continente.

Alle elezioni locali in Gran Bretagna, ha vinto il partito Ukip che è guidato da Nigel Farage. Molti accomunano questo leader al nostrano Beppe Grillo e il suo partito al Movimento 5 Stelle. In realtà è soltanto il sentimento antieuropeo ad accomunarli.

E se la Gran Bretagna uscisse dall’Europa?

L’Ukip ha ottenuto il 26 per cento dei voti, mentre nel 2009 le preferenze erano inchiodate al 12 per cento. Il suo obiettivo,adesso, è lavorare in vista delle elezioni europee e politiche che ti terranno rispettivamente nel 2014 e nel 2015, per portare il paese fuori dall’Europa. Una scelta che in prima battuta potrebbe penalizzare il paese ma che sul lungo periodo, a livello economico, potrebbe risultare vincente.

Il Canada è un’economia che funziona

 L’economia canadese, in questo momento, può essere considerata una delle poche economie funzionanti del mondo. Questo assunto si spiega e si giustifica considerando la quantità di posti di lavoro che sono stati creati dal governo canadese che è riuscito a ridurre al minimo il tasso di disoccupazione, con una promozione ed agevolazione degli investimenti.

Australia, Regno Unito, Canada e il mondo ForEX

Il Canada, per creare posti di lavoro, ha deciso anche di facilitare l’apertura  delle aziende, garantendo agli “imprenditori” in erba dei costi più bassi di quelli necessari nel nostro paese. In pratica ha dato una mano alle start up canadesi, ai ragazzi che avevano un’idea in testa ma avrebbero fatto a meno dei costi iniziali. In questo modo non solo hanno creato dei posti di lavoro ma hanno anche creato un modello d’impresa.

L’effetto della crisi sulle banche

La normativa semplificata per l’apertura delle imprese e per l’approvazione dei progetti, è stata accompagnata da un sistema fiscale molto solido e dall’attenzione delle istituzioni all’innovazione e alla ricerca.

E quali sono i settori in cui il Canada ha investito maggiormente? Sicuramente bisogna citare il settore agricolo, ma per l’economia e per il rilancio del paese è stata fondamentale l’apertura agli investimenti stranieri attraverso una politica di dazi doganali sulle importazioni.

La BCE considerata responsabile unica della crisi

 La crisi economica europea è importante soprattutto nei paesi che stanno a sud del paese. Ma chi ha causato questa situazione? Sembra che tutta la colpa oggi si possa attribuire alla BCE. A sostenere questa tesi è in primo luogo Paul De Grauwe che pensa che a rendere meno nervosi i mercati non sia stata l’austerity ma piuttosto il backstop di liquidità imposto dalla Banca Centrale.

La salvezza dell’Italia dalla BCE

Se si analizza nel dettaglio quello che è successo all’Italia e alla Spagna si può ottenere una spiegazione approfondita delle cause della crisi. In molti paesi, infatti, le politiche economiche applicate, pur con le differenze relative allo spread che è diverso per ogni nazione, hanno ottenuto praticamente lo stesso risultato. Com’è possibile? Si è verificata questa omogeneità dei risultati a causa dei cambiamenti voluti dalla BCE e validi per tutti.

L’Italia combatte contro la crisi

Un grafico proposto da Paul Krugman dimostra che tutte le teorie promosse in questi anni di sviluppo della crisi, a sostegno delle politiche economiche di austerità, che avrebbero dovuto far abbassare i tassi d’interesse e stimolare la crescita, sono fasulle.

La BCE, con i suoi continui ribassi dei tassi, è da considerarsi l’unica responsabile della crisi. Il grafico dimostra che tutte le modifiche dei trend e dei tassi, in Spagna e in Italia, sono legate agli interventi della banca centrale.

I cittadini europei sono sempre più scettici

 Un recente studio di Pew Research Center ha dimostrato che l’Unione Europea è il nuovo “stato malato” dell’Europa, del Vecchio Continente. Una frase che sembrerebbe senza senso ma che in realtà ha soltanto come obiettivo quello di evidenziare che il progetto europeo non gode più della stima di un tempo.

Negli USA torna la fiducia dei consumatori

Questa situazione dipende molto anche dalla crisi economica che ha interessato l’Europa e l’euro e che ha coinvolto in primo luogo le economie del sud del Vecchio Continente. La situazione, adesso, sembra in leggero miglioramento, ma il malcontento persiste.

L’idea dell’Unione Europea, infatti, non convince più i cittadini e la crisi dell’euro, la fiducia nella moneta unica è senz’altro sfumata. Lo dice la ricerca che è stata condotta in otto paesi: Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia, Spagna, Grecia, Polonia e Repubblica Ceca.

L’Italia combatte contro la crisi

Sotto accusa ci sono i costi dell’integrazione, sempre più elevati e sempre meno sopportabili dagli stati membri. I cittadini europei si riscoprono oggi, sempre più nazionalisti e si dicono contrari al trasferimento di potere alle istituzioni europee. Un’Europa più unita dal punto di vista politico ed economico, è l’unico presupposto possibile per una ripresa finanziaria del Vecchio Continente.

Soltanto con questo ipotetico ed auspicabile nuovo trend, si possono neutralizzare le forze centrifughe presenti in Europa.

Il governo Letta fa i conti per il paese

 Il governo Letta, in ritiro “spirituale” in Toscana, ha già annunciato che i prossimi provvedimenti in programma riguarderanno l’IMU e l’IVA, ma con che soldi si possono attuare queste riforme?

Per chi sarà l’acconto IMU

Il neo premier sa che il suo obiettivo è quello di fare le riforme necessarie al paese. In primo luogo bisogna affrontare la legge elettorale ma dovranno essere messe in campo anche delle riforme istituzionali. Sulle riforme di natura economica, invece, c’è ancora un po’ di maretta, nel senso che soltanto l’IMU si sa che dovrà essere modificata.

L’IMU potrebbe essere addirittura abolita, ma più che andare a mettere le mani sulla prima casa, molti politici vorrebbero rilanciare l’economia e quindi usare un buon quantitativo di risorse per diminuire l’IRAP, l’imposta sulle attività produttive. L’aumento dell’IVA, invece, è fuori discussione: dal primo luglio passerà dal 21 al 22 per cento, così com’è stato programmato dal governo Monti l’autunno scorso.

L’aumento IVA ci sarà o no?

Facendo un discorso meramente finanziario si scopre allora che se il governo Letta decidesse di abolire l’IMU e restituire una parte dell’imposta comunale sugli immobili, già pagata nel 2012, dovrebbe andare alla ricerca di ben 8 miliardi di euro. Soltanto la sospensione della rata di giugno dell’IMU vale 2 miliardi di euro. L’aumento dell’IVA, da luglio per i primi sei mesi, quindi fino al dicembre 2013, dovrebbe portare nelle casse dello stato circa 2,1 miliardi di euro che a regime, nel 2014, dovrebbero diventare 4,2 miliardi in un anno.

L’Economist spiega il mondo del lavoro in India

 In un recente rapporto, il quotidiano Economist ha provato a spiegare in modo lucido perché l’India, pur avendo un enorme potenziale demografico, lo sta sprecando senza cogliere le opportunità espresse dal mondo del lavoro.

Sembra quasi un paradosso quello del Subcontinente indiano che ha una concentrazione enorme di risorse umane, che si adopera per l’acquisto di oro mettendo al sicuro i suoi conti e allo stesso tempo non riesce a sfruttare a pieno le richieste del mercato. Ma in che senso? Lo spiega l’Economist.

Quali nazioni soffrono della svalutazione aurea

Da qui al 2024, in dieci anni circa, la popolazione indiana che è in età lavorativa, quindi uomini e donne che hanno un’età compresa tra 15 e 64 anni, crescerà ancora di 125 milioni di unità. Poi, nel decennio successivo, la popolazione in età lavorativa crescerà ancora di 103 milioni di unità. Questo vuol dire che la forza lavoro indiana potrebbe presto superare quella cinese. Peccato che l’economia del Subcontinente non sia preparata.

Il protezionismo sta uccidendo l’export UE

La bomba demografica, in realtà, è stata un problema importante negli anni Settanta, quando la classe dirigente avviò una campagna di sterilizzazioni forzate. Questa scelta si è rivelata fallimentare perché con la crescita economica e il calo del numero dei figli per famiglia, l’India non è stata in grado di supportare lo sviluppo del paese.

Adesso la situazione si ripresenta ma vista la scarsa lungimiranza della sterilizzazione il management indiano deve impegnarsi nella creazione di 100 milioni di posti di lavoro in dieci anni.

La Slovenia si può salvare con questo piano

 La Slovenia deve essere assidua nel rispetto delle regole stabilite nel piano di salvataggio per fare in modo che si eviti il ricorso ai prestiti dell’Europa. Il piano di salvataggio, all’indirizzo del quale è stato manifestato molto scetticismo, comporta l’aumento dell’IVA e l’avvio di una fase importante di privatizzazioni.

La Slovenia ristruttura le banche

Il primo ministro sloveno, Alenka Bratusek, giovedì scorso ha annunciato le misure economiche che intende mettere in atto per evitare di rivolgersi all’Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale. Le misure indicate sono anche inserite in un’agenda molto serrata.

I titoli sloveni sono considerati tossici

Entro il primo luglio ci sarà un aumento di due punti percentuali dell’IVA che dovrà passare dal 20 al 22 per cento. Poi si passerà alla privatizzazione di ben 15 imprese pubbliche, tra cui anche la seconda banca del paese, vale a dire la Nova KBM, la compagnia aerea nazionale e l’operatore di telecomunicazioni più importante del paese. Insomma, dal settore creditizio a quello tecnologico, sono tutti impegnati nel salvataggio della Slovenia.

Il paese in questione, infatti, nel 2012, ha chiuso i conti con un rapporto tra deficit e PIL pari al 3,7 per cento. Secondo le stime, il 2013 si chiuderà con un deficit tra il 5 e il 7 per cento.

Record del debito pubblico italiano

 Lo Stato si è indebitato raggiungendo dei livelli mai sfiorati in precedenza. Le entrate tributarie del primo trimestre dell’anno sono cresciute rispetto al 2012 fino a quota 84 miliardi di euro. Non si tratta di numeri dati a caso ma di elementi contenuti nel bollettino di Bankitalia.

L’industria italiana in cattive acque

Nel documento si spiega che il debito pubblico tricolore, a marzo, è salito fino a 2.034,725 miliardi di euro, sfiorando un nuovo record storico e sfondando la precedente soglia dei 2.022,7 miliardi di euro raggiunti a gennaio del 2013. Soltanto nel secondo mese dell’anno in corso il debito pubblico era sceso fino a 2017,6 miliardi.

L’austerity criticata dal basso

Il debito è aumentato nuovamente a marzo rispetto al mese precedente e questo incremento su base mensile, dice via Nazionale, dipende dal fabbisogno del mese di marzo che, per fattori stagionali, è aumentato, pur essendo controbilanciato dalla diminuzione di 3,8 miliardi di euro delle disponibilità liquide del Tesoro.

Se poi si fa un’analisi dei vari sottosettori dell’economia, si nota che da febbraio a marzo è cresciuto di 16,8 miliardi di euro il debito delle Amministrazioni centrali, così come è cresciuto di 0,2 miliardi di euro il debito delle Amministrazioni locali, mentre è rimasto invariato il debito degli Enti di previdenza.

Negli USA torna la fiducia dei consumatori

 Gli USA, nell’ultimo report sulle vendite al dettaglio, sono andati meglio del previsto e questo ha fatto immediatamente pensare che l’economia americana sia in una fase di slancio, nel pieno della ripresa.

I market mover del 14 maggio

Le vendite al dettaglio negli USA sono cresciute dello 0,1 per cento a dispetto degli economisti che si aspettavano un calo di 0,3 punti percentuali. Intanto la versione core del report, quella che esclude dal computo delle vendite il comparto automobilistico, si assesta sul -0,1 per cento. Nonostante la negatività degli indici, bisogna comunque riconoscere un miglioramento rispetto ai mesi precedenti.

In Italia a soffrire sono soprattutto i consumi

Le vendite al dettaglio, con segno positivo, come abbiamo indicato in apertura, arrivano nel momento migliore. In questo periodo, infatti, è stato scelto che l’imposta sui salari fosse usata per finanziare l’assicurazione sanitaria, di recente portata al 6,2% per i cittadini con un reddito superiore ai 113.700 dollari annui. Precedentemente la spesa per l’assicurazione sanitaria era stata ridotta al 4,2 per cento per sostenere l’economia.

In tutto questo quadro: si può effettivamente parlare di ripresa economico-finanziaria? Sicuramente siamo in una fase crescente e i consumatori possono tornare a spendere qualcosa in più, i prezzi del petrolio sono in costante diminuzione e il mercato del lavoro è in recupero.