L’Italia s’indebolisce senza decisioni

 Qualche economista l’aveva anticipato: il grosso problema dell’Europa è che presto le crisi politiche si trasformeranno in crisi economiche. Il ritardo nella scelta del presidente del consiglio e nella scelta del Presidente della Repubblica, potrebbero condizionare parecchio i mercati.

I rischi italiani dell’uscita dall’euro

E’ convinto di questa interpretazione anche il ministro dell’Economia Vittorio Grilli che, presente al meeting del Fondo Monetario Internazionale, ha detto:

“L’importanza di una soluzione politica veloce in Italia è soprattutto per gli italiani, perchè un’Italia che non decide ed è debole penso che possa far comodo ai nostri competitor”.

Questo non vuol dire, come spiega Grilli, che l’economia globale è in pericolo ma di certo per l’economia italiana non c’è da star tranquilli. Il fatto è che l’indecisione sottolinea soltanto una fragilità difficile da sanare.

Per l’Italia, secondo Grilli, è prima di tutto necessario ritrovare forza e stabilità così da presentarsi più forti al cospetto dei competitors.

Per l’OCSE sarà recessione fino a giugno

Grilli è intervenuto anche sui debiti della Pubblica Amministrazione, spiegando che il fondo di 40 miliardi di euro non è soltanto un fondo compensativo ma povrà essere usato a sostegno del settore bancario in modo che i rischi connessi ai prestiti si riducano.

E’ recente la notizia degli italiani che in un momento di crisi, stretti nella morsa creditizia, non hanno ottenuto fondi dalle banche e si sono rivolti agli strozzini.

Cosa succede se la BCE non taglia i tassi

 Tutti si augurano che la BCE, presto o tardi, decida di fare quello che tutte le banche centrali stanno facendo: tagliare i tassi d’interesse per sostenere l’economia del paese o del continente. Le scelte del Giappone, per esempio, considerate molto aggressive in Europa, stanno soddisfacendo l’economia nazionale. La stampa del Vecchio Continente, invece, è convinta che la BCE deciderà il da farsi soltanto tra maggio e giugno.

La crisi secondo Jens Weidmann

Si dovrà scegliere se tagliare i tassi d’interesse dallo 0,75 allo 0,50 per cento. Una decisione di questo tipo sarebbe giustificata dalla condizione economica attuale ma non sono ancora chiari gli effetti sull’economia del paese.

La domanda da porsi, oltre quella sugli effetti, è relativa al taglio dei tassi: è probabile che accada? Certo è che la ripresa economica è ancora molto lontana e la Germania resta l’unico punto di eccellenza dell’Europa. Weidmann, il capo della Bundesbank, ha dato il suo placet ad un eventuale taglio dei tassi ribadendo che comunque non si tratta di una soluzione definitiva alla crisi dell’Europa.

Draghi e sopravvivenza dell’euro

Una considerazione simile l’ha fatta anche Christine Lagard a capo del GMI che è in un meeting che si è tenuto a Washington ha ribadito che la BCE può ancora fare molto ma la situazione europea deve essere risolta prima possibile e con decisione.

Passera è il contrario di Schaeuble

 Il ministro delle finanze tedesco contro Cipro ha detto che il paese va salvato altrimenti il fallimento dell’isola potrebbe avere ripercussioni importanti sul resto d’Europa. Secondo Wolfang Schaeuble, che ha visto tutti i parlamentari tedeschi per discutere del salvataggio di Cipro, il fallimento dell’isola potrebbe contagiare tutti gli altri paesi periferici dell’Eurozona, Italia inclusa.

Il ministro delle finanze tedesco contro Cipro

Insomma, non solo Cipro ha un problema con le banche, ma Cipro è un problema per la periferia europea.

Quando si è parlato di modello di salvataggio replicabile, qualcuno ha osservato le specificità della crisi cipriota ma l’opinione dominante è quella espressa da Schaeuble: il contagio in caso di default sarebbe inevitabile.

All’estremo opposto troviamo le idee di Corrado Passera, titolare ancora per un po’ del dicastero nostrano dello Sviluppo Economico, che a Radio24 dice:

La Germania si mette dalla parte dell’Italia

“Ma no, no, diamo il senso della misura alle cose: già ci siamo fatti mettere nell’angolo da un paese che rappresenta il 2% dell’Europa e siamo riusciti a fare un casino del diavolo non avendolo affrontato nel modo giusto, adesso non rifacciamolo con un micro-problema come quello di Cipro.”

Poi con riferimento all’Italia, il ministro Passera spiega che è vero che c’era il rischio di una crisi profonda per il nostro paese se non ci fossero stati i presupposti per la crescita economica, ma il governo ha lavorato sui conti pubblici ed ha garantito la sicurezza necessaria al paese.

Il ministro delle finanze tedesco contro Cipro

 La crisi di Cipro non è stata soltanto emblematica per l’Europa e non è vero che il suo salvataggio è da considerarsi un modello per il resto del Vecchio Continente. In effetti, ogni crisi ha le sue specificità e quella di Cipro non è da meno.

Nell’isola, considerata a lungo un paradiso fiscale, le banche hanno dimostrato tutta la loro debolezza tanto da aprire una crisi finanziaria di vasta portata che ha costretto il paese a chiedere aiuto all’Europa. L’UE ha sbloccato una parte dei fondi necessari per il salvataggio, a patto che Cipro effettuasse un prelievo forzoso sui conti deposito.

Il punto sul salvataggio di Cipro

Dopo un tira e molla che ha bloccato l’attività finanziaria dell’isola per una decina di giorni, si è arrivati alla mediazione, ma non sembra che la soluzione adottata sia condivisa da tutti. La Germania, per esempio, che era molto esposta sulle banche cipriote, non ha preso bene la conditio sine qua non.

La versione di Saxo Bank su Cipro

Gli interventi dei leader economici tedeschi, chiaramente, si è concentrata su altri temi. Il ministro delle finanze, Wolfang Schaeuble, per esempio, ha voluto mettere in guardia l’Europa intera dicendo che il fallimento di Cipro, non ancora proclamato, potrebbe scatenare un effetto domino nell’area euro.

Il monito è arrivato proprio durante una riunione di tutti i parlamentari tedeschi che hanno dovuto deliberare sui possibili aiuti finanziari all’isola, che ricordiamo, ammontano a 10 miliardi di euro. Secondo Schaeuble, Cipro sarà costretta al fallimento se non viene aiutata e il suo fallimento potrebbe poi interessare anche gli altri paesi periferici.

La crisi secondo Jens Weidmann

 Se c’è una parola che accomuna tutti gli stati del Vecchio Continente, è crisi. L’Europa, anche dagli osservatori stranieri, è considerata ormai la patria della crisi del debito. Il problema è questa situazione ha infiacchito l’economia del Vecchio Continente e ci si chiede quando si può sperare di uscire dal tunnel.

La BCE chiede attenzione per le PMI

Mario Draghi ha posticipato la ripresa dal secondo semestre del 2013 al 2014 direttamente ma non basta. Ci sono dei pareri ancora più negativi, come quello del presidente della Bundesbank.

Quando parla Jen Weidmann c’è da stare attenti, in parte perché ha sempre un’accusa pronta per i paesi più deboli, in parte perché restituisce delle analisi molto accurate dell’economia europea.

Bini Smaghi critica la forza dell’euro

Il presidente della Bundesbank, dunque, sostiene che questa crisi del debito è lunga a morire e per vedere la luce, molto probabilmente si dovrà attendere ancora un decennio. Una speranza d’invertire il trend è nella possibilità di far leva sulla BCE che può portare avanti delle riforme strutturali importanti per il Vecchio Continente.

Se la prospettiva Weidmann fosse vera, ci sarebbe da chiedersi quali paesi europei siano in grado di sostenere così a lungo la crisi. Una sfida decennale in cui la ripresa, sul lungo periodo, potrebbe essere imputata soltanto ad una più veloce attività su scala globale.

Non è vero che i tedeschi sono più poveri di noi

 Uno studio della Banca Centrale Europea che abbiamo più volte citato, cerca di spiegare che la distribuzione della ricchezza in Europa non segue la stessa mappa della crisi perciò non è vero che i tedeschi che sono già ripartiti, sono anche i più ricchi dell’UE. Infatti la BCE, con il suo studio, dimostra chiaramente che i tedeschi sono più poveri degli italiani e degli spagnoli perché hanno dovuto sostenere costi maggiori per il salvataggio dei paesi in crisi.

L’Europa è una ma con tanti euro

Un articolo pubblicato su Voxeu.org, però, dice che dai dati della BCE la fotografia dell’Europa che si ricava è ben diversa. Infatti sembrerebbe che non solo la famiglia media tedesca non è più povera delle famiglie del sud dell’Europa ma mediamente la Germania è il paese più ricco della zona euro.

L’unica differenza che persiste è nella distribuzione della ricchezza interna. In pratica la ricchezza tedesca non è equamente distribuita ma i giornali non hanno la possibilità e la voglia di dibattere di questo argomento.

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Uno dei grafici riportati dalla BCE, infatti, illustra la ricchezza della famiglia media tedesca e la Germania è all’ultimo posto, dopo la Grecia e il Portogallo che il governo teutonico ha contribuito a salvare.

Se però si prende in esame la media della ricchezza netta delle famiglie, allora la Germania cambia posizione e diventa non ultima ma quarta, dopo la terna costituita in entrambi i casi da Belgio, Spagna e Italia.

La Francia ci prova con la moneta locale

 La Francia è sull’orlo del dissesto economico e finanziario e questo vuol dire che nonostante gli allarmi su Slovenia, Spagna e Italia, si potrebbe a breve profilare una situazione ancora più grave con uno dei colossi del Vecchio Continente.

Una proposta per superare la crisi è arrivata in questi giorni da due professori italiani, Massimo Amato di 48 anni, che oltre ad essere un filoso, insegna anche storia delle crisi finanziarie, e Luca Fantacci che di anni ne ha 40 e insegna storia e scenari economici internazionali sempre alla Bocconi.

Il 2013 e il ritorno alla crisi

I due italiani, insieme a Jean Marc Ayrault che è il sindaco socialista della città di Nante, hanno fatto la proposta per l’introduzione di una nuova moneta locale, alternativa all’euro, che potrebbe chiamarsi bonùs.

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In Francia, quindi, complementarmente all’euro, potrebbe diffondersi una valuta, pensata e studiata nel 2006 ma importante soprattutto adesso in una fase di profonda crisi. L’obiettivo del progetto è quello di affrontare una volta per tutte e risolvere, un problema importante: i debiti della pubblica amministrazione con le imprese.

Il Bonùs, secondo i progetti, dovrebbe interessare soprattutto i lavoratori, le imprese e i servizi pubblici. In pratica come ultimo obiettivo c’è l’eliminazione dei crediti e dei debiti con il conseguente pareggio dei conti.

La crisi italiana e la scelta del Presidente della Repubblica

 L’Italia, a livello politico, sta affrontando un altro momento molto delicato che è quello della scelta del Presidente della Repubblica. Non si tratta del ruolo da ricoprire ma della persona che i partiti hanno pensato di designare.

Il mercato approva il governo Letta

Il Movimento 5 Stelle, dopo una consultazione in rete, aveva scelto Milena Gabanelli ma la conduttrice di Report ha rifiutato l’incarico spiegando di voler fare soltanto quello che sa fare bene, quindi ha preferito restare nel mondo del giornalismo. Alla fine, il risultato è stato che il nome dei 5 Stelle è quello di Stefano Rodotà.

L’Italia vista da fuori

Un politico di grosso calibro, un giurista molto apprezzato che si sperava potesse raccogliere consensi anche dal centro sinistra. Il PD, invece, ha deciso di rifiutare il nome del Movimento 5 Stelle e di puntare invece su Franco Marini. Ex DC, socialista dal passato nel sindacato cattolico. Un nome che a quanto sembra piace anche alla destra e potrebbe dare il la ad un governo di larghe intese tra PD e PDL.

La scelta di Franco Marini, nell’ipotesi di un avvicinamento tra Berlusconi e Bersani, non piace all’opinione pubblica, raccolta davanti a Montecitorio per manifestare il dissenso e promuovere il nome di Rodotà. La governabilità è adesso all’orizzonte?

Quanto costa il funerale della Thatcher

 Il funerale della Thatcher ha diviso gli inglesi per diversi motivi. In primo luogo perché è stato pieno di polemiche, a partire dalla frase di Ken Loach che ha proposto di privatizzare le esequie dell’ex primo ministro inglese, un po’ come la Lady di ferro aveva tentato di privatizzare lo stato.

Insomma la Thatcher passerà alla storia come la donna che ha provato ad eliminare lo stato privatizzando il più possibile prodotti e servizi. Ha lasciato un’eredità importante al suo paese e soprattutto ai suoi cari amici conservatori.

La nuova banconota da 5 sterline

Nonostante abbia espresso più volte la volontà di non avere un funerale di stato, i conservatori le hanno riservato un trattamento speciale che in epoca contemporanea è stato assicurato soltanto a Churchill.

Lo strano caso della sterlina

Molti inglesi però hanno osservato che la Thatcher non è stata il primo ministro di tutti, anche se ha guidato un’importante rivoluzione economica e sociale nel suo paese. In più, l’organizzazione del funerale è stata molto onerosa e ricadrà sulle tasche dei contribuenti inglesi.

Anche se i conti definitivi non ci sono ancora, i giornali già annunciano una spesa di 10 milioni di sterline. I costi maggiori sono quelli per la sicurezza visto che sono stati chiamati all’appello ben 4 mila poliziotti che si dovranno occupare del servizio d’ordine ma poi dovranno proseguire la loro opera anche fino a domenica, giorno della maratona di Londra. Gli attentati di Boston, infatti, non sono da prendere sotto gamba.

Sale la spesa per le pensioni ma gli assegni sono bassi

 Il problema della gestione previdenziale del paese è all’ordine del giorno, soprattutto in un’epoca in cui si assiste all’invecchiamento della popolazione e all’aumento della precarietà del lavoro. L’ultima indagine sulle pensioni evidenzia un aumento della spesa dedicata agli assegni ma anche una persistenza dell’importo pensionistico al di sotto dei 1000 euro.

Assicurazioni ad hoc per gli anziani

I dati disponibili sono riferiti al 2011 anno in cui la spesa per le pensioni è salita fino a 265,963 miliardi di euro. Sono stati distribuiti per l’esattezza 16,7 milioni di pensioni, il 2,9 per cento in più rispetto all’anno passato.

Peccato che gli importi siano sempre molto bassi visto che il 13,3 per cento dei pensionati, mensilmente, si mette in tasca meno di 500 euro. Le donne, in particolar modo, risultano penalizzate dal calcolo dell’assegno.

I conti per anziani della BancApulia

Questo vuol dire che spesa pensionistica ha inciso anche di più sul PIL. L’incidenza è aumentata dello 0,2% passando quindi dal 16,66 per cento del 2010 fino al 16,85 per cento.

I dati dicono anche che un pensionato, che in genere riesce a contare anche su più di un assegno, riesce ad ottenere circa 15957 euro all’anno, vale a dire 486 in più del 2010. Purtroppo il 23,1 per cento della popolazione riceve una pensione che oscilla tra i 1000 e i 1500 euro e soltanto il 32,8 per cento incassa molti euro in più.

I pensionati, nel 2011 erano per il 52,9 per cento formati da donne che ricevevano circa 13288 euro all’anno di pensione, mentre gli uomini si mettevano in tasca circa 19022 euro.