Secondo Munchau l’Italia sta peggio di tutti

 L’Eurozona non soltanto è in crisi ma è piombata nella recessione economica e secondo quanto detto dal presidente della BCE, la situazione non cambierà fino all’anno prossimo. Insomma, prima della ripresa occorrerà aspettare almeno il 2014.

Nessun calo della disoccupazione per i prossimi mesi

A dirlo è un giornalista del Financial Times molto quotato, Wolfang Munchau che cerca d’individuare anche il paese che in Europa sta peggio di tutti. In generale il Vecchio Continente è stato sbaragliato dall’aumento della disoccupazione che ha raggiunto la quota record del 12 per cento e non riesce a fare una previsione accurata sul futuro, quindi non riesce a sapere se effettivamente il parco dei “non lavoratori” aumenterà.

Scende la disoccupazione ma l’Italia non convince

L’interrogativo, a questo punto, sembra scontato: perché la BCE non ha deciso di tagliare i tassi d’interesse per sostenere ancora con più forza la ripresa dell’Europa. E poi, tra tutti qual è il paese che se la passa peggio.

Mentre è delicato affrontare il tema della politica monetaria comune, è più semplice individuare il neo d’Europa: l’Italia. Secondo Munchau nessuno sta peggio di noi, visto che le piccole e medie imprese dello stivale sono state colpite dalla crisi del credito e dall’austerity fiscale, praticamente nello stesso momento.

Le famiglie non stanno certo meglio e lo dimostra la crisi dei consumi e il decremento delle richieste di mutuo.

Nel vino non c’è la verità ma il lavoro

 L’economia italiana arranca, come d’altronde anche quella europea ma ci sono alcuni settori che continuano a proliferare e a crescere. Uno di questi è il settore del vino italiano che, per quanto riguarda le esportazioni è cresciuto del 6,5 per cento.

Oggi, quando si parla di esportazioni del vino, si fa riferimento ad un business di 4,7 miliardi di euro cui devono aggiungere altri 4,2 miliardi che derivano dalla vendita del vino sul mercato internto, anche questa in aumento del 2 per cento.

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Dalle aziende vitinvinicole, dunque, parte la rinascita e sembra che siano pronte nuove opportunità di lavoro, il 3 per cento in più rispetto al passato. A dirlo sono i risultati del settore presentati all’apertura di Vinitaly dalla Coldiretti. Si parla di record del fatturato, in crescita del 5 per cento con il raggiungimento della soglia di 8,9 miliardi toccata nel 2012. Questo successo è da legare alle capacità imprenditoriali degli operatori del settore che hanno usato l’innovazione tecnologica per restare sul mercato.

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Innovazione tecnologica che ha portato anche alla presenza sul mercato di nuovi prodotti, per esempio lo spumante dietetico, oppure il vino che è invecchiato in fondo al mare, quello che è messo ad invecchiare nei giacciai, oppure ancora il vino d’orchestra.

Si tratta di sperimentazioni che hanno già ottenuto un discreto successo e potrebbero essere un trampolino di lancio anche per la riscoperta di altre tradizioni locali. Che l’Italia abbia trovato la chiave della ripartenza?

Il protezionismo sta uccidendo l’export UE

 Alcuni esperti nominati dalla Commissione Europea, hanno deciso di redigere un “Rapporto 2013 sulle barriere al commercio e agli investimenti” per capire quello che non va nel Vecchio Continente.

Bilancia commerciale italiana in fase di miglioramento

Il risultato è che si sono intensificate negli anni le politiche protezionistiche e questo ha portato alla riduzione del volume dell’export con una perdita stimata tra i 90 e i 130 miliardi di euro. Un conto che è pagato salato da tutti 27 paesi dell’Unione Europea.

Il protezionismo, fattivamente, si traduce in dazi doganali troppo alti, nell’incoraggiamento eccessivo della produzione interna, negli ostacoli all’ingresso delle merci e nelle assicurazioni obbligatorie che alla fine sembrano piuttosto dei divieti.

L’accordo europeo sui bilanci degli stati membri

Se anche ci fosse un settore fiorente dell’economia europea, quindi, non avrebbe modo di espandersi. Se invece ci fosse una maggiore promozione dell’export, allora si potrebbe avere nel giro di poco tempo un aumento del PIL del 2 per cento che in termini “euro” corrisponde a ben 250 miliardi.

La strada è sicuramente in salita ma una via d’uscita potrebbe essere nella stipula dei contratti bilaterali. In tal senso le negoziazioni con l’India, da chiudere in pochi mesi, quelle con il Canada, con gli Stati Uniti e con il Giappone, ripartite da poco, potrebbero essere provvidenziali.

La BCE criticata per la sua assenza

 La crisi europea è ancora nella sua fase clou e quelli che pensavano di essersi lasciati alle spalle i momenti peggiori, saranno costretti a ricredersi. In questo momento, infatti, quel che si può affermare con certezza è che la crisi non è finita ma anzi, la spirale negativa sembra viva più che mai.

La Banca Centrale Europea, in tutta questa tarantella, ha deciso di far restare invariato il costo del lavoro ma più in generale si potrebbe dire che non ha scelto di fare alcunché. Questo immobilismo, attaccato su più fronti, fa presagire un divorzio tra l’Europa e la moneta unica.

Goldman Sachs e la strategia sui titoli di stato

Il tutto aggravato dalla situazione economica attuale dove l’economia della zona euro è in recessione da circa due anni, la disoccupazione ha raggiunto livello record, l’inflazione annuale sta scendendo ma quella mensile ristagna, la recessione presente nel primo trimestre è stata soltanto intensificata a marzo.

Il Regno Unito in crisi lo spiega Osborne

La BCE, lo vedono tutti, sta percorrendo una strada molto diversa da quella scelta dalla Bank of England e dalla Federal Reserve che invece studiano dei programmi cosiddetti di asset. Per esempio la Fed ha la volontà di espandere la base monetaria e migliorare le condizioni del settore immobiliare. La Bank of England, invece, studia degli asset che dovrebbero poi favorire le imprese.

Niente entusiasmo sul fronte americano

I rischi italiani dell’uscita dall’euro

 La situazione economica italiana, indipendentemente dalle minacce delle società di rating, è a dir poco imbarazzante visto che il nostro paese, aggiustati i conti, si trova a far fronte a nuove emergenze economiche.

Questa situazione fa pensare che da un anno all’altro ci possa essere un nuovo capovolgimento di fronte. Insomma si crede a ragione che la situazione del nostro paese possa peggiorare e che l’Italia faccia la fine della Grecia o peggio di Cipro.

Si può tornare alla lira?

Il debito italiano, infatti, è già molto alto ma potrebbe arrivare a livelli insostenibili nel giro di due anni, toccare il tetto del 140 per cento. Una situazione che potrebbe essere difficilmente assorbita dall’Eurozona. In pratica un paese che abbia la moneta unica, non è pensabile che raggiunga certi livelli di reddito.

La Germania si mette dalla parte dell’Italia

Che conseguenze ci potrebbero essere in questa situazione? In primo luogo si potrebbe avere una nuova fase d’instabilità politica e stando al Parlamento attuale, si potrebbe non raggiungere mai un punto di comunione. Il primo tentativo italiano potrebbe essere nella costituzione di un governo tecnico ma questo vorrebbe dire che anche decisioni politiche saranno prese dai tecnici.

La decisione più importante riguarderà l’adesione o il rifiuto dell’Europa. Se l’Italia fosse in procinto di dichiarare il fallimento, con un Parlamento diviso e un governo di tecnici, arriverebbe immediatamente alla decisione più drastica: l’abbandono dell’Europa.

 

L’accusa di Madoff a JP Morgan

 La banca d’affari JP Morgan è in grado di influenzare le considerazioni degli investitori sui paesi del Vecchio Continente e sulle singole imprese. Adesso ha avuto una critica dall’interno, a cura di Madoff che è tra l’altro rinchiuso in carcere.

Per chi investe in opzioni binarie o ha a che fare con il mondo azionario, queste notizie sono fondamentali ed esclusive visto che determinano il cambio di rotta, la modifica dei trend, una variazione nelle quotazioni.

La crescita in Europa e ai livelli del secolo scorso

JP Morgan, quindi, sembra essere stata messa alle strette. Bernard Madoff aveva messo a punto una truffa da 50 miliardi di euro e la banca JP Morgan, pur sapendo ogni cosa, non ha detto alcunché.

L’ex consulente finanziario di JP Morgan, quindi, Bernard Madoff in persona, dal carcere ha inviato un’email al giornale MarketWatch spiegando che le banche sapevano tutto della sua operazione criminosa ed anzi, l’hanno praticamente sostenuta e coperta.

Qualche errore comune per chi investe nell’oro

Insieme a JP Morgan, in questa opera di opacizzazione dei traffici, sarebbero state coinvolte anche la Bank of New York Mellon, la HSBC e Citicorp. Questo il risultato di una prima ricognizione ma la lista potrebbe essere più nutrita.

L’FBI non si è lasciata sfuggire l’ultima dichiarazione di Madoff ed ha pensato di approfondire la questione per capire se siano stati truffati soltanto gli investitori o se qualcuno fosse al corrente della truffa Madoff.

La crescita in Europa e ai livelli del secolo scorso

 Ogni volta che si considera la grande depressione del paese e ogni volta che si parla di crescita europea ed italiana, non si possono evitare i paragoni, non si può quindi evitare di dire come sta crescendo o arretrando il paese o il continente.

Si può tornare alla lira?

Per quanto riguarda l’Europa, che durante il secolo scorso ha dovuto affrontare due guerre, oggi le condizioni economiche di lungo periodo dei maggiori paesi dell’Unione, sembrano essere quelle dell’inizio del Novecento.

La Spagna, l’Italia e la Francia hanno fatto un passo indietro piuttosto che un passo in avanti e sono tornate ai livelli di crescita che c’erano più di 100 anni fa. A dirlo e spiegarlo è un grafico dell’analista di JP Morgan, tale Michael Cembalest.

La Germania si mette dalla parte dell’Italia

Come 100 anni fa, infatti, aumentano le pressioni sui mercati del credito, i differenziali dei tassi del debito sovrano dei paesi periferici si allontanano dai valori della Germania e anche i prestiti erogati a favore delle famiglie e delle imprese fanno registrare una progressiva contrazione.

Se si pensa ai costi necessari per la richiesta di un finanziamento, da parte delle PMI italiane, si scopre che è maggiore del tasso nominale e reale del paese.

Molto dipende dalla crisi economica che si è trasformata in crisi politica.

La Germania si mette dalla parte dell’Italia

 Quanto l’Europa ha proposto il prelievo forzoso sui conti deposito di Cipro, come conditio sine qua non salvare l’isola, a parte le proteste vive dell’amministrazione del paese, ci sono stati degli analisti che hanno visto in questa proposta di salvataggio un modello da replicare in Europa. Ma con chi? Con i paesi periferici in crisi tra cui abbiamo la Spagna e l’Italia.

Lo spread vola dopo il gran rifiuto a 5 stelle

Nel nostro paese sono profilerati sondaggi sul prelievo forzoso che hanno dimostrato i timori degli italiani: vedersi rubare da sotto gli occhi, la rendita sudata con il lavoro di accontonamento di una vita.

Svelato uno dei problemi delle banche di Cipro

Sondaggi a parte l’analogia tra Cipro e l’Italia è stata fornita agli investitori su un piatto d’argento, condita dalle recenti minacce rivolte all’Italia circa un nuovo possibile downgrade. Poi ci ha pensato la Germania a riequilibrare gli animi. A parlare, ancora una volta, è il ministro delle Finanze tedesco, Schaeuble che, in un’intervista al Bild, ha deciso di rassicurare l’Italia: la nostra condizione non è come quella di Cipro e non c’è niente di cui preoccuparsi.

I risparmiatori tedeschi che si erano esposti molto sul fronte delle banche cipriote, dicono che i loro investimenti, in Europa, sono ancora al sicuro e quello che è successo a Cipro è da considerare un caso unico.

 

La Francia ci prova con la supertassa per i calciatori

 La Francia che è considerata da più parti il prossimo paese del Vecchio Continente a cadere sotto la spinta della crisi, prova a mettere in campo quelle riforme strutturali e fiscali che tanto hanno richiesto dalle alte sfere d’Europa.

A livello di tassazione, il paese di Hollande, ha pensato bene di partire dal mondo del calcio. Per esempio il Paris Saint Germaine che dovrà affrontare la sfida europea con il Barcellona, è praticamente la squadra più ricca della Francia e presto avrà anche la quantità maggiore di tasse da pagare all’amministrazione pubblica.

La crisi francese e le altre fratture europee

La notizia è stata data al club calcistico più ricco del paese proprio dal ministro per l’economia Jean-Marc Ayrault che ha proposto una tassa del 75 per cento sullo stipendio dei calciatori che guadagnano più di un milione di euro. A pagare questa tassa, quindi, dovranno essere le squadre, i club.

L’UE vuole tassare il calciomercato

Il provvedimento era stato bocciato in prima battuta dalla Corte costituzionale perché prevedeva che le tasse fossero pagate dai calciatori. Poi la tassa, fortemente voluta da Hollande, è stata modificata ed ora rappresenta l’imposta dei club. Gli atleti sono salvi ma si deve attendere comunque il parere della Corte di giustizia amministrativa che potrebbe chiedere altri aggiustamenti. Nel 2014, quindi ci potrebbe essere una terza versione dell’imposta che secondo le previsioni dovrebbe scendere al 66 per cento per i redditi superiori a 1 milione di euro ed essere accompagnata da una tassa del 49 per cento per i redditi superiori a 500 mila euro.

 

In generale, una famiglia su due non ha le finanze a posto

 La casa non è una spesa per tutte le famiglie italiane nel senso che nei prossimi tre anni, ci saranno moltissime famiglie, soprattutto quelle composte da giovani, a non poter più sostenere i costi dell’abitazione di proprietà tra mutuo, bollette e costi vari. L’analisi in questione, che abbiamo avuto modo di approfondire, è stata siglata dalla Cgil, ma c’è un’altra indagine, più generale, portata avanti dalla Genworth che spiega che il 50 per cento delle famiglie del nostro paese non è finanziariamente al sicuro per il futuro.

Le offerte di Webank e BNL per i mutui di aprile

L’indagine Genworth che definisce l’omonimo indice, non fa che aggravare la considerazione degli investitori sul nostro paese. Infatti nell’ultimo report si spiega che le famiglie italiane sono molto preoccupate per l’avvenire perchè la loro sicurezza finanziaria è  a rischio. In primo luogo bisogna prendere atto di una riduzione del 3,9 per cento del reddito reale e poi bisogna fare un paragone con il resto d’Europa dove anche gli spagnoli sono più sicuri di noi.

Le prossime scadenze fiscali

Secondo l’Indice Genworth, nel nostro paese, soltanto l’1 per cento delle famiglie si può ritenere davvero al sicuro dal punto di vista finanziario mentre la vulnerabilità economica interessa almeno il 47 per cento delle famiglie che adesso attendono il miglioramento della situazione ma sono comunque alle prese con delle grosse difficoltà. L’indice Genworth che misura la sicurezza delle famiglie sotto il profilo finanziario dice che l’Italia è precipitata al livello 11, che è poco al di sopra del Portogallo a quota 6 e della Grecia a quota 1. La Spagna, invece, resta su un gradino superiore a 17 punti. Nel 2009 il nostro indice Genworth era a 30 punti.