Grilli punta alla ripartenza economica

 La Commissione speciale ha dato il via al Provvedimento che dovrebbe rilanciare l’impresa nel nostro paese. Dopo l’allarme di Confartigianato e Confindustria, è stata necessaria una specie di accelerazione. Per questo, ha spiegato Grilli, è importante trovare un punto di partenza. Lo start sembra essere la domanda interna.

Il rischio dell’Italia sul deficit

Il Provvedimento della Commissione speciale sblocca i fondi necessari a pagare i debiti della Pubblica Amministrazione. Il principio è quello dell’immissione di liquidità nel sistema economico del nostro paese, finalizzato all’accelerazione della ripresa della domanda interna che dovrebbe tornare a crescere così già a metà dell’anno in corso.

Nel dettaglio, il disegno di legge autorizza lo sblocco di ben 40 miliardi di euro di crediti. Le imprese che hanno fornito servizi alla pubblica amministrazione, infatti, fino a questo momento non avevano ricevuto il “giusto” compenso dalle amministrazioni dello stato.

Debito pubblico record per l’Italia

Il provvedimento non è stato estraneo alle polemiche capitanate dalla capogruppo alla Camera del Movimento 5 Stelle. Roberta Lombardi, infatti, ha attribuito al provvedimento la seguente descrizione: “una porcata di fine legislatura”.

I soldi sbloccati, usati per saldare i debiti della Pubblica Amministrazione, ha precisato il ministro uscente, non saranno versati alle banche. Per loro è pronta una piccola parte di soldi che entreranno nella seconda o nella terza erogazione di denaro.

Le dichiarazioni dell’Ocse fanno bene alle borse

 Dopo le dichiarazioni dell’OCSE le borse europee sembrano tirare un sospiro di sollievo ma nel caso dell’Italia sembra ancora pesare l’incertezza della squadra di governo che Pierluigi Bersani sta cercando di mettere a punto. Quindi, se anche le borse respirano, lo spread tra BTp e Bund risale fino a 345 punti.

Secondo l’OCSE cresce il costo del lavoro

A metà del pomeriggio, nel giorno che precede la chiusura delle borse per la pausa festiva pasquale, lo spread sembra sale oltre i 330 punti e tutto si lega agli sviluppi delle consultazioni di Bersani. Il leader PD è salito al Colle da Napolitano e dal risultato dell’incontro, gli investitori hanno dedotto che ci sarà presto un esecutivo.

L’OCSE sul deficit italiano

Una notizia positiva che si accompagna ad altre due importanti novità: prima di tutto la riapertura delle banche cipriote che avevano chiuso forzatamente gli sportelli ben 12 giorni fa. La seconda novità riguarda l’OCSE che spiega che la Banca Centrale Europea sembra pronta a tagliare il costo del denaro visto che in molti paesi dell’UE la ripresa è già cominciata. Il discorso positivo, però, non vale per l’Italia.

La Commissione UE, comunque, ha deciso che seguirà in modo puntuale tutti gli sviluppi legati alla questione cipriota, all’evoluzione economica degli stati membri dell’UE, alla BCE.

La Polonia vuol dire addio all’Europa

 Sempre più di frequente l’Europa appare inaffidabile al punto che i paesi che stavano per entrarne a far parte, o che avevano già messo un piede nel Vecchio Continente “unito”, si trovano a valutare l’opportunità di fare un passo indietro.

Il primo ministro polacco, Donald Tusk, in questi giorni ha detto di voler lanciare nel suo paese un referendum sull’euro, per capire se l’adesione alla moneta unica è un’opportunità da cogliere al volo, o piuttosto un impedimento allo sviluppo del paese.

L’euro, a chi piace e a chi non piace affatto

La popolazione, vista e considerata la situazione del Vecchio Continente, sembrerebbe intenzionata a salutare l’Europa, anche se poi ci sarebbe da valutare la strategia studiata dal presidente e dal suo governo. I sondaggisti, intanto, sono a lavoro. Per prima cosa si chiedono se sia il caso di avviare le pratiche per l’ingresso della Polonia nell’unione monetaria, ingresso che è previsto per il 2015. Gli ultimi sondaggi, comunque, dicono che il 62% dei polacchi sono contrari all’adesione all’euro.

L’Europa è il continente adatto su cui investire

Una decisione di questo tipo richiederebbe anche aggiustamenti diversi visto la banca nazionale polacca, incaricata di emettere moneta, non potrebbe avere l’incarico senza raggiungere il consenso dei due terzi del parlamento.

Comunque, sull’adesione all’euro e sull’uscita dall’Europa, il presidente ha basato tutta la campagna elettorale.

Per fatturato e ordini si parla ancora di calo

 Da dicembre 2012 a gennaio 2013, il fatturato delle aziende è calato così come sono calati gli ordini. La crisi si è manifestata in modo importante soprattutto tra le aziende che esportano i loro prodotti all’estero. Per loro il calo è stato di 0,4 punti percentuali nel primo mese del 2013 ed è una flessione indipendente dalle condizioni del mercato interno.

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L’Istat, in questi giorni, sta facendo un resoconto spietato della situazione economica del nostro paese. Adesso, nell’ultimo report, ha passato in rassegna fatturato e ordini dell’industria tricolore a gennaio 2013. Chi ben comincia, dice il detto, è a metà dell’opera. Se fosse vero per l’Italia le speranze della ripresa si allontanano.

Le riforme e i futuri mercati

Il fatturato di gennaio è diminuito dell’1,3 per cento rispetto al mese precedente, considerando i risultati al netto della stagionalità. Il calo sul mercato interno è stato dell’1,7 per cento, mentre il calo sul mercato estero è dello 0,4 per cento.

Se poi si considera il trend trimestrale si scopre che negli ultimi tre mesi si accusa una flessione dell’1,7 per cento rispetto ai tre mesi precedenti. Sempre a livello trimestrale, considerate anche le correzioni sul calendario, il fatturato totale è diminuito del 3,4 per cento con una riduzione più consistente, del 5,5 per cento sul mercato interno ed un aumento dell’1,2 per cento, invece, su quello estero.

La crisi incide sulle vendite al dettaglio

 L’adagio che ha accompagnato lo sviluppo della crisi è stato molto semplice: siamo in un momento difficile ma le famiglie non rinunciano ad alcuni piccoli lussi, o anche “c’è la crisi, ma i ristoranti sono pieni”. A distanza di qualche mese, però, i dati ufficiali parlano di un’inversione di tendenza, di una situazione cronica: è in crisi anche la vendita al dettaglio.

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L’Istat ha raccontato quello che sta succedendo nel nostro paese. A gennaio rispetto a dicembre 2012 c’è stato un calo delle vendite al dettaglio dello 0,5% che diventa un calo del 3 per cento se il raffronto è fatto tra gennaio 2011 e gennaio 2012. Nel primo mese dell’anno in corso i prodotti alimentari nel carrello degli italiani sono stati meno del previsto e complessivamente sono andati peggio di quelli non alimentari ma, il dato più interessante riguarda la crisi dei discount.

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Se c’era un settore, dunque, che aveva resistito alla crisi, era quello alimentare. Gli italiani, per risparmiare, in un primo periodo, si sono affidati ai discount alimentari che potevano offrire prodotti di qualità senza appesantire i prezzi con il peso dell’advertising.

Adesso, invece, anche i discount hanno accusato una diminuzione lieve su base annua dello 0,2 per cento. Nello stesso periodo aumenta l’importanza della grande distribuzione che passa dal 38,9% al 44,9%.

Lo spread vola dopo il gran rifiuto a 5 stelle

 La situazione economica europea e le condizioni della politica italiana stanno mettendo a rischio la stabilità della borsa tricolore. In questo momento i problemi urgenti da risolvere sono legati al salvataggio di Cipro e alla scelta della squadra di governo di Bersani.

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L’agenzia di rating Moody’s, però, in attesa di conoscere la scelta del leader del PD, minaccia l’Italia di tagliare il rating del paese. Il tutto avviene nel delicato momento in cui il Tesoro prova a collocare Btp a breve termine, a cinque e dieci anni. Per la prima tipologia di parla di un calo dei rendimenti mentre per la seconda i rendimenti sono in crescita. Di fatto, per tutti i Btp scende la domanda.

► Il punto del FT sulla crisi europea

Cipro, in questo momento, è sicuramente al centro. Il fatto è che i giornalisti e gli analisti stanno facendo troppe analogie tra la crisi cipriota e quella italiana, spiegando che quello che è stato proposto all’isola stato, può diventare un modello nel caso di crollo dell’Italia.

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Certo è che la lentezza della politica nella scelta della squadra di governo, impensierisce mercati e gli investitori. A restituire il polso della situazione è l’andamento dello spread che sale in questi giorni fino a quota 340 punti.

La diatriba sui transfrontalieri italiani

 I paesi che confinano con il nostro sono disponibili all’accoglienza dei lavoratori italiani, tutti tranne gli svizzeri che in questo periodo hanno lasciato una campagna elettorale contro i transfrontalieri. Ecco la situazione del momento.

La Svizzera invasa dai disoccupati

L’allarme riguardo la questione dei transfrontalieri è stato lanciato dal principale partito svizzero, l’Udc che si sta preparando alle elezioni di Lugano del 14 aprile. A Lugano, infatti i frontalieri italiani sono circa 8 mila ma se si poi si contano tutti i lavoratori italiani che prestano la loro opera nel Canton Ticino, si arriva a circa 56 mila unità.

Anche per il FT la guerra di valute non esiste

Questa situazione è agevolata dal fatto che la retribuzione tra italiani e svizzeri è diversa. Infatti i frontalieri italiani, rispetto agli svizzeri, sono nelle condizioni di poter accettare compensi che sono anche del 40 per cento inferiori rispetto a quelli percepiti dagli svizzeri.

Lo slogan è emblematico ed è “Rischiamo di restare tutti in mutande” e oltre ad essere stato lanciato dall’Udc è sostenuto anche da altri movimenti di destra svizzeri, per esempio la Lega dei Ticinesi che non vedono di buon occhio gli italiani che arrivano soprattutto dalle provincie di Como, Varese, Verbano Cusio Ossola. La situazione sembra ancora più grave da quando gli italiani frontalieri hanno occupato delle posizioni interessanti nel settore terziario.

La riforma Fornero non piace alle imprese più piccole

 Le piccole e medie imprese sono considerate la struttura portante del nostro paese e di recente sono al centro di una serie di riforme e provvedimenti. Per esempio con il progetto PiùBorsa si cercherà di promuovere l’ingresso delle PMI in Borsa visto che il listino principale del Belpaese sta perdendo i pezzi e tra le SpA quotate le PMI sono davvero poche.

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Sempre dal settore lavorativo arriva anche un’altra notizia che non è del tutto positiva e riguarda l’indice di disoccupazione che in Italia e soprattutto al Sud è arrivato alle stelle. Una donna su cinque, nel Meridione del Paese, non ha un lavoro.

La ricognizione, però, non si ferma a questo livello visto che arrivano novità dalle piccole imprese, riguardo l’ultima riforma del mercato del lavoro, quella firmata dal ministro Fornero. Sembra infatti che dopo le modifiche apportate dal documento in questione, la disoccupazione sia cresciuta, l’occupazione sia diminuita e non sia assolutamente combattuta la precarietà del lavoro.

Con il 2013 parte il Fondo per le aziende ricercatrici

Questa sonora bocciatura arriva dalle piccole imprese che oltre a prendere atto del cambiamento in negativo che c’è stato nel mondo del lavoro italiano, vedono anche in modo “nero” il futuro dove non sembrano esserci segnali di un’inversione di tendenza, almeno per quello che riguarda alcune tipologie di contratto: i lavori intermittenti, i lavori a chiamata, i contratti di consulenza con partita IVA.

Le donne al Sud lavorano meno

 Ci sono almeno due elementi che possono influenzare in modo deciso il rating del nostro paese: la situazione economica e la situazione lavorativa. Per quanto riguarda il panorama economico, in questo momento, non ci sono grossi barlumi di speranza visto che anche Mario Draghi ha posticipato la ripresa al 2014.

Le imprese attanagliate dal pessimismo

Il settore lavorativo-professionale, purtroppo, non va meglio e l’ultima ricerca che riguarda l’occupazione femminile nel paese, non depone e favore dell’Italia. I dati sono forniti dall’Istat e riguardano il 2012. In pratica si parla del tasso di disoccupazione tra i giovani e dell’inattività degli italiani, nonché della distribuzione geografica dei posti di lavoro.

La crescita dell’Europa è ancora lontana

Quello che emerge è che il tasso di disoccupazione femminile nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 24 anni, è salita fino al 49,9 per cento. Un dato preoccupante, aggravato dalla presa di coscienza del fatto che le donne inattive tra i 24 e i 60 anni sono addirittura il 60 per cento della popolazione.

Nel 2012, si scopre che una donna su cinque, residente nel Sud del paese, era disoccupata e questa quota di “non lavoratrici” è cresciuta in un anno, dal 2011 al 2011 del 3,2 per cento. I dati, però, non sono indicativi di una situazione di discriminazione visto che anche per gli uomini, questi non sono tempi d’oro. Al Sud, infatti, la disoccupazione maschile è in crescita del 3,8 per cento fino al 15,9 per cento e se poi si fa una zoom tra i giovani, quelli tra i 15 e i 24 anni, di scopre che i disoccupati sono il 45,1 per cento.

Bilancia commerciale italiana in fase di miglioramento

 L’economia italiana non sembra essere in una fase di ripresa e anzi, dall’Europa, arriva il monito riguardo il deficit che in questo momento rappresenta in Italia il 2,9 per cento del PIL. Eppure la bilancia commerciale dà indicazioni diverse, fa quasi ben sperare sul futuro tricolore.

Saldo positivo per l’export italiano

La certificazione della situazione arriva dall’Istat che parla di un surplus della bilancia commerciale di ben 704 milioni di euro che sono un risultato positivo soprattutto in relazione a quanto successo a gennaio, quando la bilancia ha accusato un deficit di 1,5 miliardi di euro. In generale, a livello mensile, le esportazioni sono diminuite del 5,7 per cento, ma quello che ha maggiormente colpito gli analisti è la crescita del flusso import-export verso la Russia. A questo flusso fa da contraltare anche il calo delle vendite in Cina.

L’Istat registra il dimezzamento del deficit extra Ue a Gennaio

L’Istat, nell’analizzare la bilancia commerciale con i paesi extra UE ha notato anche un aumento delle esportazioni rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Si parla di una crescita delle esportazioni del 2,1 per cento e di una diminuzione delle importazioni del 12,4 per cento. In generale, in termini che potremmo definire congiunturali, c’è stata una flessione sia nelle esportazioni che nelle importazioni, rispettivamente del 5,7% e del 3,4%.