Le imprese attanagliate dal pessimismo

 In America va molto di moda tenere il polso del sentiment degli utenti e dei consumatori. Un indicatore che aggiunto alla considerazione  di altre variabili, è in grado di dirci se l’economia del paese è davvero in una fase di ripresa e se i cittadini, con le loro spese, ci credono e la sostengono.

In Italia, anche se i metri di valutazione non sono così raffinati, si fa un tentativo analogo: capire cosa pensano le aziende e cosa i consumatori. Si occupano delle rilevazione, in genere, le associazioni di categoria.

 La situazione del reddito degli italiani

Confcommercio, di recente, ha preso in esame il sentiment degli imprenditori, è andata a cercare un sostegno alla sua teoria tra le imprese. Cosa ne ha dedotto? Che il 42 per cento degli imprenditori ritiene che il 2013 non sia affatto l’anno della rinascita ma sia ancora peggiore del 2013. Un’altra fetta d’intervistati, il 52 per cento, ritiene che l’anno in corso non sia molto diverso dall’anno scorso, quindi scorrerà lentamente e non darà buoni risultati. Una ristrettissima minoranza, il 6 per cento, infine, pensa che l’economia italiana, contrariamente alle parole di Draghi, migliorerà entro dicembre.

 Un rinnovato ottimismo percorre le borse europee

Di norma a regolare gli scambi nel nostro paese c’è un diffuso pessimismo che prevale anche sui timidi segnali di ripresa che in qualche settore ci sono già.

Le scelte energetiche tedesche sono destinate a fallire

 La Germania per motivi legati alla solidità della sua economia, è considerata senza dubbio la prima della classe in Europa, ecco perché anche con numerose polemiche, alla fine, decide sempre di aiutare i paesi in difficoltà. Perdere un solo pezzetto del puzzle europeo incrinerebbe la solidità dell’euro e la sussistenza dell’economia tedesca.

Il punto del FT sulla crisi europea

In Germania, tra l’altro, la ripresa economica è già ripartita mentre Draghi, per il resto del Vecchio Continente, è stato costretto ad allungare i tempi della rinascita fino all’inizio dell’anno prossimo. Che c’entra tutto questo con la politica energetica? Apparentemente niente, in realtà il fallimento delle scelte tedesche in questo settore, dovrebbe mettere sul chi va là gli opzionaristi che sanno come, anche quando si parla di Germania, non è tutto oro quel che luccica.

La ripartenza pronta dei tedeschi

Di recente, infatti, è stato pubblicato un rapporto del World Energy council, l’associazione internazionale dei produttori di energia che spiega come il modello energetico della Germania, alla lunga, possa indebolire l’economia del paese. Si fonda infatti su grandi spese per le rete elettriche e per le energie rinnovabili. Un mercato, purtroppo, per il momento poco attraente.

Poco attraente nel senso che per questo tipo di fonti energetiche l’esportazione non va a gonfie vele e quindi, alla lunga, non è sostenibile.

Il successo del fisco italiano in Vaticano

 Il fisco italiano sta mettendo a segno un altro successo molto importante: introdursi nel Vaticano. Quanti, per anni, hanno pensato all’inaccessibilità del soglio pontificio, adesso, devono ricredersi. Molto di questo successo è chiaramente dovuto al nuovo Pontefice, Papa Francesco.

Milano chiude male la settimana segnata dal Papa

Come è stato sottolineato in molti giornali, Papa Francesco, di giorno in giorno, somiglia sempre di più al papa delle “prime volte”. Il fatto che sia il primo gesuita a diventare pontefice non è cosa da poco, ma è anche il primo successore di Pietro sudamericano. Tutto il suo atteggiamento ispira novità e il messaggio sembra di giorno in giorno più chiaro: toglietemi ogni cosa ma non toglietemi i miei fedeli.

La Chiesa al centro del dibattito e del mercato

È nel loro rispetto, quindi, che il fisco potrà entrare in Vaticano. A controllare cosa? Sicuramente il rispetto dei Patti Lateranensi che, per esempio, hanno definito del tutto esentasse i redditi dei dipendenti laici della Città Stato. Chi lavora in Vaticano è considerato un frontaliere speciale e non è tenuto a pagare le Irpef ed altri addizionali. Si tratta di un popolo di circa 3000 persone.

Quello che più insospettisce in tutta la storia, è la volontà di Papa Francesco: che voglia riformare le finanze del Vaticano? Lo Stato già nel 2011 ha chiuso con un rosso di 14,8 milioni di euro e questo vuol dire che le sue finanze vanno risanate. E l’IMU? Forse si giungerà ad una conclusione anche su questo.

Per Basilea III mancano i fondi

 Il settore bancario inizia a preoccuparsi perché in Europa ci sono diversi elementi che fanno pensare che la strada della crisi che doveva già essere stata abbandonata da un pezzo, persiste ancora ed è anche in salita.

Cipro contro l’Europa e contro la Germania

Basta pensare al caso di Cipro, della proposta di effettuare un prelievo forzoso sui conti deposito, che ha mandato in cortocircuito il sistema. Non solo per il fatto che tanti risparmiatori potrebbero veder rimpicciolito il loro gruzzoletto ma anche perché a Cipro si erano rifugiate anche molte banche straniere.

Il punto sul salvataggio di Cipro

Qualcuno insinua che l’entità del prelievo forzoso cipriota corrisponda esattamente all’esposizione delle banche tedesche nell’isola, mentre, per quanto riguarda l’Italia, sembra assodato che l’esposizione è talmente bassa che non ci saranno pericoli e grandi scossoni.

Fuori da Cipro, però, i problemi restano perché alle banche europee sembrano mancare i soldi necessari per sostenere il progetto del Basilea III. E non parliamo di poche centinaia di milioni di euro ma di ben 112 miliardi.

L’Autorità europea di controllo del sistema bancario, in questo momento, ha pensato di mettere in chiaro cosa succederà dall’entrata in vigore del nuovo sistema di requisiti di capitale. In pratica le banche dovranno rafforzare i loro mezzi. Alcuni gruppi bancari, come ad esempio Intesa Sanpaolo e Unicredit, si sono portati avanti con il lavoro ma non basta.

 

La produzione industriale si riprende ma la crisi continua

 Una buona notizia, almeno una, sul fronte finanziario, ci deve essere. L’Istat ha deciso di esserne il megafono annunciando che la produzione industriale è pronta al rimbalzo nel nostro paese, anzi il rimbalzo è già iniziato.

Chiude in rosso Milano ma non si parla di contagio

L’Istat prende in mano i dati riferiti a gennaio 2013 e spiega che rispetto a dicembre c’è stato un incremento della produzione industriale dello 0,8 per cento. Un aumento molto lieve, forse trainato dall’entusiasmo per il nuovo anno, che non ha lasciato indifferenti i mercati.

Si tratta tra l’altro del rialzo mensile più consistente dall’agosto del 2011. Su base annua, però, l’indice della produzione industriale non si muove nella stessa direzione dell’indice mensile e infatti si parla di un calo del 3,6 per cento, il diciassettesimo ribasso consecutivo.

Segni di rialzo della produzioni industriale italiana

L’Istat spiega che rispetto al gennaio del 2012 ci sono comunque dei settori in cui la crescita è assolutamente importante. Per esempio il settore delle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco che è cresciuto del 4,8 per cento. Allo stesso modo è in aumento del 3,7 per cento anche il settore industriale che si dedica alla fabbricazione dei computer, dei prodotti dell’elettronica, degli strumenti ottici, degli apparecchi elettromedicali e di quelli di misurazione degli orologi. In rialzo del 3,5 per cento anche le industrie tessili, l’abbigliamento, le pelli e gli accessori.

Cipro contro l’Europa e contro la Germania

 In queste ore l’isola di Cipro è al centro di un forte scossone politico ed economico perché per la prima volta nella storia d’Europa gli aiuti forniti al paese per evitare il default, sono stati vincolati ad una riforma fiscale considerata discutibile.

Che poi non si può certo parlare di riforma fiscale, quanto piuttosto di applicazione di un’imposta: il famoso prelievo forzoso sui conti deposito che scontenta i cittadini ma ha lasciato a bocca aperta anche il governo. La tensione è tale da estendersi in tutta Europa.

Commerzbank e il prelievo forzoso in Italia

I cittadini ciprioti, però, non ce l’hanno mica con tutta l’UE che alla fine l’aiuto di 10 miliardi di euro ha anche deciso di darlo, ma ce l’hanno con la Germania e con la sua Cancelliera, per una serie di fatti che cominciano già ad additare come “strane coincidenze”.

Il ragionamento è semplice: l’Europa vuole dare 10 miliardi di euro a Cipro ma Cipro deve promettere di fare un prelievo forzoso sui conti deposito che vale 5,8 miliardi di euro. Questa cifra rappresenta esattamente il valore dell’esposizione finanziaria delle banche tedesche nei confronti di Cipro.

Chi c’è dopo Cipro?

L’idea di sostituire gli interventi strutturali nel paese con questo prelievo, dunque, insospettisce molti. Ma le coincidenze non si fermano qui: per esempio è stato scelta la misura sui risparmi proprio quando la settimana cominciava con una festa e proprio nell’anno in cui l’isola torna al voto.

Commerzbank e il prelievo forzoso in Italia

 Tutti i paesi, da Cipro in poi, se vogliono essere aiutati dall’Europa e dal Fondo Monetario, dovranno accettare di mettere in campo alcune riforme. Quella legata al fisco e alle tasse su rendite e risparmi, sembra la più semplice da fare, anche se poi sorgono i problemi nell’accettazione della proposta.

Secondo alcuni analisti, quello che è successo a Cipro, presto succederà anche ad altri paesi. Per il momento, però, Nicosia sembra respingere gli aiuti e pensa all’uscita dall’euro, come unica soluzione al passaggio verso una situazione economica più sostenibile.

La versione di Saxo Bank su Cipro

Se quello che succede a Cipro oggi, succederà ad altri paesi dell’Europa domani, allora forse è il caso di prendere in considerazione le parole di Joerg Kraemer, il CEO della Commerzbank che dice:

“Anche l’Italia dovrebbe applicare un prelievo del 15 per cento sulle attività finanziarie”.

E non parliamo certo dalla Tobin Tax che fino a prova contraria parte da luglio. La Germania, così, prova a mettere sotto pressione il nostro paese tirando in ballo delle misure adottate in passato, come ad esempio il 6 per mille sui conti correnti a sostegno della lira messo a punto dal Governo Amato.

Tobin tax sulle azioni al via

E perché l’Italia dovrebbe seguire l’esempio di Cipro? Secondo il capo della Commerzbank per un motivo semplice: il debito pubblico nostrano, ormai, è ingestibile.

 

Chi c’è dopo Cipro?

 La storia del salvataggio di Cipro non ha precedenti e infatti è mal digerita sia dalla popolazione sia dal governo del paese. Per la prima volta, infatti, l’Europa ha vincolato l’erogazione dei fondi, degli aiuti, ad una riforma del comparto fiscale. 10 miliardi di euro pronti sul piatto se si procederà con il prelievo sui conti deposito.

 Il punto sul salvataggio di Cipro

Il governo, non proprio d’accordo con la misura proposta, ha deciso tentare con la differenziazione del prelievo, promettendo di andare a prendere da chi ha più risparmi. Ma la tensione, in due giorni, è aumentata molto.

 La versione di Saxo Bank su Cipro

Il prelievo forzoso sui conti deposito, se dovesse essere in qualche modo digerito, non sarà sicuramente confinato all’esperienza di Cipro. Al contrario anche l’Italia, la Grecia, la Francia, la Spagna e l’Irlanda potrebbero doversi adeguare al new deal europeo.

 Tutte le borse chiudono in rosso per colpa di Cipro

Non è un’ipotesi da prendere sottogamba, soprattutto se a parlarne è un membro autorevole del Partito Democratico di Cipro che è convinto che presto questa misura sarà allargata all’Europa dei 17. In teoria, dal prelievo fiscale così studiato, si dovrebbero recuperare 5,8 miliari di euro, non pochi, che sommati a quelli dell’Europa, riuscirebbero a mettere in sicurezza le casse dello stato.

Ma è davvero già stato deciso tutto? E come reagiranno gli altri stati a questa proposta?

Tutte le borse chiudono in rosso per colpa di Cipro

 La tensione generata dall’affare cipriota riesce a tenere con il fiato sospeso le borse di tutto il mondo. Quella americana come quella italiana, tutte coinvolte in una spirale ribassista. A perdere terreno, era da aspettarselo, sono prima di tutto le borse europee coinvolte in modo diretto nel salvataggio di Cipro.

Il punto del FT sulla crisi europea

La banca centrale di Cipro, infatti, in questo momento ha fatto sapere che devono essere ratificate le proposte di aiuto da parte dell’Europa che è disponibile ad erogare anche 10 miliardi di euro ma a fronte di un prelievo forzoso sui conti deposito detenuti nel paese. I politici ciprioti e i cittadini hanno rimandato al mittente la proposta, fin dal primo giorno, ma la banca centrale pone un aut aut: o si votano gli aiuti o si esce dall’euro.

Il punto sul salvataggio di Cipro

Madrid e Milano accusano subito il colpo con una flessione superiore all’1 per cento. Mentre in Spagna pesa l’aumento dell’insolvenza creditizia, in Italia, invece, a far perdere quota alla borsa ci pensano i titoli bancari, come Ubi, Banco Popolare, Unicredit e Mediobanca. Non vanno meglio le borse di Parigi e Francoforte che cedono rispettivamente lo 0,89% e lo 0,51%. Da questa baraonda si salva soltanto il mercato della City che viaggia sul terreno della parità.

Il punto del FT sulla crisi europea

 Il salvataggio di Cipro ha mandato in tilt il sistema europeo dove si torna a parlare di contagio, di coinvolgimento dell’euro e dei paesi del Vecchio Continente nella crisi cipriota e quant’altro. La verità è che probabilmente la crisi del debito europea non è stata ancora superata.

Ecco perché infatti, anche il Financial Times ha deciso di tornare sull’argomento “Europa”. L’autorevole giornale economico spiega che la situazione economica del Vecchio Continente è sicuramente meno preoccupante che in passato e parliamo di 6 mesi fa, di un anno o di 18 mesi addietro.

Fiducia ed altri elementi influenti sul mercato

Però è anche vero che non si parla più tanto di protagonismo dell’Europa per salvare se stessa, invece si preferisce impegnare gli Stati Uniti. Con gli USA si parla d’investimenti, di accordi commerciali, si discute di stabilità finanziaria e di crescita.

Questo ha determinato un pericoloso allentamento della pressione sui politici delle diverse nazioni che non avendo il fiato dell’Europa sul collo, forse, non stanno opportunamente convogliando le energie sugli adeguamenti politici utili al Vecchio Continente.

La Germania contro l’antieuropeismo italiano

E poi, si può dire che l’Europa sia davvero fuori pericolo? Finora, anche grazie ai discorsi sempre molto chiari di Mario Draghi, abbiamo scoperto che deve essere posticipata la ripresa. Questa crescita deprimente, collegata ad investimenti ridotti e alla tendenza dei prezzi, non bilancia i progressi in termini di spread e stabilità fatti dai paesi periferici. Insomma, l’Europa sta meglio ma non è fuori pericolo.