La ripresa ci sarà dal 2014

 L’economia della zona euro è in difficoltà ed è complicato in questo momento tirare fuori gli elementi che potrebbero rimettere in ordine i bilanci dell’UE e dei suoi stati membri. Nonostante gli sforzi, infatti, la ripresa resta molto lenta e a parlare di tutto questo, nei giorni scorsi, ci ha pensato Mario Draghi.

Fiducia per le banche centrali

La rinnovata fiducia nelle banche centrali, ha dato al presidente della BCE la possibilità di fare un’analisi lucida della situazione. Si è parlato soprattutto di taglio dei tassi, di tassi invariati e di previsioni per la ripresa. Se fino a gennaio l’ottimismo impone una rincorsa della ripresa che si sarebbe vista dalla seconda metà del 2013, a distanza di qualche mese bisogna rifare i conti.

Scende lo spred e vanno bene le banche

Secondo Draghi la ripresa non ci sarà prima di un anno. Gli investitori, a questa nuova previsione, avrebbero potuto gettare la spugna, invece sono andati avanti senza considerare le nuove stime di Draghi.

A livello nazionale è chiaro che l’Italia dovrà affrontare un altro anno di crisi ma dagli atteggiamenti degli investitori, sembra che tutti siano fiduciosi sul futuro del nostro paese. Insomma, l’Italia, anche quella post elettorale, non è un motivo di preoccupazione. E per quanto riguarda la politica? In Europa sono meno scandalizzati i politici e gli investitori di quanto non lo siano i media e i politici tricolore.

Niente entusiasmo sul fronte americano

 La Federal Reserve ha pubblicato in questi giorni il famoso Beige Book che da anni è lo strumento privilegiato dagli investitori che vogliono fare fortuna in territorio americano. Peccato che il report, stavolta, non sia così promettente e non incoraggi l’ingresso di capitali nei paesi a Stelle e strisce.

 Mark mover impattanti per le maggiori monete

Il Beige Book della Federal Reserve, infatti, parla dell’incertezza del recupero dell’economia americana che non vuol dire che gli Stati Uniti sono in una fase di recessione, ma vuol dire che il lavoro nel paese migliora in modo troppo limitato.

Il resoconto della FED tiene in considerazione soprattutto quello che è successo nei primi due mesi dell’anno: la crescita del mercato è stata modesta, così come irrisorio il miglioramento del mercato del lavoro, dove a fare la differenza sono le tasse sugli stipendi più alti e il sequestrer inaugurato da Obama.

 Dall’America l’idea del sequester

I tagli alla spesa e l’incertezza sul fronte occupazionale, mettono a repentaglio al salute dell’economia statunitense, per questo è necessario che s’intervenga anche sul fronte monetario. Il Beige Book, infatti, adesso passa nelle mani della banca centrale americana. Si attende di conoscere l’esito della valutazione dello stato dell’arte che farà Ben Bernanke tra il 19 e il 20 marzo prossimi.

La pubblicazione del report ha comunque avuto un effetto immediato sul mercato dove il Dow Jones ha rallentato crescendo soltanto dello 0,23 per cento.

 

I consumi parlano del peggioramento dell’Italia

 L’Italia a livello economico e finanziario non se la passa molto bene e non è una questione limitata al PIL. L’incertezza legata allo scenario post elettorale contribuisce a rendere il Belpaese un territorio d’investimento troppo rischioso. In più la recessione si è aggravata nonostante le speranze di uscire dal tunnel della crisi.

Il crollo dei consumi elettrici mette in ginocchio le imprese

Il 2013, quindi, contro ogni previsione, si è aperto in recessione e continua in questo stato. I consumi sono scesi del 2,4 per cento rispetto all’anno precedente ma sono scesi anche dello 0,9 per cento rispetto a dicembre 2012. Secondo una media cosiddetta mobile, si può fare una previsione per i prossimi tre mesi.

Se si considerano i consumi c’è da temere

Entro giugno, il nostro paese, tornerà ai livelli della fine del 2004. A lanciare sul mercato questi dati ci ha pensato la Confcommercio che ha anche analizzato i vari settori dell’economia. Per esempio, la domanda di servizi è diminuita del 3,7 per cento così come la spesa per i beni è calata del 2 per cento.

Ogni volta che si parla di consumo, dice Confcommercio, ci muoviamo in un terreno negativo. La riduzione dei consumi ha interessato purtroppo, il comparto alimentare dove si registra una flessione del 3,9 per cento nel consumo di bevande e tabacchi. Una flessione uguale, sempre -3,9 per cento è propria anche del settore abbigliamento e calzature. Questi due ambiti sono in calo dal 2010, per via di una contrazione della domanda che dura da due anni.

 

Il FMI trova la soluzione nell’unione bancaria

 Il Fondo Monetario Internazionale, per sé, non ha alcun interesse a raggiungere l’unione monetaria nel paese, anche perché il mercato creditizio americano funziona in modo molto diverso rispetto al mercato europeo. Il Vecchio Continente è il destinatario delle ultime riflessioni del FMI.

► La crisi nella zona Euro non è finita

Il fatto è che in Europa domina ancora l’incertezza politica e monetaria e ci sono alcuni paesi, come l’Italia, che non hanno ancora trovato un accordo sul governo e questo potrebbe mandare all’aria tanti piani dell’UE. Basta pensare a quello che è successo a Piazza Affari nei dieci giorni che hanno seguito le elezioni: sono stati polverizzati 17 miliardi di euro e lo spread è tornato a livelli “imbarazzanti”.

Scatta il tira e molla sui debiti tra UE ed Irlanda

Adesso, mentre si fanno tante ipotesi sui ministri e sul Presidente del Consiglio italiano, il FMI invita tutti a riflettere sull’opportunità dell’Europa di consolidare l’unione bancaria in modo che il programma di acquisti della BCE e la riduzione dei tassi d’interessi, siano efficaci anche in paesi “periferici” come l’Italia e la Spagna.

Per l’Italia, poi, l’auspicio del Fondo Monetario è che si prosegua sulla strada tracciata da Mario Monti. Gli analisti del FMI, infatti, notano che con il suo Governo tecnico, lo Stivale ha acquisito gli strumenti necessari per raggiungere il pareggio di bilancio in termini strutturali. Lo shock legato ad un eventuale ritorno alle urne potrebbe deprimere l’economia del Belpaese.

Moody’s se la prende con l’economia inglese

 La City di Londra dice no al tetto sui superstipendi dei banker e si distingue in questa sua linea  molto chiara, da quanto hanno scelto la Germania e la Svizzera, allineate ai consigli arrivati dalle istituzioni europee. Una scelta come tante, quella dell’Inghilterra che delinea una politica economica molto chiara.

Krugman parla dei problemi dell’Europa

Peccato che poi ottenga la bocciatura delle agenzie di rating. L’americana Moody’s ad esempio, ha bocciato le iniziative della Gran Bretagna e per la prima volta dopo 35 ha fatto perdere la tripla A al paese. Se fosse soltanto una questione di “credibilità e scelte”, non ci sarebbero problemi.

Invece Moody’s ha spiegato di avere dei dubbi sulla sostenibilità del debito pubblico britannico. Il passaggio dalla tripla A al livello AA1, riduce ancora il numero dei paesi “affidabili”, paesi che sono considerati solidi sotto il profilo economico e finanziario.

Il BTp a 15 anni piace molto agli inglesi

La Gran Bretagna, in questa prima parte del 2013, si unisce ai paesi che l’anno scorso hanno perso la tripla A in modo quasi inaspettat0, per esempio la Francia. A resistere, quindi, per il momento ci sono soltanto Germania, Olanda, Lussemburgo e Finlandia.

Il nostro paese non è nemmeno lontanamente considerato visto che l’ultima volta che ha potuto esibire una bella tripla A sullo Stivale, era il 1998.

La tassa sul diesel impensierisce la Francia

 Sui carburanti si riaccende la lotta in Francia e un altro pensiero per il presidente Hollande si unisce a quelli accumulati in questi pochi mesi di previdenza. Stavolta a parlare è la Corte dei Conti che non è riuscita a dare una spiegazione plausibile alla differenza di prezzo che c’è tra il gasolio che è notoriamente più dannoso per l’ambiente ma meno caro e la benzina che inquina meno ma costa di più.

► Sconto sui carburanti dall’estatto conto della carta

Il pronunciamento della Corte dei Conti, adesso, passa nelle mani del ministro dell’ecologia e del ministro dell’industria francesi. Il primo spinge affinché ci sia un’equiparazione dei carburanti ma l’altro replica valutando l’impatto negativo che un’operazione del genere potrebbe avere sui costruttori francesi.

L’allarme della Francia e la distanza dalla Germania

I ministri quindi sono divisi e anche le soluzioni che propongono non sembrano essere soddisfacenti, visto che, ad esempio, propongono di tassare maggiormente le auto a diesel. Gli elementi da valutare, in questa faccenda sempre più ingarbugliata, sono almeno di tre tipi: ecologici, sanitari e industriali.

La Corte dei Conti che in qualche modo ha lanciato la patata bollente all’amministrazione Hollande, spiega che la radice dei guai è nella fiscalità agevolata concessa alle operazioni in gasolio, carburante su cui mediamente sono caricati 42 centesimi di tasse per litro, molto meno dei 60 centesimi che pesano sulla benzina.

Da chi dipende l’ingovernabilità italiana

 La finanza deve fare i conti con continui ribassi degli indici che illustrano un mondo della politica stretto nella morsa dell’ingovernabilità. Lo spread è salito e l’Istat, con i suoi dati sull’economia del paese, ha inchiodato Piazza Affari. Le agenzie di rating hanno ripreso a minacciare l’Italia di un nuovo downgrade e soltanto Paul Krugman e Goldman Sachs trovano questa situazione estremamente appetitosa.

Goldman Sachs è innamorata di Grillo

Tutti gli occhi sono puntati sul Movimento a 5 Stelle, un esercito di politici non di professione che si sono riuniti a Roma per parlare con il loro leader e studiare la strategia più adatta da tenere in Parlamento. Grillo, intanto, spiega che la fiducia non sarà data al governo di Centrosinistra in modo asettico ma sarà misurata sulle singole riforme.

Il rating italiano in bilico

Non manca la replica del leader del PD che forte del premio di maggioranza alla Camera, deve tener conto dell’equilibrio precario in Senato. Adesso l’ago della bilancia, in questa lotta sulla governabilità, sembra tutto nelle mani di Pier Luigi Bersani che approfitta del pubblico di Che tempo che fa per spiegare la strategia del Partito Democratico.

Bersani sostiene che Grillo non ha ancora spiegato cosa intende fare,che è indietro sulla politica legata all’immigrazione e alla cittadinanza ed è anche debole sull’evasione fiscale. Insomma il PD non intende scendere a patti o a compromessi con il Movimento a 5 Stelle ed esclude anche un governissimo con il PdL. Ci sarà dunque un governo nuovo, fatto di giovani e donne anche estranei ai partiti, perchè il suo partito ha perso ma ha ancora un numero di parlamentari superiore al PdL quindi ritiene di dover dettare l’agenda del prossimo Governo e del Parlamento stesso.

La Grecia ora è un paese emergente

 In un periodo di crisi ci sono paesi che se la passano meglio di altri. L’Italia, da tempo considerata sull’orlo del default, ha invece dimostrato di saper tenere testa alla crisi. Non si può dire altrettanto della Spagna o della Grecia. Riguardo al primo dei due paesi pesano molto le ultime indicazioni riguardo il reddito percepito in questo paese.

 L’allarme della Francia e la distanza dalla Germania

Sulla Grecia, invece, la situazione sembra molto cambiata nell’ultimo periodo tanto che un fund manager americano, la Russell Investments, ha riclassificato il paese in questione da paese sviluppato a mercato emergente. La riclassificazione nasce dal fatto che la Grecia ormai è da considerarsi un paese problematico non solo per l’Europa ma per il mondo intero, visto che l’indebitamento accumulato negli anni ha raggiunto cifre esorbitanti. Per Atene si preparano momenti molto bui.

L’Italia ottiene più sostegno degli altri

Russell Investments ha spiegato che la riclassificazione è necessaria e giustificata soltanto se un paese non è più in grado di soddisfare i criteri di classificazione precedentemente definiti. Per vedere i “frutti di una trasformazione”, ad ogni modo, sono necessari almeno tre anni.

Nell’ultimo anno la borsa di Atene ha dimostrato di sapersi tenere a galla, con un’altalena di 32 punti percentuali ma rispetto ai fasti del 2007 bisogna prendere atto di un calo dell’81 per cento.

 

Gli stipendi italiani tra i più bassi d’Europa

 L’Istat ha pubblicato il rapporto sui salari dell’Unione Europea e dell’Italia in particolare, dimostrando come il nostro paese, in questa particolare classifica, sia soltanto al dodicesimo posto. I salari tricolore sono al di sotto di quelli medi praticati nei paesi che adottano la moneta unica.

Il riferimento per questo genere di affermazioni è la retribuzione oraria lorda percepita nell’ottobre del 2010. I lavoratori italiani hanno avuto uno “stipendio” del 14,6% più basso rispetto ai loro colleghi tedeschi. La differenza scende al 13% se si confrontano i redditi italiani con quelli percepiti nel Regno Unito e infine si scende all’11% se il metro di paragone è la Francia.

L’Italia ottiene più sostegno degli altri

In Italia, spiega l’Istat, si sta comunque meglio che in Spagna dove i redditi sono del 25,9 per cento più bassi dei salari italiani. Si tratta comunque di una valutazione di ordine generale che prende in esame soltanto gli stipendi in termini nominali, quindi senza considerare il potere d’acquisto e valutando soltanto gli stipendi percepiti dai lavoratori a tempo pieno. Insomma, sono esclusi dal computo gli apprendisti.

Stipendi italiani al di sotto della media di Eurolandia

Entrando nel dettaglio delle retribuzioni orarie, scopriamo che la media dei Paesi della zona euro, registrata sempre nell’ottobre del 2010 era di 15,20 euro, mentre per i paesi dell’Unione la media oraria è di 14 euro. L’Italia, dove la retribuzione oraria media è di 14,5 euro, si colloca al di sopra della media dell’Unione ma al di sotto dei paesi dell’Eurozona.

Le nazioni in cui si guadagna meglio sono la Danimarca con una paga oraria media di 27,09 euro, l’Irlanda e il Lussemburgo.