Goldman Sachs è innamorata di Grillo

 Dopo la pubblicazione dei risultati elettorali italiani, lo spread si è impennato e la finanza italiana ha dimostrato d’interpretare la ripartizione dei seggi come l’emblema dell’instabilità politica. A mettere il carico su questa “interpretazione” ci hanno pensato alcune agenzie di rating come Moody’s e Fitch che minacciano il nostro paese di un ulteriore downgrade.

Krugman parla dei problemi dell’Europa

Ci sono chiaramente dei pareri opposti. Abbiamo già visto che al premio Nobel Krugman non dispiace l’exploit del Movimento 5 Stelle che sarebbe un interessante voto antiausterity, provvidenziale per i paesi del Vecchio Continente e per l’Europa stessa. Ma cosa ne pensano gli investitori?

La banca d’affare Goldman Sachs, per esempio, promuove a pieni voti il Movimento 5 Stelle e le idee di Grillo perché considera questo nuovo elemento politico, finora scarsamente tenuto in considerazione, non il principio del caos ma l’ago della bilancia di un governo di larghe intese. Il fatto che ci siano i “grillini” in Parlamento, quindi, sarebbe garanzia di stabilità per il nostro paese.

Il rating italiano in bilico

A livello economico, l’idea di Beppe Grillo e del Movimento a 5 Stelle di ridurre il debito per far ripartire l’economia, sembra l’unica strada percorribile per un paese che non riesce ad attirare più alcun investimento. L’Istat ha confermato che la crescita dell’Italia è pari a zero ed è necessario cambiare strategia lottando contro l’austerity. Insomma Goldman Sachs appoggia le interpretazioni di Krugman.

Krugman parla dei problemi dell’Europa

 Sicuramente la situazione post elettorale italiana tiene con il fiato sospeso gli investitori ma è pur vero che tutta la condizione dell’Europa impensierisce l’economia internazionale. Sull’argomento, di recente, è tornato Paul Krugman, l’economista tedesco che prova ad interpretare il Vecchio Continente, toccando diversi argomenti.

Goldman Sachs è innamorata di Grillo

Krugman parla della guerra valutaria che si sta scatenando contro l’euro, anche se tutti negano la battaglia ed illustra il marcio che c’è nell’idea di austerity portata avanti da tantissimi paesi del Vecchio Continente. Insomma ce n’è per tutti e soprattutto per il vicepresidente della Commissione Europea Olli Rehn che secondo Krugman ha causato molti danni indicando all’Europa la sola via dell’austerità. L’austerity, infatti, ha soffocato la ripresa economica dell’UE e non ha fatto altro che acuire la crisi. Un quadro d’insieme molto duro.

Krugman sulla contrazione americana

Riguardo la guerra valutaria, il premio Nobel americano ribadisce che rappresenta un vantaggio per tutte le economie perchè, come è già successo negli anni Trenta, instilla una dose di libertà nell’espansione monetaria del paese. Ora, come hanno fatto già il Giappone, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, anche la BCE dovrebbe svalutare l’Euro e riportarlo ai livelli di competitività del passato.

Krugman sul fiscal cliff

Ogni stato, poi, spiega Krugman, dovrebbe combattere contro l’austerity che deprime l’economia. Il voto italiano, dice l’economista americano, è proprio un voto anti-austerity che in tal senso deve essere tenuto in grande considerazione.

Londra contro il tetto ai superstipendi

 Le ultime dichiarazioni che arrivano dalla City di Londra creano un neo difficilmente eludibile per gli investitori che ripongono speranza nella reputazione e nell’andamento dell’economia del Regno Unito. Tra l’altro, negli ultimi mesi, il Regno Unito aveva dimostrato di non navigare in buone acque.

 Sui tetti ai superstipendi parla l’SPD

Le dichiarazioni riguardano i superbonus dei manager delle banche. Gli avvocati degli istituti di credito inglesi, da ieri, hanno ottenuto un mandato per avviare una causa contro l’Unione Europea che ha raggiunto un accordo sugli stipendi dei banker.

In pratica, la parte variabile della remunerazione di un banker può essere elevata fino a raddoppiare lo stipendio fisso, oppure può essere triplicato ma in questo ultimo caso l’aumento deve essere approvato con la maggioranza qualificata dall’assemblea dei soci della banca. Sotto accusa ci sarebbe quindi una decisione presa dalla Commissione e dal Parlamento UE e dal Consiglio europeo.

 Gli stipendi italiani tra i più bassi d’Europa

I legali inglesi, che hanno già fatto una loro ipotesi, si sono rivolti al Financial Times per le dichiarazioni, spiegando che la disposizione europea viola le costituzioni in alcuni stati membri, come possono esserlo l’Austria, la Germania e la Polonia.

Peccato che questa decisione sia stata ratificata a gran voce in Svizzera e subito dopo anche la Germania ha seguito l’esempio della Confederazione e i legali inglesi, adesso, potrebbero trovarsi davanti ad una misura molto popolare e difficilmente espugnabile.

In aumento le imprese straniere in Italia

 In Italia non solo l’indice di natalità è in mano alla popolazione straniera residente nel nostro paese ma gli immigrati abbiano anche le redini dell’economia tricolore. Gli stranieri, extracomunitari e non, arrivano in Italia e non per fare soltanto gli operai, o lavori poco qualificati. In  moltissimi casi diventano imprenditori di qualità. Una recente ricerca di Unioncamere conferma questa fotografia.

 I motivi del boom delle partite Iva under35

Nel 2012, spiega l’unione delle Camere del Commercio italiane, le imprese straniere in Italia sono cresciute del 5,8 per cento, soprattutto grazie all’intraprendenza di marocchini e cinesi, ma sembra che l’imprenditoria non abbia più segreti nemmeno per i cittadini del Bangladesh. Nella maggior parte dei casi questi cittadini stranieri lavorano nel settore delle costruzioni o nel settore del commercio.

Nel 2012 è stato boom di donne imprenditrici

In tutto, le imprese in Italia capitanate da cittadini stranieri, sono 480 mila e sono circa 24 mila più dell’anno scorso. Gli imprenditori più attivi sono i marocchini, titolari di 58555 attività, a seguire ci sono i cinesi con 42703 attività e gli albanesi con 30475 attività. Quello che sorprende è l’aumento delle imprese dei cittadini che arrivano dal Bangladesh, che in aumento sono aumentate di 3180 unità.

Secondo il presidente di Unioncamere, queste imprese straniere sono anche in grado di offrire opportunità di lavoro ad altri cittadini in cerca di occupazione, stranieri e non e questo fa ben sperare per le dinamiche occupazionali del nostro paese.

Continua la crisi dell’auto

 La crisi del mercato dell’auto continua e se c’è un settore in cui non conviene proprio investire, è quello delle automotive. Almeno in Europa dove le varie nazioni devono fare i conti con un calo della produzione, con aziende che vanno avanti sempre a fatica. In Francia, ad esempio le vendite sono calate del 12 per cento in un anno.

Volkswagen ambasciatrice Made in Italy

Sperare nelle esportazioni è abbastanza utopico visto che una situazione simile a quella francese la sta vivendo anche il Giappone. A far registrare utili sotto la media ci sono molte aziende, per esempio la Ford che ha registrato un vero crollo, a differenza delle altre “consorelle” che procedono a singhiozzo. L’unica azienda che sembra tenere nel panorama europeo è la Volkwagen. In crescita, invece, le aziende asiatiche.

Anche Peugeot Citroën in crisi

Il marchio Fiat, tanto per fare uno zoom sulla realtà nostrana, registra crolli molto simili alle altre aziende automobilistiche europee. Il Lingotto, nell’ultimo anno, fa così segnare una flessione dell’11,8 per cento.

Il 2013 non sembra comunque migliore, dato che il secondo mese dell’anno ha fatto segnare tantissimi ribassi nel mercato dell’auto, soprattutto in Francia, in Spagna e in Giappone. Diminuiscono le nuove immatricolazioni, anche del 12 per cento. Particolarmente penalizzate le macchine di Psa-Peugeot-Citroen e Renault. Va un po’ meglio ma non è in crescita il marchio Dacia.

Dall’America l’idea del sequester

 Dagli Stati Uniti è arrivato un termine che ha ossessionato la cronaca economica della fine dell’anno scorso fino alla fine di gennaio: il fiscal cliff. Il pericolo del baratro fiscale ha tenuto con il fiato sospeso milioni di americani che hanno infatti rischiato di perdere numerose agevolazioni emanate dall’amministrazione Bush.

► Scattato il sequester degli Usa con tagli per 85 miliardi

Adesso il neo-rieletto presidente Barack Obama sta per lanciare un nuovo termine economico: sequester. E’ facile immaginare che la presidenza americana ha intenzione di restringere il volume delle spese e Obama ha già firmato una legge che impone 85 miliardi di euro di tagli. Il Presidente, in un discorso abbastanza allarmato, ha spiegato che se il Congresso non trova l’accordo sulla proposta dei tagli, la ripresa economica dell’America sarà molto complicata. Gli Stati Uniti dovranno fare i conti con 750 mila posti di lavoro persi.

Negli Usa scatta la sequestration

La legge, per la perentorietà della proposta, è stata soprannominata “sequester”. Si temeva da tempo un’evoluzione simile dei bilanci del paese, ma adesso i tagli alla spesa pubblica americana sono legge. Il primo marzo c’è stato il primo voto in Congresso e non è stato raggiunto l’accordo. I tagli proposti, tra l’altro, valgono per due trimestri fino a settembre ma per risanare le finanze, dicono gli esperti collaboratori di Obama, è necessario operare 1200 miliardi di tagli in 10 anni.

Ill rating italiano in bilico

 Dal risultato delle elezioni dipende anche il rating che le agenzie che determinano questo “indice” assegnano al nostro paese. Il fatto che si profili un governo di centro sinistra con un’opposizione formata dalle new entry del Movimento a 5 Stelle, spaventa i mercati. Almeno questo è quello che hanno detto diversi analisti.

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In realtà all’estero, a metter in crisi la credibilità dell’Italia, ci aveva pensato Berlusconi. L’ex premier era malvisto da diversi capi di stato. La stessa Germania, alla fine, aveva deciso di prendere una posizione chiara sull’argomento. Quindi, è probabile, che a pesare sul rating sia più la conferma del PdL da parte dell’elettorato, quanto piuttosto il ruolo che avranno PD e Movimento a 5 Stelle nella prossima legislatura.

Se volessimo allontanarci dall’ambito euristico per rimanere incollati alla realtà e alla praticità del rating, dovremmo valutare le considerazioni di Fitch e Moody’s.

► Goldman Sachs è innamorata di Grillo

La prima delle due agenzie di rating ha detto che il quadro delineato dalle elezioni fa pensare ad un periodo piuttosto lungo di instabilità politica per l’Italia. A questo aspetto si deve aggiungere l’incertezza economica e fiscale. Presto, secondo Fitch, ci sarà un nuovo downgrade dell’Italia per cui a dicembre era stato confermato il rating A- con outlook negativo.

Moody’s è sulla stessa linea d’onda dell’agenzia Fitch e conferma che il rating italiano  è a rischio visto che si potrebbe presto tornare alle urne con l’interruzione della scia di riforme avviata da Monti.

Confindustria sui dati del PIL

 Confindustria ritiene che il PIL del nostro paese è in una fase calante, ancora. Benché dalla fine dell’anno scorso a qualche settimana fa, si parlasse soltanto di ripresa, adesso è Draghi a dire che il nostro paese è indietro e si devono ridimensionare le prospettiva di crescita.

 Per Confindustria il Pil peggiora nel 2013

Si unisce alla pletora di quanti sostengono che non siamo ancora “pronti” alla ripartenza, anche Confindustria. I report elaborati dal Centro Studi, descrivono un quadro debole e fragile per il 2013 e nell’ultimo trimestre del 2012 si prende atto di un andamento a dir poco deludente.

  L’Italia si riprenderà nel 2014. Lo dice Confindustria

A preoccupare è soprattutto il mercato del lavoro dove si nota la perdita di 186 mila posti di lavoro negli ultimi due mesi dell’anno scorso. Il quadro fornito da Confidustria dà forza al discorso di Draghi e si allinea alle previsioni dell’ABI che ha detto di aver peggiorato l’outlook per la situazione italiana, dopo aver preso atto della battuta d’arresto dei prestiti.

Nel dettaglio, i dati di Confindustria, parlano di una diminuzione dello 0,9 per cento del PIL nel quarto trimestre del 2012, una flessione che è stata peggio di quella prospettata e si è trascinata, con suoi effetti negativi su tutti i comparti economici, fino al primo trimestre del 2013.

Gli indici generali di riferimento di Confindustria non escludono la ripresa che ci sarà, comunque, partendo dal settore manifatturiero. Più in difficoltà i servizi e le costruzioni.

The Guardian parla di pro e contro dell’Italia

 Prima in Financial Times, poi il Guardian. Molti giornali stranieri si sforzano di suggerire ai politici che sono pronti alla sfida elettorale, l’agenda dei problemi da risolvere, puntando sui lati positivi che il nostro paese sa esprimere. Interessante il punto di vista del Guardian che potrebbe influenzare in qualche modo il sentiment verso il nostro paese.

Le sfide economiche per l’Italia

Secondo il giornale britannico, in Italia ci sono sei cose sbagliate, sei problemi che dovrebbero essere risolti in modo più urgente degli altri.

Sicuramente il primo problema è quello economico, visto che il paese versa in una situazione di recessione che dura da troppo tempo: circa dieci anni di declino che fanno sorgere la necessità di un’inversione di tendenza. La disoccupazione, infatti, ha superato l’11 per cento e la disoccupazione giovanile è andata a finire al 36 per cento. Per non parlare del rapporto elevatissimo tra il debito pubblico e il Prodotto interno lordo. Il governo tecnico, dice il Guardian, ha tamponato le ferite, ma adesso è necessaria la ricostruzione.

Il FT parla delle sfide del prossimo governo

Il secondo punto su cui lavorare è il trattamento delle donne, che sono scese in piazza per protestare contro Berlusconi, ma che al di là dell’ex premier, sono trattate bene, non sono presenti in politica, sono svalutate nel contesto economico lavorativo.

Gli altri punti del programma del Guardian per l’Italia, riguardano: il sistema giudiziario, la corruzione e la criminalità organizzata, la politica e la divisione ancora troppo marcata tra nord e sud del paese.